Salve ho 33 e da ormai 2/3 mesi soffro di confusione, soffro di un disturbo più tosto particolare le

24 risposte
Salve ho 33 e da ormai 2/3 mesi soffro di confusione, soffro di un disturbo più tosto particolare leggendo su intente ho capito che si tratta di depersonalizzazione e derealizzazione, dopo non so se questo oppure no.

Sono 2/3 mesi che praticamente tutti i giorni 24 su 24 mi sento distaccato dalla realtà ovvero fatico a concentrarmi a fare le cose come se il mio cervello a un blocco, (c’è come se non fossi concentrato ) vertigini, disorientamento, non sento contatto con la realta una sensazione strana, cioè guardo fuori ed e come se la mia testa non riesce a mettere a fuoco, una sensazione strana spero che mi sono fatto capire quello che voglio dire, tutto questo e iniaziato i primi di marzo dopo che ero stato 4 giorni con influenza forte quindi avevo sospeso la paroxetina che prendo da tanti anni oramai e dopo una piccola discussione che avevo con i miei genitori, i primi giorni oltre che questa confusione avevo anche insonnia che facevo fatica a prendere sonno in più durante la notte mi svegliavo più volte, e pensieri di fare del male a me oppure a chi avevo vicino, solo che adesso questi 2 sintomi, cioè insonnia e pensieri di fare del male non li ho più, solo che mi e rimasto questa sensazione di confusione h24 che non riesco ad uscire da questa bolla che mi tiene intrappolato.
Adesso vorrei chiedere 2 domande se possibile, essendo che io sono un tipo abbastanza ipocondriaco, quindi vado su internet a cercare tutti i sintomi che mi sento mi sono usciti tutte le patologie possibili, tipo schizofrenia, psicosi, ecc.
Volevo chiedervi tutto questo e possibile un inizio di psicosi oppure stando così con questa confusione adosso entrare in psicosi? cioè se la causa fosse l'ansia o lo stress può portare alla psicosi?
Perchè certe volte o anche pensieri tipo se c'è qualcuno dentro casa che mi spia, però sono pensieri non so forse perchè leggo i sintomi su internet quindi mi faccio venire i sintomi da solo...
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Salve,
quello che descrive è un insieme di sintomi che, per molte persone, può risultare spaventoso e destabilizzante. La sensazione di confusione mentale persistente, distacco dalla realtà, vertigini, difficoltà di concentrazione e la percezione di vivere in una "bolla" sono sintomi che effettivamente possono far pensare a uno stato di depersonalizzazione e derealizzazione, spesso legati a condizioni di ansia intensa, stress prolungato o traumi emotivi.

Il fatto che questi sintomi siano insorti dopo un’influenza, una sospensione improvvisa della paroxetina (un farmaco SSRI), e una discussione con i genitori indica una serie di fattori scatenanti che possono aver contribuito ad alterare l’equilibrio psichico, specialmente se già si soffriva di ansia o ipocondria.

La sospensione improvvisa della paroxetina può causare sintomi da sospensione anche intensi, tra cui proprio confusione mentale, vertigini, derealizzazione e disturbi del sonno. In molte persone, questi sintomi si attenuano nel tempo, ma in altri casi possono mantenersi, soprattutto se associati a stati ansiosi non risolti.

Per quanto riguarda la preoccupazione di una possibile psicosi, va fatta una distinzione importante:

La depersonalizzazione e derealizzazione non sono segni di psicosi, ma possono essere esperienze dissociative legate ad ansia elevata o stress cronico.

I pensieri intrusivi o le paure irrazionali (come la sensazione che qualcuno ti spii) possono essere manifestazioni di ansia o di ipocondria, soprattutto se insorgono dopo aver letto informazioni online.

Tuttavia, la preoccupazione eccessiva e costante sulla propria salute mentale può peggiorare lo stato emotivo generale e alimentare un circolo vizioso di ansia.

In linea generale, l’ansia e lo stress, se protratti nel tempo senza supporto, possono effettivamente alterare il benessere psicologico e rendere più vulnerabili, ma non causano direttamente una psicosi nelle persone che non hanno una predisposizione biologica o una storia clinica di disturbi psicotici.

Concludendo, i sintomi che descrive non sembrano indicare una psicosi vera e propria, ma piuttosto un quadro di ansia con sintomi dissociativi che può essere legato anche alla sospensione farmacologica. Tuttavia, solo una valutazione clinica approfondita e individualizzata può dare una risposta precisa e rassicurante.

