Salve, la mia bambina di 3 anni non vuole lasciarmi quando vado a lavorare e restare coi nonni. Vedo
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Salve, la mia bambina di 3 anni non vuole lasciarmi quando vado a lavorare e restare coi nonni. Vedo che ultimamente prova molta rabbia che manifesta con crisi isteriche e capricci che io cerco in tutti i modi contenere e di rassicurarla e farla sentire protetta ma non ottengo nulla, non mi perdona punto e basta. Passa da momenti di grande affettività a momenti in cui mi caccia via urlandomi: vai via vai a lavorare. Altre volte mentre gioca, prende lo zainetto e mi dice: mamma, vado via, vado a lavorare, ti lascio sola. Sia la maestra che i miei genitori mi dicono che comunque la bambina quando rimane con loro dopo un po si rasserena e si diverte un sacco, loro la portano al parco e in estate al mare dove la bambina socializza con gli altri bambini con estrema facilità, all asilo idem, la maestra mi dice che è molto energica, piena di vitalità e socievolussima. Quindi deduco che solo il rapporto con me va male, vedo che prova un enorme rabbia nei miei confronti da quando ho ripreso a lavorare, addirittura mi morde e mi graffia facendomi tra l altro piuttosto male e devo fare i salti mortali per riappacificarmi con lei, cerco di parlarle con dolcezza, di fare umorismo, di non colpevolizzare, insomma tutto ciò che mi suggerisce il buon senso, a volte riesco ad ammorbidirla, altre volte no e io non insisto, aspetto che sia lei a venire verso di me e io sto lì pronta ad accoglierla ma poi si ricomincia daccapo. Mi chiedo cosa ho sbagliato, e possibile che una madre che torna al lavoro causi un trauma ai figli? Si sente tradita? Si sente abbandonata? . Perché tutti i miei tentativi di farla star bene con me sono fallimentari? La bambina tra l altro è figli di genitori separati. Col padre è sempre andata bene, lo ha sempre adorato adesso mi sono accorta che si sta allontanando anche da lui ed è arrabbiata anche con lui. Credo perché la bambina ha capito che siamo separati e non accetta la cosa. La cosa mi ha addolorato moltissimo. Non so più cosa fare. Mi sento colpevole e un fallimento di madre.
Salve,
comprendo la sua frustrazione e preoccupazione nel vedere le reazioni di rabbia di sua figlia. Questi comportamenti sono comuni nei bambini piccoli, specialmente quando affrontano separazioni e cambiamenti nelle routine quotidiane.
Le frasi come “vai via” o “ti lascio sola” sono spesso il modo in cui i bambini esprimono dolore e paura, non un vero rifiuto. Sua figlia non la “odia” né la “punisce”, ma sta comunicando, a modo suo, quanto le manca e quanto fatica a gestire la separazione. Il fatto che si tranquillizzi con i nonni e a scuola è un segnale positivo, poiché indica che possiede buone risorse emotive e sociali.
La separazione dei genitori può accentuare in questa fase il bisogno di vicinanza e di certezza: sua figlia potrebbe temere inconsciamente di “perderla", e la sua rabbia potrebbe essere il risultato di questa paura. È importante, quindi, essere chiari nei saluti, con frasi rassicuranti e con l'uso di "oggetti di transizione" che la aiutino a sentirla vicina, come un oggetto che le appartiene o un piccolo gesto che ricordi il legame affettivo, anche in sua assenza.
Nel gestire queste crisi, mantenere dei limiti chiari è fondamentale. Per esempio, se morde o graffia, è importante intervenire fermamente, ma con dolcezza, per farle capire che certi comportamenti non sono accettabili, senza però ferire la sua autostima.
Un percorso di consulenza genitoriale potrebbe aiutarla a trovare strategie pratiche per affrontare al meglio queste sfide, rassicurandola e restituendole un po' di serenità.
Per qualunque cosa resto a disposizione.
Cordialmente,
Dott.ssa Luciana Bastianini
comprendo la sua frustrazione e preoccupazione nel vedere le reazioni di rabbia di sua figlia. Questi comportamenti sono comuni nei bambini piccoli, specialmente quando affrontano separazioni e cambiamenti nelle routine quotidiane.
Le frasi come “vai via” o “ti lascio sola” sono spesso il modo in cui i bambini esprimono dolore e paura, non un vero rifiuto. Sua figlia non la “odia” né la “punisce”, ma sta comunicando, a modo suo, quanto le manca e quanto fatica a gestire la separazione. Il fatto che si tranquillizzi con i nonni e a scuola è un segnale positivo, poiché indica che possiede buone risorse emotive e sociali.
La separazione dei genitori può accentuare in questa fase il bisogno di vicinanza e di certezza: sua figlia potrebbe temere inconsciamente di “perderla", e la sua rabbia potrebbe essere il risultato di questa paura. È importante, quindi, essere chiari nei saluti, con frasi rassicuranti e con l'uso di "oggetti di transizione" che la aiutino a sentirla vicina, come un oggetto che le appartiene o un piccolo gesto che ricordi il legame affettivo, anche in sua assenza.
Nel gestire queste crisi, mantenere dei limiti chiari è fondamentale. Per esempio, se morde o graffia, è importante intervenire fermamente, ma con dolcezza, per farle capire che certi comportamenti non sono accettabili, senza però ferire la sua autostima.
Un percorso di consulenza genitoriale potrebbe aiutarla a trovare strategie pratiche per affrontare al meglio queste sfide, rassicurandola e restituendole un po' di serenità.
Per qualunque cosa resto a disposizione.
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Buonasera,
grazie per aver condiviso la tua esperienza. Da quello che scrivi, tua figlia sta vivendo un periodo di grande cambiamento emotivo, e la rabbia, le crisi e le parole dure che manifesta sono modi comuni nei bambini piccoli per esprimere emozioni che ancora non sanno spiegare a parole.
