Salve a tutti Dottori ho 36 anni ed ho un problema che da una vita non mi lascia vivere bene: la mia

24 risposte
Salve a tutti Dottori ho 36 anni ed ho un problema che da una vita non mi lascia vivere bene: la mia estetica, il mio aspetto fisico.

Ho una corporatura molto esile, sono alto alto 174cm e peso 58kg. A parte il peso, sono proprio di struttura fisica molto esile, il mio corpo sembra "tendere" alla magrezza, cioè prendo poco peso con grande difficoltà e perdo tanto peso con facilità estrema. Questa cosa in adolescenza, aggiunta ad una forte acne (ci voleva anche quella) mi ha fatto soffrire moltissimo, in quel periodo desideravo a tutti costi una corporatura più robusta, per piacere di più sia a me stesso che alla ragazze. Da lì palestra con dieta abbinata, che diede qualche risultato che però andò in fumo appena smisi. La velocità con cui brucio i risultati che ottengo è il più grande disincentivo a tornare in palestra, perchè non posso condurre una vita solo per tenere su il mio peso, c'è qualcosa che non quadra non lo considero normale.
E allora lentissima accettazione di me condita da depressione, uscire per anni con pantaloni lunghi in estate, ora diciamo che me ne sbatto e in estate mi scopro comunque, in quel senso ho accettato la cosa, ma rimane quel fastidio di vedermi con un corpo non da uomo adulto ed i problemi con le donne che spesso mi sottolineano la cosa, in effetti il mio non è un fisico "nella media" ma sotto di essa.
L'acne poi mi ha rovinato la pelle, anche se mi sono salvato da cicatrici vere e proprie mi ha lasciato molte impurità, che non svaniscono con trattamenti estetici avendo io una pelle grassa di natura, insomma un quadro di difetti e complessi sul fisico che alla fine a toccato pure il mio pene, anche se ho dimensioni normali: 17,5 cm di lunghezza e 13 di circonferenza, e proprio qui alla fine mi sono fissato, sul volerlo ingrandire, tanto da pensare seriamente alle iniezioni dii grasso per aumentare la circonferenza. Non so perchè mi sono puntato su questo, forse perchè sentendo il resto dei miei difetti come immutabile mi sono fissato su una sorta di compensazione volendo un pene di dimensioni maggiori, per il mio orgoglio personale e per piacere in qualche aspetto fisicamente alle donne, sta di fatto una vita di non accettazione corporea, perchè per il resto come persona mi piaccio come interno, ma non l'involucro, che in questa socièta è ciò che ormai conta di più.
Siamo nel periodo forse più edonista e basato sulle apparenze della storià dell'umanita, trovo normale soffrire e non accettarsi se si è molto sotto la media, sarebbe strano il contrario, a meno chè uno non voglia vivere isolato sui monti, se vivi in società devi soddisfare determinati requisiti, specialmente se vuoi avere una vita sentimentale/sessuale con potere di scelta.
Dott.ssa Veronica Savio
Psicologo, Psicologo clinico
Medolla
Gentile utente,
capisco profondamente il disagio che sta vivendo riguardo al suo aspetto fisico e l'impatto che questo ha avuto sul suo benessere emotivo. Le difficoltà di accettazione del proprio corpo sono comuni e spesso possono portare a un circolo vizioso che, oltre a influire sull'autostima, può alimentare disagi anche in altre aree della vita. Un percorso psicologico potrebbe aiutarla a esplorare le radici di questi vissuti, a lavorare sull'autoconsapevolezza e sull'autoefficacia, e a trovare soluzioni che vadano oltre l'aspetto fisico, mirando a una serenità duratura. Rimango a disposizione per qualunque chiarimento.
Dott.ssa Veronica Savio.