Rivolgersi a uno specialista della salute mentale è utile e consigliato, non solo per chiarire la natura di questi sintomi, ma anche per ricevere il trattamento più adatto e uscire da questo stato di confusione.

Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa

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Dott.ssa Giovanna Mauro
Psicologo, Psicologo clinico
Ragusa
Gentile Utente,

Dal quadro che descrive, al momento sembra star attraversando una fase di forte disagio e potrebbe essere di conforto per Lei non attraversare questa fase da solo. Potrebbe essere d'aiuto parlare con qualcuno che possa accogliere le Sue domande e che soprattutto possa diventare per Lei un buon alleato per capire meglio il Suo vissuto attuale, comprendere da cosa è stato generato, per poter ritrovare la serenità. Sarebbe utile avere qualche informazione in più. Ad esempio, per cosa Le è stata prescritta la paroxetina e da quanto tempo la assume? Vede uno psichiatra periodicamente? Lo psichiatra potrebbe aiutarLa a rispondere a queste domande, oppure darLe il nome di qualcuno assieme al quale fare chiarezza, passo dopo passo, su questo Suo vissuto.
Se volesse ascoltare un mio pensiero però, nel frattempo, le consiglierei di non affidarsi troppo ad internet perché le risposte che dà sono così tante che, come giustamente Lei riflette, anche chi non ha sintomi se li fa venire!
Le auguro di uscire presto da questa bolla.
Gentile utente, mi dispiace molto per ciò che sta attraversando. Posso immaginare quanto possa essere spaventoso e destabilizzante vivere con questa sensazione costante di distacco dalla realtà. I sintomi che descrive potrebbero essere legati a un periodo di intenso stress e, la sospensione della paroxetina potrebbe aver contribuito all’insorgenza di una sindrome da sospensione, che può causare proprio questo tipo di malessere. Le consiglierei di rivolgersi al suo medico curante e/o a un* psichiatra per valutare insieme una presa in carico adeguata e completa. Un supporto psicologico integrato, eventualmente con un percorso terapeutico, potrebbe inoltre esserle di grande aiuto per affrontare questi sintomi.
Resto a disposizione per ulteriori chiarimenti o suggerimenti.
Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
La ringrazio per aver condiviso con sincerità e coraggio una parte così intima e difficile della sua esperienza. È importante sottolineare che ciò che sta vivendo, seppur molto angosciante, è più comune di quanto si possa immaginare, soprattutto in periodi di forte stress psicofisico e dopo eventi destabilizzanti, come una malattia influenzale debilitante, la sospensione di un farmaco come la paroxetina, e una situazione conflittuale in ambito familiare. La sensazione che descrive, quel sentirsi "distaccato" dalla realtà, come se ci fosse una sorta di filtro tra lei e il mondo esterno, è coerente con i fenomeni di *depersonalizzazione* e *derealizzazione*. Queste esperienze, per quanto sconvolgenti, sono manifestazioni della risposta ansiosa del nostro cervello a uno stato di allarme prolungato. In altre parole, quando il nostro sistema nervoso è sovraccarico, può reagire con un meccanismo protettivo che crea questa sensazione di disconnessione. È come se la mente, sopraffatta dallo stress, mettesse una distanza tra sé e la realtà per non esserne sopraffatta emotivamente. Lei si chiede se tutto questo possa essere un segnale di psicosi o un suo inizio. Comprendo bene la paura: quando si vivono sensazioni così intense e strane, è facile temere di stare "impazzendo". Ma da quello che racconta, non emerge alcun segnale chiaro di un disturbo psicotico in corso. I pensieri che descrive, come il timore che ci sia qualcuno in casa che lo osserva, sembrano più legati alla sua ansia e al modo in cui la mente tenta di dare un senso alla confusione, piuttosto che vere convinzioni deliranti, tipiche della psicosi. Inoltre, lei riesce a mettere in discussione questi pensieri, a riflettere sulla loro natura, a collegarli alle sue ricerche su internet: questa capacità di osservare criticamente ciò che pensa è molto importante, perché nelle psicosi in genere questa consapevolezza viene meno. L'ansia può senza dubbio alterare la percezione della realtà e far vivere esperienze disturbanti. Tuttavia, vivere stati prolungati di confusione e derealizzazione, seppur fastidiosi e invalidanti, non implica automaticamente lo sviluppo di un disturbo psicotico. Anzi, spesso si tratta di un effetto collaterale dell’ansia cronica o della sospensione improvvisa di un farmaco antidepressivo, come appunto la paroxetina. Interrompere bruscamente un farmaco di questo tipo può generare effetti di rimbalzo, tra cui proprio la derealizzazione, la depersonalizzazione e i sintomi somatici e cognitivi che lei descrive. La prima cosa che mi sento di consigliarle è di evitare per quanto possibile di consultare