Gentili dottori, dopo una dipendenza affettiva forte e un periodo di ossessione nei confronti di una

21 risposte
Gentili dottori, dopo una dipendenza affettiva forte e un periodo di ossessione nei confronti di una mia amica, ho lavorato con la mia psicoterapeuta, ho terminato il mio percorso di triennale e iniziato la magistrale, sostenuto i primi esami e così via.
Con questa ragazza c'è silenzio da due anni.
Il caso ha voluto che questa ragazza si interessasse al mio campo e ora siamo colleghi, lavoriamo con la stessa professoressa.
Da mesi ormai la vedo quotidianamente all'università, ma non ci salutiamo.
Ci evitiamo entrambi. Lei abbassa lo sguardo, cambia strada, insomma non mi saluta più.
Naturalmente la professoressa organizza convegni, visite guidate, dove invita i suoi tesisti. È in queste occasioni che ci siamo rivisti, ma sempre senza nemmeno interagire e salutarci.
Ora ho chiesto un aiuto alla professoressa e lei mi ha indirizzato a lei ma ho rifiutato e ho detto di trovare autonomamente un aiuto.
Rivedere questa ragazza mi ha messo molta paura, ansia, imbarazzo, vergogna, disagio.
È un po' come se lei non riconoscesse il fatto che stia bene adesso, certo questo percorso l'ho fatto per me ovviamente, ma farebbe piacere comunque scambiare un saluto, almeno per educazione.
Così evito ogni forma di contatto con questa persona, evito di entrare nel laboratorio, evito di guardare ecl così via.
Così non do' fastidio a nessuno.
Per il momento sono riuscito a risolvere, ma in futuro, se capita che la professoressa mi dovesse dire qualcos'altro, di interagire con lei per qualcosa, come la risolvo?
Il suo atteggiamento e il suo comportamento è ovvio che vuole dire che non vuole avere niente a che fare con me.
Quindi come faccio ad evitare in futuro situazioni simili?
Dott.ssa Lorella Bruni
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Buongiorno, sarebbe interessante sapere il rapporto che la lega alla sua amica. In ogni caso penso non si possa avere alcuna pretesa di forzare un atteggiamento amichevole a chi non vuole o non può darlo. Come mai lo vede come un non riconoscimento per quello che ha fatto, che certo non è poco, mi porrei il problema di come mai non mi riconosco io di aver svolto un cammino che sarà stato doloroso ma anche soddisfacente. Se la professoressa dovesse implicarla può sempre mostrarsi disponibile a una interazione cercando di comprendere l'effetto che le fa se la sua amica dovesse negarsi. Sempre disponibile per ogni chiarimento lb

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Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Gentile utente,

quello che descrive è un vissuto molto intenso e comprensibilmente faticoso. Dopo una storia di dipendenza affettiva e una fase di ossessione, è normale che il semplice incontro o la presenza della persona coinvolta riattivi emozioni difficili come paura, ansia, imbarazzo e vergogna, anche se si è fatto un importante lavoro terapeutico e si è ormai in una fase di vita più stabile e consapevole.

Rivedere questa persona in un contesto quotidiano, come l’università, può rappresentare una situazione “trigger”, cioè un innesco emotivo che riporta alla mente e al corpo sensazioni del passato. Il fatto che lei riesca a riconoscere queste reazioni e a gestirle evitando comportamenti impulsivi è già un segnale di grande maturità e di crescita rispetto a prima.

È importante considerare che il comportamento dell’altra persona (che evita, non saluta, non interagisce) potrebbe non essere necessariamente un rifiuto personale, ma una modalità di protezione: forse anche lei vive disagio o non sa come gestire l’interazione. In questi casi, forzare un contatto non è consigliabile, ma può essere utile concentrarsi su sé stessi, sul proprio equilibrio e sul proprio percorso.

Se in futuro dovesse capitare di dover collaborare o interagire con lei per motivi accademici, la strategia più sana è quella di mantenere un atteggiamento professionale, neutro e rispettoso, limitandosi al necessario, senza cercare approvazione o riconoscimento personale. L’obiettivo è tutelare il proprio benessere emotivo e mantenere i confini chiari tra il passato personale e il presente professionale.

Tuttavia, poiché la situazione riattiva ancora emozioni forti, potrebbe essere utile approfondire questo tema in un percorso psicologico, per rafforzare ulteriormente gli strumenti di gestione emotiva e consolidare il distacco interiore, così da vivere con maggiore serenità eventuali interazioni future.