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Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Salve, la ringrazio per aver condiviso un aspetto così intimo e delicato della sua storia personale con tanta sincerità. Il suo vissuto è ricco di emozioni, riflessioni profonde e domande che meritano di essere accolte con rispetto e attenzione. Il modo in cui descrive la sua esperienza è molto lucido e mette in evidenza quanto, negli anni, il rapporto con il suo corpo sia stato complesso e centrale nella sua vita emotiva. L’immagine corporea, ovvero la percezione e le emozioni che proviamo verso il nostro corpo, è una componente fondamentale del nostro benessere psicologico. Quando questa percezione è distorta o fortemente negativa, può generare sofferenza, insicurezza e in certi casi anche comportamenti di evitamento o vere e proprie ossessioni. Lei ha già colto un aspetto molto importante: il suo desiderio di modificare il corpo, fino a valutare un intervento sul proprio organo genitale, sembra diventare il canale in cui si incanala una più ampia frustrazione legata all’impossibilità di raggiungere l’ideale fisico che sente come necessario per sentirsi accettato, desiderabile, apprezzato. Nel modello cognitivo-comportamentale, lavoriamo molto sull’analisi dei pensieri automatici negativi e delle credenze profonde che sostengono il malessere. Ad esempio, un pensiero che potrebbe accompagnare ciò che vive è: “se non ho un corpo muscoloso o se non rispondo a certi canoni, non valgo abbastanza, non sarò desiderabile, non sarò amato”. Questa convinzione può essere stata rafforzata negli anni, soprattutto in adolescenza, periodo in cui l’aspetto fisico assume un significato identitario fortissimo. Lei racconta infatti di un mix molto doloroso di acne e magrezza, due elementi che, nella percezione sociale, tendono ad allontanare dall’ideale maschile dominante, basato su forza, sicurezza, virilità. Un altro aspetto che evidenzia con molta onestà è la delusione legata ai risultati della palestra: fa bene a sottolineare che non è sufficiente allenarsi per un certo periodo per ottenere un risultato “stabile” nel tempo. L’ipertrofia muscolare, cioè l’aumento del volume muscolare, è infatti una condizione che richiede stimolo costante, alimentazione adatta e regolarità. In assenza di allenamento, il muscolo tende fisiologicamente a ridursi, e ciò può essere vissuto da chi ha un’immagine corporea fragile come una sconfitta o una conferma della propria inadeguatezza. Questa reazione emotiva negativa, però, non è legata solo al corpo in sé, ma a ciò che il corpo rappresenta. Per molte persone, l’aspetto fisico diventa il filtro attraverso cui giudicarsi e attraverso cui immaginare il proprio valore nelle relazioni. Quando scrive che “sarebbe strano non soffrire in una società così edonista”, coglie un nodo importante: oggi, l’apparenza è spesso il primo biglietto da visita, e i social media amplificano l’illusione che esista un’unica forma “giusta” per essere desiderabili. Ma il punto fondamentale non è l’estetica, bensì il valore personale. Lei ha già una consapevolezza significativa di sé: afferma di piacersi come persona, e questa è una base fondamentale. Tuttavia, sembra che ci sia una forte difficoltà a integrare questa immagine positiva interna con quella esterna, come se il corpo fosse un ostacolo a far emergere chi è davvero. Questo scollamento può generare un costante conflitto tra ciò che sente di essere e ciò che teme gli altri vedano. Dal punto di vista terapeutico, sarebbe utile esplorare proprio questi meccanismi: i pensieri automatici che si attivano quando si guarda allo specchio o quando si sente giudicato, le emozioni connesse a questi pensieri, le esperienze pregresse che hanno contribuito a rafforzare una visione critica del suo corpo, e le strategie comportamentali che ha messo in atto nel tempo (come evitare determinati vestiti, fare confronti costanti, cercare rassicurazioni o pensare a interventi estetici). L’obiettivo non sarebbe negare la sua sofferenza o convincerla che “va tutto bene così”, ma accompagnarla a costruire un modo nuovo di relazionarsi con il suo corpo, più compassionevole e realistico, più centrato sul benessere globale e non sul raggiungimento di uno standard imposto. Il lavoro cognitivo-comportamentale può aiutare molto anche a interrompere il ciclo dei confronti sociali, a ridurre l’auto-svalutazione e a recuperare una visione più equilibrata di sé. Il corpo cambia, invecchia, si trasforma. Ma il valore personale, la capacità di entrare in relazione, l’identità profonda, sono aspetti che meritano di essere riconosciuti e valorizzati. La vera forza, oggi, non è l’apparenza perfetta, ma la capacità di accettarsi con le proprie imperfezioni, senza arrendersi, ma nemmeno senza annullarsi per inseguire un ideale irraggiungibile. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Dott.ssa Nicoleta Baetu
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Gentile Utente,
Con il suo racconto è riuscito a descrivere un problema che interessa più che mai i nostri tempi. Viviamo in un mondo in cui l'apparire è diventato più importante dell'essere! Oggigiorno, la società è fin troppo permeata da canoni estetici eccessivamente definiti e, soprattutto, poco raggiungibili per la maggior parte delle persone. Lei tutto ciò è riuscito a definirlo bene con una parola "L'INVOLUCRO".
Le ricordo tuttavia che lei è qualcosa di più di un semplice involucro, è in primis un essere umano con un suo vissuto, con dei desideri, probabilmente progetti e tante altre cose che sicuramente vanno al di là di un semplice corpo...
Naturalmente non conosco la sua storia, ma ciò che mi sento di consigliarle e di cercare aiuto per meglio approfondire le dinamiche che la portano a focalizzarsi di più su alcuni aspetti della sua esistenza.
Si prenda cura di sé!
Cordiali saluti.
Dott.ssa N.Baetu