internet per cercare diagnosi. Il web, purtroppo, tende a fornire le risposte più estreme e generalizzate, e chi già è in uno stato ansioso finisce per leggere tutto attraverso una lente catastrofica. Inoltre, la continua ricerca di rassicurazione alimenta il dubbio e non offre sollievo duraturo, ma contribuisce a mantenere il circolo vizioso dell’ansia. Il secondo passo importante è valutare insieme a un medico o a uno psichiatra se e come riprendere la paroxetina o considerare un altro tipo di trattamento farmacologico, ovviamente sotto supervisione professionale. La sospensione improvvisa, come lei ha già intuito, può destabilizzare l'equilibrio neurochimico e innescare sintomi nuovi o intensificare quelli preesistenti. Dal punto di vista cognitivo-comportamentale, sarebbe molto utile lavorare sui pensieri disfunzionali legati alla paura della malattia mentale, sulla ristrutturazione cognitiva, cioè imparare a riconoscere, mettere in discussione e modificare i pensieri catastrofici. Inoltre, si può intervenire con tecniche di grounding e mindfulness per aiutarla a ridurre la sensazione di irrealtà e aumentare il senso di presenza nel qui e ora. Infine, non si colpevolizzi per il fatto di vivere queste esperienze. Non è debolezza, né un segnale di follia. È una risposta temporanea del suo sistema mente-corpo a una serie di fattori stressanti. È assolutamente possibile uscire da questa “bolla” con il giusto percorso terapeutico e, passo dopo passo, ritrovare una sensazione di chiarezza, stabilità e connessione con se stesso e con il mondo. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Dr. Jonathan Santi Pace La Pegna
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Palermo
Salve gentile Utente, quello che descrive è qualcosa che molte persone vivono, anche se può sembrare molto spaventoso: la sensazione di essere “dentro una bolla”, di non riconoscere la realtà come prima, di sentirsi confusi, scollegati da sé stessi o dal mondo intorno. Questo stato è comunemente associato a sintomi di depersonalizzazione e derealizzazione, spesso legati a ansia intensa, stress prolungato o sconvolgimenti emotivi, come l’interruzione improvvisa di una terapia farmacologica (come la paroxetina), una malattia o un evento stressante.
Da quello che scrive, non sembra trattarsi di una psicosi in senso clinico. Le psicosi vere e proprie comportano una perdita di contatto con la realtà stabile e duratura, con convinzioni deliranti fisse o allucinazioni vivide e incontrollabili, lei invece sembra avere consapevolezza di quello che prova, e questo è un indicatore molto importante. Nella psicosi, la persona non mette in dubbio i propri pensieri o percezioni. La riflessione, il dubbio, il rimuginio intenso sono invece tipici dell’ansia.
Di solito l’ansia o lo stress, anche intensi, non portano direttamente alla psicosi, ma possono scatenare stati dissociativi come quello che sta vivendo (depersonalizzazione e derealizzazione), che sono reazioni della mente che tenta di “disconnettersi” per proteggersi da qualcosa di troppo intenso o destabilizzante. Questo tipo di risposta è reversibile e trattabile, anche se fastidiosa.
È importante considerare un punto fondamentale: l’interruzione improvvisa di un antidepressivo come la paroxetina può causare una sindrome da sospensione, che include sintomi simili a quelli che sta vivendo: confusione, vertigini, derealizzazione, insonnia, e anche pensieri strani o intrusivi. Questo può durare anche settimane o, in alcuni casi, più a lungo, soprattutto se il farmaco è stato sospeso senza un piano graduale. L'ideale sarebbe che lei ne parlasse con uno psichiatra di fiducia (soprattutto per rivedere l’uso della paroxetina e valutare se riprenderla o modificarla) e anche con uno psicoterapeuta, se non lo ha già fatto, per aiutarLa a gestire le paure e l’ansia che si stanno alimentando a vicenda.
I miei migliori auguri, un caro saluto.
Dr. Maria Tiziana Maricchiolo
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
San Giovanni la Punta
Buongiorno, potrebbe essere utile un lavoro psico-corporeo e l'approccio psicoterapeutico fornito dall'analisi bioenergetica che la aiuti a rilasciare le memorie corporee collegate ad eventi traumatici che le portano a soffrire della sintomatologia da lei riportata, al fine di restituirle ritrovata lucidità e presenza a se stesso. Resto a disposizione per eventuali specifiche anche online. Dr. Maria Tiziana Maricchiolo
Dott.ssa Agne Rumi
Psicologo, Psicologo clinico
Dalmine
Capisco quanto tutto questo possa risultare spaventoso e frustrante: è del tutto normale sentirsi confusi e preoccupati quando la realtà sembra sfuggire e i pensieri diventano invasivi. Hai attraversato un periodo faticoso, tra l’influenza, la sospensione della paroxetina e le tensioni familiari, e il tuo corpo e la tua mente stanno cercando di riorientarsi.

