Ciao a tutti, mi assalgono dei dubbi già da un po’ sulla questione del copiare il tono di voce delle

16 risposte
Ciao a tutti, mi assalgono dei dubbi già da un po’ sulla questione del copiare il tono di voce delle altre persone, non so da quando ho iniziato questa cosa, se c’è sempre stata, io non ci ho fatto mai caso però da poco un po’ me ne sto accorgendo, non so se sia normale. Prima di arrivare al punto, ricordo da piccola io sentivo di avere nessuno in famiglia, mi sentivo sempre sola e piangevo spesso, mi preoccupavo molto per gli altri, non avevo fratelli/sorelle ma sono cresciuta con mio cugino vicino di casa e avevamo la stessa età, ricordo che lui diceva spesso le bugie è capitata che le dicevo anche io, dicevo spesso che ero malata ma non era vero, specialmente a scuola con gli amici. Non volevo che lui parlasse con gli altri familiari, volevo che stesse anche con me(questo ancora ora) ma il rapporto si è spezzato e questa cosa mi ha sempre fatto soffrire diciamo, mi mancava stare con lui, una vita senza di lui mi faceva strano. Ma arrivando il fulcro, diciamo che mia zia ci educava, a me è le cuginette quando c’era, era tipo il modello, e poi è iniziato specialmente all’università, che cercavo sempre rassicurazione, per me i suoi consigli erano il giusto, ogni cosa che diceva era sempre il migliore, ma poi quando io cercavo un suo conforto sempre nelle dinamiche familiari sono stata criticata da lei e questo mi ha fatto stare male finendo che non parlavo più con lei, e le cose me le tenevo per me. Quando lei non c’è copio il suo modo di parlare, come se il suo modo fosse sicuro e responsabile, è capitato che in famiglia mi scambiassero con il nome suo per poi correggersi, all’inizio non ci facevo caso ma adesso che ci sto facendo caso diciamo che lo faccio ancora ma mi sto un po’ trattenendo perché ho paura. Mi è successo anche di copiare il tono di scherzare di una mia amica, in quel caso non ero cosciente. Quindi dipende. Ho visto del disturbo borderline, sto andando dalla psicologa ma ancora non mi ha fatto nessuna diagnosi, non so questo a cosa è dovuto, so che non posso farmi autodiagnosi. Ma voglio capire chi sono, non sto riuscendo a capire perché mi comporto così, ovviamente ci sarebbe altro ancora da raccontare, ma ho parlato di queste due persone, perché c’entrano un po’ di più credo con quello che sta succedendo, ho paura delle mie emozioni, non so che emozioni dovrei provare agli altri anche, sembra come se io non dovessi provare le mie emozioni negative perche faccio del male agli altri. Poi non so oltre alla voce se c’è stato qualcos’altro, non ricordo, ma questo mi ha lasciato un po’ sorpresa e mi spaventa perché adesso ripeto lo sto notando, non so se sia un bene o un male. Quando lei c’è non riesco a comportarmi come mia zia, anzi sono tranquilla, mentre appunto quando non c’è e sto con la maggior parte dei parenti sono responsabile, sono momenti (non l’ho specificato prima), per esempio quando sono solo con mamma e papà questo non succede, ma già da quando c’è tipo il nonno e la nonna si( lei è la sorella di mamma, famiglia materna) quindi appunto per questo si confondono con i nomi
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL

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Gentilissima,
come ha detto lei stessa, è difficile trovare una definizione precisa a quello che le sta succedendo senza un lavoro psicologico (bene che sta iniziando!). Credo sarebbe interessante per lei, che sembra molto attenta alle relazioni nel suo ambiente familiare, approfondire con la sua psicologa il significato di questo comportameno di cui si è accorta, senza che ci sia necessità di giudicarlo. Se c'è, cercate di capire da dove viene e cosa le serve. Potrebbe, ad esempio, essere un modo di "portare con lei" alcuni aspetti che ha sentito nutrienti di quelle persone (cugino, zia) per lei significative, che ora non riesce più a frequentare?
un saluto,
Salve, sia contenta di se stessa dato che ha iniziato un percorso di psicoterapia. Vedrà che riuscirà a ricostruire la sua storia familiare e che a poco a poco starà meglio. Un saluto
Gentile utente, certamente attraverso la psicoterapia potrà trovare tante risposte. Già il fatto di porsi tanti interrogativi e un inizio signidicativo. Cordialmente, Giada di veroli
Buongiorno utente, spero che la psicologa possa aiutarla ad affrontare i tanti aspetti e dettagli di cui ci ha parlato. Si dia tempo, i percorsi così profondi possono richiedere un tempo maggiore. Un caro saluto. Dott.ssa Alessandra Domigno
Gentile utente, grazie per aver condiviso le sue riflessioni e le sue esperienze. Comprendo le sue preoccupazioni riguardo al cambiamento del tono di voce e all'identificazione con figure significative nella sua vita. Questi comportamenti possono essere interpretati come tentativi di trovare sicurezza e riconoscimento attraverso l'emulazione di persone che lei percepisce come figure di riferimento stabili. Il mio consiglio è di continuare il lavoro con la sua psicologa, portando alla luce queste riflessioni. È fondamentale discutere apertamente di queste dinamiche, in modo che possano essere valutate adeguatamente e lavorare su un percorso di maggiore auto-accettazione e autenticità. Ricordi che il percorso verso la comprensione di sé è graduale e richiede tempo.
Un caro saluto, dott. Fabio di Guglielmo
Buonasera, io credo che lei debba parlare con la sua terapeuta di queste emozioni e di questi suoi dubbi/ pensieri, che fanno parte integrante del percorso psicoterapeutico che sta seguendo e che deve continuare provando ad affidarsi, più di quanto finora ha fatto. Saluti
Tutti questi interrogativi meritano risposte, approfondisca con la sua terapeuta, certo per lei non deve essere facile essere cresciuta in quel contesto ma è possibile venirne a capo con le giuste attenzioni
Gentile utente, la ringrazio per aver condiviso la sua esperienza. Leggo che ha appena iniziato un percorso con una terapeuta, per cui ha già mosso un primo passo per approfondire la conoscenza di sè. Pian piano inizierà a conoscersi meglio e a comprendere determinati suoi comportamenti, atteggiamenti, funzionamenti, modalità e meccanismi e questo processo di conoscenza la porterà a sentirsi sempre più a suo agio con sè stessa e capire chi è e chi vuole diventare.
Buon cammino.
Dott.ssa Daiana Distante
Gentilissima, fortunatamente ha intrapreso un percorso di psicoterapia, che l ' aiuterà a trovare un senso a questa sua identificazione con alcune figure significative della sua rete familiare. Con il cugino e la zia ha sicuramente intrecciato un legame di cui si è nutrita e che adesso si è modificato per diverse ragioni: capirà tutto man mano andrà avanti il lavoro sulle profondità della sua psiche.
Un caro saluto, dott.ssa Giuseppina Cavallo
Buongiorno,
lei qui porta temi importanti che solo all' interno di un percorso di psicoterapia potrebbero essere sviscerati. Dice di essersi rivolta già ad una psicologa.
Continui pure la strada intrapresa, vedrà che riuscirà ad accrescere le sue consapevolezze e a riconoscersi.
Alla fine del percorso riuscirà sicuramente a star meglio.
Cordiali saluti
Dott. Diego Ferrara
Buongiorno, grazie della condivisione. E' importante parli apertamente con la sua psicologa le racconti queste sensazioni, emozioni, sentimenti e pensieri. Se la preoccupa la diagnosi le chieda anche a lei cosa ne pensa, certamente il percorso inizia da un incontro aperto nella fiducia.
Buongiorno, se ha iniziato un percorso è probabile che inizi a notare aspetti di sé e della sua storia che prima non vedeva. Abbia pazienza e rivolga le domande a chi la segue, per evitare di inficiare il suo processo di cura.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Gentile utente, la scelta di iniziare un percorso terapeutico vedrà che le darà modo di ricostruire la sua storia e trovare la sua serenità, si dia tempo. Un caro saluto. Dott.ssa Ramona Borla
Buongiorno e grazie per la sua condivisione. C'è tantissimo materiale su cui il lavoro clinico, con il tempo, può portare al miglioramento. Diventare consapevoli delle proprie dinamiche interne, i propri vissuti e sensazioni è molto importante e potrà aiutarla a gestire i suoi stati interni.
Ha già iniziato un percorso terapeutico, si dia tempo per elaborare i suoi vissuti con l'aiuto del suo terapeuta, ha fatto il primo passo e il più importante!
La saluto cordialmente
Dott.ssa Deborah De Rito
Ciò che scrivi da un quadro ampio della tua situazione e comunica anche emozionalmente. Parla di una infanzia solitaria, di una scarsa possibilità di appoggiare sugli altri (non certo per colpa tua) il tuo ricco mondo interiore; parla delle 2 figure importanti (nel bene e nel male); ma parla anche del bisogno poco soddisfatto (che tutti abbiamo) di sentirsi visti, apprezzati, riconosciuti, amati in modo incondizionato e stabile. Parlare con la voce dell'altro nei bambini è normale e frequente. E' un modo per sentire l'altro vicino, far parte di una relazione. Da grandi probabilmente ancora così; specie se il proprio mondo interiore non è ancora così facilmente apribile con figure (nuove) affettivamente importanti. Oltre al lavoro psicoterapeutico, certamente utile, proverei a rischiare un po' di più nelle relazioni della vita. Sicuramente hai molto da offrire.
Dr.Alessandro Bianchi
Istituto di Psicologia Funzionale di Firenze

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