Salve La mia è più una curiosità, una mia riflessione nata leggendo un articolo di giornale, mi son

17 risposte
Salve
La mia è più una curiosità, una mia riflessione nata leggendo un articolo di giornale, mi son sempre chiesta ma tutte quelle persone che hanno dei disturbi mentali importanti ma che pensano invece di non avere nulla, quindi di stare bene, come vengono curate?

Tempo fa, invece ho visto un'intervista di uno psicoterapeuta, e sosteneva che la psicoterapia non è per tutti, ma è davvero così?

Ad esempio penso ai narcisisti, manipolatori, borderline ecc., questo tipo di persone, e immagino saranno in molti, non si rendono conto di avere un disturbo o forse non lo accettano, di conseguenza non chiedono e non vogliono farsi aiutare, ma allora..cioè che fine fanno queste persone? Come vivono? E se fanno del male agli altri?
Parlando di questo argomento con alcuni miei amici, loro sostengono che era meglio quando esistevano i manicomi, perchè queste persone venivano selezionate e quindi si impediva di farsi del male a loro stessi e anche agli altri, adesso invece con questa libertà queste persone fanno del male, forse inconsapevoli, a loro stessi e spesso, purtroppo anche agli altri.
E allora mi chiedo, ma come si curano queste persone se possono decidere di scegliere di non curarsi?

Un pò come se un omicida si rifiutasse di andare in prigione e con la libertà di scelta questo continuerebbe ad ammazzare, ho portato un esempio esagerato di proposito per far capire meglio il concetto che voglio esprimere.

Sono davvero ignorante in materia, perciò chiedo a voi come e se vengono trattate queste persone?
Salve, Ritengo che la sua curiosità sia più che legittima. Come diceva bene il collega, la psicoterapia è un percorso faticoso e sicuramente difficile da sostenere per molte persone in quanto consiste, in primo luogo, nel mettersi in gioco dinanzi a diversi aspetti. Esiste poi un altro aspetto, come lei giustamente sottolineava, relato al non accettare l'eventuale presenza di difficoltà strutturate.
Cordialmente, dott FDL

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Buongiorno, la sua è una domanda molto interessante che aprirebbe davvero molte riflessioni.
la prima cosa che mi sento di dirle è che il lavoro terapeutico è un lavoro a due menti e quattro mani..pertanto se il paziente non è lui stesso a sentire di voler intraprendere questo percorso, difficilmente un cambiamento potrà avvenire.
in secondo luogo vorrei dirle che lo scopo di un percorso di terapia può essere di vario tipo; si può avere il bisogno o il desiderio di lavorare su un comportamento particolare o su una sintomatologia specifica; si può scegliere anche dii intraprendere questo percorso per migliorare la conoscenza di se stessi e quindi apportare maggiore serenità alla propria vita. in ogni caso quello che una terapia ha lo scopo di fare è non tanto di cancellare un dato problema, ma di fornire maggiori "strumenti" per affrontare le diverse esperienze in cui ogni giorni ci imbattiamo. Se lo scopo è questo quindi, si, è possibile dire che la terapia è per tutti. alcune volte però è necessario accompagnarla ad un supporto farmacologico stabilito da un medico psichiatra.
Sarebbe interessante anche cercare di comprendere come mai ha fatto queste riflessioni e quali pensieri o stati d'animo sono scaturiti dalla lettura di quell'articolo!
Spero di aver risposto alla sua curiosità, le auguro una buona giornata Dott.ssa Giulia Perbellini
Salve, lei pone delle domande interessanti. Sono d’accordo con i colleghi, la psicoterapia non è per tutte le persone.
Inoltre, sono presenti alcuni libri che trattano proprio di questi argomenti.
Buona giornata.
Dott. Fiori
Salve. Si, la psicoterapia non è per tutti. Bisogna essere motivati per intraprendere un percorso di crescita attraverso la psicoterapia. Non tutti sono pronti a crescere e a cambiare. Per quanto riguarda gli aspetti patologici, esistono i tso, trattamenti sanitari obbligatori, per chi è pericoloso per sé e per gli altri. La chiusura dei manicomi ha messo in primo piano la persona che ha una dignità anche nella malattia piuttosto che la malattia, che messa in primo piano, può far perdere dignità. Distinti saluti
Gentilissimo, sono molto interessanti le domande che si pone circa l'assunzione di responsabilità che soggetti con determinate caratteristiche di patologia si pongono rispetto al proprio stato di salute.

