Buonasera, sono preoccupata per i miei figli, due maschi di 12 e 15 anni. Sono ragazzi intelligenti

24 risposte
Buonasera, sono preoccupata per i miei figli, due maschi di 12 e 15 anni. Sono ragazzi intelligenti e sensibili e tra loro c'è un bellissimo rapporto, stanno sempre assieme e vanno molto d'accordo. Entrambi però hanno serie difficoltà a fare amicizia, gli amici che hanno è perché sono sempre gli altri a cercarli, ma se non vengono cercati trascorrono intere giornate a casa da soli. Questa estate è stata triste perché vedevo in spiaggia tante comitive di ragazzi che si divertivano insieme, o anche la sera uscivano in gruppo mentre i miei figli sono stati sempre con me e mio marito. Nei momenti di impazienza ho rinfacciato loro questa cosa ma poi mi pento perché vedo che si mortificano e non so se faccio bene a farglielo notare.
Per quanto mi riguarda ho una vita serena e appagante ma questo mi genera ansia, li vedo apatici e credo di avere il dovere di fare qualcosa in qualità di genitore. Potreste dirmi se esistono strategie per poter aiutare i miei ragazzi? Grazie in anticipo
Dott.ssa Silvia Ragni
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Buongiorno signora, comprendo la sua preoccupazioni genitoriale. Per rispondere con maggior contezza sarebbero necessari più elementi di conoscenza di questa situazione. Quando sono con voi i ragazzi sono sereni? Giocano tra di loro? A scuola hanno amici? Fanno attività tipo sport? Da una parte mi viene di dirle che è molto prezioso che hanno un bellissimo rapporto tra di loro e che in vacanza passino il tempo con i genitori (in molti la invidieranno!). D'altro canto se c'è troppa chiusua comprendo le sue perplessità. Andrebbe capito meglio se il bisogno che lei rileva è più suo di madre (la tristezza) o se è anche loro. Suo marito che dice? In ogni caso se lei ne vuole parlare con i ragazzi, lo faccia in modo "neutro", più come una condivisione di informazioni . che con impazienza. Questo non predispone i figli al dialogo e si possono o dispiacere o urtare. Ha fatto bene a portare qui questo quesito, perchè ce l'ha dentro e non esprimerlo le fa male. Ora ci rifletta, nel parli con suo marito ed eventualmente se la cosa la preoccupa ancora, può chiedere una consulenza ad uno/una psicoterapeuta per approfondire questo vissuto e trovare insieme delle strategie per affrontarlo. Tenga anche presente che i ragazzi sono in adolescenza e questa è un'età di forte cambiamento in cui l'essere vicini tra di loro è una forma di sicurezza. Certo, non deve diventare un limite. Ma questo potrà capirlo meglio approfondendo. La saluto cordialmente e rimango a disposizione se lo ritiene utile. Un cordiale saluto dott.ssa Silvia Ragni
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Dott. Francesco Damiano Logiudice
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Gentile utente buongiorno.
Le sue preoccupazioni sono segno dell'amore e dell'attenzione che presta alla vita dei suoi figli, e questo le rende onore.
Ha sottolineato come tra di loro ci sia un buon rapporto e che trascorrano spesso del tempo insieme. Questo aspetto è molto importante e direi positivamente insolito per fratelli in età adolescenziale, anche con una differenza di anni rilevante in quel periodo di vita. Sicuramente, questo rapporto così solido sarà prezioso nei prossimi anni e quando saranno grandi.

Ma si aspetti anche che le cose possano cambiare da un momento all'altro! Ci sono attimi in cui la vita di un adolescente subisce scossoni improvvisi, per i cambiamenti fisici e psicologici, per nuovi interessi e ridefinizione dei tratti caratteriali. Quindi, quello che ora le appare statico e apatico, potrebbe diventare molto dinamico ed emotivamente coinvolgente, da un momento all'altro. E senza che lei faccia nulla a riguardo.
Forse ancora non è arrivato quel momento, ma accadrà, senza tempi prestabiliti o regole certe.

Certo come genitore è bello che si interessi anche alla vita sociale dei suoi figli. Può farlo lasciando loro il tempo e lo spazio necessario, parlando con loro sulle attività che amano svolgere, su quali potrebbero essere nuovi interessi, e nuovi ambiti di socializzazione. E' possibile che nei contesti vissuti durante questa estate non sia siano create le condizioni stimolanti per loro per sentirsi parte di un gruppo o di uscire dal contesto familiare.
Il contesto scolastico, quello sportivo (se praticano sport), quello relativo ad altri interessi (musica, arte...) daranno modo ai suoi figli di interagire con i loro coetanei molto più assiduamente, e separatamente l'uno dall'altro.

