Salve, racconto la mia esperienza molto brutta che sto vivendo. Mi scuso se sarà abbastanza lunga ma

20 risposte
Salve, racconto la mia esperienza molto brutta che sto vivendo. Mi scuso se sarà abbastanza lunga ma cerco di essere breve. È iniziato tutto 2 mesi fa quando fumai una canna ho avuto un’attacco di panico e seguire sempre ansia decisi appunto di smettere all’istante però è come se non passasse, pochi giorni dopo è entrando in gioco anche insonnia pensavo a sintomi di astinenza ma a distanza di giorni non risolvevo. Quando dopo passato un mese ho avuto momenti di depersonalizazzione/derealizzazione decisi di fare una visita da un psicoterapeuta che la sua diagnosi del caso fu ansia acuta su base tossica mi prescisse EN-Zolpidem-Citalopram. I primi tempi mi convincevo che sarebbe stato un periodo difficile che passerà ma giorno dopo l’altro sto morendo dalla paura e angoscia e disperazione che questa cosa non si risolva andando a finire a fare ricerche su internet cosa più sbagliata ma volevo avere risposte. che questa cosa mi abbia danneggiato completamente lasciando qualcosa di permanente avendo grandissimo senso di colpa. Vi domando allora consigli sul caso e se c’è possibilità di recuperare? Grazie
Dott. Simone Ciuffi
Psicoterapeuta, Psicologo, Terapeuta
Sambuceto
Salve. A volte alcuni sintomi possono portare alle esperienze cha ha vissuto. Se le hanno prescritto farmaci ha visto uno psicoterapeuta psichiatra. Sta facendo delle sedute di psicoterapia?