Dal punto di vista sistemico-relazionale, queste sensazioni di derealizzazione e depersonalizzazione spesso nascono come risposta protettiva a stress e ansia intensi: non costituiscono di per sé l’inizio di una psicosi. I pensieri di “essere spiato” o di fare del male possono emergere quando l’ansia si amplifica, ma non sono indicatori automatici di schizofrenia o psicosi; piuttosto, sono espressioni di allarme interno che il tuo organismo sta lanciando. Ti suggerisco di rivolgerti al tuo medico o a uno specialista che possa valutare insieme a te questi sintomi, e di esplorare tecniche di grounding (es. appoggiare i piedi saldamente a terra, respirazioni lente) per ritrovare gradualmente un senso di contatto con la realtà. Non sei solo in questo percorso: prendersi cura di sé e chiedere aiuto è già un grande passo verso il benessere.
Prof. Alessandro Lepri
Psicologo, Psicoterapeuta, Terapeuta
Ponte San Giovanni
Capisco quanto possa essere angosciante sentirsi costantemente «staccati» dalla realtà e temere che queste sensazioni possano evolvere in qualcosa di più grave. Innanzitutto, è importante distinguere ciò che sta vivendo: la depersonalizzazione, cioè il senso di estraneità verso il proprio corpo e i propri pensieri, e la derealizzazione, ovvero la percezione che l’ambiente circostante non sia reale o sia “sfocato”. Queste esperienze, sebbene molto disturbanti, non rappresentano una psicosi, in quanto non si accompagnano a convinzioni deliranti o a vere e proprie allucinazioni.

Lei ha descritto in modo chiaro come, da quando ha interrotto bruscamente la paroxetina dopo un’influenza severa, abbia iniziato a provare vertigini, difficoltà di concentrazione e un senso di “blocco” mentale per gran parte della giornata. È probabile che questi sintomi riflettano sia un fenomeno di astinenza farmacologica, sia una reazione ansiosa enfatizzata dallo stress e dalle preoccupazioni. Interrompere bruscamente un SSRI come la paroxetina può infatti destabilizzare l’equilibrio chimico cerebrale e innescare forme di ansia acuta, accompagnate da sintomi dissociativi.

Per quanto riguarda il timore di incorrere in una psicosi, i segnali tipici di un disturbo psicotico comprendono la presenza di voci o di percezioni sensoriali non corrispondenti a stimoli reali, nonché convinzioni deliranti che resistono a ogni tentativo di ragionamento. Lei, invece, riferisce pensieri ansiosi — per esempio l’idea che qualcuno possa spiarla in casa — ma è consapevole che questi pensieri sorgono in relazione alle informazioni ricavate da Internet. Questo ci fa propendere per un disturbo d’ansia con caratteristiche dissociative, e non per una psicosi vera e propria.