L'adolescenza è un periodo delicato per i ragazzi. Avere dei genitori attenti e capaci di ascoltare e consigliare, lasciando i giusti spazi di sviluppo personale, è una grande risorsa per loro! Sono sicuro che stiate facendo un ottimo lavoro in tal senso.

Un caro saluto, Dott. Antonio Cortese
Dott. Daniele D'Amico
Psicologo, Psicologo clinico
Torre del Greco
Gentile utente, Capisco molto bene le sue preoccupazioni. È naturale, come genitore, voler vedere i propri figli felici e ben inseriti socialmente, e notare che i suoi ragazzi hanno difficoltà a stringere amicizie può certamente generare ansia e preoccupazione. Prima di tutto, vorrei rassicurarla sul fatto che ogni giovane ha i suoi tempi e modi di sviluppare competenze sociali. Non c'è un unico percorso o un unico ritmo per creare relazioni, e il fatto che i suoi figli abbiano un forte legame tra loro è già un aspetto molto positivo.

Detto questo, è comprensibile che desideri aiutarli a migliorare le loro capacità di socializzazione. Una prima cosa importante è cercare di incoraggiarli a uscire dalla loro zona di comfort senza farli sentire sotto pressione. Parli con loro in modo aperto, chieda come si sentono riguardo alle amicizie e se hanno dei desideri o delle preoccupazioni in merito. A volte, semplicemente comprendere il loro punto di vista può essere utile per capire come supportarli al meglio.

Può anche essere utile coinvolgerli in attività che li interessano particolarmente, dove possono incontrare coetanei con passioni simili. Questo potrebbe aiutarli a costruire legami più facilmente, poiché partirebbero da un terreno comune. Anche incoraggiare piccole iniziative, come invitare un compagno di classe a casa per un pomeriggio, può essere un buon modo per aiutarli a sviluppare amicizie senza farli sentire troppo esposti.

È naturale, poi, sentirsi frustrata e a volte esprimere la propria preoccupazione in modo impulsivo, ma è importante ricordare che i ragazzi, soprattutto in questa fase dell'adolescenza, sono particolarmente sensibili. Piuttosto che sottolineare quello che percepiscono come una mancanza, potrebbe essere più utile rinforzare ciò che fanno bene, mostrando fiducia nelle loro capacità e dando loro spazio per crescere a modo loro.