Non significa che tu abbia sbagliato o che il vostro rapporto vada male. Spesso i bambini sfogano con chi si sentono più sicuri, e dal tuo racconto emerge chiaramente che con i nonni, con altri bambini e all’asilo riesce a giocare, socializzare e divertirsi. Questo è un segnale molto positivo sul suo sviluppo emotivo.
La fatica che tua figlia prova nei momenti di separazione e ricongiungimento con te (e in parte anche con il papà) è comprensibile. Quando dice cose come “vai via” o ti respinge, spesso significa: “ho paura di perderti, quindi ti respingo prima io”. È doloroso da vivere, ma non è un giudizio su di te come madre.
Il fatto che tu continui a esserci, a rassicurarla e a rispettare i suoi tempi è ciò che conta davvero. Con il tempo, la costanza e esperienze ripetute di separazione e ricongiungimento positivo, la bambina svilupperà maggiore sicurezza.
Se ti senti provata, ricordati che è normale chiedere supporto: anche i genitori hanno bisogno di sostegno mentre sostengono i figli.
Rimango a disposizione per chiarimenti.
Un caro saluto!
Dott.ssa Cinzia Pirrotta
grazie per aver condiviso la tua esperienza. Da quello che scrivi, tua figlia sta vivendo un periodo di grande cambiamento emotivo, e la rabbia, le crisi e le parole dure che manifesta sono modi comuni nei bambini piccoli per esprimere emozioni che ancora non sanno spiegare a parole.
Non significa che tu abbia sbagliato o che il vostro rapporto vada male. Spesso i bambini sfogano con chi si sentono più sicuri, e dal tuo racconto emerge chiaramente che con i nonni, con altri bambini e all’asilo riesce a giocare, socializzare e divertirsi. Questo è un segnale molto positivo sul suo sviluppo emotivo.
La fatica che tua figlia prova nei momenti di separazione e ricongiungimento con te (e in parte anche con il papà) è comprensibile. Quando dice cose come “vai via” o ti respinge, spesso significa: “ho paura di perderti, quindi ti respingo prima io”. È doloroso da vivere, ma non è un giudizio su di te come madre.
Il fatto che tu continui a esserci, a rassicurarla e a rispettare i suoi tempi è ciò che conta davvero. Con il tempo, la costanza e esperienze ripetute di separazione e ricongiungimento positivo, la bambina svilupperà maggiore sicurezza.
Se ti senti provata, ricordati che è normale chiedere supporto: anche i genitori hanno bisogno di sostegno mentre sostengono i figli.
Rimango a disposizione per chiarimenti.
Un caro saluto!
Dott.ssa Cinzia Pirrotta
Gentile utente, non si colpevolizzare,
Stia serena e tranquilla.
Sicuramente la bambina sta manifestando le sue emozioni.
Piano piano riuscirà ad incanalarne
Però le consiglio di effettuare un incontro. Colloquio con una terapeuta ci sono delle domande ad esempio che vorrei porle a riguardo. Nn si preoccupi nulla è difficile.
Saluti se vuole mi può scrivere in privato
Saluti
Stia serena e tranquilla.
Sicuramente la bambina sta manifestando le sue emozioni.
Piano piano riuscirà ad incanalarne
Però le consiglio di effettuare un incontro. Colloquio con una terapeuta ci sono delle domande ad esempio che vorrei porle a riguardo. Nn si preoccupi nulla è difficile.
Saluti se vuole mi può scrivere in privato
Saluti
Le consiglio di consultare uno psicoterapeuta. Anche se la bambina è piccola, sentirsi un fallimento come madre non è certamente una sensazione piacevole. Fortunatamente il fatto che la bambina non abbia problemi di socializzazione sminuisce alquanto il problema che rimarrebbe pertanto confinato ai rapporti con i genitori. Andrebbe probabilmente indagato il motivo e le modalità della separazione ed il rapporto col padre. La bambina è ancora piccola e sensibile all'assenza dei genitori e potrebbe vivere la mancanza della madre come un'ulteriore perdita, dopo quella dovuta alla relativa assenza del padre.
Salve — grazie per aver descritto la situazione con tanta attenzione, capisco quanto tutto questo ti faccia soffrire. Ti rispondo in modo pratico e sintetico, con qualche spiegazione e strategie concrete che puoi provare da subito.
Breve spiegazione
Quello che descrivi è comune: a 3 anni i bambini possono reagire con rabbia, regressione o comportamenti aggressivi quando vivono una perdita percepita (per esempio il ritorno al lavoro della madre, o i cambiamenti legati alla separazione dei genitori). La rabbia spesso maschera paura, tristezza e senso di abbandono — emozioni che il bambino non sa nominare e quindi esprime con capricci, urla, morsi e graffi. Questo non significa automaticamente che tu abbia “causato un trauma”; però è una richiesta forte di sicurezza e di aiuto per gestire un cambiamento.
Cosa fare subito (strategie pratiche)
Routine prevedibile — orari e rituali prima della separazione rendono la situazione più sicura.
Rituale breve e coerente per i saluti — un esempio: 1) abbraccio, 2) dire “Ti vedo dopo il lavoro” + orario semplice (“dopo il pranzo/dopo il sonnellino”), 3) bacio, 4) salutino fisso (es. schioccare le dita) e poi vai. Brevi e decisi saluti riducono l’ansia.
Transitional object — uno zainetto, un peluche o una foto che resta con lei quando tu vai via può rassicurarla.
Confermare l’emozione — frasi semplici: “Vedo che sei arrabbiata e hai paura che io non torni. Capisco.” Nomina l’emozione senza giustificare il comportamento.
Limiti chiari sui comportamenti pericolosi — se morde o graffia: fermati, guarda negli occhi, dì con voce calma e ferma “Non si morde / non si graffia”, allontana la mano e offri un’alternativa (es. mordicchiare un giocattolo). Evita punizioni severe o lunghe discussioni subito dopo: la coerenza è più importante.