Per gestire al meglio questa condizione, sarebbe opportuno prima di tutto rivolgersi a uno specialista: il medico psichiatra potrà valutare se sia indicato riprendere gradualmente la paroxetina o modulare il dosaggio, in modo da attenuare i sintomi di astinenza. Parallelamente, un percorso di psicoterapia cognitivo‐comportamentale potrà fornirle strumenti pratici per riconoscere e ristrutturare i pensieri intrusivi, riducendo l’ansia. Le tecniche di grounding — ad esempio esercizi che coinvolgono i cinque sensi o l’utilizzo di un oggetto ancoraggio (un piccolo ciondolo o una stoffa familiare) — possono aiutarla a «ricongiungersi» con il presente quando la sensazione di irrealtà diventa opprimente.

Infine, cerchi di regolarizzare i ritmi del sonno e della veglia, dedicando ogni giorno almeno mezz’ora a un’attività fisica moderata, come una passeggiata all’aria aperta. Limiti il tempo dedicato alle ricerche mediche online, fissando per esempio un breve intervallo quotidiano durante il quale aggiornarsi su fonti affidabili; in questo modo, eviterà di alimentare ulteriormente le sue paure. Con un adeguato supporto farmacologico, psicologico e comportamentale, queste sensazioni di confusione tenderanno a diminuire fino a scomparire, restituendole un’esperienza quotidiana più piena e radicata. Qualora desiderasse approfondire ulteriormente, resto a sua disposizione per accompagnarla in questo percorso.
Dott.ssa Francesca Casolari
Psicologo, Psicologo clinico
Modena
salve, prima di fare qualunque autodiagnosi ricorrerei ad una visita medica e successivamente una visita psichiatrica grazie
arrivederci
Dott.ssa Gloria Tosi
Psicologo, Psicoterapeuta
Tortona
Buongiorno, comprendo il suo malessere, in primis le consiglio di fare riferimento al terapeuta che le ha prescritto la terapia farmacologica per porre a lui/lei le domande relative alla paroxetina (e in che modalità e dosaggio assumerla), perchè può aiutarla ad attenuare i sintomi, se assunta secondo il parere medico. Le consiglio inoltre di affrontare in terapia la sua ipocondria, poichè internet non le darà la risposta, essendo le sue difficoltà personalizzate e soggettive, ma creerà nuovi dubbi, e paure, pertanto la invito a rivolgersi ad uno psicoterapeuta per iniziare un percorso di orientamento cognitivo comportamentale, aprroccio scientificamente approvato ed eletto tra i migliori trattamenti per questo tipo di sintomatologia. Ricordi che solo un'accurata valutazione clinica, condotta da un professionista della salute, la aiuterà a capire e trattare i disturbi di cui parla, ad esempio la depersonalizzazione e la derealizzazione... Le auguro un buon lavoro
Ciao,
capisco quanto possa essere difficile convivere con queste sensazioni di confusione e distacco dalla realtà. Spesso, parlare di ciò che si sta vivendo con qualcuno che possa ascoltare davvero e guidarti nell'esplorazione di questi vissuti può fare una grande differenza.

Se vuoi approfondire insieme e fare un po' di chiarezza, sono qui per aiutarti. Se sei di Palermo, potremmo anche incontrarci in studio.