Un caro saluto,
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicologa – Psicoterapeuta – Sessuologa
Dott.ssa Sabrina Germi
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Castegnero
Gentile paziente,
La tua riflessione mostra una consapevolezza importante del percorso che hai fatto e della delicatezza della situazione.
Da una parte c’è la realtà concreta — due persone che si evitano per mantenere equilibrio — dall’altra c’è il mondo interno, dove questo silenzio può riattivare antichi vissuti di esclusione o colpa. Il lavoro ora è accorgersi che queste emozioni non descrivono la realtà presente, ma una parte di te che si sente ancora in difetto o non vista.
È comprensibile desiderare un gesto di saluto, un segno che dica “ora sto bene”. Ma questo riconoscimento appartiene più a un bisogno interno che a una reale necessità relazionale. Il fatto che tu lo abbia individuato è già un passo verso l’autonomia emotiva: puoi imparare a riconoscerti da solo per i progressi compiuti, senza delegare questo potere all’altro.
Se dovesse essere necessario collaborare, puoi impostare il contatto su un piano esclusivamente professionale, breve e funzionale. Non si tratta di negare il passato, ma di stare nel presente con un atteggiamento adulto e regolato. È utile prepararsi mentalmente a questo: immaginare l’incontro, sentire le emozioni che emergono e trovare modi interni per auto-rassicurarti.
L’evitamento ora ti protegge, ma a lungo andare può mantenere viva la paura. Quando ti sentirai più stabile, potresti provare piccoli passi di esposizione (anche solo tollerare di trovarvi nello stesso spazio senza allontanarti), come forma di desensibilizzazione emotiva.
A disiposizione,
saluti
Dott.ssa Sabrina Ambasciano
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Nola
Capisco bene quanto possa essere difficile trovarsi in questa situazione. È normale provare ansia, imbarazzo e disagio di fronte a una persona con cui in passato ci sono stati legami complessi, soprattutto quando ci sono contatti inevitabili in contesti accademici o professionali. È importante ricordare che le tue emozioni sono naturali e non indicano che tu stia facendo qualcosa di sbagliato. Accettarle ti permette di affrontare la situazione con più calma e lucidità. Questo non diminuisce i tuoi progressi o ciò che hai fatto per migliorare te stesso: indica solo i limiti attuali della relazione. Riconoscere questi confini è fondamentale per ridurre l’ansia e le aspettative. Nei casi in cui sia necessario interagire, come per compiti o comunicazioni con la professoressa, puoi concentrarti su uno scambio minimo e professionale: un saluto neutro, un tono calmo e una comunicazione concisa sono più che sufficienti. Mantenere una postura rilassata e respirare profondamente prima di avvicinarti aiuta a gestire l’ansia sul momento.
Dott.ssa Paola Maria Biancardi
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Gentile ragazzo,
sembra che lei abbia trovato un compromesso per continuare a seguire la professoressa e al tempo stesso mantenere un confine con questa amica-collega. Sembra però che questa strategia abbia un costo per lei in termini, per esempio, di frequentazione al laboratorio, come se si stesse privando di esperienze importanti per la sua crescita personale e professionale.
Sembra per lei per primo difficile riconoscersi profondamente il suo cambiamento, sembra che la distanza che lei pone, il suo trattenersi, non sia una sua scelta fatta a priori, ma l’effetto di un atteggiamento di chiusura e distanziamento della collega come se dopo questo periodo di dipendenza affettiva fosse per lei, adesso, difficile mettere la distanza-vicinanza buona per lei con questa amica.
Dalle sue parole, se ho capito bene, è come se lei si facesse carico della responsabilità di un vostro possibile incontro (“evito...così non do fastidio a nessuno”).
Forse potrebbe esserle utile cercare di riconoscersi il suo cambiamento e forse anche chiedersi quanto sia importante per lei ricevere dall’amica il permesso, il diritto di poter frequentare le stesse attività organizzate dalla professoressa.
Le auguro il meglio
Paola
Dott.ssa Tonia Caturano
Psicoterapeuta, Sessuologo, Psicologo
Pioltello
Quello che racconti è molto comprensibile, e si sente che ci hai riflettuto con grande consapevolezza. Hai attraversato un periodo difficile, ne sei uscito con impegno e coraggio, e oggi ti ritrovi a gestire una situazione che riattiva emozioni del passato, ma dentro un contesto completamente diverso: quello della tua nuova vita, dei tuoi progressi e della tua maturità.
Rivedere una persona legata a una fase di dipendenza affettiva può essere come toccare una ferita che ormai è cicatrizzata, ma che rimane sensibile. Non significa che sei tornato indietro: significa che stai sperimentando la “prova del nove” del lavoro fatto su di te.
Le emozioni che provi — paura, vergogna, disagio — sono normali. Non sono segnali di regressione, ma reazioni umane davanti a un incontro che riporta alla memoria una parte di te che non vuoi più vivere.