Tempo speciale di qualità — anche 10–15 minuti al giorno, senza distrazioni, gioco guidato da lei: aumenta il senso di sicurezza.
Coinvolgi i nonni/maestre — chiedi loro di usare gli stessi rituali e frasi per coerenza.
Preparazione e role-play — giocate a “andare a lavoro” e “arrivederci” con bambole o i pupazzi in momenti sereni.
Cosa evitare
Non prolungare addii lunghi e drammatici (possono aumentare l’ansia).
Non colpevolizzarti né mostrare rabbia verso di lei: i bambini assorbono la tensione.
Non negoziare continuamente per ottenere il suo “permesso” di andare (rende il problema più grande).
Quando consultare uno specialista (consigliato se)
il comportamento aggressivo continua o peggiora nonostante strategie coerenti;
ci sono rischi per la sicurezza (morsi/lesioni gravi);
la bambina presenta anche regressione marcata (nottate difficili, enuresi nuova, rifiuto totale di separarsi), isolamento o cambiamenti importanti nel sonno/appetito;
senti che la colpa o l'ansia stanno diventando troppo pesanti per te o per la famiglia.
In quel caso è utile una valutazione da parte di uno psicologo per l’infanzia / psicoterapeuta infantile: possono proporre parent-training (lavorare sulle strategie genitoriali), terapia gioco/gioco-terapia o interventi focalizzati sull’attaccamento e sulla gestione delle emozioni. Anche una visita dal pediatra può escludere fattori fisici.
Capisco quanto tutto questo ti possa far sentire in colpa, ma ricordati: chiedere aiuto è una scelta forte e di cura — non una sconfitta. Con coerenza, rituali sicuri e, se necessario, il supporto di uno specialista, è molto probabile che la situazione migliori.
Per un approfondimento personalizzato e un piano di intervento ti consiglio di parlarne con uno specialista dell’età evolutiva.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Breve spiegazione
Quello che descrivi è comune: a 3 anni i bambini possono reagire con rabbia, regressione o comportamenti aggressivi quando vivono una perdita percepita (per esempio il ritorno al lavoro della madre, o i cambiamenti legati alla separazione dei genitori). La rabbia spesso maschera paura, tristezza e senso di abbandono — emozioni che il bambino non sa nominare e quindi esprime con capricci, urla, morsi e graffi. Questo non significa automaticamente che tu abbia “causato un trauma”; però è una richiesta forte di sicurezza e di aiuto per gestire un cambiamento.
Cosa fare subito (strategie pratiche)
Routine prevedibile — orari e rituali prima della separazione rendono la situazione più sicura.
Rituale breve e coerente per i saluti — un esempio: 1) abbraccio, 2) dire “Ti vedo dopo il lavoro” + orario semplice (“dopo il pranzo/dopo il sonnellino”), 3) bacio, 4) salutino fisso (es. schioccare le dita) e poi vai. Brevi e decisi saluti riducono l’ansia.
Transitional object — uno zainetto, un peluche o una foto che resta con lei quando tu vai via può rassicurarla.
Confermare l’emozione — frasi semplici: “Vedo che sei arrabbiata e hai paura che io non torni. Capisco.” Nomina l’emozione senza giustificare il comportamento.
Limiti chiari sui comportamenti pericolosi — se morde o graffia: fermati, guarda negli occhi, dì con voce calma e ferma “Non si morde / non si graffia”, allontana la mano e offri un’alternativa (es. mordicchiare un giocattolo). Evita punizioni severe o lunghe discussioni subito dopo: la coerenza è più importante.
Tempo speciale di qualità — anche 10–15 minuti al giorno, senza distrazioni, gioco guidato da lei: aumenta il senso di sicurezza.
Coinvolgi i nonni/maestre — chiedi loro di usare gli stessi rituali e frasi per coerenza.
Preparazione e role-play — giocate a “andare a lavoro” e “arrivederci” con bambole o i pupazzi in momenti sereni.
Cosa evitare
Non prolungare addii lunghi e drammatici (possono aumentare l’ansia).
Non colpevolizzarti né mostrare rabbia verso di lei: i bambini assorbono la tensione.
Non negoziare continuamente per ottenere il suo “permesso” di andare (rende il problema più grande).
Quando consultare uno specialista (consigliato se)
il comportamento aggressivo continua o peggiora nonostante strategie coerenti;
ci sono rischi per la sicurezza (morsi/lesioni gravi);
la bambina presenta anche regressione marcata (nottate difficili, enuresi nuova, rifiuto totale di separarsi), isolamento o cambiamenti importanti nel sonno/appetito;
senti che la colpa o l'ansia stanno diventando troppo pesanti per te o per la famiglia.
In quel caso è utile una valutazione da parte di uno psicologo per l’infanzia / psicoterapeuta infantile: possono proporre parent-training (lavorare sulle strategie genitoriali), terapia gioco/gioco-terapia o interventi focalizzati sull’attaccamento e sulla gestione delle emozioni. Anche una visita dal pediatra può escludere fattori fisici.
Capisco quanto tutto questo ti possa far sentire in colpa, ma ricordati: chiedere aiuto è una scelta forte e di cura — non una sconfitta. Con coerenza, rituali sicuri e, se necessario, il supporto di uno specialista, è molto probabile che la situazione migliori.
Per un approfondimento personalizzato e un piano di intervento ti consiglio di parlarne con uno specialista dell’età evolutiva.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Cara utente,
si percepisce quanto stia facendo male ciò che stai vivendo e quanto spazio emotivo tua figlia riesca a occupare dentro di te in questo momento. Il modo in cui descrivi il suo rifiuto, i morsi, gli scoppi di rabbia, la distanza improvvisa, arriva come qualcosa che tocca la tua identità di madre in un punto estremamente sensibile. E se ti senti un fallimento, se dentro percepisci qualcosa che non funziona, è importante partire proprio da lì, dal fatto che questo sentire esiste e merita attenzione.
