Mio figlio 16 anni, è sempre stato chiuso ma ultimamente è peggiorato, a volte sembra anaffettivo ma
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Mio figlio 16 anni, è sempre stato chiuso ma ultimamente è peggiorato, a volte sembra anaffettivo ma questo lo imputo all'ambiente in cui vive, xke con mio marito abbiamo deciso di separarci ed ancora nn lo sa. Mi preoccupa molto perché usa troppo il cellulare, si isola, non ti sente quando gli dici le dice le cose, non va a scuola, studia poco. Ho provato a parlarci, a ragionarci, ma x lui va tt bene. Ma sta sempre attaccato al cellulare sembra imbambolato. Ho provato anche a toglierglielo ma si è chiuso ancora di piu. Gli ho anche detto che io stessa vado da uno psicologo x cercare e trovare il modo giusto x aiutarlo, ma se trovo un muro poco posso fare. Ha fatto un primo colloquio con uno psicologo e nn vuole proseguire e qst mi blocca xke so che ne ha bisogno ma nn posso forzarlo
Buongiorno, mi dispiace molto per la situazione in cui si trova e capisco la sua preoccupazione. Ma come ha già riflettuto non lo si può costringere. Penso che già il fatto che lei sia aiutata questo lo percepisce e probabilmente ha bisogno di suoi tempi. L'adolescenza è costellata da momenti introspettivi e di ricerca del Sè e lui lo sta facendo. Penso che sia utile anche semplicemente ricordargli spesso che se ha bisogno lei c'è come madre e come persona che ascolta. Sono parole semplici ma di grande efficacia.
Rimango a disposizione,
Dott.ssa Casumaro Giada
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Gentile genitore,
la situazione che descrive è sicuramente delicata e comprensibilmente fonte di grande preoccupazione. Suo figlio si trova in un’età già di per sé complessa, in cui è normale che i ragazzi siano più chiusi, irrequieti o difficili da comprendere. Tuttavia, i segnali che lei riporta — l’isolamento, il ritiro sociale, il disinteresse per la scuola, l’uso eccessivo del cellulare, il rifiuto del dialogo — meritano attenzione, soprattutto considerando il contesto familiare difficile, segnato dalla separazione non ancora comunicata.
È importante sapere che, anche quando un adolescente sembra non ascoltare, i genitori restano un punto di riferimento fondamentale. Il fatto che lei abbia cercato di parlare con lui, abbia condiviso il suo stesso percorso psicologico e abbia provato a mettersi in discussione è un passo molto importante e dimostra il suo desiderio profondo di aiutarlo.
Il rifiuto della psicoterapia da parte di suo figlio è un comportamento piuttosto frequente negli adolescenti, soprattutto se percepiscono la proposta come un’imposizione o come una “cura” a qualcosa che loro non riconoscono come un problema. Forzare in questi casi rischia, come ha già osservato, di irrigidire ulteriormente le difese. È fondamentale trovare il modo giusto, il tempo giusto e la persona giusta con cui possa sentirsi accolto, senza giudizio e senza sentirsi "analizzato". A volte, serve tempo, pazienza, e un approccio indiretto che passi attraverso il rafforzamento della relazione genitore-figlio, prima ancora che con il terapeuta.
Anche l’uso del cellulare, sebbene possa sembrare eccessivo o disfunzionale, spesso rappresenta per i ragazzi un modo per fuggire da emozioni dolorose, da situazioni difficili da affrontare o da un mondo interno confuso e spaventoso. È quindi importante interpretare il comportamento, più che giudicarlo.
Ha fatto bene a cercare un aiuto per sé: prendersi cura di se stessi come genitori è il primo passo per poter essere davvero di supporto ai propri figli.
Vista la complessità della situazione e l'importanza del momento evolutivo che sta attraversando suo figlio, sarebbe utile e consigliato approfondire la situazione con uno specialista che possa aiutarla a comprendere meglio i segnali che sta manifestando e a trovare le strategie comunicative e relazionali più efficaci per riavvicinarlo.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
la situazione che descrive è sicuramente delicata e comprensibilmente fonte di grande preoccupazione. Suo figlio si trova in un’età già di per sé complessa, in cui è normale che i ragazzi siano più chiusi, irrequieti o difficili da comprendere. Tuttavia, i segnali che lei riporta — l’isolamento, il ritiro sociale, il disinteresse per la scuola, l’uso eccessivo del cellulare, il rifiuto del dialogo — meritano attenzione, soprattutto considerando il contesto familiare difficile, segnato dalla separazione non ancora comunicata.
È importante sapere che, anche quando un adolescente sembra non ascoltare, i genitori restano un punto di riferimento fondamentale. Il fatto che lei abbia cercato di parlare con lui, abbia condiviso il suo stesso percorso psicologico e abbia provato a mettersi in discussione è un passo molto importante e dimostra il suo desiderio profondo di aiutarlo.
Il rifiuto della psicoterapia da parte di suo figlio è un comportamento piuttosto frequente negli adolescenti, soprattutto se percepiscono la proposta come un’imposizione o come una “cura” a qualcosa che loro non riconoscono come un problema. Forzare in questi casi rischia, come ha già osservato, di irrigidire ulteriormente le difese. È fondamentale trovare il modo giusto, il tempo giusto e la persona giusta con cui possa sentirsi accolto, senza giudizio e senza sentirsi "analizzato". A volte, serve tempo, pazienza, e un approccio indiretto che passi attraverso il rafforzamento della relazione genitore-figlio, prima ancora che con il terapeuta.