I casi citati per loro struttura di personalità spesso sono nella posizione di evitare la domanda di aiuto, a volte anche al prezzo non solo della vita degli altri ma anche della propria vita.

Trovarsi di fronte a questi soggetti, sia come familiari e amici che come curanti, richiede una grande assunzione di responsabilita' .

Il sistema sanitario e quello sociale si e' fornito di strumenti quali il Tso o la prescrizione alla cura, da parte del sistema di tutela sociale , qualora alcuni comportamenti siano lesivi nei confronti della tutela della propria persona o nei confronti per es. di minori coinvolti.
Spesso si assiste a forti contraddizioni socio-culturali, che oscillano dall'enfatizzazione dei problemi alla loro negazione, ed è a causa di tali meccanismi che si arriva ad agiti lesivi .
È spesso compito delle Comunità, e quindi di ognuno di noi, assumersi la responsabilità di ricorrere ai sistemi di tutela, qualora si abbia la percezione di un rischio.
La Legge Basaglia n. 180/78, che ha abolito i manicomi, delegava ai servizi socio-sanitari territoriali la presa in carico di questi soggetti, servizi che purtroppo nel tempo invece di estendersi si sono notevolmente ridotti.
Da qui l'importanza di promuovere azioni di prevenzione nei confronti del disagio mentale, problema che in questo momento di grande crisi, legato agli esiti della pandemia torna ad essere di grande importanza.

Grazie per questa domanda .

Dott.ssa Maria Piscitello
Gent.ma, per fortuna nessuno può essere costretto a curarsi, fatte salve le peculiari condizioni per le quali è possibile ricorrere ad un Trattamento Sanitario Obbligatorio (istituito dalla legge180/1978, detta Basaglia, e oggi ricompresa nella legge 833/1978 costitutiva dell’attuale SSN).E per fortuna un disturbo narcisistico di personalità o borderline, così come un disturbo psicotico o schizofrenico non sono affatto situazioni criminose (cioè soggette alla legge). Perciò la sua equivalenza tra “omicida che non vuole andare in prigione” e persona che non vuole farsi curare non ha alcuna ragion d’essere. Poi, i manicomi non sono stati “chiusi” dalla legge Basaglia: prova ne è che per decenni hanno continuato ad esistere. Casomai, la legge ha impedito che vi finissero persone di ogni genere soltanto perché giudicate inopportune e senza opportuna valutazione. Per dovere di cronaca, soltanto con il DL 81/2014 sono stati chiusi gli OPG (ospedali psichiatrici giudiziari) e istituite le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS). Detto ciò, siamo ancora molto lontani: il “manicomio” può sopravvivere alla sua abolizione come simbolo culturale, come fosse una entità nella mente, nelle prassi, nelle convinzioni e nelle abitudini. Da ultimo: la psicoterapia è un dispositivo di cura molto importante e efficace. Ma non è automaticamente indicata o appropriata per chiunque; e non è nemmeno la panacea di tutti i mali. SG
La mia personale opinione è che lo psicologo e\o psicoterapeuta sia una figura molto utile a 360 gradi. Ovviamente di fronte a una diagnosi conclamata di patologia, sarà utile lavorare in equipe. Certo è però che anche i "normali" potrebbero giovare di un percorso psico***. Relativamente alla questione manicomi e "pericolo pubblico", per quanto sia troppo giovane per poter comprendere la differenza passato\presente in merito, credo che sia e sarà sempre più importante porre il focus sulla dignità della persona e sul benessere della stessa, elementi che credo si possano offrire in realtà meno ospedalizzanti\istituzionalizzanti e più umane.
Gentile utente di mio dottore,
sono interessanti le domande che si pone. Le cose sono un po' più complesse di come le pone. Ad oggi al paziente psichiatrico che è affetto da un disturbo di personalità o da una psicosi viene riconosciuta una dignità grazie alla legge Basaglia. Vi sono strutture in Italia che si occupano di tali pazienti e che adottano dei protocolli di cura funzionanti e sono di supporto per le famiglie stesse degli utenti. Viene concessa libertà di scelta rispetto al curarsi o meno anche nei casi che lei definisce gravi ma c'è da considerare che in determinate condizioni dove il paziente mette a rischio la propria incolumità e quella degli altri è possibile ricorrere ad un Trattamento Sanitario Obbligatorio (istituito dalla legge Basaglia, e oggi ricompresa nella legge 833/1978 costitutiva dell’attuale SSN). In merito alla psicoterapia, funziona soprattutto nella cura dei disturbi di natura nevrotica in quanto è alta la possibilità di instaurare un alleanza terapeutica col paziente stesso. Nella speranza, con queste poche righe, di aver potuto chiarire qualche dubbio in merito all' argomento.