Dr. Jacopo Modoni
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Roma
Ciao,
ti ringrazio per aver condiviso con così tanta onestà la tua storia. Si capisce che è qualcosa che ti porti dietro da tanto tempo e che ha lasciato un segno profondo, non solo sull'immagine che hai di te, ma anche su come ti senti in mezzo agli altri, nelle relazioni e nella vita.

Il tuo corpo sembra essere diventato, negli anni, il bersaglio di una frustrazione più ampia, fatta di aspettative sociali, confronti continui e vissuti di rifiuto o inadeguatezza. E quando ci si sente “fuori misura”, soprattutto in una società così focalizzata sull’aspetto, è normale soffrire.

Ma una cosa importante che scrivi è che come persona ti piaci. Questo non è scontato, ed è un punto da cui si può ripartire.
In casi come il tuo, spesso il problema non è davvero "il corpo", ma il significato che gli si è cucito addosso, giorno dopo giorno. E lavorare su quei significati — e su certi pensieri che si sono incistati — è possibile. La psicoterapia, soprattutto quella cognitivo-comportamentale, può aiutarti a rimettere ordine, a separare ciò che ti appartiene da ciò che ti è stato fatto sentire, e a ricostruire un rapporto più sereno con te stesso.

Non sei solo in questa fatica, e non sei sbagliato.
Meriti di sentirti bene nella tua pelle, anche senza doverla cambiare.

Un caro saluto,
dott. Jacopo Modoni
Dott. Leonardo Provini
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Roma
Buongiorno, grazie della condivisione delle incertezze e difficoltà rispetto a come si vede. Molte persone oggigiorno, anche per le motivazioni storiche e culturali a cui faceva riferimento condividono la sua esperienza, ma hanno timore ad aprirsi. Condivido inoltre le sue riflessioni, le trovo molto coerenti, sensibili e perspicaci. C'è solo un dubbio su cui mi piacerebbe confrontarmi: lei parla di "normalità nel soffrire e non accettarsi se si è al di sotto della media". La mia domanda è: chi è che stabilisce la "normalità" o chi è che stabilisce la "media dell'estetica"? Quello che vorrei chiederle: non pensa che a volte questa visione di "normalità" o di "standard" non sia proprio la questione di un ideale, spesso irraggiungibile, che spesso viene culturalmente proposto? (Potremmo a quel punto chiederci quali finalità e obiettivi se fosse così...).
Se fossi il suo psicoterapeuta le chiederei e sarei curioso nel sapere la storia delle sue relazioni d'amore in tal senso. Ad esempio, sarei interessato a capire se lei rischia di cercare un pesce su di un albero. Spero di essere stato perlomeno parzialmente chiaro. Purtroppo sono tematiche complesse e molto importanti. Le consiglierei, se non l'ha già fatto, di fare una consulenza (3-4 colloqui) con uno psicoterapeuta per approfondire queste tematiche e per comprendere se può impostare un lavoro che possa esserle di aiuto in tal senso. Resto a disposizione.
Buongiorno gentile utente. Per rispondere a quanto scrive, comprendo le sue difficoltà, come lei stesso sottolinea la nostra è una società in cui i messaggi su il fisico “giusto” e “sbagliato” sono all’ordine del giorno, tuttavia non per questo siamo obbligati ad adeguarci, ricorrendo anche a metodi estremi, a quegli ideali, che spesso sono fittizi. Un po’ come gli abiti: soprattutto le grandi marche adottano delle linee e delle taglie basate sulla corporatura media della popolazione in cui sono cuciti (cinese o americana ad esempio), ma è giusto che sia la persona ad adattarsi all’oggetto, o dovrebbe essere il contrario?
Lo stesso discorso si può fare con il fisico: dobbiamo necessariamente adattarci a un ideale per piacere a qualcun altro, che in fondo avrà tante imperfezioni quante ne avremo noi?
A questo proposito una psicoterapia potrebbe aiutarla a comprendere quanto non sia il suo corpo a farla star male, quanto probabilmente le credenze su come dovrebbe essere, che lei ha.
Cordiali saluti
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Gentile utente,