Non è scontato che, davanti ai comportamenti di una bambina di tre anni, una madre si senta così profondamente messa in discussione. Questo dice che dentro di te sta succedendo qualcosa di complesso, qualcosa che forse non parla solo di ciò che tua figlia fa, ma di come quelle reazioni arrivano nella tua storia emotiva. È come se una parte di te interpretasse ogni suo gesto come un verdetto su di te, e questo merita di essere ascoltato con grande delicatezza.
Quando una bambina così piccola alterna affetto intenso a rabbia esplosiva, quando a volte si avvicina e altre ti caccia via, spesso sta vivendo una tensione interna difficile da reggere: la separazione, i cambiamenti, il bisogno di te e la paura di perderti. Ma non posso dirti che sia così, posso solo proportelo come una possibile chiave di lettura, accanto a ciò che tu senti sulla tua pelle.
Può darsi che la ripresa del lavoro abbia smosso in lei una sensazione di incertezza, o un’idea confusa di abbandono. Può darsi anche che la separazione tra te e il padre stia riaffiorando adesso nella sua mente, e che tu sia la persona dentro cui questa tempesta trova espressione. I bambini spesso portano la loro confusione proprio a chi sentono più vicino, ma è solo una possibilità tra molte.
E mentre lei attraversa questa fase, tu stai facendo un movimento altrettanto intenso: cerchi di contenerla, di tranquillizzarla, di essere accogliente… e allo stesso tempo senti che niente sembra bastare. Questo può far emergere una domanda dolorosa: “cosa sto sbagliando?”. È una domanda che molte madri si fanno, soprattutto quando la rabbia del bambino arriva così diretta. E forse il punto non è rispondere subito, ma stare un attimo dentro a questa domanda e chiedersi da dove viene, perché risuona così forte, perché sembra toccare una zona così vulnerabile.
Ti propongo un’altra possibilità, da affiancare ai tuoi pensieri: può darsi che il problema non sia tra te e lei, ma dentro una dinamica più grande, fatta di cambiamenti, separazioni, ruoli che si stanno ridefinendo. E può darsi che tu stia vivendo tutto questo senza avere un luogo dove appoggiarti, e allora la sua rabbia diventa un carico che si somma al tuo.
Un terapeuta infantile o un sostegno genitoriale potrebbe offrirti uno spazio per capire meglio questi movimenti senza doverli affrontare da sola. Non per dirti che ciò che senti è sbagliato, ma per aiutarti a “vedere” cosa accade sotto la superficie e dare un nome a ciò che oggi arriva come caos.
Tua figlia sta passando un momento difficile.
Tu stai passando un momento difficile.
E forse il lavoro non è capire “dove hai sbagliato”, ma cosa succede dentro di voi quando vi incontrate proprio nei momenti in cui entrambe siete più fragili.
Con cura,
dott.ssa Raffaella Pia Testa
si percepisce quanto stia facendo male ciò che stai vivendo e quanto spazio emotivo tua figlia riesca a occupare dentro di te in questo momento. Il modo in cui descrivi il suo rifiuto, i morsi, gli scoppi di rabbia, la distanza improvvisa, arriva come qualcosa che tocca la tua identità di madre in un punto estremamente sensibile. E se ti senti un fallimento, se dentro percepisci qualcosa che non funziona, è importante partire proprio da lì, dal fatto che questo sentire esiste e merita attenzione.
Non è scontato che, davanti ai comportamenti di una bambina di tre anni, una madre si senta così profondamente messa in discussione. Questo dice che dentro di te sta succedendo qualcosa di complesso, qualcosa che forse non parla solo di ciò che tua figlia fa, ma di come quelle reazioni arrivano nella tua storia emotiva. È come se una parte di te interpretasse ogni suo gesto come un verdetto su di te, e questo merita di essere ascoltato con grande delicatezza.
Quando una bambina così piccola alterna affetto intenso a rabbia esplosiva, quando a volte si avvicina e altre ti caccia via, spesso sta vivendo una tensione interna difficile da reggere: la separazione, i cambiamenti, il bisogno di te e la paura di perderti. Ma non posso dirti che sia così, posso solo proportelo come una possibile chiave di lettura, accanto a ciò che tu senti sulla tua pelle.
Può darsi che la ripresa del lavoro abbia smosso in lei una sensazione di incertezza, o un’idea confusa di abbandono. Può darsi anche che la separazione tra te e il padre stia riaffiorando adesso nella sua mente, e che tu sia la persona dentro cui questa tempesta trova espressione. I bambini spesso portano la loro confusione proprio a chi sentono più vicino, ma è solo una possibilità tra molte.
E mentre lei attraversa questa fase, tu stai facendo un movimento altrettanto intenso: cerchi di contenerla, di tranquillizzarla, di essere accogliente… e allo stesso tempo senti che niente sembra bastare. Questo può far emergere una domanda dolorosa: “cosa sto sbagliando?”. È una domanda che molte madri si fanno, soprattutto quando la rabbia del bambino arriva così diretta. E forse il punto non è rispondere subito, ma stare un attimo dentro a questa domanda e chiedersi da dove viene, perché risuona così forte, perché sembra toccare una zona così vulnerabile.
Ti propongo un’altra possibilità, da affiancare ai tuoi pensieri: può darsi che il problema non sia tra te e lei, ma dentro una dinamica più grande, fatta di cambiamenti, separazioni, ruoli che si stanno ridefinendo. E può darsi che tu stia vivendo tutto questo senza avere un luogo dove appoggiarti, e allora la sua rabbia diventa un carico che si somma al tuo.
Un terapeuta infantile o un sostegno genitoriale potrebbe offrirti uno spazio per capire meglio questi movimenti senza doverli affrontare da sola. Non per dirti che ciò che senti è sbagliato, ma per aiutarti a “vedere” cosa accade sotto la superficie e dare un nome a ciò che oggi arriva come caos.
