Buongiorno a tutti, ho una domanda riguardo psicologia e psicoterapia. Mi chiedo spesso quali siano

24 risposte
Buongiorno a tutti, ho una domanda riguardo psicologia e psicoterapia. Mi chiedo spesso quali siano i limiti, se esistono, della psicoterapia. Esistono casi in cui, nonostante il percorso fatto, non si riesca comunque a mantenere razionalità di fronte ad alcune emozioni intense?
Mi domando anche: essendo lo psicologo un essere umano, può capitare che porti con sé alcuni bias cognitivi nel lavoro con i pazienti, anche in modo inconsapevole? Come si protegge lo psicologo da questi rischi? E in che modo il paziente può contribuire?
Grazie millAM
Dott. Michele Basigli
Psicologo, Psicologo clinico
Perugia
Buongiorno! La tua domanda tocca diversi aspetti importanti della psicoterapia e del lavoro del psicologo. Vediamo di affrontarli uno per uno.
È vero che la psicoterapia ha i suoi limiti. Non sempre è in grado di risolvere tutti i problemi, specialmente in presenza di condizioni complesse o gravi, come disturbi psicotici, traumi profondi o problematiche radicate nella storia di vita della persona. Anche dopo un lungo percorso, alcune emozioni intense possono persistere. Questo può accadere per vari motivi:
Resistenza al cambiamento: a volte, le persone possono non essere pronte a cambiare o affrontare determinati aspetti del loro vissuto.
Contesto esterno: le influenze ambientali, sociali o relazionali possono interferire e rendere difficile mantenere una stabilità emotiva.
Maturazione emotiva: la gestione delle emozioni intense spesso richiede tempo e un processo di maturazione che non si conclude necessariamente con la fine della terapia.
Bias Cognitivi dello Psicologo: anche gli psicologi, essendo esseri umani, possono portare con sé bias cognitivi nel lavoro con i pazienti. Questi possono influenzare la loro percezione, valutazione e le interazioni con i pazienti. È importante che gli psicologi siano consapevoli di questi bias e lavorino attivamente per mitigarli attraverso:
Supervisione e formazione continua: il confronto con colleghi e la partecipazione a corsi di aggiornamento possono aiutare a riconoscere e gestire i propri bias.
Auto-riflessione**: la consapevolezza delle proprie esperienze e emozioni aiuta a distinguere tra il vissuto personale e quello del paziente.
3. **Utilizzo di strumenti e tecniche basate su evidenze**: seguire protocolli e linee guida può ridurre l’impatto di bias personali nel processo terapeutico.
Ruolo del Paziente: il paziente può contribuire attivamente al processo terapeutico in diversi modi:
Comunicazione aperta: condividere i propri pensieri e sentimenti riguardo alla terapia e alla relazione con il terapeuta può portare a una maggiore consapevolezza reciproca.
Partecipazione attiva: impegnarsi attivamente nelle esercitazioni o nei compiti assegnati dal terapeuta può aiutare a migliorare gli esiti della terapia.
Feedback: fornire feedback su ciò che funziona o meno nella terapia consente al terapeuta di adattare l'approccio e tener conto del proprio stile di lavoro e delle dinamiche relazionali.
In conclusione, la psicoterapia è un processo complesso e, nonostante i suoi limiti, può portare a risultati significativi. È fondamentale per il terapeuta e il paziente lavorare insieme in un contesto di apertura e fiducia per affrontare le sfide che emergono lungo il cammino.
Rimango a completa disposizione. Un caloroso saluto.
Dott. Michele Basigli

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Dott.ssa Paola Grasso
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Gentile utente, buongiorno. I limiti della psicoterapia dipendono da vari fattori, tra i quali la natura del disturbo trattato, la qualità della relazione terapeutica e l’impegno del paziente. In alcuni casi, nonostante il lavoro svolto, può comunque risultare difficoltoso per quest’ultimo gestire emozioni intense, specialmente in situazioni di forte stress. I processi di cambiamento, infatti, richiedono tempo e non sempre sono lineari. Quanto ai bias cognitivi, è possibile che lo psicologo ne abbia in quanto essere umano. Tuttavia, il professionista può fare riferimento alla supervisione e alla formazione continua per imparare a gestire le proprie risonanze. Certamente il terapeuta può anche svolgere un percorso di terapia personale, utile alla sua formazione professionale. Il paziente, dal canto suo, può contribuire mantenendo un dialogo aperto, segnalando eventuali difficoltà o percezioni che emergono durante il percorso terapeutico. Rimango a disposizione, un saluto - dottoressa Paola Grasso
Dott. Alvise Arlotto
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Genova
Buongiorno, una domanda molto articolata ed interessante. Sicuramente uno psicoterapeuta lavora su se stesso per comprendersi ed per essere consapevole. In più nei casi in cui un terapeuta fosse in difficoltà può richiedere una supervisione ad un collega.
Le emozioni arricchiscono la relazione e ci aiutano a comprendere sia la relazione in atto sia il significato.
Sicuramente lo psicologo avrà le sue distorsioni ed il suo vissuto che possono normalizzare ed essere utili all'interno della terapia.
Spero di averti dato degli spunti.