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Dott.ssa Sandra Petralli
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Pontedera
Salve,quello che descrive, l’attacco di panico dopo l’uso della sostanza, l’ansia persistente, l’insonnia e le sensazioni di derealizzazione, è una reazione che può verificarsi e non implica necessariamente un danno permanente. Il cervello, in momenti di forte stress o dopo l’assunzione di sostanze, può reagire in modo intenso ma reversibile. Ha fatto bene a sospendere l’uso e a rivolgersi a uno psicologo psicoterapeuta. In aggiunta, un percorso mirato, ad esempio con EMDR per rielaborare l’esperienza traumatica o con la Mindfulness per gestire i pensieri intrusivi, può aiutarla a ritrovare stabilità. Anche la psicoterapia umanistica e l’analisi bioenergetica offrono strumenti efficaci per contenere e trasformare le emozioni. Riguardo ai farmaci, si affidi sempre al medico o allo psichiatra per ogni dubbio. Eviti il più possibile le ricerche online, che tendono ad amplificare l’ansia. Saluti, dott.ssa Sandra Petralli
Dott.ssa Grazia Gabriella Fazzino
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Pontedera
Buonasera gentile, la situazione e i sintomi che lei descrive relativamente all'uso di cannabis rientrano fra gli effetti indesiderati dell'uso di quella sostanza psicotropa. Per molti soggetti questi sintomi sono transitori e si risolvono con la sospensione dell'uso della sostanza, per altri soggetti, soprattutto se c'è una predisposizione o una storia di disturbi d'ansia o di traumi , gli episodi dissociativi possono persistere . E' necessario seguire le indicazioni dello psichiatra che le ha prescritto i farmaci e se esiste una rilevante condizione d'ansia preesistente e /o una storia traumatica sarebbe opportuno avviare un trattamento psicoterapico con terapeuta esperto su questa tematiche in associazione alla terapia farmacologica
Dr. Stefano Golasmici
Psicoterapeuta, Psicologo clinico, Psicologo
Milano
Buongiorno. Sicuramente è possibile tornare a stare meglio più di quanto non descriva ora: potrebbe essere utile un periodo di psicoterapia che la aiuti a capire meglio queste sue angosce e le preoccupazioni che la tormentano. Lasci perdere internet, che non fa altro che aumentare la tensione, e valuti l'idea di una psicoterapia. SG
Dott.ssa Valentina Sciubba
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Può succedere che dopo una prima assunzione di sostanze psicoattive, come una "canna" di cannabis, insorgano problemi di ansia, sensi di colpa e vari sintomi somatici per cui si ricercano neurologi, psichiatri e cure farmacologiche. ma il problema è spesso psicologico per cui dovrebbe consultare una psicologa che individui il meccanismo mentale che ha scatenato il tutto, ovvero il tipo di pensiero, in genere piuttosto inconscio, che sostiene i sintomi, per poi neutralizzarlo con la psicoterapia.
Prof. Mario Meringolo
Psicoterapeuta, Psicologo, Professional counselor
Colleverde
Salve,
non ho difficoltà a immaginare di quanto si stia sentendo sopraffatto da tutto ciò che sta passando, e capisco la sua preoccupazione. Prima di tutto, voglio dirle che non è solo in questa situazione: molte persone affrontano momenti simili, e c'è sicuramente speranza di recuperare.
Quello che sta descrivendo sembra essere una serie di reazioni legate a un episodio di ansia acuta che si è manifestato a seguito del consumo di una sostanza. È abbastanza comune che, dopo un attacco di panico o dopo esperienze simili, l'ansia e la paura diventino una sorta di "ciclo" che alimenta altri sintomi, come l'insonnia, la depersonalizzazione, e la derealizzazione. Questi sintomi, pur essendo molto spaventosi, sono generalmente transitori e non permanenti, anche se è difficile per chi li vive in quel momento vederlo.
L’ansia che prova può essere legata anche a un meccanismo di "paura anticipatoria", dove la sua mente teme che la situazione possa peggiorare, quando in realtà è un processo di recupero che richiede tempo.
La buona notizia è che la maggior parte delle persone che sperimentano una reazione simile riescono a riprendersi completamente. Tuttavia, il recupero richiede pazienza e una cura adeguata. Il fatto che tu stia cercando aiuto tramite uno psicoterapeuta e seguendo il piano terapeutico con i farmaci (come il Citalopram, un antidepressivo che agisce anche sull'ansia) è un passo importante. I farmaci, nel suo caso, possono aiutarla a gestire l’ansia e a ridurre i sintomi legati alla depersonalizzazione e derealizzazione.
Per facilitare il recupero è importante:
Continua con il trattamento sia farmacologico che psicoterapico. I farmaci come il Citalopram richiedono tempo per cominciare a mostrare i loro effetti; quindi, non si scoraggi se non vede un miglioramento immediato.
La derealizzazione e la depersonalizzazione sono sintomi comuni nell’ansia acuta e sono generalmente temporanei. La consapevolezza che questi sintomi sono spesso "spaventosi ma non pericolosi" può esserle d’aiuto a ridurre l’ansia associata a essi.
Così come è importante non isolarsi e concentrarsi solo sui tuoi sintomi, anche se capisco che non sia semplice. Non c’è nulla di sbagliato nel sentirsi fragili in un momento del genere, ma è importante ricordare che il corpo e la mente hanno una grande capacità di recupero, anche se a volte sembra che non ci sia via d'uscita. Il senso di colpa è normale, ma non è giusto che si giudichi per un errore passato. L'importante è come affronti il presente e ti prendi cura di se stesso.

Spero di essere stato esaustivo
un cordiale saluto
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Ciao — grazie per aver raccontato la tua esperienza con tanta chiarezza e coraggio. Quello che descrivi (attacco di panico dopo aver fumato cannabis, ansia persistente, insonnia e poi episodi di depersonalizzazione/derealizzazione) è purtroppo una combinazione che capita: la cannabis può scatenare attacchi di panico o sensazioni dissociative in persone sensibili, e l’ansia e la mancanza di sonno possono mantenere o peggiorare quei sintomi.
Frontiers
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Buone notizie importanti: molte persone che sviluppano depersonalizzazione/derealizzazione dopo un episodio acuto (anche legato a sostanze) migliorano o guariscono con tempo, supporto terapeutico e trattamenti mirati. La psicoterapia (in particolare la CBT mirata a DP/DR e tecniche di mindfulness) insieme — quando indicato — a farmaci può ridurre molto i sintomi e restituire senso di controllo.
PMC
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Qualche indicazione pratica e concreta che puoi cominciare a mettere in atto subito

Continua a seguire la terapia e le medicine come prescritte dal tuo curante: gli SSRI (es. citalopram) sono efficaci nel ridurre gli attacchi di panico e l’ansia nel medio termine; i benefici spesso richiedono settimane. Parla col medico se hai dubbi sul dosaggio o sugli effetti collaterali.
PubMed
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Usa le tecniche di grounding quando senti depersonalizzazione (es.: nominare ad alta voce 5 cose che vedi, toccare un oggetto fermamente con le mani, respirazione diaframmatica 4-4-4). Queste tecniche aiutano a ridurre l’iperattivazione e l’auto-osservazione che mantengono il sintomo.
Jwatch