Cordiali saluti
Dottor Diego Ferrara
Ciao,
Diciamo che per casi estremi come quelli che hai riportato, i pazienti vengono rinviati a un tso o cliniche psichiatriche.
Non sempre il narcisista o chi affetto di qualche altra patologia non accetti e non capisca di esserlo, il punto è fino a quando lo accetta e decida di farsi aiutare? In questo c’è l’aiuto dei familiari, una cura farmacologica associata a un’equipe multidisciplinare può aiutare affinché la persona possa “modificare” comportamenti disfunzionali.
Ovviamente sono stata molta generica e ho provato a spiegarlo in maniera moooolto generica, perché ogni caso è a sè e ogni soggetto lo è, per questo poi si prosegue con percorsi individuali e soggettivi.
Spero di essere stata abbastanza esaustiva.
Dalla sua richiesta evinco una curiosità che per portarla a scrivere sul mio dottore immagino debba toccare qualche aspetto della sua vita in qualche modo ... mi verrebbe da analizzare la sua domanda restituendole un altra domanda verso se stessa del tipo "... e se avessi qualche malessere di cui non sono consapevole e farmi o fare del male a qualcuno come potrei accorgermene?" ... ma varrebbe anche se fosse preoccupata per qualcuno a cui lei tiene e che le crea malessere nella vita in qualche modo ovviamente ... del resto è proprio grazie alla legge che ha chiuso i manicomi per buona pace dei suoi amici un pò retrò e che i colleghi hanno ampiamente rievocato che è stato possibile fare passi da gigante proprio su quelle patologie cosiddette "più gravi" cui faceva riferimento rendendole trattabili e forse anche per tutti laddove una patologia possa far toccare in qualche modo il fondo ad una persona rendendogli necessario ad un certo punto della vita un percorso per occuparsene ... Insomma la terapia può essere per tutti ma in base alle consapevolezze di ciascuno nei diversi momenti della vita... quando non si è pronti in genere si aspetta per vedere cosa succede. Ma prima o poi la vita mette tutti di fronte alla realtà ... per quelle patologie che prevedono omicidi ahinoi siamo ancora nelle mani della presunta giustizia che prevederebbe illusoriamente di rieducare tramite carceri ... ma oggigiorno c'è chi se ne occupa anche li. Con affetto DC
Buonasera! Interessante la sua domanda e mi piacerebbe sapere che sentimenti e quali vissuti accompagnano la sua richiesta. Se una persona non riconosce di avere una difficoltà non si presenta in studio per risolverlo. L'unica risorsa è agire in via di prevenzione oppure tramite strutture socio sanitarie con le quali spesso si ritrovano ad avere a che fare per problemi connessi alle loro condotte.
Spero di essere stata chiara.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Gentile utente, le consiglio di leggere qualcosa sul Dott. Basaglia che in Italia portò avanti l'inclusione delle persone con disturbi mentali, al contrario dell'esclusione dalla società che veniva applicata con scarsi risultati. Il principio alla base è che la patologia è una fragilità e per questo le persone devono essere tutelate. Si è scelto di potenziare le strutture territoriali, in modo che le cure potessero avvenire in casa, o comunque vicino all'affetto dei propri cari. Quando possibile si pensa a percorsi di reinserimento sociale, ma che non sono possibili per tutti.