le difficoltà che descrive toccano aspetti profondi dell’identità personale e dell’autostima, ed emergono con grande lucidità nella sua testimonianza. Il rapporto con il proprio corpo è spesso influenzato da esperienze vissute durante l’infanzia e l’adolescenza, come nel suo caso, e può lasciare segni profondi che condizionano la percezione di sé anche in età adulta.

Il suo racconto rivela una grande sofferenza legata alla sensazione di non essere "abbastanza" rispetto a determinati standard estetici e maschili imposti dalla società. Sentirsi fuori dalla "norma" può facilmente portare a sentimenti di inadeguatezza, vergogna e frustrazione. Inoltre, l'accanimento verso alcuni dettagli fisici — come la fissazione sulla circonferenza del pene — può rappresentare il tentativo, spesso inconsapevole, di compensare una percezione globale di svalutazione del proprio corpo.

Va detto che la società odierna, così centrata sull'apparenza e sui modelli irrealistici di bellezza, può contribuire ad amplificare queste insicurezze, rendendo ancora più difficile sviluppare un rapporto sereno con la propria immagine corporea. Tuttavia, è importante distinguere ciò che è indotto dall’esterno da ciò che realmente si desidera per sé, e iniziare un percorso di consapevolezza e accettazione autentica.

La sua consapevolezza e il desiderio di comprendere il perché di certe fissazioni sono già un primo, prezioso passo. Proprio per questo, sarebbe utile e consigliato approfondire tutto questo con l’aiuto di uno specialista, per poter lavorare sui vissuti emotivi alla base di queste difficoltà e costruire un’immagine di sé più autentica, libera dai condizionamenti esterni.

Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Dott. Luca Rochdi
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Gentile utente è una situazione che andrebbe attenzionata con uno psicologo.
Sarei felice di accompagnarla in questo percorso.
Se dovesse avere dei dubbi, può contattarmi premendo il tasto 'messaggio' sul mio profilo.
Resto a disposizione attraverso consulenze online.
Dott. Luca Rochdi
Dr. Marco Cenci
Psicologo, Psicologo clinico
Brescia
Buongiorno,
Mi dispiace per la situazione di disagio in cui si trovo. Ritengo che un percorso terapeutico potrebbe aiutarla a trovare la serenità che cerca.
Dott. Marco Cenci
Dott.ssa Rossella Carrara
Psicologo, Psicologo clinico
Bergamo
Buongiorno, le consiglio un percorso psicologico che l'aiuti a ritrovare fiducia e in se stesso, che non deve necessariamente passare attraverso il suo aspetto fisico, ma sicuramente attraverso l'accettazione di sé. Cordiali saluti
Dott.ssa Maria Carla del Vaglio
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Napoli
Buongiorno, grazie per aver condiviso la sua esperienza con tanta sincerità. Da quello che racconta, sembra che, nonostante il forte amore e l’attaccamento che prova per la sua compagna, il suo cervello si trovi a lottare contro pensieri distorti che le generano ansia e confusione. Questi pensieri, che appaiono invasivi e ossessivi, possono essere sintomi di quella forma di ansia generale che già le dà fastidio e che, come lei ha notato, si attenua temporaneamente con l'assunzione del Lexotan.