Anche l’uso del cellulare, sebbene possa sembrare eccessivo o disfunzionale, spesso rappresenta per i ragazzi un modo per fuggire da emozioni dolorose, da situazioni difficili da affrontare o da un mondo interno confuso e spaventoso. È quindi importante interpretare il comportamento, più che giudicarlo.
Ha fatto bene a cercare un aiuto per sé: prendersi cura di se stessi come genitori è il primo passo per poter essere davvero di supporto ai propri figli.
Vista la complessità della situazione e l'importanza del momento evolutivo che sta attraversando suo figlio, sarebbe utile e consigliato approfondire la situazione con uno specialista che possa aiutarla a comprendere meglio i segnali che sta manifestando e a trovare le strategie comunicative e relazionali più efficaci per riavvicinarlo.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Salve, suo figlio sta attraversando un periodo molto delicato: l’adolescenza è già di per sé complessa, e la separazione dei genitori può accentuare chiusura, isolamento e disagio emotivo. Il suo uso eccessivo del cellulare potrebbe rappresentare un modo per proteggersi da emozioni che non riesce a gestire. Anche se sembra anaffettivo o disinteressato, probabilmente dentro prova confusione o sofferenza, ma non sa come esprimerla.
Il fatto che lei abbia cercare aiuto è un segnale importante per entrambi. La resistenza alla terapia è normale, soprattutto se si sente “forzato” o giudicato. A volte basta trovare il terapeuta giusto o proporre il percorso in modo meno diretto, come un’occasione per parlare con qualcuno che non è né un genitore né un insegnante.
Il fatto che lei abbia cercare aiuto è un segnale importante per entrambi. La resistenza alla terapia è normale, soprattutto se si sente “forzato” o giudicato. A volte basta trovare il terapeuta giusto o proporre il percorso in modo meno diretto, come un’occasione per parlare con qualcuno che non è né un genitore né un insegnante.
Buongiorno Signora, la sua preoccupazione è assolutamente comprensibile. Suo figlio potrebbe non essere a conoscenza della separazione ma potrebbe rendersi conto che potrebbe succedere, i ragazzi spesso possono sembrare disattenti ma investono molto nelle questioni familiari che per altro sono il motore di tutto. Si ricordi che privare il ragazzo di qualcosa non lo aiuterà a capire dove sbaglia ma creerà una distanza ancor più grande. Se il ragazzo utilizza molto gli schermi forse proporgli un percorso a distanza potrebbe essere per lui più stimolante e magari più comodo; E' importante la scelta dello specialista, potrebbe sentirsi più tranquillo con un un maschio? Con una femmina? Con un persona giovane e più vicina alla sua età? Gli chieda cosa non gli è piaciuto del primo psicologo e si mostri attiva nel volerlo ascoltare e aiutare.
Resto a disposizione.
Resto a disposizione.
Buongiorno signora. E’ bello che lei voglia trovare il modo di riavvicinarsi a suo figlio, forse è più un bisogno di lei, piuttosto che di suo figlio. Capisco la frustrazione di non riuscire a comunicare con lui ma purtroppo “parlarci e ragionarci” sembra in questo momento non funzionare. Ci sono tanti modi per comunicare, una comunicazione può anche essere fatta di gesti, oltre che di parole. Piuttosto che tentare in tutti i modi di ottenere un’apertura da parte di suo figlio, che somiglia tanto ad una forzatura, provi a fare dei gesti lei di dimostrazione vicinanza e supporto, o ad esempio gesti o proposte che veicolino il desiderio di trascorrere tempo di qualità con lui senza la pretesa che lui condivida aspetti della sua vita, perché è ormai adolescente e non è tenuto a farlo, se non lo desidera. E’ importante rispettare i tempi e il bisogno di spazi del ragazzo. Questo non significa lasciargli la libertà di fare ciò che vuole: non si faccia problemi a pretendere che ci sia rispetto delle regole come l’andare a scuola e delle persone, perché è pur sempre un minore sotto la vostra responsabilità di adulti, e fornire delle regole salde è fondamentale per dimostrare che ci sono dei limiti in ciò che si può fare ma soprattutto che voi siete per lui un punto di riferimento stabile e costante.
Buongiorno, purtroppo suo figlio è in una fase preadolescenziale critica. Sono tanti i genitori che mi chiedono consulenze per queste motivazioni.
Sono disponibile ad aiutarla mediante colloqui online.
Cordiali saluti
Dott.ssa Laura Francesca Bambara
Sono disponibile ad aiutarla mediante colloqui online.
Cordiali saluti
Dott.ssa Laura Francesca Bambara
Buongiorno. Nel caso in cui suo figlio si è anche ritirato socialmente (cioè non esce assolutamente da casa), le consiglio due opzioni: 1) contattare l'associazione Compagno Adulto (lavorano solo sul territorio romano, ma alcune regione intendevano espandere questa iniziativa, quindi in base a dove vivete, si informi); 2) contattare le associazioni Hikikomori.
E' sicuramente vero che non puoi forzarlo. Devi stargli vicino nel modo che te lo permette e devi fargli capire e dirgli che tu ed il padre per lui ci siete e ci sarete sempre, devi digli che gli voi bene e che vuoi il suo bene. Sopratutto dovete affrontare il discorso della separazione, dici che lui non sa ma sicuramente ti dico che sa o che ha capito. Forse parlandogli della separazione potrai meglio introdurre il discorso di andare da uno psicologo proprio perché consigliato per la su età quando i genitori si separano.