Dott. Alvise Arlotto
Dott.ssa Carla Fortuna Borrelli
Psicologo clinico, Psicologo
Avezzano
Buongiorno, il percorso di psicoterapia è strettamente individuale e personale. Lo psicoterapeuta grazie ai vari studi e vari percorsi di crescita personale sa benissimo come non farsi coinvolgere negli episodi della storia di vita del paziente.
Dott.ssa Veronica Savio
Psicologo, Psicologo clinico
Medolla
Buon pomeriggio, grazie per aver sollevato queste importanti questioni. Le sue domande toccano diversi aspetti della psicoterapia, della sua efficacia e dei limiti che può avere, nonché del ruolo dell'oggettività del terapeuta. Cercherò di rispondere in modo chiaro e articolato.
Limiti della psicoterapia e gestione delle emozioni intense: La psicoterapia può essere molto utile nel lavorare su emozioni intense, ma non sempre è una "soluzione definitiva" o una "cura" totale. Alcune emozioni, come la rabbia, la tristezza profonda o la paura, possono essere radicate in esperienze traumatiche, schemi di pensiero o reazioni istintive che richiedono tempo e lavoro per essere elaborate. Nonostante il percorso terapeutico, può accadere che una persona, di fronte a un evento particolarmente stressante o a un'emozione travolgente, faccia fatica a mantenere una piena razionalità. Questo non significa che la terapia sia inefficace, ma che le emozioni possono essere talmente potenti da "disorientare" anche chi ha lavorato molto sulla consapevolezza emotiva. È un processo che richiede tempo, pazienza e la continua rielaborazione dell'esperienza emotiva, anche fuori dalla seduta.
Bias cognitivi nel lavoro dello psicologo: È vero, lo psicologo è un essere umano, e quindi è inevitabile che possieda dei propri bias cognitivi. Questi bias possono influenzare, in modo consapevole o inconsapevole, il lavoro terapeutico. Tuttavia, la formazione professionale e la supervisione regolare sono strumenti fondamentali per aiutare il terapeuta a riconoscere e gestire i propri pregiudizi, evitando che influenzino negativamente il trattamento del paziente. Inoltre, l'auto-riflessione e l'attenzione alle proprie emozioni durante le sedute sono pratiche che possono aiutare lo psicologo a mantenere una posizione equilibrata e obiettiva.
Protezione dello psicologo dai bias cognitivi: Gli psicologi si proteggono dai bias attraverso un processo continuo di supervisione, formazione, e auto-monitoraggio. Le supervisioni con colleghi più esperti permettono di confrontarsi sui casi e di esplorare eventuali difficoltà nell'interazione con il paziente, comprese eventuali proiezioni o distorsioni personali. Inoltre, la consapevolezza di sé e l'adozione di pratiche di mindfulness possono essere utili per non lasciare che i propri pregiudizi influenzino il lavoro terapeutico. Un altro strumento utile è la continua educazione alla diversità e l'approfondimento di teorie psicologiche che promuovano un approccio il più possibile inclusivo e non giudicante.
Ruolo del paziente nel processo terapeutico: Il paziente può sicuramente contribuire al buon esito della terapia, anche nella gestione dei bias dello psicologo. La trasparenza e l’onestà nella comunicazione sono fondamentali: se un paziente avverte che lo psicologo sta assumendo un punto di vista distorto o non sufficientemente empatico, è importante che ne parli. Questo feedback può aiutare lo psicologo a essere più consapevole delle proprie reazioni e a migliorare la relazione terapeutica. Inoltre, un paziente consapevole e impegnato nel proprio processo di cambiamento è in grado di riconoscere quando un intervento terapeutico non è utile o quando un aspetto del lavoro ha bisogno di essere esplorato più a fondo.
In sintesi, la psicoterapia non è infallibile e, come ogni processo umano, ha dei limiti. Tuttavia, con il giusto supporto e un impegno reciproco tra psicologo e paziente, è possibile lavorare in modo profondo ed efficace sulle emozioni intense e sui bias, migliorando il benessere emotivo e la gestione delle difficoltà.
Spero che queste riflessioni possano esserle utili. Se ha altre domande, sono qui per rispondere! Dott.ssa Veronica Savio
Dott.ssa Giusi Vicino
Psicologo, Sessuologo, Psicologo clinico
Gagliano Castelferrato
buongiorno gentile utente. Pone delle domande che per noi psicologi e psicoterapeuti, sono di costante riflessione. Alla firma del consenso informato, uno degli aspetti normalmente evidenziato è la possibilità che la terapia e o sostegno, non producano gli effetti sperati . Questa evenienza, non rigurada necessariamente il professionista come può non riguardare il paziente, ma la mancata strutturazione di una relazione terapeutica efficace ed efficiente o che l'approccio usato non vada bene per il paziente ed allora, di norma, il professionista indica o invia il paziente verso altri presso cui recarsi . La mancata razionalità di cui parla , riguado al percorso fatto , potrebbe rientrare in quanto detto ma dovrei meglio capire cosa intende con mantener razionalità. Si il professionista è anch'egli una persona con le sue ferite, che hanno cura di elaborare prima di inizire la professione, durante la professione ed ogni volta che risuona in lui un rimando del paziente , attraverso la supervisione. Portare dei bias ,quandi dei preconcetti o delle ideologie, in terapia è incompatibile con la professione proprio perchè operiamo sospendendo qualsiasi giudizio per evitare di vizziare il rapporto. come si protegge? come descritto prima e comunque per correttezza etica, morale e deontologica se ci si accorge che la terapia può essere viziata, si dovrebbe fare un passo indietro chiedere supervisione. in che senso come può contribure il paziente? se ne ha voglia risponda alle mie domande e sarò felice di rispondere.
grazie dottoressa Giuisi Vicino
Dott.ssa Mariagrazia Facincani
Psicologo, Psicologo clinico, Professional counselor
San Giovanni Lupatoto
Buonasera.
Le emozioni fanno parte della nostra vita e non possono essere controllate ma vanno riconosciute e gestite attraverso tecniche specifiche che dipendono dall'approccio dello psicologo o dello psicoterapeuta. Nell'approccio strategico di cui mi occupo, ci sono delle manovre principe per il trattamento dell'ansia e anche per tutte le altre emozioni come ad esempio il dolore, la rabbia e anche il piacere. In realtà non esistono emozioni positive e negative perché tutte le emozioni sono sia positive che negative come ad esempio nel caso del piacere che se non saputo gestire in modo adeguato diventa un piacere estremo che può portare a disturbi più importanti.
Per quel che riguarda i ruoli non riesco ben a comprendere la domanda che ha posto sopra ossia "In che modo il paziente può contribuire?". Cosa intende per "Contribuire"?
Quando una persona va da un professionista i ruoli devono essere chiari: il paziente si affida al professionista che, in base alla sua esperienza, aiuta la persona a identificare le difficoltà in quel momento preciso della sua vita e cosa blocca un eventuale raggiungimento di un obiettivo.