È comprensibile che, in un contesto di stress – sia per la gestione del lavoro che per la necessità di mantenere stabile una relazione a distanza – il suo sistema nervoso possa reagire in questo modo, portandola a interrogarsi su aspetti della sua identità che in realtà non rispecchiano i suoi sentimenti profondi. Il conflitto tra ciò che sente nel cuore, che le dice di amare la sua compagna, e i pensieri distorti che emergono, è un segnale che c’è del lavoro da fare sul fronte della gestione dell’ansia.

Per cercare di scacciare questi pensieri negativi e ossessivi, potrebbe essere utile sperimentare alcune tecniche di rilassamento e di presenza, che permettano alla mente di staccarsi dal ciclo di preoccupazioni. A volte, praticare la mindfulness o altre forme di meditazione può aiutare a radicare i pensieri nel presente e a distanziarsi da quelle idee che generano angoscia. Esistono, inoltre, approcci naturali e complementari che favoriscono il benessere del sistema nervoso, come una regolare attività fisica o tecniche di respirazione, anche se ovviamente è importante non abusarne e integrarle in modo equilibrato nel proprio percorso.

Mi rendo conto che, in questo momento, la presenza del Lexotan possa sembrare l’unico rimedio che le dia un sollievo immediato, ma un percorso terapeutico mirato potrebbe aiutarla a comprendere e a gestire meglio questi pensieri senza dover dipendere esclusivamente dai farmaci. Se desidera un supporto per esplorare in profondità queste dinamiche e trovare strategie efficaci per liberarsi di questi pensieri ossessivi, sono disponibile ad accompagnarla in un percorso di terapia.

Un caro saluto.
Dott. Luca Vocino
Psicologo clinico, Psicologo
Trezzano Rosa
Buongiorno gentile Utente, leggere le sue parole mette in contatto con una sofferenza la cui profondità delle radici è palpabile, e che, nel tempo, si è stratificata su più livelli della sua identità. Il modo in cui descrive la sua esperienza, con lucidità e consapevolezza, mostra quanto lei abbia riflettuto su ciò che sente e quanto sia sensibile a ciò che riguarda la propria immagine, il modo in cui si percepisce e viene percepito dagli altri.

Il corpo, soprattutto per chi ha attraversato un’adolescenza difficile sotto il profilo estetico, può diventare non solo una fonte di disagio, ma anche un luogo simbolico di battaglia: si comincia col non piacersi e si finisce col vivere il corpo come una prigione, come qualcosa che limita, sminuisce, rende vulnerabili. La frustrazione che prova nel vedere i risultati fisici svanire facilmente, nonostante l’impegno, è comprensibile e amplifica quel senso di ingiustizia che ha accompagnato fin da giovane la sua relazione con l’aspetto fisico.

Allo stesso tempo, è interessante come lei riconosca che una parte di sé ha provato ad accettarsi, e che nel tempo ha imparato a convivere con alcune sue caratteristiche, pur con fatica. Il punto che mi sembra centrale è però il legame fra questa insoddisfazione corporea e il valore personale che sente di avere agli occhi degli altri. In una società che enfatizza costantemente l’apparenza e propone modelli di virilità e bellezza spesso irraggiungibili o artefatti, non è raro sentirsi “fuori posto” se non si rientra in certi canoni. Eppure, è proprio lì che nasce la trappola: quando il valore di sé viene messo interamente nelle mani dello sguardo esterno.

Il fatto che stia pensando a interventi sul corpo come forma di compensazione – e lo dice chiaramente – indica che forse sta cercando un senso di controllo in mezzo a una lunga storia di frustrazione e vulnerabilità. Non c’è nulla di sbagliato nel desiderare di piacersi o nel voler migliorare aspetti del proprio corpo, ma diventa importante chiedersi: sto cercando di trasformare qualcosa che davvero sento mio, oppure sto cercando di risarcire ferite più profonde che riguardano la mia autostima, il mio bisogno di essere visto e desiderato?

Lei dice che come persona, nel suo “interno”, si piace. Questo è un dato prezioso, perché significa che ha costruito un’identità che non si limita all’estetica. Ed è proprio da lì che può partire per fare un percorso che le permetta di separare il proprio valore personale dal giudizio estetico. Le ferite che derivano dall’adolescenza, dalle insicurezze, dal sentirsi inadeguato, spesso si possono curare solo in uno spazio terapeutico in cui si dia voce a ciò che è stato vissuto, ma anche a ciò che oggi può essere trasformato senza dover passare per la chirurgia o per continue conferme esterne.