Se nota che la situazione non migliora o se vede segnali di chiusura o apatia più profondi, potrebbe essere utile considerare di parlare con uno specialista. Un percorso di supporto può aiutare a comprendere meglio le difficoltà sociali e a fornire strumenti specifici per affrontarle. Ricordi che come genitore sta già facendo molto semplicemente essendo attenta e premurosa verso il benessere dei suoi figli. Ogni passo che fa per aiutarli a crescere socialmente è un atto di grande amore e cura.
Un caro saluto, dott. Daniele D'Amico.
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Dott.ssa Valentina Vanin
Psicologo clinico, Psicologo
Casier
Gentilissima, comprendo la sua preoccupazione da genitore nei confronti dei suoi ragazzi, allo stesso tempo mi sento di rassicurarla. Lavoro a scuola come psicologa e i suoi figli sono entrambi adolescenti, che stanno passando un periodo per nulla facile, come la maggior parte dei ragazzi della loro età. è un momento costellato di emozioni e vissuti che faticano a comprendere e di cambi di umore repentini, ecco perchè anche il fatto che si mortifichino di fronte alle sue osservazioni è normale, probabilmente per loro la presenza reciproca è un po' come un'ancora di salvezza mentre, ogni puntualizzazione può essere presa sul personale, in quanto stanno cercando di crearsi la propria identità futura e non è facile per loro accettare anche qualche critica. ciò non significa che dovete smettere di fargli notare le cose, anzi! Continui a parlare apertamente coi suoi figli, magari faccia forza proprio sulla loro unione per proporgli delle iniziative da fare assieme (organizzare una pizza con altri compagni, chiamare degli amici in comune per andare al cinema o iscriversi a qualche gioco di squadra assieme come ad esempio tornei di padel, tennis, calcio o qualsiasi altro sport preferiscano). Ascolti anche le loro preoccupazioni e i loro timori, può essere che crescendo conoscano passioni nuove e diverse e che gradualmente si separino ma, per loro in questo momento la vicinanza è sicuramente utile e potrebbe essere sfruttata al meglio proprio per permettergli di fare nuove conoscenze. Li esorti a prendere l'iniziativa, a organizzarsi in autonomia, a decidere a partire dalle piccole cose... senza che lei e suo marito siate per forza sempre assieme a loro, pur tenendoli sotto controllo a distanza di sicurezza, un esempio potrebbe essere "mamma e papà prendono un po' il sole perchè voi nel frattempo non andate al chiosco a prendere i gelati" oppure "mamma e papà guardano un attimo questo negozio però intanto potete raggiungere la sala giochi qui difronte se vi fa piacere" sono esempi banali ma l'idea è quella di far loro capire che ci siete ma allo stesso tempo che possono anche fare da soli. Ovviamente sono piccoli compiti che potete dare anche nella vita quotidiana non solo in vacanza, come ad esempio chiedere loro di prendere delle cose al banco del supermercato mentre voi ne prendete altre, o chiedere loro di chiamare per ordinare delle pizze, sono piccole cose che però li possono aiutare a spazzare via la timidezza del primo confronto con gli altri che potrebbe essere un ostacolo nel fargli conoscere nuovi amici.
Nel caso volesse parlarne meglio rimango a disposizione anche telefonicamente. Saluti. Dott.ssa Valentina Vanin
Dott.ssa Adriana Bettoso
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Trieste
Gentile, comprendo la sua apprensione ma credo che forse non è ancora arrivato per loro il momento di staccarsi dai genitori, stanno ancora molto bene con voi. Se i vostri figli sono sani, vanno bene a scuola, fanno sport, hanno comunque amici che li cercano vuole dire che stanno crescendo bene, lasciateli il tempo di decidere quando cominciare a staccarsi dal nido. I ragazzi in questo momento della vita sono in continua e veloce evoluzione, le cose cambiano da un giorno all'altro, vedrete che la prossima estate sarà ben diversa.
Dott.ssa Sandra Petralli
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Pontedera
Salve, la sua preoccupazione trova accoglimento in quanto almeno il maggiore a questa età dovrebbe scalpitare per uscire.
Fare sport, trovare interessi separati tra i due fratelli dovrebbe incrinare questa simbiosi che li mette in una bolla dove sono solo loro due.
Sarebbe consigliabile un percorso separato di psicoterapia, in questo modo potrebbero raggiungere una indipendenza sufficiente che gli permetterebbe una vita in linea con l’età.
Se vuole sono a disposizione.
Saluti,dott.ssa Sandra Petralli
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Dott.ssa Giuseppina Simona Di Maio
Psicologo, Psicologo clinico
Casavatore
Gentile Signora, la ringrazio per aver esposto i suoi timori. Quanto racconta è in realtà piuttosto comune se prendiamo come punto di partenza l'età dei suoi figli. Per procedere con delle ipotesti più consistenti servirebbero dettagli che mi rendo conto, qui non potevano essere espressi.
Provi a fare uno sforzo in più, andando oltre quello che nota negli altri bambini/ragazzini. Quanto pensa siano solo sue preoccupazioni e quanto di reale/realistico c'è in quello che osserva?
I suoi figli sono realmente soli e senza amicizie (bastandosi a se stessi con il rapporto che hanno tra fratelli) oppure no? Come si sentono e come vivono l'ambiente e le relazioni scolastiche? Frequentano qualche sport o fanno attività extrascolastiche che li espongono a relazioni extra familiari in cui poter sperimentare e sperimentarsi come individualità?
Comprendo bene quanto possa essere frustrante e quanto ci si possa sentire impotenti se si crede che il proprio figlio possa avere una fonte di disagio ma provi a non evacuare il suo malessere "accusando" i ragazzi ma tenti di instaurare un canale comunicativo maggiormente accogliente e supportivo. So bene che c'è bisogno di tempo e spazio per avere una buona comunicazione ma è l'unico modo che abbiamo per comprendere se i due ragazzi hanno davvero una qualche forma di disagio o se semplicemente in una fase delicata di crescita come quella della preadolescenza e adolescenza, hanno solo maggior bisogno di stare da soli o in compagnia di quella relazione che ora, è loro necessaria per stare bene.
L'età che stanno attraversando i due ragazzi è densa di prove e nuove conquiste personali, è inoltre piena di dubbi e perplessità che nascono e muoiono molto velocemente.
Cordiali Saluti.
Dott. Maurizio Di Benedetto
Psicologo, Fisioterapista, Posturologo
Monza
Gentilissima, le consiglio un’approfondimento personale attraverso una consulenza psicologica, così da gestire al meglio questa situazione che sta vivendo e poter essere d’aiuto per i suo figlio in questa particolare età.