Buongiorno, premetto che mi occupo di genitorialità, da quello che scrive mi sembra una situazione molto delicata e difficile, forse dovrebbe iniziare lei a rompere il muro cercando di essere il più possibile autentica e dirgli che i suoi genitori si stanno per lasciare ( sa a volte siamo proprio noi cercando di proteggere i nostri figli ad allontanarli da quello che loro gia hanno capito) e facendolo sentire importante per voi . Lei e suo marito quanto vi aprite con lui? quanto gli chiedete come sta, come si sente ,se ha degli amici , come mai studia poco .....quanto riuscite a stare in relazione con lui? ( mi raccomando senza però soffocarlo o controllandolo).
Gli adolescenti sono particolari come sappiamo ma più noi cerchiamo di creare una buona relazione con loro fatta di confini e anche regole ma anche di comprensione, empatia, comunicazione efficace e non giudicante più ci sarà possibilità di farli aprire anche a loro, che cercano continuamente dei luoghi sicuri dove rifuggiarsi per non sentire questo vuoto di non essere capito.
Buona fortuna, resto comunque disponibile per eventuali chiarimenti o supporti.
Dr. Jasmine Scioscia
Gli adolescenti sono particolari come sappiamo ma più noi cerchiamo di creare una buona relazione con loro fatta di confini e anche regole ma anche di comprensione, empatia, comunicazione efficace e non giudicante più ci sarà possibilità di farli aprire anche a loro, che cercano continuamente dei luoghi sicuri dove rifuggiarsi per non sentire questo vuoto di non essere capito.
Buona fortuna, resto comunque disponibile per eventuali chiarimenti o supporti.
Dr. Jasmine Scioscia
Buongiorno gentile Utente, comprendo la sua preoccupazione e il senso di impotenza che può provare nel vedere suo figlio chiudersi sempre di più, isolarsi e sembrare distante, proprio nel momento in cui la famiglia sta attraversando un cambiamento importante come una separazione. È assolutamente naturale che, da madre, desideri comprenderlo, raggiungerlo, aiutarlo a uscire da questo apparente stato di disconnessione.
L’adolescenza è una fase molto delicata e complessa: i ragazzi si trovano a gestire trasformazioni profonde a livello emotivo, identitario e sociale. Quando questi cambiamenti si intrecciano con eventi stressanti familiari, come nel vostro caso, può accadere che si esprimano attraverso comportamenti di chiusura, ritiro sociale, scarsa motivazione scolastica o un uso eccessivo dei dispositivi digitali. Il cellulare, in particolare, spesso diventa una sorta di rifugio, uno spazio in cui sentirsi in controllo e al riparo da emozioni che non si riescono a gestire o a comunicare.
Mi colpisce molto la sua consapevolezza e la disponibilità che mostra, anche nel raccontargli del suo stesso percorso psicologico. Questo è un gesto molto importante, perché trasmette un messaggio fondamentale: chiedere aiuto non è una debolezza, ma un atto di cura verso se stessi e verso gli altri. È probabile che ora suo figlio non sia ancora pronto ad accettare un supporto, perché magari non si sente compreso, oppure non ha ancora trovato il linguaggio per esprimere il proprio disagio. A volte il rifiuto iniziale non è definitivo, ma solo una difesa temporanea.
La invito a continuare a mantenere aperta una comunicazione affettuosa e non giudicante, anche quando tutto sembra restituire silenzi. Anche solo il fatto che lei ci sia, con costanza, con pazienza, con discrezione, rappresenta già un sostegno. In questo momento può essere più efficace evitare scontri diretti su comportamenti come l’uso del cellulare, per concentrarsi su momenti in cui, anche senza parlare esplicitamente del problema, lui possa sentire una presenza vicina e non intrusiva. Anche condividere un’attività, un gesto quotidiano, o solo del tempo insieme può rivelarsi prezioso.
In parallelo, continuare il suo lavoro personale con uno psicologo è estremamente utile, perché le consente di elaborare le sue emozioni e di avere uno spazio per riflettere su strategie relazionali più adatte al momento. In alcune situazioni può essere utile coinvolgere uno psicoterapeuta familiare, che lavori prima con il genitore e poi, eventualmente, con l’adolescente, creando un ponte di fiducia graduale.
Non sempre si può ottenere subito il cambiamento desiderato, ma il suo sguardo attento e la sua cura sono già semi importanti che, nel tempo, possono favorire una ripresa. Continui a fare ciò che sta già facendo: essere un riferimento stabile, coerente e accogliente. Anche nei momenti più difficili, i figli percepiscono questo tipo di amore.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
L’adolescenza è una fase molto delicata e complessa: i ragazzi si trovano a gestire trasformazioni profonde a livello emotivo, identitario e sociale. Quando questi cambiamenti si intrecciano con eventi stressanti familiari, come nel vostro caso, può accadere che si esprimano attraverso comportamenti di chiusura, ritiro sociale, scarsa motivazione scolastica o un uso eccessivo dei dispositivi digitali. Il cellulare, in particolare, spesso diventa una sorta di rifugio, uno spazio in cui sentirsi in controllo e al riparo da emozioni che non si riescono a gestire o a comunicare.
Mi colpisce molto la sua consapevolezza e la disponibilità che mostra, anche nel raccontargli del suo stesso percorso psicologico. Questo è un gesto molto importante, perché trasmette un messaggio fondamentale: chiedere aiuto non è una debolezza, ma un atto di cura verso se stessi e verso gli altri. È probabile che ora suo figlio non sia ancora pronto ad accettare un supporto, perché magari non si sente compreso, oppure non ha ancora trovato il linguaggio per esprimere il proprio disagio. A volte il rifiuto iniziale non è definitivo, ma solo una difesa temporanea.