Tua figlia sta passando un momento difficile.
Tu stai passando un momento difficile.
E forse il lavoro non è capire “dove hai sbagliato”, ma cosa succede dentro di voi quando vi incontrate proprio nei momenti in cui entrambe siete più fragili.
Con cura,
dott.ssa Raffaella Pia Testa
Buonasera, dalla descrizione del quadro presuppongo che la bambina abbia un'eta inferiore ai 6 anni; ritengo molto importante condividere con il pediatra di base i comportamenti posti in essee dalla bambina e insieme valutare l'opportunità di una consulenza con l'equipe della neuropsichiatria infantile. L'oppositività è certamente un problema ma credo sia legata alla situazione di separazione della coppia genitoriale. In alternativa sarebbe possibile spiegare il quadro ad una psicologa che si occupa di età evolutiva e fare in modo che la bambina abbia uno spazio tutto suo per esprimere il proprio disagio con una professionista. entrambe le opzioni sarebbero valide e potrebbero favorire il recupero della relazione con ciascuno dei genitori.
Buona sera Signora, immagino e sento il suo dolore e la sua sofferenza, non è mai facile prendersi degli spazi lontani dal proprio figli*. Gli aspetti da analizzare sarebbero tanti ma tornare al lavoro non è un trauma in sè ma magari la sua figlia ha sentito degli aspetti abbandonici, che lei come madre può accogliere e curare, ribadendo anche la necessità di vivere dei tempi di separatezza necessari anche per avere un rapporto sano ed equilibrato. Magari, potrebbe approfondire la sua storia e la problematica che presenta con un* psicoterapeuta che possa accompagnarla nel suo essere sia genitore che donna.
Gent.ma, sarebbe utile potesse affrontare queste difficoltà e dubbi all'interno di uno specialista: un lavoro psicoterapeutico appropriato la potrebbe aiutare a comprendere alcune dinamiche emotive e affettive che inconsapevolmente si attivano nel rapporto con la figlia generando quelle forme di disagio che lamenta. SG
Buon pomeriggio, mi sembra di capire che la sua bambina metta in atto nei suoi confronti un'alternanza di ansia di separazione e aggressività e questo a 3 anni fa parte del naturale processo di sviluppo: sono i primi tentativi (un po' nel gioco, un po' nella realtà) di separazione e definizione della propria identità. Attraverso queste modalità, i bambini mettono anche alla prova un genitore sulla sua capacità di tollerare la separazione: "si farà distruggere della mia aggressività e dal mio rifiuto?" E' importante che lei ascolti i messaggi della sua bambina, ma non si faccia angosciare troppo. La sua bambina sa divertirsi, è energica, socievole e piena di vita. Un saluto, Ilaria Innocenti
Gentilissima,
che fatica essere madri. A volte ci accolliamo colpe che non ci appartengono, anche quando facciamo davvero il massimo perché tutto funzioni.
Le sono sinceramente vicina per ciò che sta vivendo. Vorrei però offrirle una prospettiva diversa sulle reazioni della sua bambina, così da aiutarla a non sentirsi impotente o in colpa. La sua piccola sta imparando cosa significa separarsi e poi ritrovarsi: questi comportamenti mostrano quanto lei sia importante e preziosa per sua figlia.
Non si consideri una madre che sta causando traumi, soprattutto perché:
Sta facendo un grande sforzo per garantire stabilità economica e affettiva a lei stessa e alla bambina, nonostante il periodo post-separazione sia certamente impegnativo.
Inoltre si sta prendendo cura della sua piccola con molto affetto e dedizione.
Continui a spiegarle con voce calma che esce per andare al lavoro e che tornerà sempre, rispettando gli orari che decide di condividere con lei. Dedichi alla bambina del tempo esclusivo, giocando insieme a terra e chiedendole com’è andata all’asilo o con i nonni. Se ha bisogno di sfogare la rabbia, le proponga giochi che aiutano a scaricare, come rotolare un pallone grande.
È importante non accettare comportamenti aggressivi, ma allo stesso tempo spiegare alla bambina che quelle reazioni possono nascere dalla paura o dalla frustrazione.
Ricordiamo che la piccola sta affrontando anche il grande cambiamento della separazione e, forse, il trasloco di uno dei genitori: per lei significa perdere una costante della quotidianità. Si dice che la vita è fatta di partenze e ritorni, di saluti e riavvicinamenti. Questo è vero per tutti, e oggi sua figlia sta imparando – passo dopo passo – che il distacco non è per sempre e che l’amore delle persone care resta.
Saluti
che fatica essere madri. A volte ci accolliamo colpe che non ci appartengono, anche quando facciamo davvero il massimo perché tutto funzioni.
Le sono sinceramente vicina per ciò che sta vivendo. Vorrei però offrirle una prospettiva diversa sulle reazioni della sua bambina, così da aiutarla a non sentirsi impotente o in colpa. La sua piccola sta imparando cosa significa separarsi e poi ritrovarsi: questi comportamenti mostrano quanto lei sia importante e preziosa per sua figlia.
Non si consideri una madre che sta causando traumi, soprattutto perché:
Sta facendo un grande sforzo per garantire stabilità economica e affettiva a lei stessa e alla bambina, nonostante il periodo post-separazione sia certamente impegnativo.
Inoltre si sta prendendo cura della sua piccola con molto affetto e dedizione.
Continui a spiegarle con voce calma che esce per andare al lavoro e che tornerà sempre, rispettando gli orari che decide di condividere con lei. Dedichi alla bambina del tempo esclusivo, giocando insieme a terra e chiedendole com’è andata all’asilo o con i nonni. Se ha bisogno di sfogare la rabbia, le proponga giochi che aiutano a scaricare, come rotolare un pallone grande.