La invito a considerare la possibilità di un percorso psicologico individuale, in cui possa esplorare con calma, profondità e rispetto tutto ciò che ha portato fin qui. Il suo malessere merita ascolto, non giudizio. E lei merita di ritrovare un equilibrio che non passi dalla perfezione fisica, ma da un senso di pace con se stesso.

Dott. Luca Vocino
Dott.ssa Isabella Mazzocchi
Psicologo, Psicologo clinico
Urbino
Buongiorno e grazie per aver condiviso con tanta sincerità e lucidità la tua esperienza di sofferenza legata al corpo e all'immagine di te. Il modo in cui racconti la tua storia lascia emergere un percorso complesso, fatto di tentativi di cambiamento, frustrazione, fatica e anche un lento e faticoso cammino verso l'accettazione.
Quello che descrivi ha radici profonde: non si tratta semplicemente di "non piacersi", ma di un rapporto difficile con il corpo che si è costruito nel tempo, a partire dall’adolescenza, un periodo in cui il confronto con gli altri e il bisogno di approvazione sono particolarmente intensi. La magrezza, l'acne, i commenti ricevuti, la difficoltà a riconoscersi come “sufficientemente uomo” rispetto a certi standard sociali… tutto questo ha lasciato un segno, e sembra ancora oggi condizionare il tuo modo di guardarti e di vivere la relazione con l’altro, soprattutto in ambito sentimentale e sessuale.
Hai scritto una frase molto significativa: “per il resto, come persona, mi piaccio come interno, ma non l’involucro”. Questo contrasto tra ciò che sei e ciò che vedi (o pensi che gli altri vedano) nel tuo aspetto esteriore, è spesso al centro della sofferenza di chi vive un disagio corporeo profondo. Non si tratta solo di estetica, ma del significato che il corpo ha per te, del valore che pensi possa (o non possa) comunicare, dell’identità che senti messa in discussione.
Mi colpisce anche la consapevolezza con cui ti interroghi sul desiderio di modificare il tuo pene, come se fosse l’unico aspetto ancora “malleabile”, e forse anche un modo per sentirti un po’ più “a posto”, più adeguato, più amabile. È una dinamica che può avere un senso, se pensiamo al corpo come il luogo in cui cerchiamo di riappropriarci di un senso di controllo quando ci sentiamo fragili o inadeguati.

Hai ragione nel dire che viviamo in una società che dà enorme peso all’aspetto esteriore e ai canoni di “normalità” o “desiderabilità”. Ma è anche vero che ci sono spazi, percorsi e relazioni in cui è possibile riscrivere il modo in cui ci si guarda e ci si valuta, a partire da uno sguardo più compassionevole verso di sé. Questo non significa negare la sofferenza o "accontentarsi", ma trovare un modo diverso per costruire sicurezza, autostima e valore personale, che non dipenda solo dallo sguardo esterno.

Se senti che questo disagio incide ancora significativamente sulla tua qualità di vita, sulla tua capacità di vivere serenamente l’intimità, le relazioni o la tua quotidianità, ti invito a considerare l’idea di intraprendere un percorso psicologico. Avere uno spazio in cui poter esplorare senza giudizio le radici di questo rapporto complesso con il corpo, potrebbe essere un passo importante per uscire dalla trappola del confronto e iniziare a costruire una relazione più gentile con te stesso.

Resto a disposizione,
Dott.ssa Isabella Mazzocchi
Psicologa Clinica
Dott.ssa Laura Bergamini
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Gentile utente, intanto grazie per aver condiviso questa sua sofferenza così intima e delicata, per la quale mi dispiace. Quello che scrive è vero, purtroppo al giorno d'oggi ci si basa molto su quello che lei definisce "involucro". Vero altrettanto, però, è che noi non siamo solo estetica, siamo molto altro ed è importante lavorare anche su quello. Lei dice di piacersi come persona, nell'interno, il che è fondamentale e importante ed è proprio da li che si potrebbe partire per aumentare una consapevolezza e un'autostima.
Quello che posso consigliarle è di intraprendere un percorso che possa aiutarla in questo e che, soprattutto, possa aiutarla ad andare a fondo della situazione che potrebbe partire da vissuti differenti non elaborati o no affrontati. Vissuti che potrebbero averla portata ad avere fissazioni particolari che non riescono a "lasciarla in pace".