La saluto cordialmente

Dott.ssa Mariagrazia Facincani
Dott.ssa Irene Sibella
Psicoterapeuta, Psicologo clinico, Psicologo
Ghezzano
Buonasera. La psicoterapia genera cambiamento, i limiti di questo cambiamento dipendono dalla persona, dal percorso stesso e dall'incontro fra due alterità (terapeuta-paziente); l'importante è non pensare ai limiti come ad un fallimento, semplicemente la psicoterapia ha fatto il suo corso. E' normale che lo psicoterapeuta risuoni rispetto a tematiche o a pazienti specifici, come dice anche lei; il terapeuta a sua volta avrà il suo spazio per prendersi cura delle sensazioni e decidere per interventi terapeutici per il paziente a partire dal paziente stesso e non da quello che il terapeuta avverte. Spero di essere stata chiara. Un caro saluto.
Dott.ssa Alessia D'Angelo
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Milano
Gentile utente, la sua domanda è sicuramente molto interessante e ricca di spunti di riflessione. Gli esiti di una terapia sono variabili dipendono dall'individuo, da quanto spazio di lavoro è possibili, dalla profondità del malessere. Sicuramente i miglioramenti sono presenti e il soggetto può imparare a comprendersi, riconoscere le proprie emozioni, imparare a regolarle e autoregolarsi. Per quanto invece concerne le domande sul terapeuta, ogni terapeuta cerca di autodisciplinarsi al meglio possibile. Come dice giustamente lei anche il terapeuta è un essere umano, ma è anche adeguatemnte formato per cercare di ridurre al minimo possibile ogni influenza personale. Non è un caso se spesso i professionisti si appoggiano ad altro colleghi esperti per intervisioni, supervisioni e terapia persona. La disciplina professionale ed interiore è parte fondante della clinica per il professionista. Spero di esserle stata utile Cordiali Saluti Dott.ssa Alessia D'Angelo
Dr. Raffaello Pinelli
Psicologo, Psicologo clinico
Reggello
Buongiorno, grazie per aver condiviso una domanda così interessante e profonda. Questi dubbi toccano aspetti fondamentali del lavoro psicologico e della relazione terapeutica, e meritano una riflessione articolata.