Riguardo al comportamento di lei, è probabile che la sua chiusura non sia tanto una condanna nei tuoi confronti, quanto un modo per proteggersi. Ognuno gestisce a modo suo le esperienze complesse. Il suo silenzio non cancella i tuoi progressi né il tuo diritto di stare in quegli spazi con serenità.

In futuro, se la professoressa dovesse chiederti di collaborare con lei su qualcosa, la soluzione non deve per forza essere l’evitamento totale. Puoi trovare un modo “neutro” di gestire il contatto: mantenere la comunicazione strettamente professionale, breve, cortese, senza cercare di riaprire nulla di personale.
Un semplice “ciao” o un tono collaborativo ma distaccato bastano a tutelarti e allo stesso tempo a non farti sentire in fuga. Questo ti permetterà di restare fedele al tuo percorso, senza negare la tua crescita.

Se però la situazione ti dovesse pesare più del previsto — ad esempio se cominci a sentirti limitato o a pensare troppo spesso a lei — parlarne anche solo in un incontro di sostegno con la tua psicoterapeuta potrebbe essere molto utile. Non per ricominciare un percorso lungo, ma per affrontare con lucidità questa nuova fase, in cui stai imparando a convivere con il passato in spazi condivisi.

Hai fatto tanta strada, e il fatto che tu stia gestendo la cosa con questa consapevolezza lo dimostra. Adesso il passo successivo è non lasciare che la paura ti tolga spazio nei luoghi che ti appartengono.
Vuoi che ti aiuti a pensare a qualche strategia pratica per gestire un eventuale contatto professionale con lei, senza sentirti in difficoltà?
Dott.ssa Giusi Mosca
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Napoli
Ci sarebbe innanzitutto da capire lei stesso cosa vuole
Dott.ssa Elisa Fedriga
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Iseo
Buonasera,
Come mai pensa che evitarla sia la soluzione? Non potrebbe esserci una soluzione alternativa all’evitamento?
Dott.ssa Francesca Murgia
Psicoterapeuta, Psicologo, Neuropsicologo
Padova
Ecco una risposta pubblica adatta per **MioDottore**, dal tono professionale, equilibrato e rassicurante:

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Buongiorno,
comprendo il disagio che descrive: trovarsi nuovamente a contatto con una persona che ha rappresentato un legame emotivo intenso può riattivare sensazioni di ansia, imbarazzo e vulnerabilità, anche dopo un percorso di crescita personale importante. È naturale che la situazione la metta in difficoltà, soprattutto se non c’è più comunicazione diretta.

In questi casi, più che evitare rigidamente ogni contatto, può essere utile **lavorare sull’accettazione della presenza dell’altro**, mantenendo confini chiari e un atteggiamento neutro e rispettoso. Se dovesse trovarsi a collaborare con questa persona, può limitarsi a un’interazione strettamente professionale e cortese, senza entrare in dinamiche personali.

Un supporto psicologico mirato potrebbe aiutarla a consolidare le strategie di gestione emotiva già acquisite, così da affrontare con maggiore serenità eventuali contatti futuri.

Dott.ssa Francesca Murgia, Psicologa Psicoterapeuta
Dott.ssa Emanuela Solli
Psicologo clinico, Psicologo, Psicoterapeuta
Frosinone
Ritrovarti in un contesto condiviso con una persona che ha rappresentato un legame forte e complesso può far riemergere sensazioni che credevi superate. La tua reazione – ansia, disagio, vergogna – è del tutto comprensibile, e non annulla affatto il percorso che hai fatto. Anzi, dimostra che stai osservando con lucidità ciò che ti accade.

Il suo comportamento, per quanto distante, non è qualcosa su cui hai controllo. Ma la tua risposta sì. Evitare del tutto può sembrare la strada più semplice, ma a lungo andare rischia di toglierti spazi, opportunità, libertà. Se un giorno ti venisse chiesto di collaborare con lei, potresti gestirlo con una comunicazione essenziale e neutra, limitata agli aspetti pratici, senza oltrepassare confini personali.