Cura il sonno con regole semplici: orari regolari, ambiente scuro/quieto, evitare schermi prima di dormire, evitare alcol o altre sostanze. Se prendi zolpidem (o altro ipnotico), parla con lo specialista: zolpidem può aiutare l’insonnia ma, se usato a lungo o in modo non controllato, può dare dipendenza o peggiorare alcuni sintomi al ritiro.
PMC
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Evita ulteriori sostanze (inclusa cannabis) finché non ti senti stabile: possono riattivare panico e sintomi dissociativi.
Frontiers

Limita le ricerche online che alimentano il catastrofismo: internet spesso peggiora l’ansia dando informazioni incomplete e allarmanti. Preferisci confrontarti con il tuo terapeuta o medico.

Quando chiedere aiuto urgente

Se pensi di farti del male, hai idee suicidarie, o la tua ansia diventa ingestibile (incapacità di mangiare, comunicare o muoverti) contatta subito i servizi di emergenza o il numero di prevenzione del suicidio locale. Non restare da sola/o con questi pensieri.

Su prognosi e recupero: la maggior parte delle persone migliora con un percorso strutturato (psicoterapia specifica, gestione farmacologica quando indicata e strategie comportamentali). Non è detto che il danno sia permanente — anzi, la combinazione giusta di interventi dà spesso un recupero significativo.
PMC
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Se vuoi, queste sono le priorità da seguire adesso: 1) restare in contatto regolare con il medico/psicoterapeuta che ti ha prescritto le terapie; 2) mettere in pratica grounding e regole per il sonno; 3) evitare sostanze; 4) chiedere supporto immediato se i sintomi si aggravano.

Sarebbe utile e consigliato per approfondire rivolgersi ad uno specialista.

DOTTORESSA SILVIA PARISI
PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA SESSUOLOGA
Dott. Antonio Fumagalli
Psicoterapeuta, Psicologo
Milano
Gentile utente,
mi dispiace per quanto sta attraversando: attacchi di panico e sensazioni di depersonalizzazione/derealizzazione sono molto angoscianti, ma non sono necessariamente permanenti. La letteratura indica che parlare con uno specialista e intraprendere un trattamento (psicoterapia mirata — ad es. CBT — e, se indicati, farmaci) può ridurre o risolvere i sintomi nella maggior parte dei casi.

Le raccomando innanzitutto di:
1. Non interrompere o modificare la terapia farmacologica senza parlarne prima con il medico che la ha prescritta.
2. Evitare ulteriori assunzioni di cannabis o altre sostanze, che possono scatenare o mantenere depersonalizzazione e ansia.
3. Cercare un percorso psicoterapico focalizzato per gestire pensieri ansiosi e ridurre le sensazioni dissociative.

Se la paura, il senso di colpa o i pensieri diventano troppo intensi o compaiono idee di autolesionismo, contatti immediatamente il medico curante o i servizi di emergenza.

Un caro saluto.
Dott. Salvatore Augello
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Palermo
Salve. Assolutamente. Lei ha la possibilità di stare bene, non è stata eliminata o intaccata alcuna sua capacità. Probabilmente l'episodio ha creato un forte stato di malessere che ha bisogno di elaborare. Qualche seduta la potrà aiutare nel superamento del suo disagio.
Cordiali saluti.
Dott. Salvatore Augello
Dott.ssa Elena Gianotti
Psicologo, Psicoterapeuta
Milano
Buongiorno, grazie per la sua condivisione. Certamente c'è la possibilità di recuperare, credo che la cosa fondamentale non sia solo tamponare il sintomo dell'ansia con i farmaci ma andare a fondo e comprenderlo, capire qual è il significato nel contesto della sua storia di vita e della fase che sta vivendo. Credo ci sia bisogno di fare un lavoro di senso, che abbinato ai farmaci senza dubbio le permetterà di recuperare benessere ed equilibrio. Per far questo penso sia importante appoggiarsi ad un professionista che possa ispirarle fiducia, e a cui possa appoggiarsi, da cui sentirsi ascoltato, accolto e non giudicato. Se volesse cominciare un percorso, o avesse dubbi o domande, mi trova a disposizione, anche online. Un caro saluto, dott.ssa Elena Gianotti
Dott.ssa Alessandra Domigno
Psicoterapeuta, Psicologo clinico, Psicologo
Roma
Buongiorno, le sue parole esprimono tutta l'ansia che sta vivendo in questo periodo e gli attacchi di panico, il senso di depersonalizzazione/derealizzazione ne sono alcuni sintomi. Credo che lei sia andata da uno psichiatra se le ha potuto prescrivere dei farmaci; noi psicoterapeuti non possiamo prescrivere uso di farmaci. Quindi chiedo di informarsi se lo psichiatra è anche psicoterapeuta e, se non lo è, il mio consiglio è di iniziare un percorso psicoterapeutico. I farmaci sono utili affiancandoli ad un percorso psicoterapeutico che la aiuti ad elaborare ciò che le sta accadendo e ritrovare le sue risorse che in questo momento sente di non avere. Se desidera approfondire può contattarmi.