I limiti della psicoterapia:

La psicoterapia non elimina le emozioni intense, che sono parte integrante della nostra natura umana. Tuttavia, il suo scopo principale è aiutare il paziente a riconoscere, accettare e gestire queste emozioni in modo più consapevole e funzionale.
Esistono casi in cui alcune difficoltà possono persistere nonostante un percorso terapeutico. Questo può dipendere da molteplici fattori, come la complessità della problematica, il tempo necessario per lavorare su di essa, o resistenze interne del paziente. Tuttavia, anche in questi casi, la psicoterapia può fornire strumenti utili per convivere con queste difficoltà in modo più sereno.
Bias cognitivi dello psicologo:

È vero, lo psicologo è un essere umano e, come tutti, non è immune dai bias cognitivi. Tuttavia, la formazione e la supervisione costante sono strumenti fondamentali che aiutano il terapeuta a riconoscere e minimizzare questi bias. Inoltre, un buon terapeuta lavora per mantenere un atteggiamento di curiosità, apertura e non giudizio, elementi chiave per costruire una relazione terapeutica autentica e utile.
Il ruolo del paziente:

Anche il paziente può contribuire in modo significativo alla qualità della relazione terapeutica. Essere onesti e aperti nel condividere emozioni, pensieri e difficoltà può aiutare il terapeuta a comprendere meglio la situazione. Inoltre, il paziente può e deve sentirsi libero di comunicare dubbi o perplessità sul processo terapeutico: un dialogo aperto è sempre il miglior strumento per crescere insieme nel percorso.
La psicoterapia è, in fondo, una collaborazione tra due persone: un terapeuta che offre strumenti e un paziente che, con coraggio, decide di mettersi in gioco. È proprio questa collaborazione che rende ogni percorso unico e ricco di possibilità.

Se hai altre domande o desideri approfondire, sono a disposizione per ulteriori chiarimenti. Grazie ancora per questa riflessione!
Dr. Michele Scala
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Padova
Buongiorno,

è comprensibile porsi questi interrogativi, soprattutto quando si intraprende un percorso terapeutico. La psicoterapia ha dei limiti, nel senso che non sempre è possibile raggiungere una piena razionalità o controllo emotivo in tutte le situazioni, soprattutto di fronte a emozioni molto intense. Tuttavia, il lavoro terapeutico aiuta a sviluppare strumenti per affrontare meglio questi momenti.

Per quanto riguarda i bias cognitivi, è vero che anche lo psicologo, essendo umano, può essere influenzato da pregiudizi inconsci. La formazione continua, la supervisione e la consapevolezza sono strumenti fondamentali per ridurre al minimo questi rischi. Il paziente, dal canto suo, può contribuire segnalando qualsiasi difficoltà percepita o discrepanza, creando uno spazio di comunicazione aperto e onesto che aiuti il terapeuta a rimanere il più possibile oggettivo e imparziale.

Un percorso terapeutico di successo si basa sulla collaborazione attiva tra paziente e psicologo.