È importante non accettare comportamenti aggressivi, ma allo stesso tempo spiegare alla bambina che quelle reazioni possono nascere dalla paura o dalla frustrazione.
Ricordiamo che la piccola sta affrontando anche il grande cambiamento della separazione e, forse, il trasloco di uno dei genitori: per lei significa perdere una costante della quotidianità. Si dice che la vita è fatta di partenze e ritorni, di saluti e riavvicinamenti. Questo è vero per tutti, e oggi sua figlia sta imparando – passo dopo passo – che il distacco non è per sempre e che l’amore delle persone care resta.
Saluti
Gentilissima,
la sua bambina ha tre anni e sta incominciando a gestire in modo più autonomo (anche attraverso il gioco) la separazione/individuazione dalla figura primaria di accudimento. Comprendo che i comportamenti della bimba possano sembrarle a volte un rifiuto e che ciò la faccia sentire in colpa. Consideri l'opportunità di iniziare un percorso psicoterapico per affrontare le sue paure e ottenere un sostegno alla genitorialità. Cordiali saluti.
la sua bambina ha tre anni e sta incominciando a gestire in modo più autonomo (anche attraverso il gioco) la separazione/individuazione dalla figura primaria di accudimento. Comprendo che i comportamenti della bimba possano sembrarle a volte un rifiuto e che ciò la faccia sentire in colpa. Consideri l'opportunità di iniziare un percorso psicoterapico per affrontare le sue paure e ottenere un sostegno alla genitorialità. Cordiali saluti.
Gentile Utente, dal suo post si denota una grande preoccupazione ed una grande paura che "immagino" Lei stia trasferendo a sua figlia. Attenta, amorevole eppure non è abbastanza: che cosa pensa di Lei come Madre? Quali paure vive in relazione a sua figlia? Ha un buon rapporto con il suo ex compagno? Come Vi comportate quando siete insieme in presenza di sua figlia? Le nostre dinamiche interne ci rendono ciechi e ci immobilizzano, soprattutto, nelle relazioni d'amore. Sua figlia sta comunicando qualcosa ... faccio da me? ... comando Io? ... Tu non sei capace e provvedo da sola? La invito ad approfondire le sue tematiche interne. Grazie.
Cara signora,
da psicoterapeuta e anche da madre capisco la sua apprensione e preoccupazione.
Sua figlia sta attraversando una fase normale del suo percorso evolutivo in cui sta imparando a gestire le sue emozioni, paure e frustrazioni.
Paradossalmente i bambini si autorizzano ad avere reazioni più esagerate proprio con le figure di accudimento che sentono più vicine perchè sentono di poterle esprimere.
Queste reazioni di sua figlia non la rendono una cattiva madre.
Il fatto che lei e il suo ex siate separati non implica che sua figlia sarà traumatizzata per questo ma che dovrà imparare col tempo a gestire dentro di sè la situazione.
Ciò che conta è che senta di avere genitori presenti per lei ma che sappiano la contempo mettere dei limiti ad esempio sul fatto che non si possa mordere o graffiare.
Si sia tempo e vedrà che piano piano la situazione rientrerà.
Si goda la sua bambina !
da psicoterapeuta e anche da madre capisco la sua apprensione e preoccupazione.
Sua figlia sta attraversando una fase normale del suo percorso evolutivo in cui sta imparando a gestire le sue emozioni, paure e frustrazioni.
Paradossalmente i bambini si autorizzano ad avere reazioni più esagerate proprio con le figure di accudimento che sentono più vicine perchè sentono di poterle esprimere.
Queste reazioni di sua figlia non la rendono una cattiva madre.
Il fatto che lei e il suo ex siate separati non implica che sua figlia sarà traumatizzata per questo ma che dovrà imparare col tempo a gestire dentro di sè la situazione.
Ciò che conta è che senta di avere genitori presenti per lei ma che sappiano la contempo mettere dei limiti ad esempio sul fatto che non si possa mordere o graffiare.
Si sia tempo e vedrà che piano piano la situazione rientrerà.
Si goda la sua bambina !
Cara mamma,
quello che descrive è molto più comune di quanto sembri e non indica assolutamente che lei abbia “sbagliato” o che la sua bambina stia vivendo un trauma irreversibile. A tre anni i bambini attraversano una fase in cui le separazioni — anche brevi e sicure, come quando un genitore va al lavoro — possono essere vissute con grande intensità.
La rabbia, i pianti, i morsi e frasi come “vai via” o “ti lascio sola” non sono segni di rifiuto verso di lei: sono il modo in cui una bambina così piccola esprime emozioni troppo forti per essere comprese e regolate da sola. Spesso questi comportamenti sono l’altra faccia di un forte attaccamento: quando un bambino è molto legato a una figura, è proprio con quella figura che si sente “al sicuro” per mostrare le emozioni più difficili.
Il fatto che con i nonni, con la maestra e con gli altri bambini si tranquillizzi e sia socievole è un ottimo segnale: significa che la bambina ha risorse, capacità di adattamento e un buon sviluppo socio-emotivo. Non è il rapporto con lei che “va male”: è semplicemente il rapporto in cui lei può permettersi di lasciar uscire tutto.
Il rientro al lavoro e la crescente consapevolezza della separazione tra mamma e papà rappresentano, per una bambina di tre anni, due cambiamenti importanti. Non avendo ancora gli strumenti per verbalizzare ciò che prova, lo manifesta attraverso comportamenti intensi. Ma questo non significa che si senta abbandonata o tradita: significa che sta cercando un nuovo equilibrio emotivo.
Sta già facendo moltissimo, e con grande sensibilità. Può essere utile continuare a:
-Parlare con lei e spiegare le situazioni (il suo ritorno al lavoro, la separazione), chiedendole cosa ne pensa e cosa prova.
-Accogliere le sue emozioni: “Capisco che sei arrabbiata, è difficile quando la mamma va al lavoro.”