La invito a continuare a mantenere aperta una comunicazione affettuosa e non giudicante, anche quando tutto sembra restituire silenzi. Anche solo il fatto che lei ci sia, con costanza, con pazienza, con discrezione, rappresenta già un sostegno. In questo momento può essere più efficace evitare scontri diretti su comportamenti come l’uso del cellulare, per concentrarsi su momenti in cui, anche senza parlare esplicitamente del problema, lui possa sentire una presenza vicina e non intrusiva. Anche condividere un’attività, un gesto quotidiano, o solo del tempo insieme può rivelarsi prezioso.
In parallelo, continuare il suo lavoro personale con uno psicologo è estremamente utile, perché le consente di elaborare le sue emozioni e di avere uno spazio per riflettere su strategie relazionali più adatte al momento. In alcune situazioni può essere utile coinvolgere uno psicoterapeuta familiare, che lavori prima con il genitore e poi, eventualmente, con l’adolescente, creando un ponte di fiducia graduale.
Non sempre si può ottenere subito il cambiamento desiderato, ma il suo sguardo attento e la sua cura sono già semi importanti che, nel tempo, possono favorire una ripresa. Continui a fare ciò che sta già facendo: essere un riferimento stabile, coerente e accogliente. Anche nei momenti più difficili, i figli percepiscono questo tipo di amore.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Gentile, l'esempio, la sincerità e la presenza emotiva è ciò che di più caro possiamo dare a un figlio adolescente. Per il resto dobbiamo imparare ad accettare il loro percorso, le loro sofferenze e le loro chiusure, vitali per la crescita. Se suo figlio sentirà la necessità di un percorso psicologico, lo domanderà lui, sa già che troverà dei genitori pronti a supportarlo in tal senso. Consiglio piuttosto a lei come madre e donna che sta affrontando un cambiamento sia a livello di coppia che genitoriale di valutare un percorso personale. In più, nella mia esperienza degli adulti e genitori che chiedono supporto sono d'esempio per i figli
Grazie per aver condiviso con tanta sincerità una situazione che trasmette grande preoccupazione e allo stesso tempo un profondo amore verso suo figlio. Comprendo bene quanto possa essere difficile vedere un figlio chiudersi sempre di più, soprattutto in un momento così delicato della sua vita adolescenziale, già di per sé complesso, e in un contesto familiare che sta attraversando un grande cambiamento come una separazione. Da un punto di vista cognitivo-comportamentale, è importante considerare che ciò che sta osservando nel comportamento di suo figlio non è necessariamente un rifiuto verso di lei o verso gli altri, ma potrebbe essere una forma di difesa, di adattamento a un malessere interno che lui stesso fatica a comprendere e a esprimere. L’adolescenza è una fase di transizione in cui l’identità personale si sta formando e in cui spesso le emozioni sono forti, ma confuse. L’uso eccessivo del cellulare, l’isolamento, l’apparente apatia e la difficoltà scolastica possono essere segnali di un disagio psicologico che al momento viene "gestito" attraverso una sorta di disconnessione dalla realtà. È come se il mondo virtuale, accessibile e prevedibile, diventasse un rifugio rispetto a un mondo reale che appare troppo complesso, troppo pieno di aspettative o troppo doloroso da affrontare. Lei ha fatto qualcosa di molto significativo: ha cercato il dialogo, ha mostrato a suo figlio con il suo esempio personale che chiedere aiuto non è una debolezza ma una scelta coraggiosa. Questo è un messaggio importantissimo, anche se ora sembra che non produca effetti visibili. Non è raro, soprattutto in adolescenza, che i ragazzi rispondano con chiusura o indifferenza quando si trovano di fronte a questioni emotivamente complesse. A volte è una forma di protezione, a volte è un modo per mantenere una sorta di controllo quando tutto intorno a loro sembra cambiare. Anche il fatto che lui abbia accettato di fare un primo colloquio è un piccolo passo, che non va sottovalutato, anche se poi ha deciso di non continuare. L’idea di intraprendere un percorso psicologico può spaventare, soprattutto se percepito come qualcosa di imposto o come una "cura" per qualcosa che lui stesso magari non riconosce come un problema. Proporre un aiuto esterno a un adolescente richiede delicatezza e spesso tempi lunghi. A volte il cambiamento nasce non tanto da ciò che gli viene detto, ma da ciò che viene modellato: vedere che il genitore è coinvolto in un proprio percorso di crescita può avere effetti più profondi di quanto sembri. In questo momento, il suo compito principale può essere quello di mantenere aperta una porta. Non serve forzare un dialogo se dall’altra parte c’è chiusura, ma è fondamentale far sentire che c’è uno spazio disponibile, ogni volta che lui vorrà o potrà entrarci. Questo significa continuare a comunicare, anche quando sembra che non ascolti. Significa validare le sue emozioni, anche se non vengono espresse direttamente: “Capisco che forse non hai voglia di parlarne, ma io ci sono, e se vorrai un giorno, possiamo affrontare insieme ciò che ti fa stare così”. È un messaggio semplice, ma potente. Nel frattempo, può essere molto utile per lei stessa continuare il percorso psicologico che ha intrapreso, anche per avere uno spazio dove esplorare come affrontare al meglio questa situazione senza logorarsi nel tentativo di “fare tutto bene”. La separazione, poi, è un evento che incide profondamente sulla vita emotiva di un figlio, anche se ancora non ne è a