Dott.ssa Alessandra Domigno
Dott.ssa Edith Valerio
Psicologo, Psicoterapeuta
Bari
Caro/a, grazie per aver trovato il coraggio di condividere quello che stai vivendo. Le tue parole trasmettono tutta la profondità della tua sofferenza, e voglio dirti subito una cosa importante: non sei solo/a, e quello che stai vivendo ha una via d’uscita.
L’esperienza che descrivi, l’attacco di panico seguito da uno stato persistente di ansia, insonnia e sensazioni di depersonalizzazione o derealizzazione, è qualcosa che può accadere, specialmente in seguito a uno shock acuto, come può essere stato per te l’effetto di quella “canna”. Il corpo e la mente possono reagire in modi inaspettati, anche se in passato magari non era mai successo nulla di simile. Questo non significa che ti sei “rotto/a” o che sei danneggiato/a in modo permanente. Anche se in questo momento sembra così, la mente e il sistema nervoso hanno una profonda capacità di guarigione.
La diagnosi che ti è stata data, ansia acuta su base tossica, non è una condanna, ma una fotografia di un momento critico. La farmacoterapia può essere utile per sostenerti in questa fase acuta, ma è solo una parte del percorso. Il vero recupero può avvenire quando, accanto al sollievo dei sintomi, si crea uno spazio per ascoltare il significato più profondo di ciò che stai vivendo.
Come terapeuta transpersonale, ti posso dire che anche nelle esperienze più buie esiste una possibilità di trasformazione, e che queste esperienze possono essere definite anche come emergenze spirituali. A volte, crisi come questa possono segnare l’inizio di un processo di risveglio interiore, anche se nel momento in cui le viviamo sembrano solo distruttive e senza senso. Ciò che ora ti appare come uno smarrimento, potrebbe in realtà essere una chiamata a rientrare in contatto con te stesso/a in modo nuovo, più autentico, più profondo.
Ti invito con dolcezza a non cercare risposte solo su Internet, lo fai per cercare rassicurazione, è umano, ma a cercare uno spazio sicuro e stabile di ascolto, di relazione vera, dove puoi esplorare queste emozioni e paure senza sentirti giudicato/a. È possibile attraversare questo tunnel. È possibile guarire. E non c’è nulla di cui sentirsi colpevoli: il senso di colpa è una trappola che ti tiene lontano dalla tua capacità di accogliere, comprendere e trasformare questa esperienza.
Se vuoi, possiamo lavorare insieme per aiutarti a ritrovare fiducia nella tua capacità di guarigione. Il primo passo è proprio questo che hai già fatto: chiedere aiuto. Ti assicuro che non è una strada chiusa. È solo l’inizio di un percorso verso di te.
Un caro saluto, dott.ssa Edith Valerio
Dott.ssa Giada Bossi
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Milano
Caro paziente, quello che stai vivendo sembra molto spaventoso, caotico e la paura che ti accompagna è comprensibile. Non significa però che sei danneggiato in modo permanente: da come racconti, sembra che si tratti di un’ansia acuta, attivata in un momento preciso e che ora continua a mantenersi anche attraverso comportamenti che la riattivano (es. ricerche su internet, rimuginio ansioso...).
I farmaci che ti sono stati prescritti possono sicuramente aiutare a gestire i sintomi, ma credo che sia importanti affiancarli alla comprensione di quello che è successo, e la sua collocazione in un orizzonte di significato. Se lavorassimo insieme, vorrei capire con te cosa sta succedendo nella tua vita adesso, anche rispetto alla tua storia, che periodo stai attraversando, quali fatiche erano magari già presenti prima di quell’episodio. Questo ci aiuterebbe a dare un senso a quello che stai sperimentando, a comprenderlo e a uscire dall’impressione di caoticità che pervade il tuo racconto, e sarebbe a mio parere fondamentale per imparare a gestire l’ansia in modo efficace, anche qualora dovesse ripresentarsi in futuro. Un caro saluto, Dott.ssa Bossi
Dott. Matteo Musetti
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Monza
La ringrazio innanzitutto per aver condiviso questo momento così delicato e difficile. Comprendo quanto possa essere angosciante trovarsi a vivere un’esperienza che sembra non avere via d’uscita e che porta con sé paura e disorientamento.
Credo sia importante prendersi cura non soltanto dell’aspetto farmacologico legato agli attacchi di panico e ai sintomi che sta sperimentando, ma anche creare uno spazio in cui queste emozioni possano essere ascoltate e accolte. L’attacco di panico, per quanto doloroso, può essere letto come un campanello d’allarme, una richiesta profonda che qualcosa dentro di lei sta cercando di esprimere. Ridurre la complessità della sua esperienza unicamente all’effetto dei farmaci rischierebbe di tagliare fuori parti vive e sofferenti di sé che invece meritano di essere comprese. In un percorso di ascolto è possibile dare parola a queste parti, riconoscerle e comprenderle, così che non siano soltanto fonte di angoscia ma anche occasione di conoscenza di sé.
Ciò significa che, oltre alla gestione dei sintomi, esiste la possibilità di trasformare questa crisi in un tempo di cura e di significato, dove quello che oggi appare insopportabile può trovare un posto nuovo nella sua storia. Credo che questo possa aiutarla. Le auguro di poter ascoltare queste parti di sé e poter fare esperienza di uno spazio di ascolto, un percorso personale in cui può comprendere ciò che le sta succedendo. Resto a disposizione. Per qualsiasi richiesta/informazione non esiti a contattarmi. Un caro Saluto.