Cordialmente,
Dott. Michele Scala
Dr. Leopoldo Tacchini
Psicologo, Psicologo clinico
Figline Valdarno
Gentilissima, nessuna realizzazione materiale o culturale creata da noi esseri umani è esente da limiti, errori, difetti o inefficienze. Ma, nel caso in esame, l'intervento psicologico e psicoterapico da ormai oltre cento anni si perfeziona e rinnova incessantemente in tutti i Paesi. Anche dall'inizio del nuovo secolo c'è stata una fioritura di innumerevoli nuove tecniche, che comportano anche lo scambio tra cultura occidentale e orientale. A mio avviso, quindi, i limiti non sono un problema. L'intervento degli psicologi non può e non deve eliminare le difficoltà della vita o i limiti personali. Piuttosto fornisce una serie di strumenti utili a farvi fronte in maniera più funzionale. Nessun essere umano è freddo e asettico, ma ciò non è assolutamente necessario. L'idea degli psicologi come "guru" e maestri di vita è ormai tramontata. Gli obiettivi oggi sono più limitati: come posso, di fronte ad un disagio interpersonale, oppure davanti ad una condizione di ansia o depressione, farvi fronte in maniera più efficace? Non si tratta quindi di mantenere razionalità di fronte ad emozioni intense, si tratta di viverle senza lasciarsi travolgere. In questo senso le tecniche di disidentificazione, o, secondo una terapia moderna, di defusione e di mindfulness possono essere utili. Non è assolutamente necessario che il professionista sia perfettamente equilibrato. Ci sono clinici di chiara fama che hanno confessato e dichiarato pubblicamente di aver sofferto di squilibri come iperattività o depressione. Un esempio eclatante è la professoressa Marsha Linehan, fondatrice di una nuova terapia particolarmente adatta per pazienti a rischio di suicidio o con profonda instabilità emotiva e comportamentale, cosiddetti borderline, che ha pubblicamente raccontato, nel suo libro "una vita degna di essere vissuta" di aver sofferto da adolescente di un grave disturbo psichiatrico e di essere stata ricoverata. Questo non ha minimamente compromesso le sue straordinarie capacità, anzi è stato un arricchimento. Un cordiale saluto. Dr. Tacchini
Dott. Luca Vocino
Psicologo clinico, Psicologo
Trezzano Rosa
Buongiorno gentile Utente, le sue domande sono molto interessanti e affrontano temi centrali nel mondo della psicologia e della psicoterapia. Partendo dai limiti della psicoterapia, è importante sottolineare che non esistono risultati garantiti, poiché ogni percorso dipende da molti fattori: la motivazione del paziente, la qualità dell’alleanza terapeutica, il tipo di approccio utilizzato e la natura del problema affrontato. È possibile che, nonostante un percorso ben strutturato, una persona si trovi ancora in difficoltà nel gestire emozioni intense. Questo non significa che la psicoterapia non abbia funzionato, ma che potrebbe esserci bisogno di più tempo, di un diverso approccio o, in certi casi, che le emozioni forti facciano parte del normale funzionamento umano, con cui imparare a convivere senza necessariamente eliminarle.
Per quanto riguarda i bias cognitivi dello psicologo, è vero che essendo un essere umano può portare inconsapevolmente alcuni pregiudizi o schemi mentali. Tuttavia, uno degli obiettivi della formazione continua e della supervisione clinica è proprio quello di ridurre l’impatto di questi bias. Lo psicologo lavora costantemente su di sé, attraverso riflessione personale, formazione e confronto con colleghi o supervisori, per garantire un intervento il più possibile neutrale e professionale. L’autoconsapevolezza e l’impegno etico sono fondamentali in questo senso.
Anche il paziente può contribuire, e questo aspetto è spesso sottovalutato. Il paziente ha un ruolo attivo nel percorso terapeutico, non solo portando i suoi vissuti, ma anche segnalando eventuali difficoltà nell’interazione con il terapeuta. Una comunicazione sincera e aperta aiuta lo psicologo a cogliere dinamiche che potrebbero essere sfuggite e a correggere eventuali incomprensioni o errori. La relazione terapeutica è un processo collaborativo: il feedback del paziente è essenziale per migliorare il percorso e renderlo davvero efficace. Spero di aver risposto alle sue curiosità.
Dott. Luca Vocino
Dott.ssa Martina Giordano
Psicologo, Psicologo clinico
Salerno
Buongiorno. Queste da lei riportate, sono riflessioni molto profonde, e affrontano aspetti importanti del lavoro terapeutico. Proverò a rispondere in modo chiaro.
La psicoterapia è un percorso molto potente, ma bisogna ricordare che non esistono "soluzioni rapide" e i cambiamenti spesso richiedono tempo, pazienza e un impegno costante. Ci sono situazioni in cui, nonostante un percorso di psicoterapia, può essere difficile mantenere la razionalità di fronte a emozioni intense, come ansia, rabbia o tristezza. Ciò può accadere perché il lavoro psicoterapeutico, anche se può aiutare a comprendere le emozioni e a cambiare alcuni schemi di pensiero, non "elimina" tutte le difficoltà emotive. Le emozioni intense possono attivare meccanismi profondi e automatici che non sono facilmente modificabili, soprattutto se ci sono traumi passati o schemi comportamentali molto radicati. Inoltre, il nostro sistema emotivo può essere più potente rispetto alla nostra razionalità in determinati momenti, specialmente sotto stress. In psicoterapia si lavora per rendere la persona più consapevole di questi meccanismi, per aiutare a sviluppare una maggiore resilienza, e per esplorare e modificare quei pensieri automatici che alimentano le emozioni disfunzionali. Tuttavia, non sempre il risultato è immediato e definitivo. A volte, il lavoro consiste nel creare spazio per accogliere e gestire le emozioni, piuttosto che cercare di eliminarle completamente. Sì, anche gli psicoterapeuti possono portare con sé bias cognitivi, consapevoli o inconsapevoli. Gli psicoterapeuti, in quanto esseri umani, hanno le loro esperienze personali, pregiudizi e convinzioni che potrebbero interferire con la loro capacità di percepire oggettivamente la situazione del paziente. Tuttavia, sono formati per essere consapevoli di questi possibili bias e per cercare di minimizzarli. Infatti un aspetto fondamentale della formazione è imparare a distinguere tra il proprio punto di vista e quello del paziente. Per proteggersi dai rischi legati ai bias, fanno riferimento a diverse pratiche e precauzioni. Innanzitutto, l'autoconsapevolezza è essenziale: la consapevolezza dei propri pregiudizi, emozioni e valori aiuta il terapeuta a riconoscere se e quando queste influenzano la relazione terapeutica. Inoltre, molti psicoterapeuti partecipano a supervisioni regolari, in cui discutono i casi con colleghi esperti. Inoltre, sono tenuti a seguire delle linee guida professionali che promuovono la competenza e la neutralità nel trattamento. Il paziente ha un ruolo cruciale nel processo terapeutico poiché, una relazione terapeutica sana si basa sulla fiducia reciproca e sulla comunicazione aperta; Infatti se il paziente avverte che il terapeuta non è completamente obiettivo o che ci sono delle influenze esterne nel lavoro, può essere utile parlarne apertamente. Questo permette di chiarire eventuali incomprensioni e favorire una migliore comprensione reciproca. Inoltre, il paziente stesso può lavorare sulla propria consapevolezza emotiva e cognitiva. La collaborazione è fondamentale: più un paziente è attivo nel proprio percorso di crescita e riflessione, più la psicoterapia sarà efficace.