conoscenza. Il modo in cui verrà comunicata questa scelta sarà determinante: è fondamentale che senta che, pur nel cambiamento, la sua base affettiva resta solida. Prepararsi a questo passaggio con l’aiuto di uno specialista può offrire le giuste strategie per non trasmettere ulteriori sensi di colpa o confusione. Infine, non si scoraggi se oggi suo figlio dice "no". I no degli adolescenti non sono mai assoluti: sono spesso dei "non adesso", dei "non così". A volte, basta il contatto con un adulto significativo diverso dai genitori, come un insegnante, un allenatore, o un altro professionista, per smuovere qualcosa. Non è sempre necessario forzare, ma è utile restare presenti, continuando a proporre piccoli gesti di connessione e vicinanza emotiva, anche nei silenzi. Lei sta facendo già molto, e con una sensibilità che traspare in ogni riga del suo messaggio. Le difficoltà ci sono, ma affrontarle passo dopo passo, con pazienza e coerenza, può davvero fare la differenza. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Cara utente, capisco molto bene la sofferenza che può provare sentendosi impotente davanti alle difficoltà che sta incontrando suo figlio. L'adolescenza è un periodo complesso in cui ci si ritrova ad affrontare difficili compiti evolutivi e, inseriti in contesti che possono portare insofferenza, risulta ancor più difficile poter dare un aiuto significativo. Mi sento di consigliarle di proporre a suo figlio una terapia da svolgere (almeno in un primo momento) online, così da permettergli di rimanere in un luogo che lui sente come sicuro. Resto a disposizione per qualsiasi domanda. Un saluto
Cara utente,
grazie per aver condiviso una situazione così delicata, che genera in lei tanta preoccupazione. Sicuramente è forte la voglia di voler aiutare suo figlio, ma ciò va a scontrarsi con una comprensibile sensazione di impotenza.
L'isolamento verso cui prova preoccupazione, non è detto che sia necessariamente patologico; potrebbe essere influenzato sia dall'età che dal momento familiare di transizione che state attraversando: anche se non è stato espresso a parole il ragazzo avrà sicuramente colto un cambiamento.
La fuga del ragazzo nel mondo di Internet, inoltre, la interroga e la spaventa: sembra quasi che ciò porti suo figlio ad isolarsi maggiormente e a perdere il senso della realtà. Il mondo di Internet, tuttavia, non è sempre da considerarsi come pericoloso e fonte di dipendenza. In alcuni momenti particolari, momenti di transizione o di forte impatto emotivo (come quello, ad esempio, della separazione) gli adolescenti utilizzano Internet come strumento per tenersi in contatto con il mondo esterno e per cercare di costruire la propria identità. Sottrarre lo strumento talvolta può significare per loro perdere ogni contatto con il mondo esterno e quindi comporta un maggiore isolamento.
Sicuramente, come ha ben sottolineato lei, il ragazzo potrebbe giovare di uno spazio in cui elaborare ciò che sta vivendo. L'aver avviato lei un percorso, tuttavia, potrebbe essere proprio il primo passo per creare questo spazio di condivisione. Il continuare il suo percorso terapeutico potrebbe essere d'aiuto sia nelle dinamiche relazionali, che nella comunicazione della separazione, elemento assolutamente necessario e cruciale.
Il senso di impotenza, dunque, è comprensibile, ma aiutare suo figlio non significa necessariamente condurlo dallo psicologo in prima persona; magari quella sarà una tappa successiva, raggiungibile dopo un suo percorso personale.
Rimango a disposizione per qualsiasi chiarimento
Dott.ssa Anna Faragò
grazie per aver condiviso una situazione così delicata, che genera in lei tanta preoccupazione. Sicuramente è forte la voglia di voler aiutare suo figlio, ma ciò va a scontrarsi con una comprensibile sensazione di impotenza.
L'isolamento verso cui prova preoccupazione, non è detto che sia necessariamente patologico; potrebbe essere influenzato sia dall'età che dal momento familiare di transizione che state attraversando: anche se non è stato espresso a parole il ragazzo avrà sicuramente colto un cambiamento.
La fuga del ragazzo nel mondo di Internet, inoltre, la interroga e la spaventa: sembra quasi che ciò porti suo figlio ad isolarsi maggiormente e a perdere il senso della realtà. Il mondo di Internet, tuttavia, non è sempre da considerarsi come pericoloso e fonte di dipendenza. In alcuni momenti particolari, momenti di transizione o di forte impatto emotivo (come quello, ad esempio, della separazione) gli adolescenti utilizzano Internet come strumento per tenersi in contatto con il mondo esterno e per cercare di costruire la propria identità. Sottrarre lo strumento talvolta può significare per loro perdere ogni contatto con il mondo esterno e quindi comporta un maggiore isolamento.
Sicuramente, come ha ben sottolineato lei, il ragazzo potrebbe giovare di uno spazio in cui elaborare ciò che sta vivendo. L'aver avviato lei un percorso, tuttavia, potrebbe essere proprio il primo passo per creare questo spazio di condivisione. Il continuare il suo percorso terapeutico potrebbe essere d'aiuto sia nelle dinamiche relazionali, che nella comunicazione della separazione, elemento assolutamente necessario e cruciale.
Il senso di impotenza, dunque, è comprensibile, ma aiutare suo figlio non significa necessariamente condurlo dallo psicologo in prima persona; magari quella sarà una tappa successiva, raggiungibile dopo un suo percorso personale.
Rimango a disposizione per qualsiasi chiarimento
Dott.ssa Anna Faragò
Buonasera, grazie per aver scritto qui.