Dott. Matteo Musetti
Dott.ssa Antonella D'Orlando
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Napoli
La sua esperienza riflette un fenomeno che incontro spesso nel mio lavoro clinico. Quello che sta attraversando ha un nome: si chiama disturbo d'ansia indotto da sostanze, e non rappresenta affatto un danno permanente al suo cervello o alla sua mente.
Quando ha avuto quell'attacco di panico durante l'uso della cannabis, il tuo sistema nervoso ha subito un'attivazione intensa. Il cervello, in risposta, ha creato una forte associazione tra quella sensazione e il pericolo. Da quel momento, è entrato in uno stato di ipervigilanza, sempre all'erta, sempre in cerca di segnali di allarme nel suo corpo.
La depersonalizzazione e la derealizzazione che descrive sono meccanismi protettivi. Quando l'ansia diventa travolgente, la mente crea una sorta di "distanza" dalla realtà percepita come minacciosa. È come se il cervello dicesse: "Se non posso gestire questa realtà, mi distacco temporaneamente da essa".
Il trattamento che le è stato prescritto ha senso. Il Citalopram agisce sui livelli di serotonina e aiuta a interrompere il ciclo dell'ansia, mentre lo Zolpidem affronta l'insonnia. Ricordi però che gli antidepressivi come il Citalopram richiedono alcune settimane per sviluppare pienamente il loro effetto terapeutico, ma questo il suo medico glielo avrà detto. Dunque, pazienza!
Il senso di colpa che prova è comprensibile, ma non è suo alleato in questo momento. Ha fatto una scelta, ha avuto una reazione, ora sta cercando aiuto. Questo percorso di consapevolezza ha un valore enorme.
Le suggerisco di accogliere questa esperienza come un messaggio del suo corpo. Forse le sta dicendo che ha bisogno di cura, di attenzione verso se stesso, di rallentare. L'ansia spesso emerge quando viviamo disconnessi dai nostri bisogni più profondi.
La ricerca ossessiva di risposte su internet è comprensibile, ma tende ad alimentare ulteriormente l'ansia. È come cercare di spegnere un incendio con la benzina. Provi invece a orientarsi verso pratiche che riconnettano mente e corpo: la respirazione consapevole, il movimento gentile, il contatto con la natura.
La guarigione non è un processo lineare. Ci saranno giorni migliori e giorni più difficili. Con il giusto supporto terapeutico, la pazienza e alcune pratiche quotidiane che nutrono il suo sistema nervoso, ritroverà gradualmente un senso di stabilità e presenza.