Non si tratta di forzare un riavvicinamento, ma di proteggerti senza rinunciare a ciò che ti sei costruito. Se quella parte di te che ha lavorato tanto vuole essere vista, inizia a riconoscerla tu, senza aspettare conferme esterne. E se dovesse servire un supporto per affrontare situazioni future simili, puoi continuare a lavorarci con chi già ti conosce e ti ha accompagnato. oppure con chi vorrai tu. Hai già dimostrato di saper affrontare anche ciò che fa male. Ora puoi farlo da una posizione più stabile.
Dott. Pierluigi Campesan
Psicologo, Psicologo clinico
Verona
Buongiorno, rispetto a ciò che sta chiedendo credo che lei debba riuscire a dividere i due campi: quello personale e quello professionale, questo l'aiuterebbe ad avere un rapporto proficuo per entrambi, lei e la sua amica, e inoltre ristabilirebbe e ricomporrebbe ad un livello civile il rapporto. Inoltre, faccia lei il primo passo, le comporterà sicuramente un beneficio psicologico a livello dell'autostima, oltre a fare in modo di fare vedere che sa gestire i vari livelli delle relazioni.
Cordiali saluti.
Dott.ssa Rosella M.B. Mastropietro
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Torino
Sono tante le emozioni e le domande esplicite e sottintese. Se volessi intraprendere un percorso online o anche solo una consulenza io sono disponibile.
Dott.ssa Rosella Mastropietro
Dott.ssa Cinzia Pirrotta
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Bruino
Buongiorno,
dalle sue parole emerge un importante lavoro di consapevolezza e responsabilità: ha attraversato una fase difficile, ma ha saputo elaborarla e costruire un nuovo equilibrio personale e accademico.
È comprensibile che il riemergere di una figura legata a quel periodo riattivi ansia e imbarazzo; tuttavia, la sua capacità di fermarsi, riflettere e scegliere comportamenti rispettosi mostra che il cambiamento c’è stato.
In futuro, se dovesse trovarsi a dover interagire con questa persona per motivi universitari, potrà provare a mantenere un contatto minimo e neutro — solo quanto necessario al compito — ricordando che la priorità è tutelare la propria serenità.
Se dovesse percepire che la situazione riaccende in modo doloroso emozioni del passato, parlarne nuovamente in un contesto terapeutico potrebbe aiutarla a consolidare ulteriormente le risorse che ha già costruito.
Un caro saluto!
Dott.ssa Cinzia Pirrotta
Dott.ssa Valeria Randisi
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Casalecchio di Reno
Buongiorno, l'evitamento è una difesa ed è quindi segno che c'è da lavorare su ciò che questa ragazza le provoca. Non è colpa della ragazza e neanche la sua, ma emozioni come imbarazzo, vergogna e rifiuto, sono generalmente collegati a vissuti passati, magari allo stile di attaccamento. Provi a parlarne con chi la segue.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Dott. Diego Ferrara
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Quarto
Salve,

potrebbe risolvere la situazione parlando direttamente con questa persona facendole capire che ad oggi, il vostro rapportarvi, dovrebbe esser funzionale al progetto e al lavoro che fate insieme e per tanto chiederle di rivolgerle la parola. Sarebbe utile al fine di potersi scambiare informazioni, comportandosi cosi da colleghi. Questa definizione della relazione metterebbe a riparo entrambi da possibili problematiche future.

Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
Dott.ssa Jessica Guidi
Psicologo, Psicoterapeuta, Analista clinico
Lucca

Caro Utente,

le tue parole arrivano come un respiro trattenuto troppo a lungo. Ci si sente quasi il battito sospeso tra il desiderio di rispetto e il bisogno profondo di essere riconosciuti per ciò che si è diventati, non per ciò che si è stati.

Hai attraversato un cammino importante — un percorso di terapia, di studi, di crescita — e il fatto che tu lo racconti con questa consapevolezza è già il segno di una trasformazione interiore che c’è stata, anche se a volte il passato ti appare ancora come un’ombra che ti cammina accanto.

Nell’ottica interpersonale, quello che accade oggi con questa collega non è solo “una situazione scomoda”, ma una scena che riattiva emozioni antiche: paura, vergogna, il timore di essere giudicata o fraintesa.
Lei, con il suo silenzio, non parla solo di sé — risveglia una parte di te che ancora si chiede se ha il diritto di stare lì, se la sua presenza è “troppo”, se il suo valore dipende ancora dallo sguardo dell’altro.

Ma tu non sei più dentro quella dipendenza.
Adesso sei nella fase in cui puoi scegliere come stare, non solo se stare o meno.