Cordialità
Dott. Maurizio Di Benedetto
Dott.ssa Ludovica Girotto
Psicologo, Psicologo clinico
Lainate
Gentile Utente, capisco la preoccupazione per i suoi figli e la ringrazio per aver condiviso la situazione. È naturale sentirsi ansiosi quando si notano difficoltà sociali nei propri figli, specialmente in un’età in cui le amicizie e il senso di appartenenza diventano molto importanti. Durante l’età dei suoi figli intervengono numerosi cambiamenti - fisici, emotivi e cognitivi - che influenzano significativamente anche il loro comportamento sociale. Le amicizie iniziano a giocare un ruolo importante, ma lo diventano anche le pressioni sociali; alcuni ragazzi possono sentirsi sopraffatti da queste dinamiche e mostrarsi più introversi. Ogni ragazzo ha il proprio ritmo nel formare amicizie e nell’adattarsi alle dinamiche sociali, ed è importante riconoscere e rispettare queste differenze. Offrire supporto e comprensione, piuttosto che forzare una conformità a modelli sociali esterni, può aiutare i ragazzi a costruire amicizie che rispettano autenticamente chi sono. Un saluto.
Dott.ssa Pinella Chionna
Psicologo clinico, Psicologo, Professional counselor
Mesagne
Buonasera,
comprendo la sua preoccupazione come madre e il desiderio di aiutare i suoi figli a sviluppare relazioni sociali più attive. Il fatto che siano intelligenti, sensibili e abbiano un forte legame fraterno è sicuramente un punto di forza, ma comprendo il suo desiderio di vederli più integrati nei gruppi sociali.
Rinfacciare loro la situazione, anche se comprensibile nei momenti di frustrazione, può però aumentare il loro senso di inadeguatezza. È importante affrontare la questione con delicatezza, valorizzando le loro qualità e incoraggiandoli senza farli sentire sotto pressione.
Potrebbe essere utile esplorare insieme a loro interessi o attività che potrebbero favorire l’incontro con coetanei, come sport, hobby o gruppi a tema. Anche invitare a casa qualche amico o organizzare occasioni sociali in cui si sentano a loro agio potrebbe essere un passo positivo. L’obiettivo è creare situazioni in cui possano interagire con gli altri in modo naturale e graduale, senza forzature.
Rimanga a loro fianco con empatia, cercando di capire le loro esigenze e le loro paure, e offrendo sostegno piuttosto che critiche. Con il tempo e il supporto giusto, i suoi figli potranno trovare il loro spazio nelle relazioni sociali.
Cordialmente,
Dott.ssa Pinella Chionna
Dott. Alessandro Macchi
Psicologo, Psicoterapeuta
Pontedera
Salve, grazie per la condivisione della sua esperienza. Nella situazione che descrive trovo due punti da approfondire: il proprio vissuto rispetto alla situazione dei suoi figli, quindi cercare di capire meglio l'ansia, la preoccupazione, l'impazienza che riporta che a volte le fanno rinfacciare alcune cose a loro; il vissuto dei figli, quindi cercare di capire se effettivamente ci possano essere delle difficoltà in loro che gli fanno attuare questi meccanismi. Sarebbe indicato contattare uno specialista, possibilmente uno psicoterapeuta, con cui poter parlare inizialmente della questione a livello familiare, per poi valutare se proseguire o meno individualmente con dei percorsi separati. Spero di essere stato di aiuto. Un cordiale saluto.
Dott.ssa Cristiana Danese
Psicologo, Psicologo clinico
Palermo
Gentile signora, comprendo la sua preoccupazione. Sicuramente l'adolescenza è un periodo di vita di crescita personale e definizione di sé e può essere normale avere delle difficoltà nel costruire delle relazioni stabili. Sono certa che con il tempo e con il giusto sostegno genitoriale troveranno il modo sperimentarsi nelle relazioni e pian piano di trovare quelle che soddisfano i propri bisogni.
Qualora lo riteniate opportuno, rivolgersi ad uno psicologo (individualmente) può essere una soluzione per indagare i vissuti emotivi connessi all'adolescenza ed avere uno spazio dedicato in cui imparare a conoscersi meglio. Potrebbe essere allo stesso modo un utile spazio per lei, da utilizzare per interrogarsi sulla genitorialità e su ciò che questo emotivamente comporta. Se lo vorrà, sono a vostra disposizione in studio o online. Cordialmente, Dott.ssa Cristiana Danese psicologa
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Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Capisco la preoccupazione e apprezzo la sua sincerità nel condividere i suoi sentimenti. È evidente che lei tiene molto al benessere dei suoi figli e desidera il meglio per loro. Prima di tutto, è importante considerare se i suoi figli percepiscono la loro situazione come un problema. Potrebbe essere utile chiedere loro direttamente come si sentono riguardo alla loro vita sociale. Potrebbero essere contenti della loro situazione attuale e non sentire la mancanza di una vita sociale più attiva.
La solitudine non è necessariamente negativa e non sempre indica un problema. Alcune persone trovano conforto e soddisfazione in compagnia di se stesse e non sentono il bisogno di avere molti amici. Tuttavia, se i suoi figli desiderano avere più amici ma trovano difficoltà a fare nuove conoscenze, ci sono alcune strategie che potrebbe considerare per aiutarli.
Innanzitutto, potrebbe incoraggiarli a partecipare ad attività che li interessano e che offrono opportunità di socializzazione, come sport, club o corsi. Questo non solo li aiuterà a sviluppare nuove competenze, ma anche a incontrare persone con interessi simili. Inoltre, potrebbe essere utile parlare con loro delle loro esperienze sociali e offrire consigli su come avvicinarsi agli altri e iniziare conversazioni.
È anche importante creare un ambiente familiare aperto e di supporto, dove i suoi figli si sentano liberi di esprimere i loro sentimenti e preoccupazioni. Questo può aiutarli a sentirsi più sicuri e a sviluppare le competenze sociali necessarie per fare amicizia.
Infine, è fondamentale ricordare che ogni persona è unica e ha i propri tempi e modi di sviluppare relazioni sociali. Essere pazienti e comprensivi con i suoi figli può fare una grande differenza nel loro percorso di crescita.