Mi dispiace per quello che state vivendo, indubbiamente non dev'essere semplice.
A volte può succedere che le strategie di cui disponiamo possano non rivelarsi più utili e può essere necessario individuarne di funzionali insieme all'aiuto di qualcuno.
Visto che finora quello che lei, comprensibilmente, ha messo in atto, mi sentirei di consigliarle d'incontrare insieme una/un professionista. Prima di tutto sarebbe bene parlare lei direttamente con il professionista e poi incontrarla/o insieme. In questi momenti, in particolare, è importante muoversi in sinergia e affrontare il problema da tutti i punti di vista, proprio per comprendere la via adeguata verso il compromesso.
Il fatto che si preoccupi per lo stato di suo figlio è molto importante e un aspetto anche non così scontato, pertanto cerchi di procedere in questa direzione.
Resto a disposizione per qualsiasi cosa, buona serata.
Mi dispiace per quello che state vivendo, indubbiamente non dev'essere semplice.
A volte può succedere che le strategie di cui disponiamo possano non rivelarsi più utili e può essere necessario individuarne di funzionali insieme all'aiuto di qualcuno.
Visto che finora quello che lei, comprensibilmente, ha messo in atto, mi sentirei di consigliarle d'incontrare insieme una/un professionista. Prima di tutto sarebbe bene parlare lei direttamente con il professionista e poi incontrarla/o insieme. In questi momenti, in particolare, è importante muoversi in sinergia e affrontare il problema da tutti i punti di vista, proprio per comprendere la via adeguata verso il compromesso.
Il fatto che si preoccupi per lo stato di suo figlio è molto importante e un aspetto anche non così scontato, pertanto cerchi di procedere in questa direzione.
Resto a disposizione per qualsiasi cosa, buona serata.
Buonasera! La sua situazione è sicuramente molto delicata e complessa, per questo capisco la sua preoccupazione e soprattutto il suo senso di impotenza. Come già saprà l'adolescenza è un periodo di grandi cambiamenti e fragilità; a ciò che possiamo considerare "fisiologico" si aggiunge poi la prospettiva della separazione dei genitori che destabilizza ulteriormente suo figlio, che dal canto suo prova a difendersi come può da tutto ciò (ad esempio mostrandosi anaffettivo per proteggersi dalle emozioni negative e rifugiandosi in un mondo virtuale). Sicuramente la scelta di rivolgersi ad uno psicologo è giustissima perché può fornire strumenti utili e più specifici per affrontare la situazione; certo non può forzare il ragazzo a fare lo stesso perché non servirebbe, provi ad aspettare un po' e glielo riproponga, magari anche provando a cercare insieme qualcun' altro che possa aiutarvi e con cui suo figlio possa sentirsi più a suo agio. Continui a parlare con suo figlio, anche se le sembra inutile, facendogli sentire la sua vicinanza, senza giudizi e sottolineando l'importanza di ciò che prova. Purtroppo non ci sono soluzioni immediate, bisogna mostrarsi pazienti, coerenti e soprattutto comunicare apertamente, sempre, anche quando sembra che lui non voglia ascoltare. Un grosso in bocca al lupo a lei e a suo figlio! Resto a disposizione, dott.ssa Valentina Costanza
Capisco perfettamente la tua preoccupazione. La situazione con tuo figlio sembra essere molto delicata, e mi rendo conto di quanto sia frustrante sentirsi bloccata, soprattutto quando lui sembra non voler collaborare. Quando un adolescente è in un periodo di crisi, come quello che stai vivendo con la separazione, può diventare molto più chiuso e difficile da avvicinare, ma ciò non significa che non ci siano delle strade da percorrere.
Il fatto che tuo figlio sembri anaffettivo potrebbe essere il modo in cui sta cercando di affrontare l'ansia e la confusione che sente dentro di sé. Potrebbe anche essere che il suo mondo digitale, con il cellulare, rappresenti una forma di distrazione che gli permette di allontanarsi dai suoi sentimenti di dolore o frustrazione. In effetti, oggi molti adolescenti usano i social e altre piattaforme come una sorta di “bolla protettiva” che li aiuta a non affrontare direttamente le difficoltà.
Capisco che tu abbia provato a parlare con lui e che nonostante i tuoi sforzi sembri quasi che non ci sia una via d'uscita. L'isolamento e l'uso del cellulare possono essere segni di una sofferenza che forse non riesce a esprimere in altro modo. Tuttavia, forzarlo a fare qualcosa, come andare dallo psicologo, potrebbe in effetti chiuderlo ancora di più. Potresti pensare a come poter fare questi passi in modo più delicato, senza metterlo con le spalle al muro, ma allo stesso tempo dandogli il messaggio che sei pronta ad ascoltarlo, senza giudicarlo.
A volte gli adolescenti non capiscono completamente perché gli adulti o i genitori li spingano verso certi percorsi, ma se percepiscono il sostegno senza pressioni, potrebbero essere più disposti a seguirli. Probabilmente, se gli fai capire che tu stessa stai cercando di aiutarti con il supporto di uno psicologo, potrebbe prendere in considerazione di proseguire anche con il suo percorso, magari vedendolo come una risorsa e non come una costrizione.
Non dimenticare che anche se lui sembra non ascoltarti o non reagire, tu stai comunque facendo il possibile per essergli vicino. Proprio questa presenza costante, anche se discreta, può essere un punto di riferimento importante per lui, che magari non è in grado di esprimere direttamente.