Spero che questa risposta sia stata utile. Se ha altre domande o vuole approfondire qualche punto, sarò felice di rispondere.
Dott.ssa Priscilla Carli
Psicologo, Psicologo clinico
Guidonia Montecelio
Gentile utente, mi colpisce molto la sua domanda. Mi verrebbe da chiederle, innanzitutto, come pensa che si possa mantenere la razionalità di fronte ad emozioni intense? La invito a riflettere sulla natura intrinsecamente contradditoria di questa frase. La psicoterapia non offre gli strumenti per mantenere una razionalità verso le proprie emozioni, piuttosto permette di riconoscerle, scoprirle, accettarle e non reprimerle, acquisendo anche strategie per poterle gestire qualora diventassero davvero molto intense. Inoltre, in merito alla sua domanda sui bias cognitivi, certamente. Noi terapeuti siamo essere umani e, in quanto tali, abbiamo i nostri vissuti, le nostre sofferenze e le nostre emozioni. Può capitare di lavorare con pazienti che smuovono i nostri vissuti più di altri, magari per similarità di avvenimenti o storia familiare o per affinità caratteriali etc.; è proprio per questo infatti, e non solo, che il terapeuta ha bisogno di una terapia personale e di supervisione costante per riuscire a porre dei confini e per lavorare su di sé, qualora si trovasse di fronte a casi che smuovono in lui cose personali. Può capitare, comunque, di non arrivare ai risultati sperati nonostante il percorso di terapia, magari perché non si è ancora trovato il terapeuta giusto o perché non si era ancora pronti al cambiamento. Spero di aver risposto alle sue domande, saluti Dott.ssa Carli Priscilla
Dott.ssa Alice Brichetto
Psicologo clinico, Psicologo
Milano
Gentile utente,
la sua è una domanda complessa e molto interessante. Non riuscire sempre a mantenere la razionalità di fronte a emozioni intense non è necessariamente un fallimento, ma piuttosto un aspetto molto umano. Un percorso di psicoterapia non ha l'obiettivo di rendere una persona indistruttibile o insensibile agli eventi avversi, ma di fornire strumenti utili per affrontare le difficoltà, per imparare a cadere e poi rialzarsi secondo i propri tempi, e per diventare più consapevoli e liberi di essere sé stessi.
Per quanto riguarda il secondo quesito, è vero: lo psicologo, essendo un essere umano, porta in seduta la propria personalità, le proprie qualità e, talvolta, anche i propri limiti. Per evitare che questo influisca negativamente sul percorso terapeutico, è responsabilità del terapeuta mantenere un costante monitoraggio di sé stesso. Questo avviene attraverso strumenti come la supervisione con colleghi e colleghe esperte e la formazione continua, che aiutano a identificare e gestire eventuali bias cognitivi inconsapevoli che potrebbero emergere in terapia.
Il paziente dovrebbe sentirsi libero di confrontarsi apertamente con il proprio terapeuta, esprimendo dubbi o riflessioni, anche rispetto a percezioni di eventuali pregiudizi o bias. Un dialogo sincero su questi temi può rafforzare l'alleanza terapeutica e contribuire positivamente al percorso. Spero di aver chiarito alcuni dubbi!
Un caro saluto,
Dott.ssa Alice Brichetto
Dott.ssa Federica Bertucci
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Gentile utente, grazie per la sua domanda su questo tema tanto delicato quanto interessante. In merito alla sua prima domanda, mi chiedo chi, psicologo o meno, riesca ad essere razionale durante un'intensa emozione. Un'emozione di qualsiasi intensità, specialmente nella stanza di terapia, merita il suo spazio per essere vissuta, sentita, percepita tanto nella mente quanto nel corpo. Successivamente, quando si è "scaricata", può essere motivo di confronto, analisi, indagine, rielaborazione con il professionista. In merito, invece, alla sua seconda domanda: ci sono sicuramente pazienti che con le loro storie di vita, convinzioni, modi di fare posso richiamare alcuni aspetti della vita personale dello psicologo/psicoterapeuta, positivi e negativi. Sta nella formazione e nella professionalità di quest'ultimo riconoscere quanto prima possibile questi aspetti, che in gergo tecnico vengono chiamati "controtransfert", per poterli indagare, analizzare ed elaborare con un collega in quella che viene chiamata "supervisione". Il controtransfert è uno strumento potentissimo che se usato con sensibilità, sia nei propri confronti che in quelli del paziente, e saggezza può dare delle notevoli svolte alle sedute. In questo processo, il paziente non ha alcuna responsabilità, se non di essere autentico e sincero in ciò che porta in seduta. Spero di aver risposto ai suoi quesiti! Rimango a sua disposizione! Un caro saluto. Dott.ssa Federica Bertucci
Dott.ssa Sabrina Rinaldi
Psicologo, Psicologo clinico
Monza
Buonasera Miriam, la sua è la domanda delle domande. La psicoterapia è la cura della parola che avviene all'interno di una relazione e come tale in essa si riproducono le modalità di funzionamento proprie della persona in cura, nei suoi vissuti più profondi. Tali modalità vanno certamente ad elicitare emozioni all'interno del terapeuta. Per questo il curante stesso è stato a sua volta paziente, lavorando sui suoi punti ciechi così da poter gestire anche il rapporto col paziente. Il lavoro terapeutico in realtà non si conclude mai, comincia in seduta e continua fuori . Ciò che la terapia produce è un profondo processo di conoscenza di se stessi e di acquisizione di quegli strumenti per poter leggere e affrontare la realtà della propria vita in modo nuovo.
Dott.ssa Erika Vitale
Psicologo, Psicologo clinico
Gravina di Catania
Salve! La psicoterapia è sicuramente uno strumento fondamentale per apprendere come gestire le proprie emozioni; ciononostante, in quanto esseri umani, è inevitabile vivere dei momenti nei quali si può essere “travolti” dalle emozioni. Le emozioni vanno vissute.. la psicoterapia può essere d’aiuto per conoscersi meglio e per gestire le emozioni in modo più funzionale, ma non può impedire a nessuno di viverle.. ciò è assolutamente fisiologico!
Per quanto riguarda i “rischi” connessi al lavoro dello/a psicologo/a con i pazienti, tenga in considerazione che il professionista prima di approcciarsi a questo lavoro ha, a sua volta, lavorato duramente su di sé (tramite la psicoterapia personale), e continua quotidianamente a farlo tramite una supervisione personale: il professionista ha sempre modo di confrontarsi, anzi è tenuto a farlo.