Spero che queste riflessioni possano essere di aiuto. Se ha ulteriori domande o preoccupazioni, non esiti a chiedere.
Cordiali saluti.
Dott Andrea Boggero
Gentilissima, grazie per la sua condivisione. La sua posizione è comprensibile e denota uno stato di cura e amore verso i suoi figli. Servirebbero, tuttavia, ulteriori elementi che possano facilitare una maggiore comprensione. In generale, sembrerebbe che i suoi figli stiano bene con voi e che non sentano ancora l'esigenza di dover "lasciare il nido". In questa età evolutiva attraversano un processo di separazione-individualizzazione dalla famiglia, magari non è ancora iniziato ma, ognuno con i propri tempi e ritmi, giunge a tale fase. In generale, il dialogo aperto, costruttivo con i figli è sempre una buona soluzione. Provi ad esprimere il suo stato di preoccupazione, evitando di far sentire loro la mancanza di una tappa. Tenga presente che, oggi, gli adolescenti possiedono una moltitudine di stimoli simultanei ed interessi diversi rispetto a quelli di qualche anno fa, ciò rende il processo differente rispetto a ciò che solitamente si osservava. Non vuol dire che abbiano dei disagi interiori, solo che procedono nel flusso della vita in modo diverso da quanto accadeva prima. Sarebbe, comunque utile, poter approfondire la situazione in modo da avere qualche dato i più sui ragazzi, gli interessi ed il gruppo di amici (almeno quello scolastico). Per qualsiasi cosa non esiti a contattarmi.
Un caro Saluto.
Dott.ssa Silvia Suppa.
Dott. Federico Valeri
Psicologo clinico, Psicologo
Roma
Salve. Fare il genitore è un mestiere difficile, ma le vorrei dare un consiglio per permetterle di valutare al meglio lo stato psicologico dei suoi figli: siamo tutti diversi e, se per lei potrebbe sembrare ottimale che i suoi figli facciano amicizie, magari per loro non è necessariamente così e riescono a trovare un equilibrio soddisfacente l'un con l'altro. E' ovvio che, nel caso la situazione crei disagio a loro, si potrebbe provare ad analizzare una situazione, ma quel che le consiglio è, innanzitutto, verificare se per loro è "importante" avere quel tipo di amicizie o meno, considerando che ognuno di noi cerca cose diverse.
Ovviamente è un argomento che andrebbe maggiormente approfondito, a sua disposizione se servisse.
Cordialmente.
Dott.ssa Giulia Faccioli
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Bologna
Buongiorno, grazie per la sua domanda. La preoccupazione di cui scrive, da genitore, è comprensibile, ma attenzione a non attuare quella che in psicologia viene chiamata "la profezia che si autoavvera". Si ponga in un atteggiamento di curiosità sulla loro vita, li spinga ad avere interessi e ad andare in esplorazione del mondo fuori ed eviti il giudizio sui loro comportamenti e sulla condizione in cui si trovano. Si apriranno, verso il mondo, secondo i loro tempi che non sono necessariamente come li immagina lei. Se la questione per lei dovesse continuare ad essere fonte di preoccupazione le consiglio una consulenza sulla genitorialità che potrebbe essere di grande aiuto per gestire i cambiamenti che ci pone l'adolescenza. Cordiali saluti,
buonasera, la ringrazio per aver condiviso con noi la sua situazione. Le sue preoccupazioni sono assolutamente comprensibili. Dato che sono molto legati a voi, potreste organizzare attività con altre famiglie con figli di età simile a quelle dei vostri figli per aiutarli a socializzare. Praticano qualche sport? Uno sport di squadra potrebbe aiutarli a socializzare.
Se ha bisogno di un aiuto, io sono a disposizione anche online.
Dott.sa Elena Bonini
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Dott.ssa Martina Orzi
Psicologo, Psicologo clinico
Collegno
Buonasera.
I suoi figli le hanno mai condiviso di provare malessere? Se promuovendo un dialogo accogliente e non giudicante con lei emerge del disagio psicologico potrebbe essere utile confrontarsi con loro sul consultare uno psicologo.
E’ comprensibile la sua ansia vedendo i suoi figli poco propositivi alle relazioni amicali eccetto nelle situazioni in cui vengano cercati. Questa estate il paragone con ciò che ha osservato tra i coetanei dei suoi figli probabilmente ha risuonato molto in lei creandole una sofferenza. Può portare questi vissuti emotivi in un suo percorso di supporto per dar spazio anche al suo malessere di mamma che sta soffrendo osservando aspetti dei suoi figli che la preoccupano.
Spesso si sottovaluta il supporto alla genitorialitá ma è uno spazio veramente prezioso per validare paure, emozioni e preoccupazioni dell’essere genitori. Utile anche per confrontarsi e per capire come meglio poter stare vicino/supportare i propri figli.
Rimango a sua disposizione, anche online.
Un caro saluto, Dott.ssa Martina Orzi
Dott. Stefano Recchia
Psicologo, Psicologo clinico, Professional counselor
Roma
Gentile utente la ringrazio per aver condiviso la sua situazione. I suoi figli sono entrambi in piena fase pre-adolescenziale. In questa fase emergono emozioni nuove e nuove paure (tra cui anche quella di esporsi con estranei). Lei li definisce intelligenti e sensibili con un ottimo rapporto tra loro e questo è un buon punto di partenza.
Può chiedere loro come mai preferiscono stare da soli e non cercare di coinvolgere altri amici. La loro risposta potrebbe darle già alcune risposte. Si potrebbe poi anche pensare ad un percorso di terapia familiare che comprenda entrambi i fratelli per far emergere eventuali insicurezze e blocchi relazionali. Spero di esserle stato di aiuto. Resto a disposizione. Un caro saluto. Dott. Stefano Recchia
Dott.ssa Laura Buttacavoli
Psicologo clinico, Psicologo
Torino
Buonasera gentile utente, la relazione tra genitori e figli, specialmente durante l’adolescenza, può essere complessa, soprattutto quando si percepiscono difficoltà nel contesto sociale dei propri figli. È evidente che lei si preoccupi per il benessere dei suoi figli e voglia fare tutto il possibile per sostenerli nel loro sviluppo sociale.