-Mantenere confini chiari e calmi in caso di morsi o graffi: “Non posso permettere che tu mi faccia male, ma io sono qui.”
-Ritualizzare i saluti, creando un piccolo rito sempre uguale, che dà sicurezza.
-Mantenere una routine prevedibile, che la rassicuri.
-Non leggere i suoi comportamenti come un giudizio su di lei, ma come una richiesta di aiuto emotivo.
La colpa che prova è comprensibile, ma non basata sui fatti: lei non è un fallimento come madre. È una mamma presente, attenta e capace di farsi domande. Il lavoro dei bambini è crescere, reagire, protestare, cercare sicurezza; il lavoro dei genitori è esserci. E lei c’è.
Spero di esserle stata utile.
Dott.ssa Elisa Prampolini
La rabbia, i pianti, i morsi e frasi come “vai via” o “ti lascio sola” non sono segni di rifiuto verso di lei: sono il modo in cui una bambina così piccola esprime emozioni troppo forti per essere comprese e regolate da sola. Spesso questi comportamenti sono l’altra faccia di un forte attaccamento: quando un bambino è molto legato a una figura, è proprio con quella figura che si sente “al sicuro” per mostrare le emozioni più difficili.
Il fatto che con i nonni, con la maestra e con gli altri bambini si tranquillizzi e sia socievole è un ottimo segnale: significa che la bambina ha risorse, capacità di adattamento e un buon sviluppo socio-emotivo. Non è il rapporto con lei che “va male”: è semplicemente il rapporto in cui lei può permettersi di lasciar uscire tutto.
Il rientro al lavoro e la crescente consapevolezza della separazione tra mamma e papà rappresentano, per una bambina di tre anni, due cambiamenti importanti. Non avendo ancora gli strumenti per verbalizzare ciò che prova, lo manifesta attraverso comportamenti intensi. Ma questo non significa che si senta abbandonata o tradita: significa che sta cercando un nuovo equilibrio emotivo.
Sta già facendo moltissimo, e con grande sensibilità. Può essere utile continuare a:
-Parlare con lei e spiegare le situazioni (il suo ritorno al lavoro, la separazione), chiedendole cosa ne pensa e cosa prova.
-Accogliere le sue emozioni: “Capisco che sei arrabbiata, è difficile quando la mamma va al lavoro.”
-Mantenere confini chiari e calmi in caso di morsi o graffi: “Non posso permettere che tu mi faccia male, ma io sono qui.”
-Ritualizzare i saluti, creando un piccolo rito sempre uguale, che dà sicurezza.
-Mantenere una routine prevedibile, che la rassicuri.
-Non leggere i suoi comportamenti come un giudizio su di lei, ma come una richiesta di aiuto emotivo.
La colpa che prova è comprensibile, ma non basata sui fatti: lei non è un fallimento come madre. È una mamma presente, attenta e capace di farsi domande. Il lavoro dei bambini è crescere, reagire, protestare, cercare sicurezza; il lavoro dei genitori è esserci. E lei c’è.
Spero di esserle stata utile.
Dott.ssa Elisa Prampolini
Leggo la sua frase finale,"mi sento colpevole e un fallimento di madre", e sono convinto che lei non se la merita.Lei sta facendo quello che una madre può fare:cerca tutte le strade possibili per aiutare sua figlia a superare questa fase di crisi e a ricostruire un rapporto felice con lei. Probabilmente è vero quello che lei ha pensato, e cioè che sua figlia si sia resa coo in un modo più netto della separazione dei suoi genitori. I tre anni sono un momento importante nella maturazione intellettuale e e affettiva di un bambino, e non è sempre facile per un bambino accettare la realtà, quando è diversa da quella che lui/lei vorrebbe. Da parte mia non saprei consigliarle altro, oltre a quello che già sta facendo; salvo che guardare le cose da un altro punto di vista:sua figlia è fortunata ad avere una mamma attenta e sensibile, e che la ama.Nel tempo, il suo impegno darà i suoi frutti!
Gentile mamma, grazie per aver condiviso con tanta sincerità la sua fatica. Da ciò che descrive, non emerge una madre “sbagliata”, ma una mamma molto presente e attenta. A tre anni è frequente che i bambini esprimano il distacco e i cambiamenti con rabbia, ambivalenze e comportamenti intensi, soprattutto in una fase delicata come la separazione dei genitori e il rientro al lavoro.
Il fatto che sua figlia riesca poi a rasserenarsi con i nonni, a scuola e con i coetanei è un segnale molto positivo. Il suo senso di colpa è comprensibile, ma non è un fallimento. Spero questo feedback possa farle ritrovare un po' di serenità.
Il fatto che sua figlia riesca poi a rasserenarsi con i nonni, a scuola e con i coetanei è un segnale molto positivo. Il suo senso di colpa è comprensibile, ma non è un fallimento. Spero questo feedback possa farle ritrovare un po' di serenità.
Salve, posso comprendere quanto possa essere dolorosa la situazione che descrive. E' naturale provare senso di colpa e fallimento, ma vorrei rassicurarla: "lei non ha sbagliato come madre, né è una madre fallimentare. Quello che sta vivendo è un esempio di ansia da separazione intensificata, tipica dell'età di 3 anni.
La rabbia che la bimba esprime verso di lei, non è odio, ma un modo per esprimere il suo dolore, la paura e la frustrazione. E' un modo di dire: " mi fai male andandotene, quindi ti allontano io prima che lo faccia tu". L'aggressività è diretta verso di lei, perché è con la mamma che si sente abbastanza al sicuro da lasciarsi andare emotivamente.
La chiave è la coerenza e la validazione emotiva durante la separazione.