Janett Aruta,
Psicologa - ricevo su MioDottore
Dott.ssa Elena Gianotti
Psicologo, Psicoterapeuta
Milano
Buongiorno, grazie per la sua condivisione. è più frequente che i sintomi della derealizzazione o dissociazione siano collegati ad un trauma o, come mi sembra più probabile in questo caso, ad un problema di ansia, più che ad una psicosi: la dissociazione diventa una risposta difensiva ad un'ansia molto forte, e la si mette in campo proprio per allontanare e non sentire quest'ansia, allontanandone anche le cause. Il mio primo suggerimento è sicuramente di smettere di utilizzare internet per trovare risposte alle sue domande, e piuttosto di appoggiarsi a un professionista competente e di cui si possa fidare: se è ipocondriaco, internet non farà altro che amplificare la sua ansia e la sua ipocondria. Penso che possa essere utile affrontare la sua ansia, la sua ipocondria e le sue paure in un percorso strutturato, dove lei possa sentirsi contenuto, accompagnato e non solo. Penso che possa essere utile affrontare anche i suoi dubbi sulla psicosi con un professionista: ad esempio potrebbe essere innanzitutto utile capire perchè pensa proprio alla psicosi; a me fa pensare che abbia la tendenza a pensare e temere il peggio, che potrebbe essere un indizio utile per capire e conoscere il suo funzionamento e per poterla aiutare a gestire i suoi pensieri diversamente. Se avesse altre domande o avesse bisogno di ulteriore supporto mi trova a disposizione, in presenza e online. Un caro saluto, dott.ssa Elena Gianotti
Dr. Fabio Lodico
Psicologo, Psicologo clinico
Torino
Buongiorno, sono spiacente per le sue difficoltà personali.
Credo che i sintomi che descrive possano derivare da e portare a differenti variabili e condizioni. Credo altresì che vadano presi seriamente in considerazione rivolgendosi allo/a psichiatra (o medico di base) che le ha prescritto la paroxetina, informandolo/a sui recenti sviluppi sintomatologici ed eventualmente anche facendo affidamento ad un professionista della salute mentale come una/uno psicoterapeuta.
Sperando di esserle stato utile le faccio i miei migliori auguri.
Dott.ssa Veronica Savio
Psicologo, Psicologo clinico
Medolla
Gentile utente,
la sintomatologia che descrive, pur molto intensa e invalidante, può essere collegata a stati di ansia acuti, specialmente in concomitanza con sospensioni farmacologiche non seguite da uno specialista. La derealizzazione e la depersonalizzazione sono manifestazioni che meritano attenzione clinica, ma non necessariamente indicano l’insorgere di una psicosi. Un percorso di supporto psicologico potrebbe aiutarla a comprendere meglio ciò che sta vivendo e a ritrovare un senso di stabilità.
Rimango a disposizione per qualunque chiarimento.
Dott.ssa Veronica Savio.
Dott. Luca Vocino
Psicologo clinico, Psicologo
Trezzano Rosa
Buongiorno gentile Utente, la ringrazio per aver condiviso con sincerità la sua esperienza, che da quanto descrive sta vivendo con grande disagio e confusione. Da quello che racconta, sembra che stia attraversando un periodo di importante sofferenza psichica, caratterizzato da sintomi che, in effetti, sono frequentemente associati a stati di ansia intensa e prolungata, in particolare alla cosiddetta depersonalizzazione e derealizzazione, che lei stesso ha nominato. Queste sensazioni di distacco dalla realtà e da sé, di vivere come in una "bolla" o in un sogno, di percezione alterata, sono spesso una risposta del nostro sistema nervoso a un sovraccarico emotivo o a uno stress importante, e non necessariamente indicano un disturbo psicotico.

La sospensione improvvisa della paroxetina dopo anni di assunzione, unita a uno stato fisico debilitato dall'influenza e a uno stress relazionale, potrebbe aver avuto un ruolo significativo nell’innescare questo stato alterato. Anche la componente ipocondriaca che lei descrive, con la tendenza a cercare i sintomi online, può contribuire a peggiorare il quadro, generando un circolo vizioso in cui il timore di "impazzire" alimenta le sensazioni stesse che teme.

I pensieri intrusivi che lei ha avuto, come quelli legati al fare del male a sé o agli altri, sono comuni in contesti ansiosi e non equivalgono a reali intenzioni o comportamenti. Il fatto che lei li riconosca come disturbanti e li tematizzi con preoccupazione, mantenendo consapevolezza della loro estraneità rispetto alla realtà, è in sé un elemento rassicurante dal punto di vista clinico, e tende ad escludere un disturbo psicotico vero e proprio. Lo stesso vale per i pensieri su presenze in casa: sembrano più frutto di uno stato mentale iperallertato e suggestionabile, anziché veri deliri o convinzioni radicate.

Naturalmente, per una valutazione più precisa, sarebbe opportuno poter approfondire la sua storia clinica e il decorso dei sintomi in un contesto strutturato, idealmente con una valutazione psicodiagnostica e un confronto con uno psichiatra di fiducia per discutere anche della terapia farmacologica. In molti casi, l’approccio integrato tra psicoterapia e farmacoterapia può portare a un miglioramento significativo, e anzi, è spesso raccomandato per quadri complessi come il suo, in cui convivono ansia, sintomi dissociativi e una vulnerabilità ipocondriaca.

Ci tengo a rassicurarla sul fatto che, pur nella sua intensità, quello che sta vivendo è comprensibile e affrontabile, e non implica necessariamente l’inizio di una psicosi. L’ansia, anche quando prende forme molto invasive come quella che descrive, non si trasforma automaticamente in disturbo psicotico. Ma proprio per interrompere questa spirale e ritrovare una maggiore stabilità, credo che possa esserle davvero utile un supporto terapeutico mirato, basato su evidenze scientifiche e orientato alla ricostruzione del senso di sicurezza dentro di sé.

Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Dott.ssa Rossella Carrara
Psicologo, Psicologo clinico
Bergamo
Buonasera, le consiglio di rivolgersi allo psichiatra che gia la segue, invece di cercare i sintomi su internet. Cordiali saluti.
Dott.ssa Maria Francesca Cusmano
Psicologo, Psicologo clinico
Reggio Emilia
Gentile utente,

quello che descrive, la confusione, il senso di irrealtà, lo sforzo nel sentirsi presente, la paura di perdere il controllo, non sono sintomi “strani” o rari: sono esperienze umane che, seppur intense e destabilizzanti, possono essere comprese, accolte e trasformate.

Bisognerebbe ricordare che tutto ciò che accade dentro di noi non è mai separato dal contesto in cui viviamo, dalla storia, dalle relazioni, dai cambiamenti (come nel suo caso la sospensione improvvisa della paroxetina o la discussione familiare). Il suo malessere non è "lei contro il suo cervello", ma un segnale intelligente del suo sistema interno che sta cercando, a modo suo, di adattarsi, proteggersi o chiedere attenzione.

E qui arrivo alla tua domanda: “Tutto questo può diventare una psicosi?”.
La risposta è che la sua mente sta cercando di far fronte a un sovraccarico emotivo, probabilmente innescato da stress, ansia e interruzioni farmacologiche non gestite. No, non è in psicosi, ma stai vivendo una forma intensa di disconnessione e paura. E questo, trattato con il giusto ascolto e accompagnamento, può migliorare.

Rimango a disposizione.

Un caro saluto
Dott.ssa Maria Francesca Cusmano
Dott.ssa Debora Versari
Psicologo clinico, Psicologo, Psicoterapeuta
Forlì
Buongiorno, alla base della sua sintomatologia compare una forte ansia.. da trattare dal punto di vista psicoterapeutico, e data la farmacoterapia pregressa da continuare.
Le consiglio di contattare il suo medico di base ed un terapeuta per indagare siccome l’ansia è la psicopatologia del controllo, ciò che deve necessariamente tenere sotto controllo e/ o lasciar andare.
Dottoressa Versari Debora.
Dott.ssa Lavinia Stefanini
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Buongiorno, quando si prendono psicofarmaci, come la paroxetina, è importante rispettare la terapia data dal medico curante senza interromperla bruscamente. L'improvvisa interruzione di uno psicofarmaco infatti può portare ad alcuni sintomi negativi anche importanti.
I sintomi che descrive potrebbero essere legati all'aver sospeso, dopo tanto tempo e in modo improvviso, la paroxetina. Il mio consiglio è di contattare lo psichiatra per capire meglio se i sintomi possano essere legati a questo e soprattutto come gestire la terapia farmacologia al meglio.
Mi sembra di capire che quella che definisce come ipocondria sia qualcosa che la affatica, ha pensato di potersi affidare ad uno psicologo? Un percorso psicologico potrebbe aiutarla ad affrontare queste sensazioni.
Cordiali saluti
Dott.ssa Francesca Gottofredi
Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Bologna
Caro,
intanto, lascia che ti dica questo con tutta la chiarezza possibile: non sei pazzo. E no, non stai impazzendo. So che in questo momento ogni pensiero, ogni sintomo, ogni strana percezione ti sembra una prova del contrario. Ma non lo è.
Quello che stai vivendo, con altissima probabilità, non è l'inizio di una psicosi, ma il risultato di uno stato d'ansia acuto e prolungato. Quella “bolla” che descrivi – la sensazione di essere scollegato dal mondo, confuso, staccato dalla realtà – è un sintomo molto comune della depersonalizzazione e derealizzazione. E sai qual è la causa più frequente? L’ansia cronica, l’ipercontrollo mentale e la paura di perdere il controllo.
Ti sei spaventato dopo un’influenza, hai sospeso bruscamente un farmaco che prendevi da anni, hai avuto uno scontro emotivo con i tuoi genitori… e da lì è partito un effetto domino. E adesso sei intrappolato nel tentativo continuo di “capire cosa ti sta succedendo”, che è proprio ciò che ti mantiene così. Rimango a disposizione. Dott.ssa Francesca Gottofredi
Dott.ssa Grazia Chianetta
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Buongiorno,
non dev'essere facile affrontare le giornate in questo modo!
credo lei abbia bisogno di alcune spiegazioni, che per la serietà del problema credo sia il caso di parlarne di persona o online.
Cordiali saluti
Dr. Grazia Chianetta
Dr. Riccardo Sirio
Psicologo, Psicologo clinico
Trofarello
Buongiorno,
Quello che descrivi—sensazione costante di confusione, distacco dalla realtà, difficoltà di concentrazione, vertigini e disorientamento—è compatibile con i sintomi di depersonalizzazione e derealizzazione, disturbi dissociativi spesso legati a stress, ansia e traumi.
Questi sintomi possono manifestarsi in risposta a stress intenso, ansia o traumi, e spesso sono temporanei. La sospensione improvvisa della paroxetina potrebbe aver contribuito a scatenare o amplificare questi episodi.
È importante sapere che la psicosi non è una condizione che si sviluppa progressivamente da stati di ansia o stress. La psicosi è caratterizzata da sintomi come deliri (credenze false e irrazionali) e allucinazioni (percezioni sensoriali inesistenti), che non sembrano essere presenti nel tuo caso. I pensieri occasionali di essere osservato o di paranoia lieve possono essere legati all'ansia, ma non indicano necessariamente l'insorgenza di una psicosi.
È fondamentale parlare con uno psichiatra o psicologo per una valutazione accurata e per escludere altre possibili cause. La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) è efficace nel trattamento della depersonalizzazione e derealizzazione, aiutando a gestire l'ansia e a ricollegarsi alla realtà.
Se hai bisogno di ulteriori informazioni o supporto, non esitare a chiedere.