Auguri
Antonella D'Orlando
Dott.ssa Emanuela Solli
Psicologo clinico, Psicologo, Psicoterapeuta
Frosinone
Il momento che stai vivendo è estremamente delicato e la paura che descrivi è reale, non va sminuita. Ma anche dentro tutta questa angoscia c’è una cosa che va sottolineata subito: hai chiesto aiuto, ti sei affidato a un professionista e hai iniziato un percorso. Questo, già da solo, dice molto della forza che stai mettendo in campo, anche se ora non riesci a sentirla.

L’esperienza che hai avuto dopo l’assunzione di cannabis non è rara. In alcune persone può innescare un attacco di panico o una risposta acuta di ansia, anche se era già presente in forma latente. La depersonalizzazione e la derealizzazione che descrivi non sono segni di “danno permanente”, ma manifestazioni frequenti dell’ansia intensa e prolungata. Il cervello, sotto stress, può rispondere così: scollegandosi temporaneamente dalla realtà per difendersi da un carico emotivo troppo alto.

Il fatto che tu stia vivendo tutto questo come una condanna è parte della stessa ansia. La mente in stato di allarme cerca risposte assolute, vuole certezze immediate, e se non le trova si aggrappa alle peggiori ipotesi. Le ricerche online in questi casi alimentano proprio questo circolo vizioso: invece di rassicurarti, amplificano il terrore che ci sia qualcosa di irreversibile. Ma nella maggior parte dei casi, non è così.

La diagnosi che ti è stata data – ansia acuta su base tossica – è chiara: il tuo sistema nervoso è stato sovraccaricato, ma con le cure giuste può tornare a uno stato di equilibrio. I farmaci prescritti servono proprio a regolare il sonno, abbassare l’ansia e aiutare il cervello a ritrovare una stabilità interna. È un processo graduale, e richiede pazienza, ma è assolutamente possibile.

Il senso di colpa che provi è un peso in più che oggi non ti serve. Nessuno sceglie volontariamente di stare male. Ora il tuo compito non è colpevolizzarti, ma accompagnarti fuori da questa fase con il giusto supporto. Parlane apertamente con lo psicoterapeuta che ti segue, descrivi tutto ciò che provi, anche le paure più difficili da dire. Più riesci a condividere, più sarà possibile aiutarti con precisione.

E sì, c’è la possibilità concreta di recuperare. Non tutto è compromesso. Il fatto che tu sia qui a scrivere, a chiedere, a cercare, è già un segnale di vita che merita ascolto. Se ti va, possiamo continuare a parlarne con calma. Non devi farcela da solo.
Dr. Anna Ambiveri
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Torino
Buongiorno,
grazie per aver condiviso la sua esperienza e i sintomi che sta vivendo. Comprendo bene quanto possano essere spaventanti l’ansia, l’insonnia e le sensazioni di depersonalizzazione/derealizzazione. È importante sottolineare che queste reazioni, pur essendo molto disturbanti, non sono indice di un danno permanente: sono piuttosto segnali del forte stato di stress e paura che il suo organismo sta affrontando. La cannabis non ha lo stesso effetto su tutti: mentre in alcuni può generare rilassamento e sensazioni piacevoli, in altri può slatentizzare (cioè portare alla luce) ansie e angosce già presenti in modo latente, anche se magari poco consapevoli. Il fatto che abbia già chiesto aiuto medico e intrapreso un trattamento farmacologico è un passo molto importante. In questi casi un lavoro psicoterapeutico parallelo al trattamento farmacologico potrebbe essere di grande supporto per ridurre l’intensità dei sintomi d’ansia, imparare a gestire le sensazioni di distacco dalla realtà, affrontare i pensieri di colpa e catastrofici che alimentano la paura che “non passerà mai” e costruire un senso di sicurezza interna e di fiducia nel percorso di recupero. Molte persone, in situazioni simili alla sua, con un approccio farmacologico, un percorso terapeutico e con il tempo, vedono un progressivo miglioramento fino a un ritorno alla propria vita normale. Spero di esserle stata di aiuto.
Dott. Francesco Paolo Coppola
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Napoli
Si comprende la sofferenza e la confusione. Generalmente si insegna come utilizzare i pensieri, dimenticando però che siamo noi stessi i produttori dei nostri pensieri. Si tende a credere che le soluzioni ai problemi generati dai pensieri possano arrivare da altre riflessioni, costruendo ipotesi e convinzioni spesso prive di esperienza diretta. Queste non sono mai definitive, ma più spesso aprono ulteriori conflitti. In questo modo si tenta di spegnere i pensieri con altri pensieri, come se dei pompieri cercassero di domare un incendio con la benzina.