Dal punto di vista psicologico, ciò che descrive potrebbe indicare una difficoltà di socializzazione, che non è raro nell’adolescenza, un periodo in cui i ragazzi affrontano cambiamenti significativi sia fisici che emotivi. Le difficoltà nell'iniziare o mantenere amicizie possono dipendere da molteplici fattori, tra cui la timidezza, la paura del rifiuto, una bassa autostima o anche un senso di inadeguatezza sociale. Inoltre, l’adolescenza è un momento di esplorazione dell'identità, e quindi i ragazzi possono anche essere in fase di ricerca di sé stessi, il che può influenzare il modo in cui si relazionano con gli altri.

Nel caso specifico dei suoi figli, sembra che la difficoltà sia nell'iniziare il contatto con gli altri, ma non nel mantenere le relazioni una volta che gli amici li cercano. Questo è un dato importante che ci suggerisce che, sebbene ci sia una difficoltà ad avvicinarsi agli altri, i ragazzi sono comunque capaci di mantenere legami e di apprezzare le amicizie quando sono più "facili" o quando sono gli altri a fare il primo passo.

Per quanto riguarda il fatto che trascorrano tempo a casa da soli, è comprensibile che lei si senta preoccupata, soprattutto se vede altre comitive di ragazzi che si divertono insieme. Tuttavia, è importante considerare anche il temperamento e gli interessi dei suoi figli. Alcuni ragazzi possono semplicemente preferire attività individuali o in piccoli gruppi piuttosto che grandi comitive. Ciò non significa necessariamente che stiano vivendo un'esperienza sociale problematica, ma potrebbe essere un aspetto della loro personalità.