Dott.ssa Laura Lanocita
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Buonasera, la sua narrazione rivela un vissuto di grande confusione e una forte preoccupazione riguardo all’origine di questa realtà che si sgretola, in un modo che fa di questa esperienza un vero e proprio campo di battaglia tra paura, interpretazione e desiderio di comprensione. È naturale che in momenti di forte stress e di esperienze corporee come quelle che descrive, l’incertezza si faccia strada e porti la mente a cercare risposte, anche su internet, un modo per dare senso a ciò che si vive. Tuttavia, quando le immagini di possibili patologie si affacciano così autoritariamente, è importante mantenere un certo distacco, riconoscendo che quei pensieri sono anche larve di un’attesa più profonda di ascolto e di abrizione di una parte di sé che si sente svalutata o insicura. La confusione, l’impressione di vivere dentro una bolla, e i pensieri di essere spiato o che qualcosa di pericoloso possa accadere, sono segni di una soglia aperta tra il conscio e l’inconscio, che spesso si manifesta quando la soglia tra il soggetto e il mondo si altera per un eccesso di pressione. La paura di entrare in una psicosi, soprattutto alimentata dall’ansia e dallo stress, può essere in parte reale, ma il più grande rischio si cela nel tentativo di controllare o di ridurre tutto a una semplice diagnosi. La strada più preziosa è quella di ascoltare queste sensazioni, di non permettere che le interpretazioni esterne o le paure più intense sostituiscano il vostro campo personale di ricerca e riconoscimento. Il mio approccio si basa ad ascoltare ciò che emerge dalla zona più profonda del vostro soggetto, dove i sintomi sono spesso segnali di un desiderio di integrazione di parti incoerenti.
Se desidera, posso offrirle uno spazio di ascolto in cui poter esplorare e dare senso a questa confusione, senza giudizio e con attenzione.
Sono qui per accompagnarla nel cammino verso una esperienza più autentica di sé.
Cordialmente, dottoressa Laura Lanocita.
Dott.ssa Giulia Saso
Psicologo, Psicologo clinico, Terapeuta
Roma
Gentile utente, le sensazioni di confusione, distacco e difficoltà a sentirsi concentrato possono comparire in periodi di forte stress, dopo una malattia o in seguito a cambiamenti nella terapia farmacologica.
Le suggerirei di evitare le diagnosi online e di rivolgersi quanto prima a uno specialista: un colloquio diretto potrà offrirle un inquadramento più accurato e, soprattutto, uno spazio in cui sentirsi accompagnato mentre cerca di dare un senso a ciò che sta attraversando.
Rimango a disposizione,
Dott.ssa Giulia Saso

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