1. Non prolunghi il distacco, perché il tentativo di rassicurazione spesso intensifica la crisi;
2.Dia un nome all'emozione della bimba ad esempio dicendo: "So che sei arrabbiata e che ti manca la mamma";
3.Quando la bambina usa lo zainetto per dirle vado via anche io, sta cercando di riprendere il controllo. Potrebbe dirle: "Vedo che vuoi andare a lavorare come la mamma. Portiamo il tuo zainetto in giro per casa e poi lo mettiamo via. La mamma torna sempre".
Riguardo il suo senso di colpa, lo utilizzi come una bussola per dedicare tempo di qualità quando è a casa. Pochi minuti di gioco focalizzato e senza distrazioni al rientro possono fare miracoli per ricostruire il suo serbatoio emotivo.
La rabbia che la bimba esprime verso di lei, non è odio, ma un modo per esprimere il suo dolore, la paura e la frustrazione. E' un modo di dire: " mi fai male andandotene, quindi ti allontano io prima che lo faccia tu". L'aggressività è diretta verso di lei, perché è con la mamma che si sente abbastanza al sicuro da lasciarsi andare emotivamente.
La chiave è la coerenza e la validazione emotiva durante la separazione.
1. Non prolunghi il distacco, perché il tentativo di rassicurazione spesso intensifica la crisi;
2.Dia un nome all'emozione della bimba ad esempio dicendo: "So che sei arrabbiata e che ti manca la mamma";
3.Quando la bambina usa lo zainetto per dirle vado via anche io, sta cercando di riprendere il controllo. Potrebbe dirle: "Vedo che vuoi andare a lavorare come la mamma. Portiamo il tuo zainetto in giro per casa e poi lo mettiamo via. La mamma torna sempre".
Riguardo il suo senso di colpa, lo utilizzi come una bussola per dedicare tempo di qualità quando è a casa. Pochi minuti di gioco focalizzato e senza distrazioni al rientro possono fare miracoli per ricostruire il suo serbatoio emotivo.
«Come diceva Winnicott, non serve essere una madre perfetta: basta essere una “madre sufficientemente buona”.»
Ciò che descrivi non è il segno di un fallimento ma di un passaggio: la tua bambina sta cercando di dare un senso ai cambiamenti che la riguardano, e lo fa con gli strumenti emotivi che ha a tre anni. La rabbia che vedi non è contro di te, ma verso ciò che lei non riesce ancora a controllare: le separazioni, i ritorni, gli equilibri nuovi. In questo senso il rapporto più intenso diventa spesso il luogo dove le emozioni più difficili trovano spazio, perché è proprio con chi sentiamo più amore che ci permettiamo di mostrare le parti più indomite di noi.
Hai fatto tutto ciò che una madre accogliente fa: rassicurare, contenere, aspettare, offrire presenza. E allo stesso tempo la tua bambina ti sta inviando un messaggio strategico: più provi a “riparare” subito la sua rabbia, più lei intensifica il comportamento per essere certa che tu la stia davvero ascoltando. E allora la domanda diventa: cosa accadrebbe se tu smettessi di interpretare la sua reazione come un giudizio su di te e la vedessi invece come una forma di dialogo emotivo ancora primitivo? Come cambierebbe il vostro scambio se tu le concedessi lo spazio di arrabbiarsi senza cercare immediatamente di riportarla alla calma? E cosa succederebbe se, paradossalmente, smettessi di lottare contro la sua rabbia e iniziassi a considerarla un segnale della sua fiducia nel potersi mostrare totalmente con te?
Il fatto che con nonni, maestre e altri bambini stia bene conferma che il problema non è lei e non sei tu: è il legame, così forte da rendere più forte anche la protesta. E la separazione tra te e il padre è un ulteriore elemento che lei sta solo iniziando a capire, non ancora a spiegarsi. Servirà tempo, coerenza e la certezza che la stabilità non viene meno solo perché cambia la forma della famiglia.
«Come ricordava Khalil Gibran, i figli non ci appartengono: arrivano attraverso di noi, ma non da noi.»
Rimango a disposizione.
Dott.ssa Francesca Gottofredi.
Ciò che descrivi non è il segno di un fallimento ma di un passaggio: la tua bambina sta cercando di dare un senso ai cambiamenti che la riguardano, e lo fa con gli strumenti emotivi che ha a tre anni. La rabbia che vedi non è contro di te, ma verso ciò che lei non riesce ancora a controllare: le separazioni, i ritorni, gli equilibri nuovi. In questo senso il rapporto più intenso diventa spesso il luogo dove le emozioni più difficili trovano spazio, perché è proprio con chi sentiamo più amore che ci permettiamo di mostrare le parti più indomite di noi.
Hai fatto tutto ciò che una madre accogliente fa: rassicurare, contenere, aspettare, offrire presenza. E allo stesso tempo la tua bambina ti sta inviando un messaggio strategico: più provi a “riparare” subito la sua rabbia, più lei intensifica il comportamento per essere certa che tu la stia davvero ascoltando. E allora la domanda diventa: cosa accadrebbe se tu smettessi di interpretare la sua reazione come un giudizio su di te e la vedessi invece come una forma di dialogo emotivo ancora primitivo? Come cambierebbe il vostro scambio se tu le concedessi lo spazio di arrabbiarsi senza cercare immediatamente di riportarla alla calma? E cosa succederebbe se, paradossalmente, smettessi di lottare contro la sua rabbia e iniziassi a considerarla un segnale della sua fiducia nel potersi mostrare totalmente con te?
Il fatto che con nonni, maestre e altri bambini stia bene conferma che il problema non è lei e non sei tu: è il legame, così forte da rendere più forte anche la protesta. E la separazione tra te e il padre è un ulteriore elemento che lei sta solo iniziando a capire, non ancora a spiegarsi. Servirà tempo, coerenza e la certezza che la stabilità non viene meno solo perché cambia la forma della famiglia.
«Come ricordava Khalil Gibran, i figli non ci appartengono: arrivano attraverso di noi, ma non da noi.»
Rimango a disposizione.
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