Il fatto che lui sia attaccato al cellulare e sembri "imbambolato" potrebbe anche essere un segno di stress o una reazione al senso di incertezza che sente rispetto alla situazione familiare. Questo non significa che tu non stia facendo abbastanza, ma che la situazione richiede tempo e pazienza.
Mi rendo conto che può sembrare che lui non stia reagendo, ma ogni piccolo passo che fai per avvicinarti a lui, anche senza una risposta immediata, sta gettando delle basi per un cambiamento. È un processo che può richiedere tempo, soprattutto con gli adolescenti, ma è importante che tu non perda la speranza.
Spero che tu possa trovare un equilibrio che ti permetta di sostenere tuo figlio in modo delicato, senza sentirti troppo frustrata. Non è facile, ma il fatto che tu stia cercando di fare il meglio per lui è già un passo fondamentale. Se hai bisogno di parlarne ulteriormente o di avere supporto, io sono qui per ascoltarti.
Il fatto che tuo figlio sembri anaffettivo potrebbe essere il modo in cui sta cercando di affrontare l'ansia e la confusione che sente dentro di sé. Potrebbe anche essere che il suo mondo digitale, con il cellulare, rappresenti una forma di distrazione che gli permette di allontanarsi dai suoi sentimenti di dolore o frustrazione. In effetti, oggi molti adolescenti usano i social e altre piattaforme come una sorta di “bolla protettiva” che li aiuta a non affrontare direttamente le difficoltà.
Capisco che tu abbia provato a parlare con lui e che nonostante i tuoi sforzi sembri quasi che non ci sia una via d'uscita. L'isolamento e l'uso del cellulare possono essere segni di una sofferenza che forse non riesce a esprimere in altro modo. Tuttavia, forzarlo a fare qualcosa, come andare dallo psicologo, potrebbe in effetti chiuderlo ancora di più. Potresti pensare a come poter fare questi passi in modo più delicato, senza metterlo con le spalle al muro, ma allo stesso tempo dandogli il messaggio che sei pronta ad ascoltarlo, senza giudicarlo.
A volte gli adolescenti non capiscono completamente perché gli adulti o i genitori li spingano verso certi percorsi, ma se percepiscono il sostegno senza pressioni, potrebbero essere più disposti a seguirli. Probabilmente, se gli fai capire che tu stessa stai cercando di aiutarti con il supporto di uno psicologo, potrebbe prendere in considerazione di proseguire anche con il suo percorso, magari vedendolo come una risorsa e non come una costrizione.
Non dimenticare che anche se lui sembra non ascoltarti o non reagire, tu stai comunque facendo il possibile per essergli vicino. Proprio questa presenza costante, anche se discreta, può essere un punto di riferimento importante per lui, che magari non è in grado di esprimere direttamente.
Il fatto che lui sia attaccato al cellulare e sembri "imbambolato" potrebbe anche essere un segno di stress o una reazione al senso di incertezza che sente rispetto alla situazione familiare. Questo non significa che tu non stia facendo abbastanza, ma che la situazione richiede tempo e pazienza.
Mi rendo conto che può sembrare che lui non stia reagendo, ma ogni piccolo passo che fai per avvicinarti a lui, anche senza una risposta immediata, sta gettando delle basi per un cambiamento. È un processo che può richiedere tempo, soprattutto con gli adolescenti, ma è importante che tu non perda la speranza.
Spero che tu possa trovare un equilibrio che ti permetta di sostenere tuo figlio in modo delicato, senza sentirti troppo frustrata. Non è facile, ma il fatto che tu stia cercando di fare il meglio per lui è già un passo fondamentale. Se hai bisogno di parlarne ulteriormente o di avere supporto, io sono qui per ascoltarti.
Buongiorno,
Sicuramente i comportamenti che ha indicato sono indice di un momento di difficoltà per suo figlio. Putroppo non può costringerlo a farsi aiutare ma può cercare di stargli vicino nel migliore dei modi (come già sta provando a fare).
Dott. Marco Cenci
Sicuramente i comportamenti che ha indicato sono indice di un momento di difficoltà per suo figlio. Putroppo non può costringerlo a farsi aiutare ma può cercare di stargli vicino nel migliore dei modi (come già sta provando a fare).
Dott. Marco Cenci
Buongiorno signora,
capisco che si trova in una situazione che le provoca dolore ed è naturale volere essere di aiuto per il proprio figlio. Tuttavia, se suo figlio non vuole un aiuto da un professionista, non lo si può obbligare semplicemente perchè in primis, ciò non avrebbe un efficacia terapeutica. Lei però se sente la necessità di ricevere un supporto in un ambiente in cui la sua domanda può essere accolta, può richiedere per se un aiuto che può aiutarla a meglio capire come aiutare suo figlio. Auguri per tutto,
Dott.ssa G.T.
capisco che si trova in una situazione che le provoca dolore ed è naturale volere essere di aiuto per il proprio figlio. Tuttavia, se suo figlio non vuole un aiuto da un professionista, non lo si può obbligare semplicemente perchè in primis, ciò non avrebbe un efficacia terapeutica. Lei però se sente la necessità di ricevere un supporto in un ambiente in cui la sua domanda può essere accolta, può richiedere per se un aiuto che può aiutarla a meglio capire come aiutare suo figlio. Auguri per tutto,
Dott.ssa G.T.