Il paziente in tal senso, non ha responsabilità: l’unico elemento indispensabile è instaurare una relazione terapeutica basata sulla fiducia e l’onestà. Dunque, qualora iniziasse un percorso di psicoterapia la invito a parlare apertamente con il suo terapeuta di tutto ciò che pensa e dei suoi dubbi.
Spero di esserle stata d’aiuto!
Dott.ssa Laura Messina
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Buongiorno e grazie per le sue domande, che toccano temi fondamentali nel campo della relazione terapeutica.
Per quanto riguarda i limiti della psicoterapia , è vero che, nonostante un percorso ben strutturato, alcune emozioni particolarmente intense o situazioni difficili possono comunque sopraffarci. Questo accade perché il lavoro terapeutico non elimina le emozioni, ma aiuta a riconoscerle, comprenderle e gestirle in modo più adattivo. Tuttavia, fattori come la durata della terapia, la motivazione del paziente, la gravità del problema e la compatibilità con il terapeuta possono influire sui risultati. Non la vedrei come un "fallimento", piuttosto ogni percorso può necessitare di tempi diversi o approcci integrativi.
Quanto ai pregiudizi cognitivi dello psicologo , è importante ricordare che anche il terapeuta, in quanto umano, può avere, come tutti, pregiudizi o distorsioni inconsapevoli. Tuttavia, la formazione continua, la supervisione clinica regolare e la riflessione personale sono strumenti fondamentali per riconoscere e ridurre al minimo l'impatto di questi pregiudizi. La consapevolezza e l'etica professionale aiutano lo psicologo a mantenere un approccio il più possibile neutrale e centrato sul paziente.
Infine, il ruolo del paziente è cruciale: esprimere dubbi, comunicare apertamente ciò che sente e portare attenzione su eventuali momenti di disagio nella relazione terapeutica può essere di grande aiuto. La collaborazione e il dialogo autentico tra paziente e terapeuta sono fondamentali per un percorso efficace.
Se ha ulteriori dubbi o desideri approfondire, la invito a rivolgersi direttamente a un professionista per esplorare questi temi in un contesto personalizzato.
Dott. Giovanni Paolo Mangano
Psicologo, Psicologo clinico
Misterbianco
Gentilissimo,
Lo psicologo, inevitabilmente, porta con sé elementi del proprio vissuto nella relazione con il paziente. è un fenomeno chiamato Contro-transfert.
Il Contro-transfert può essere negativo o positivo, ovvero possono arrivare elementi di benessere, al paziente, come elementi di disagio.
Lo psicologo è tenuto a portare in supervisione il proprio contro-transfert con un paziente, presso un altro psicologo esperto, capace di offrire spunti di riflessione, per far gestire al meglio questo fenomeno.
Paziente e psicologo contribuiscono reciprocamente nella generazione di un transfert, essendo la loro una "relazione" prima di ogni altra cosa.
Saluti.
Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Buongiorno,
le sue domande sono molto profonde e dimostrano un interesse genuino per la psicologia e il processo terapeutico. Cercherò di risponderle in modo chiaro, partendo dalla questione dei limiti della psicoterapia. La psicoterapia, soprattutto ad orientamento cognitivo-comportamentale, è un percorso che mira a fornire strumenti concreti per gestire emozioni, pensieri e comportamenti disfunzionali. Tuttavia, questo non significa che sia possibile raggiungere un controllo assoluto sulle proprie emozioni. Alcune esperienze, soprattutto quelle che toccano parti profonde della nostra storia personale, possono innescare risposte emotive molto intense, e in certi momenti la razionalità potrebbe essere messa in secondo piano. Questo non è un fallimento della terapia, ma una caratteristica normale del funzionamento umano. Ciò che la terapia può fare è aiutare il paziente a riconoscere questi momenti, a dare loro un significato e a sviluppare strategie per non esserne sopraffatti. In altre parole, non si tratta di eliminare le emozioni forti, ma di imparare a navigarle con maggiore consapevolezza e flessibilità. Per quanto riguarda la seconda domanda, è vero che lo psicologo, essendo un essere umano, ha dei propri schemi mentali e potrebbe essere soggetto a bias cognitivi. Tuttavia, la formazione e la pratica continua nel campo della psicoterapia prevedono strumenti specifici per minimizzare questo rischio. Gli psicologi si sottopongono a supervisione, ovvero confronti periodici con colleghi o terapeuti più esperti, per analizzare il proprio lavoro e individuare eventuali distorsioni nel modo di vedere e trattare un caso. Inoltre, la ricerca empirica e l'uso di protocolli basati sull'evidenza aiutano a mantenere un approccio il più possibile oggettivo e orientato al benessere del paziente. Il paziente, dal canto suo, ha un ruolo fondamentale nella relazione terapeutica. Può contribuire segnalando eventuali incongruenze nel percorso o esprimendo dubbi su ciò che emerge in seduta. Il processo terapeutico è un lavoro a quattro mani, e la trasparenza da entrambe le parti è essenziale. Se un paziente ha la percezione che alcuni aspetti della terapia non siano in linea con le sue esigenze, è sempre utile parlarne apertamente con il terapeuta. Questo permette di affinare il percorso e di renderlo più efficace. In sintesi, la psicoterapia non è una garanzia di razionalità assoluta, ma un percorso di apprendimento emotivo. Gli psicologi, pur essendo umani e soggetti a bias, lavorano costantemente per ridurli, e il paziente stesso può contribuire attivamente alla qualità del percorso. È un viaggio che si costruisce insieme, con l’obiettivo di migliorare il benessere e la qualità della vita della persona.
Cari saluti
Dott. Andrea Boggero
Dott.ssa Ilaria Guida
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Buonasera,
trovo le sue domande di grande interesse, proverò a risponderle in maniera quanto più chiara possibile. Innanzitutto, uno Psicologo è un professionista che ha svolto il corso di laurea in psicologia formato da 3 + 2 anni, un anno di tirocinio ed esame di stato; lo psicoterapeuta è un professionista che decide di aggiungere al suo percorso generalmente 4 anni di scuola di psicoterapia, ogni professionista sceglie l'approccio che sente più idoneo (psicanalitica/dinamica/relazionale/cognitivo-comportamentale, queste le principali). Lo psicologo come dice anche lei è una persona, tuttavia, alcune scuole di psicoterapia per evitare bias cognitivi ed un esagerato coinvolgimento emotivo consigliano un percorso di psicoterapia personale/analisi volto al superamento delle proprie aree buie in maniera da poter sostenere il carico emotivo del paziente. Inoltre, le scuole di psicoterapia e non solo danno la possibilità di svolgere supervisioni con professionisti esperti che consigliano al neo psicoterapeuta il miglior modo di comportarsi in alcune situazioni con il paziente.
Dott.ssa Martina Scandola
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Ciao MillAM, grazie per la tua domanda: è molto attenta e riflessiva, e tocca punti fondamentali della psicoterapia.