E qui c’è la chiave: non puoi controllare il comportamento dell’altra persona, ma puoi modulare il tuo.
Puoi decidere di mantenere una distanza funzionale, non difensiva — uno spazio che non sia fuga, ma rispetto.
Non “evitare per paura”, ma “scegliere dove stare” per proteggere la tua serenità.
se un giorno dovesse capitare un contatto inevitabile — uno scambio, un incontro, una parola — puoi semplicemente stare nel gesto, breve, educato, senza aggiungere peso o significato.
Un saluto, un cenno, anche solo un “ciao” che non pretende risposta.
Quel “ciao”, se lo sentirai pronto, non sarà per lei, ma per te: un atto di libertà, di restituzione.
quello che cerchi non è più la riconciliazione con lei, ma la pace con quella parte di te che si sente ancora piccola accanto a lei.
E questa pace si costruisce lentamente, ogni volta che scegli di non fuggire, ma di restare in te stessa, con dignità e leggerezza.
saluti
GJ
Dott.ssa Beatrice Merolla
Psicoterapeuta, Psicologo clinico, Psicologo
Milano
Buongiorno, i sentimenti che riporta sono perfettamente comprensibili e in linea con l'esperienza che ha vissuto. Ritrovarsi improvvisamente a contatto con una persona che ha rappresentato un punto delicato nella propria storia emotiva può essere destabilizzante. È naturale provare emozioni come ansia, vergogna, imbarazzo: il corpo e la mente reagiscono a un ricordo relazionale che un tempo è stato molto attivante. Allo stesso tempo, l’evitamento rigido, come il non entrare in alcuni spazi, cambiare routine o temere future interazioni, può mantenere attiva la sensazione di allarme e sfiducia nelle proprie capacità di stare nella situazione. Potrebbe essere utile, con l’aiuto della sua terapeuta, costruire gradualmente strategie per tollerare la presenza di questa persona senza che ciò le sottragga energie o libertà di movimento. Ha già fatto passi molto importanti; ciò che sta affrontando ora è una fase ulteriore del suo percorso di autonomia emotiva e sicurezza interna. Le auguro di trovare la sua dimensione e di sentirsi via via più sicuro. Un saluto, BM
Dott. Salvatore Augello
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Palermo
Salve, come mai per lei è cosi importante evitare questa situazione? Rifletterei sul suo bisogno di evitamento e mi concentrerei sul suo vissuto per cercare di comprendere cosa la spinga a non affrontare la possibilità di interagire con questa persona.
Cordiali saluti
Buonasera,
quella che descrive è una situazione delicata, che può generare paura, ansia e imbarazzo, soprattutto quando ci si trova di fronte a persone legate a esperienze emotive passate. Il fatto che abbia lavorato su se stesso con la sua psicoterapeuta è molto importante, poiché questo percorso le ha probabilmente fornito strumenti utili per gestire le emozioni difficili.
In questi casi può essere utile accogliere le proprie emozioni, riconoscendo paura, ansia o disagio senza giudicarle, e allo stesso tempo stabilire confini chiari, decidendo come interagire in modo rispettoso ma senza sentirsi obbligato a creare un legame emotivo.
Se questo momento dovesse metterla particolarmente alla prova, non escluderei di tornare in psicoterapia per affrontare al meglio ciò che sente.
Dott. Andrea Marinelli
Psicoterapeuta, Psicologo
Bologna
Gentile utente, grazie per la sua condivisione. Nel suo racconto parla di un periodo precedente della sua vita, in cui percepiva i suoi pensieri come eccessivamente orientati verso questa sua amica e di come, assieme ad una collega psicoterapeuta, siate riusciti a raggiungere dei traguardi significativi. Con la sua amica avete evitato tacitamente i contatti e questo ha funzionato per anni ; tuttavia, nel nuovo contesto che condividete attualmente, questa strategia non è più possibile. Per rispondere al suo quesito: dirle “come fare” in questa situazione significherebbe agire al suo posto e non sarebbe corretto, oltretutto i temi che porta sono importanti e meriterebbero un adeguato spazio per essere indagati . In particolare, le suggerisco di approfondire lo stato di agitazione e imbarazzo che prova all’idea di non saper gestire questa nuova situazione, che si accompagna al desiderio di poter scambiare quantomeno un saluto “per educazione”. La invito a prendersi cura di sé e valutare di rivolgersi nuovamente ad un collega psicoterapeuta per approfondire i suoi sentimenti, con la possibilità di ritrovare la serenità quanto prima. Le faccio i migliori auguri, dottor Andrea Marinelli
Dott.ssa Alessia Supino
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Formia
Buonasera gentile utente,
Non vada in ansia di anticipazione.
Vedrà che la maggior parte delle cose a cui pensa in realtà nn si realizzano.
Un saluti affettuoso

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