Intanto potrebbe continuare a creare un ambiente familiare in cui i suoi figli si sentano liberi di esprimere le loro emozioni senza paura di essere giudicati. Quando si preoccupa della loro solitudine o delle difficoltà sociali, è utile evitare commenti che possano farli sentire inadeguati o accusati, come "perché non hai amici?" o "non è normale stare sempre da soli". Piuttosto, potrebbe dire qualcosa come "Mi dispiace vedervi soli, capisco che possa essere difficile". Questo approccio li aiuterà a sentirsi compresi anziché giudicati.
Poi, potrebbe proporre attività che li mettano in contatto con nuovi gruppi o esperienze senza forzarli. Potreste incoraggiarli a partecipare a gruppi o club che rispecchiano i loro interessi (sport, musica, videogiochi, volontariato, ecc.), in modo che possano incontrare persone con passioni simili. Non si tratta tanto di insistere affinché si facciano "amicizie" in modo forzato, quanto di dare loro un’opportunità di socializzazione in contesti che li facciano sentire a loro agio. Anche se i ragazzi non sembrano avere una vasta cerchia di amici, il fatto che abbiano già qualche legame con altre persone è positivo. Aiutarli a coltivare quelle amicizie (magari organizzando incontri o attività insieme) può essere un buon punto di partenza.
Inoltre, è importante che lei prenda in considerazione anche il suo stato emotivo. La sua ansia, sebbene comprensibile, potrebbe essere percepita dai ragazzi e contribuire a rinforzare il loro disagio. Provare a gestire questa ansia potrebbe alleggerire la situazione e rendere più facile per i suoi figli affrontare la socializzazione senza il peso di aspettative troppo alte.
Infine, se la situazione persiste e se sente che la difficoltà di socializzazione diventa un ostacolo importante nel loro benessere, potrebbe essere utile esplorare un supporto psicologico per i ragazzi. Un professionista potrebbe aiutarli a sviluppare competenze sociali, gestire ansie legate al contesto sociale e migliorare la loro autostima.

Spero che queste riflessioni possano esserle utili. Le auguro di riuscire a trovare il giusto equilibrio nel supportare i suoi figli, senza farli sentire sotto pressione, ma semplicemente offrendo loro le risorse per affrontare le sfide sociali in modo più sereno. Se desidera, sono a disposizione per ulteriori approfondimenti o chiarimenti.