Non vi è nulla di negativo nei pensieri, nella cultura o nell’arte, finché non sostituiscono l’esperienza reale e personale con teorie astratte. La lettera della giovane ne offre un esempio concreto: emergono pensieri intrusivi, scenari immaginari e un vissuto di colpa radicato in una bassa autostima, costruita sullo sguardo e sul giudizio altrui. Le sue costruzioni mentali si moltiplicano, producendo altre teorie su teorie; la colpa nasce anch’essa da pensieri auto-prodotti, dal sentirsi inferiore agli altri e dal credere che tutti la giudichino, senza accorgersi che il giudizio più duro arriva da sé stessa, persino mentre scrive.

La definizione che dà di sé come soggetto insufficiente deforma anche la percezione della sua relazione, alimentando dubbi su cosa sia reale e cosa non lo sia. La storia familiare non è nota, ma appare evidente una dipendenza dal giudizio maschile come fonte di valore. Da qui l’uso di scenari mentali artificiosi che sostituiscono la capacità naturale di riconoscere chi si è (senza giudicarsi). In questo modo non sa se ama o meno, perché resta imprigionata nei pensieri e non nell’esperienza affettiva immediata.

La continua permanenza nella testa genera oscillazioni tra sicurezza e crolli improvvisi. Ma non si tratta di deliri o convinzioni assolute: come mostrano Freud e, più tardi, Lacan, l’ossessivo resta sospeso in un dubbio senza tregua, incapace di scegliere perché teme sempre di sbagliare. È il meccanismo dell’“asino di Buridano”: la paralisi di chi vorrebbe entrambe le opzioni e non riesce a buttarsi nell’esperienza accettando il rischio dell’ignoto.

In questa confusione, credendo di non essere in grado di comprendere da sé, cerca figure esterne che si sostituiscano al proprio giudizio interno. Winnicott spiega che, in assenza di un ambiente sufficientemente buono, il soggetto si rifugia in strutture rigide, mentre Kernberg ricorda come l’ossessività diventi un modo per difendersi da angosce più profonde di perdita e abbandono.

Un punto trascurato ma decisivo è il corpo. La ragazza stessa accenna all’insonnia: segno che la mente iperattiva non lascia spazio al corpo per riposare e rigenerarsi. Quando la presenza non è rilassata, “salta”: la tensione interiore impedisce di vivere il momento. La pratica del rilassamento naturale e del sonno profondo non è un lusso, ma un elemento essenziale dell’equilibrio psichico. Senza questo terreno fisiologico e psichico, ogni lavoro sul pensiero resta incompleto.

Chiudendo, si può dire che imparare a osservare i pensieri come eventi transitori, senza identificarvisi, apre lo spazio a un contatto più vero con sé stessa e con la sua relazione. Non significa annullare i dubbi, ma imparare a lasciarli scorrere senza trasformarli in prigioni interiori.
Gentile utente,
il consiglio è di cercare un supporto professionale per lavorare sull'angoscia di cui ci parla e del senso di colpa connesso a questa situazione.
Un caro saluto
Dott.ssa Marzia Sellini
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Brescia
Buongiorno,
giovane sperimentatore, credo che tu ti sia rivolto ad uno psichiatra, forse anche psicoterapeuta, ma di certo non solo psicoterapeuta, poiché solo i primi possono prescrivere psicofarmaci e peraltro, se adotta un approccio moderno, dovrebbe anche prevedere una de*prescizione degli stessi, cioè toglierti, anziché diventare dipendente da sostanze psicoattive.
Se vuoi puoi contattarmi ed iniziare una psicoterapia per imparare a uscirne.
Un saluto cordiale
Dott.ssa Marzia Sellini

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