Se ne sentisse il bisogno, non esiti a contattarmi!
Un saluto
Dott.ssa Laura Bergamini
Psicologa clinica e forense - Psicodiagnosta
Gentile utente buongiorno,
grazie per la sua condivisione. Dalle sue parole, appare evidente che lei lega molto della sua soddisfazione di vita al suo aspetto esteriore. Non sono d'accordo sulla sua affermazione che le persone debbano soddisfare determinati requisiti fisici per avere una vita felice e appagante; direi esattamente l'opposto: la felicità e la soddisfazione di vita nulla hanno a che fare con l'aspetto esteriore e "i canoni della società" non sono nient'altro che stereotipi di conformismo legati a esigenze commerciali. Non esiste la "media" o " la normalità"... siamo tutti diversi l'uno dall'altro e per questo incredibilmente simili. Su un concetto, invece, sono d'accordo: quando chiama il suo corpo l'involucro che non le piace, mentre lei sa nel suo profondo di valere molto come persona ed è questo che in assoluto conta di più.
Ma se il parametro di riferimento è ciò che pensano gli altri su di lei, ciò che vedono, ciò che potrebbero dire o i giudizi che potrebbero esprimere (ivi comprese le donne, in questioni sentimentali), allora ci sarà sempre una frustrazione di fondo che le impedirà di sentirsi realmente soddisfatto.
Lei non può cambiare la sua costituzione naturale, se ne è reso conto in tutti questi anni. Il suo essere così esile e molto veloce nel bruciare i grassi, sono informazioni contenute nel suo DNA e sfuggono evidentemente al suo controllo. Potrebbe indagare (se non l'ha già fatto) se esiste una disfunzionalità ormonale a carico della tiroide e, in quel caso, intervenire dal punto di vista medico e farmacologico. Ma se è tutto nella sua natura, ne deve semplicemente prendere atto. Lo stesso vale per le dimensioni del suo pene: davvero pensa che donne intelligenti stiano lì con il metro a controllare? Credo che lei valga molto di più di questi pensieri.
Quello che può concretamente cambiare è il suo modo di pensare al suo aspetto fisico, al suo involucro, e focalizzarsi su quelli che sono i suoi veri punti di forza, che nulla hanno a che fare con il giudizio della "società benpensante", ma che hanno le radici dentro di lei, nei suoi valori, nella persona che desidera essere e nel modo in cui vuole lasciare un segno importante del suo passaggio in questa vita.
La sua magrezza non la qualifica, così come non lo farebbe l'altezza, il peso, la calvizie, il colore della pelle, l'etnia o quant'altro è naturalmente scritto nei suoi geni. Le persone si qualificano per come posso rendere il mondo un posto migliore, per la loro gentilezza, generosità e capacità di esprimere gratitudine, per la capacità di ispirare gli altri e per altri innumerevoli valori.
Il mio sentito consiglio è di affidarsi a un supporto psicologico per cominciare a sganciarsi da tutti i suoi pensieri e dalle emozioni difficili relative al suo aspetto fisico, e cominciare un percorso di crescita personale, di miglioramento dell'autostima percepita e di sviluppo delle sue reali potenzialità.
Se lo desidera, posso aiutarla in un percorso di questo tipo, anche tramite consulenza online.
Un caro saluto, Dott. Antonio Cortese
Gentilissimo il tuo problema è un problema sempre più rilevante, proprio per il tipo di società in cui siamo immersi. Ma la società, per quanto ci circondi e rifletta, non ci definisce. Consiglio un percorso incentrato su te stesso, per ritrovare il piacere di te per te, prima di ricercarlo in conferma dagli altri
Dott.ssa Mariapaola Anania
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Buongiorno grazie per aver condiviso parte della sua storia, ha dimostrato di essere molto coraggioso. Immagino non sia facile, guardarsi allo specchio e non gradire l’immagine riflessa. Le consiglierei di intraprendere un percorso psicologico per accettare il suo aspetto fisico, aumentare l’autostima ed individuare le risorse per ricominciare ad apprezzarsi.Sarebbe interessante anche approfondire il suo desiderio di voler aumentare le dimensioni del pene. Ci sarebbe tanto da dire. Penso che la sua persona, la sua unicità, non possa semplicemente essere definita solo dall’aspetto fisico e dalle dimensioni del sesso. Un supporto psicologico le permetterebbe di intraprendere un viaggio di crescita emotiva e di acquisire una maggiore consapevolezza, imparando ad amare se stesso, così come è. Resto a sua disposizione per eventuali informazioni e nel caso volesse prenotare una consulenza.
Dott.ssa Mariapaola Anania, psicologa clinica, psicosessuologa e specializzanda in psicoterapia cognitivo-comportamentale.
Dott. Nicola Bucci
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Salve,
la ringrazio per aver condiviso in modo così aperto e lucido il suo vissuto. È evidente quanto questa sofferenza legata all’aspetto fisico abbia inciso nel tempo sul suo benessere e sulla percezione di sé. La sua riflessione è profonda e mostra una grande consapevolezza, ma anche un carico emotivo che merita attenzione. In questi casi, un percorso psicologico può offrire uno spazio sicuro per esplorare a fondo questi vissuti, lavorare sul rapporto con il proprio corpo e riscoprire un senso di valore personale che vada oltre l’immagine esteriore.
Dott. Giorgio De Giorgi
Psicologo, Psicologo clinico
Bologna
Gentile,