Prima di tutto, è importante sottolineare che la psicoterapia ha dei limiti naturali, perché anche il miglior percorso non può eliminare completamente le emozioni intense o complesse. Ci sono momenti in cui le emozioni possono travolgerci, anche dopo anni di lavoro su di sé, perché fanno parte della nostra natura umana. L’obiettivo della psicoterapia non è rendere le persone “sempre razionali”, ma aiutarle a riconoscere, comprendere e gestire le proprie emozioni, sviluppando strumenti per affrontarle senza esserne sopraffatti.

Riguardo al ruolo dello psicologo, sì: anche noi siamo esseri umani, e possiamo avere bias cognitivi o filtri emotivi. Per questo ci affidiamo a strumenti come la supervisione clinica, la formazione continua e la riflessione sul nostro lavoro. Questi strumenti servono a rimanere consapevoli dei propri limiti, ridurre l’influenza dei pregiudizi e garantire un ascolto autentico e rispettoso del paziente.

Il paziente, dal canto suo, può contribuire in modo attivo: parlando apertamente dei propri dubbi o sensazioni rispetto al percorso, condividendo ciò che funziona o meno, e facendo domande. Questo crea un dialogo collaborativo in cui il lavoro terapeutico diventa più efficace e trasparente.

In sintesi: la psicoterapia non è una bacchetta magica che elimina emozioni o errori, ma un percorso di consapevolezza, gestione e crescita, sia per il paziente che per lo psicologo. E riconoscere questi limiti è parte del processo stesso, perché aiuta a sviluppare fiducia, autonomia e strumenti concreti per affrontare la vita.

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