Altro discorso potremmo fare con la psicoterapia. L'espressione "non è per tutti" trova la sua spiegazione sul concetto fondamentale che in terapia si esprimono pensieri e alcune volte può essere difficile o il paziente non è pronto a gestire quei pensieri.
Continui a porsi domande. Allenano la capacità di pensiero.
Buona giornata, dott.ssa Abate
Gentile utente, concordo con i colleghi che hanno già risposto.
Il ricorso alla psicoterapia ha bisogno di consapevolezza e forte motivazione, perché mette in gioco aspetti delle nostre vite spesso difficili da affrontare. Quando un disturbo non ha ripercussioni in ambito sociale, la motivazione al cambiamento può nascere solo da una sofferenza personale e/o familiare. Se non si ha consapevolezza del disturbo una psicoterapia sarebbe inefficace.
Ma è un bene che lei se le ponga.
Cordiali saluti, dott.ssa Federica Casciotti
Salve e grazie per questa insolita domanda. sono arrivata un po tardi nel risponderle e ho visto che i miei colleghi hanno meritevolmente esposto il significato della psicoterapia. Aggiungo che talvolta anche un trattamento psicoterapeutico "coatto" può avere discreti risultati, perché magari la persona è stata forzata a rivolgersi allo specialista ma assieme hanno poi creato una relazione di cura.
Per quanto relativo alla chiusura dei manicomi in considerazione dei lager che erano non avrebbero potuto aiutare davvero nessuno, ma le persone che hanno patologie gravi anche se non riconosciute da loro stesse in genere sono comunque segnalati e seguiti dalle strutture territoriali.
Cordiali Saluti
Dott.ssa Tiziana Vecchiarini
Gentile utente,
ci pone delle domande molto interessanti: innanzitutto per intraprendere un qualsiasi percorso di cura (anche medico!) occorre la consapevolezza di malattia, ossia di aver bisogno di aiuto. Solo così possiamo iniziare a collaborare con chi ci offre cure, e prenderci cura in prima persona di noi stessi.
Per questo e solo in casi molto particolari si può obbligare qualcuno alla cura: un attacco psicotico che presenta un rischio per chi vi è soggetto o per gli altri, ad esempio. O quando una pena detentiva è associata a un percorso obbligatorio di riabilitazione. Sono casi estremi, tuttavia.
Per il resto, ciascuno di noi è chiamato a "difendersi" dai comportamenti maligni di chi ci sta intorno, quando questi non rappresentino un reato per cui chiamare la forza pubblica. Solo così possiamo aiutare le persone a prendere coscienza che c'è qualcosa che non va in loro, e non soltanto nel mondo...

con i migliori auguri
dr. Ventura
Buonasera, penso che al momento attuale, rivolgersi ad uno psicologo potrebbe esserle di aiuto per fare chiarezza e avere maggiore comprensione del periodo e della difficoltà che sta vivendo. Qualora volesse, sono a disposizione. Un saluto, Dott. Alessandro D'Agostini
buongiorno, condivido il pensiero dei colleghi che la psicoterapia non e` per tutti, nel senso che iniziare un percorso psicoterapeutico comporta un impegno che ognuno deve sentirsi di prendere al fine del suo benessere. Vivere un disagio che può compromettere il proprio funzionamento porta molto spesso a ricercare un supporto psicologico. Nelle situazioni in cui un comportamento di un individuo e` rischioso per la propria o altrui incolumità si può intervenire attraverso un trattamento sanitario obbligatorio. per qualsiasi altra domanda rimango a disposizione. un Saluto D.ssa Anna Dimitri

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