le sue parole raccontano una storia di fatica, ma anche di grande lucidità. Mi colpisce come, tra tanti tentativi di "aggiustare" il corpo, emerga una domanda silenziosa: cosa rappresenta davvero, per lei, “essere nella media”? E da chi è stata costruita, questa media, alla quale sente di dover appartenere per potersi piacere?
Esistono percorsi in cui è possibile esplorare queste domande in profondità, dando finalmente voce a parti di sé spesso rimaste inascoltate. Chissà cosa potrebbe scoprire, se iniziasse a farlo.

Un caro saluto,

Dr. Giorgio De Giorgi
Dott. Francesco Damiano Logiudice
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Dott.ssa Francesca Romana Casinghini
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Faccia un percorso terapeutico che le faccia apprezzare ed aumentare l'autostima di se stesso e far cadere questi condizionamenti sociali che le faranno in seguito vivere una vita sentimentale e sessuale soddisfacente
Dott.ssa Giulia Casole
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Comprendo il suo profondo e persistente disagio legato alla sua immagine corporea. La sua storia evidenzia una lunga lotta per l'accettazione di sé, acuita dalle esperienze adolescenziali e dalle dinamiche sociali attuali che enfatizzano l'apparenza. La sua focalizzazione sull'aumento delle dimensioni del pene sembra configurarsi come un tentativo di compensare un senso di inadeguatezza corporea più ampio. È importante esplorare queste insicurezze radicate e il significato che attribuisce a un determinato ideale estetico, al fine di promuovere un'accettazione di sé più autentica e meno condizionata da standard esterni. Un percorso psicologico potrebbe aiutarla a elaborare questi vissuti e a sviluppare una relazione più serena con il suo corpo.
Buongiorno, il primo passo sarebbe quello di cercare di capire per quale motivo siano cosi' importanti per te i dettagli fisici che citi. In secondo luogo sarebbe importante trovare delle caratteristiche positive, che ti piacciono piuttosto che compensare con iniezioni di grasso.
Buongiorno,
capisco quanto possa essere logorante convivere da anni con l’idea di non piacersi mai davvero. Le esperienze dell’adolescenza, i confronti continui e certi commenti possono lasciare ferite che poi ci portiamo dietro nel tempo, finendo per guardare il nostro corpo come qualcosa che “non va”.
Da quello che scrive si sente tutta la fatica, ma anche il bisogno di capire da dove nasce questa lotta così lunga con la sua immagine. Un percorso di supporto potrebbe aiutarla proprio in questo: dare spazio a ciò che ha vissuto, togliere un po’ di peso allo sguardo severo che ha su di sé e ritrovare un modo più gentile di stare nel suo corpo. Non è qualcosa che deve affrontare da solo.
Un saluto

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