Un caro saluto, Dott.ssa Laura Buttacavoli
Dott.ssa Federica Giudice
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Comprendo profondamente la tua preoccupazione di madre nel vedere i tuoi figli, nonostante il loro bel legame, avere difficoltà a stringere amicizie esterne e trascorrere molto tempo da soli. È naturale che tu senta il desiderio di aiutarli a vivere pienamente la loro età e a godere di interazioni sociali più ampie.
La tua osservazione sulla loro passività nel cercare attivamente gli altri e la tristezza che hai percepito durante l'estate sono segnali che ti allertano, ed è positivo che tu voglia fare qualcosa. Tuttavia, i tuoi rinfacci potrebbero generare in loro un senso di inadeguatezza, come hai notato.
Per supportare i tuoi figli nello sviluppo delle loro abilità sociali e nell'affrontare l'eventuale apatia, ti suggerisco un percorso psicologico familiare o individuale per entrambi i ragazzi. Un terapeuta specializzato nell'età evolutiva può:
Per il figlio di 12 anni: Aiutarlo a comprendere e gestire la sua timidezza, fornirgli strategie per iniziare e mantenere conversazioni, e supportarlo nello sviluppo della fiducia in sé stesso nelle interazioni con i coetanei; per il figlio di 15 anni: Esplorare le possibili cause della sua eventuale apatia e della difficoltà nel creare nuove amicizie, magari legate alla fase adolescenziale o a dinamiche pregresse, e fornirgli strumenti per superare eventuali blocchi sociali. Per entrambi (meglio se sempre individualmente): Lavorare sull'autostima, sull'assertività e sulle abilità comunicative necessarie per costruire e mantenere relazioni significative.
Un percorso familiare potrebbe inoltre essere utile per comprendere meglio le dinamiche all'interno del vostro nucleo e come supportare al meglio i tuoi figli in questa fase della loro crescita. Insieme a loro, potrete individuare strategie concrete per favorire le opportunità di socializzazione, rispettando i loro tempi e le loro individualità.
Quello che sta osservando nei suoi figli è un aspetto delicato, che tocca una fase di passaggio molto importante nella crescita: l’ingresso nell’adolescenza. Questa tappa non riguarda solo il cambiamento nei ragazzi, ma è un vero e proprio movimento che coinvolge l’intero sistema familiare.
A livello evolutivo, i suoi figli stanno attraversando una fase in cui si separano progressivamente dalla famiglia di origine per affacciarsi nel mondo esterno, cercando di costruire la propria identità. In questa esplorazione, il gruppo dei pari diventa un punto di riferimento cruciale: gli amici diventano specchi attraverso cui conoscersi, testare i propri limiti, sentirsi accettati. Ma non tutti i ragazzi affrontano questo passaggio allo stesso modo e con gli stessi tempi. Alcuni, specie se molto sensibili e riflessivi, possono avere più difficoltà ad esporsi, a rischiare un rifiuto, a trovare un linguaggio comune con gli altri. E questo può generare in loro — e nei genitori — un senso di stallo o di inadeguatezza.
Dal punto di vista sistemico, però, non esistono difficoltà individuali isolate: ogni comportamento va letto all’interno del contesto familiare e relazionale in cui si sviluppa. Quando due fratelli, come nel suo caso, hanno un legame molto stretto, questo può diventare una risorsa meravigliosa ma, allo stesso tempo, può anche proteggere troppo dai rischi del mondo esterno. La forza della fratria può offrire rifugio, ma anche rappresentare un sistema chiuso che rende più faticosa l’apertura verso l’esterno. Spesso, senza rendercene conto, nella nostra funzione genitoriale possiamo agire una forma di iperprotezione, spinti dal desiderio di evitare ai nostri figli le difficoltà che noi stessi abbiamo vissuto. Può accadere che, se nel nostro percorso adolescenziale ci siamo sentiti soli, esclusi o poco visti, oggi — anche inconsciamente — cerchiamo di evitare ai nostri figli quella stessa sofferenza, tenendoli più vicini, occupando più spazio nelle loro giornate, o preoccupandoci per ogni loro esitazione. Questo non è un errore, è una forma d’amore, ma può limitare, senza volerlo, il loro naturale bisogno di autonomia, e soprattutto la fiducia nelle loro risorse. Riconoscere questo meccanismo è già un grande passo, non per colpevolizzarsi, ma per iniziare a lasciare lo spazio affinché loro possano compiere il proprio percorso. Ogni ragazzo ha bisogno di sentire che i suoi genitori credono nella sua capacità di affrontare anche le sfide, anche le frustrazioni. Che non devono essere evitate a tutti i costi, ma possono essere attraversate, sostenuti da uno sguardo che non giudica ma accompagna.
A livello pratico, può essere utile:
- Favorire esperienze fuori dalla famiglia: non tanto spingendoli a “trovare amici” (potrebbe aumentare la pressione), quanto piuttosto proponendo attività in contesti dove possano incontrare coetanei in modo naturale (sport, corsi, volontariato...).
- Coinvolgerli nel confronto con le emozioni: mostrare interesse senza giudizio li aiuta a dare voce al loro vissuto.
- Lavorare sulla relazione con loro come base sicura: non deve essere negato il disagio, ma va accompagnato con fiducia, evitando frasi che possono suonare come rimproveri (“Perché non hai amici?”, “Gli altri escono, voi no …”), che rischiano di aumentare vergogna e chiusura.
- Osservare la storia familiare: quali messaggi sono passati nella sua famiglia d’origine sul valore delle relazioni, dell’autonomia, della socialità? A volte, le modalità attuali rispecchiano dinamiche transgenerazionali che possono essere rese consapevoli e rielaborate.
Può essere molto prezioso un percorso familiare o uno spazio di consulenza genitoriale, per aiutarvi a leggere questi segnali in chiave relazionale, e a sostenere l’individuazione dei ragazzi con flessibilità e fiducia.
Dr.ssa Rosalia Paternoster
Dott.ssa Serena Caroppo
Psicologo, Psicologo clinico
Martina Franca
Quello che descrive è una preoccupazione del tutto comprensibile e comune tra genitori di ragazzi sensibili e riflessivi. È importante ricordare che avere pochi amici o trascorrere molto tempo in casa non significa automaticamente che ci sia un problema, soprattutto se i suoi figli hanno un buon rapporto tra loro e con la famiglia. Allo stesso tempo, è naturale voler favorire le competenze sociali e la sicurezza necessarie per costruire relazioni anche al di fuori del nucleo familiare.

Un approccio utile è quello di offrire loro opportunità di socializzazione in contesti strutturati e sicuri, come attività extracurriculari, laboratori o sport, dove la socializzazione avviene in modo naturale e con un obiettivo condiviso. Piccoli passi possono fare una grande differenza: invitare un compagno a casa per un gioco o incoraggiarli a comunicare gradualmente con i coetanei, anche tramite messaggi o giochi online, senza pressioni o aspettative eccessive.

È importante anche sostenere la loro autostima, notando e valorizzando ogni piccolo tentativo di socializzazione, senza rinfacciare le difficoltà, che rischierebbero solo di aumentare senso di inadeguatezza o isolamento. Essere modelli di interazione, condividendo esperienze proprie e mostrando come affrontare timidezza o iniziare conversazioni, può aiutare molto.

Infine, anche la serenità dei genitori è fondamentale: i ragazzi percepiscono le preoccupazioni e i timori dei genitori, quindi un atteggiamento incoraggiante e non giudicante può favorire apertura e sperimentazione sociale senza pressioni

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