Buongiorno, sicuramente suo figlio sta attraversando una fase di vita delicata, ma sembra che altri fattori possano amplificare un malessere che lo porta a chiedersi o a fuggire nella realtà virtuale. Ha ragione quando dice che non può forzarlo, rischia di essere inutile se non controproducente soprattutto per il vostro rapporto. Penso che in questa situazione sia fondamentale che lei gli faccia sentire la sua presenza e la sua apertura e disponibilità a parlare di come si sente o di permettergli di fare un lavoro con un professionista. Potrebbe essere che questo possa indurlo pian piano a chiedere lui stesso un confronto o un aiuto esterno. Cordialmente, dott.ssa Bonomi
Gentile utente, innanzitutto le consiglio di esplicitare la decisione di separarsi da suo marito: le assicuro che quando certe dinamiche rimangono nel "non detto" causano più difficoltà e sofferenza di quanta non ne derivi dal doverle affrontare.
Detto ciò, se lei ritiene che suo figlio a 16 anni abbia bisogno di un supporto psicologico, lo porti, anche se lui non vuole andare. Vedrà che il collega saprà trovare il modo di creare uno spazio e una relazione in cui suo figlio si sentirà abbastanza sicuro da aprirsi.
Dott. Giacomo Bonetti
Detto ciò, se lei ritiene che suo figlio a 16 anni abbia bisogno di un supporto psicologico, lo porti, anche se lui non vuole andare. Vedrà che il collega saprà trovare il modo di creare uno spazio e una relazione in cui suo figlio si sentirà abbastanza sicuro da aprirsi.
Dott. Giacomo Bonetti
Salve, capisco la sua preoccupazione. Il comportamento di suo figlio sembra il modo che ha trovato per proteggersi da un ambiente che probabilmente sente incerto e difficile da gestire. L’uso eccessivo del cellulare, l’isolamento e il rifiuto della scuola spesso sono segnali di un disagio più profondo, anche se lui dice che “va tutto bene”.
Ha già fatto tanto: parlarci, dirgli che anche lei va in terapia... questo è importante, perché gli mostra che chiedere aiuto non è una debolezza. Il fatto che abbia fatto almeno un colloquio è già un inizio, anche se ora rifiuta di continuare. Proverei a cercare di capire quale sia la motivazione dell'interruzione, se riguarda la motivazione al percorso o qualcosa di più facilmente accessibile come un cambio modalità/terapeuta.
Non può forzarlo, è vero, ma può continuare a esserci in modo empatico. A volte i ragazzi rientrano in terapia proprio quando si accorgono che qualcuno li vede davvero, senza giudicarli. Mantenga un canale aperto, anche solo dicendogli che quando vorrà, ci sarà uno spazio per lui, secondo le sue preferenze e necessità.
Ci sono anche percorsi di supporto per genitori: possono aiutarla a trovare il modo migliore per stargli vicino ora che sembra non lasciarsi avvicinare.
Ha già fatto tanto: parlarci, dirgli che anche lei va in terapia... questo è importante, perché gli mostra che chiedere aiuto non è una debolezza. Il fatto che abbia fatto almeno un colloquio è già un inizio, anche se ora rifiuta di continuare. Proverei a cercare di capire quale sia la motivazione dell'interruzione, se riguarda la motivazione al percorso o qualcosa di più facilmente accessibile come un cambio modalità/terapeuta.
Non può forzarlo, è vero, ma può continuare a esserci in modo empatico. A volte i ragazzi rientrano in terapia proprio quando si accorgono che qualcuno li vede davvero, senza giudicarli. Mantenga un canale aperto, anche solo dicendogli che quando vorrà, ci sarà uno spazio per lui, secondo le sue preferenze e necessità.
Ci sono anche percorsi di supporto per genitori: possono aiutarla a trovare il modo migliore per stargli vicino ora che sembra non lasciarsi avvicinare.
Buongiorno,
grazie per aver condiviso la situazione di suo figlio.
L'adolescenza è un periodo complesso, fatto di grossi cambiamenti sia fisici che psicologici che possono portare a cambiamenti nei comportamenti abituali. Ad esempio, come dice lei il ragazzo aveva un carattere "chiuso" ma ora è peggiorato. I genitori spesso sono comprensibilmente preoccupati per questi cambiamenti, a maggior ragione data l'attuale situazione familiare da lei descritta, che potrebbe influire.
La consapevolezza di doversi rivolgere ad un professionista è un percorso interiore che ognuno di noi matura in tempi e modalità differenti. Il ragazzo, se e quando verbalizzerà il bisogno di rivolgersi ad uno psicologo, lo farà presente alla famiglia, che pare essere molto aperta e disponibile sull'argomento.
Cordiali saluti,
Dott.ssa Giada Martorelli
grazie per aver condiviso la situazione di suo figlio.
L'adolescenza è un periodo complesso, fatto di grossi cambiamenti sia fisici che psicologici che possono portare a cambiamenti nei comportamenti abituali. Ad esempio, come dice lei il ragazzo aveva un carattere "chiuso" ma ora è peggiorato. I genitori spesso sono comprensibilmente preoccupati per questi cambiamenti, a maggior ragione data l'attuale situazione familiare da lei descritta, che potrebbe influire.
La consapevolezza di doversi rivolgere ad un professionista è un percorso interiore che ognuno di noi matura in tempi e modalità differenti. Il ragazzo, se e quando verbalizzerà il bisogno di rivolgersi ad uno psicologo, lo farà presente alla famiglia, che pare essere molto aperta e disponibile sull'argomento.
Cordiali saluti,
Dott.ssa Giada Martorelli
Buongiorno,
Non è possibile sbilanciarsi non conoscendo la situazione; da quel che scrive mi sembrano comportamenti tipici della fase adolescenziale che sta attraversando suo figlio. Lo smartphone oramai è un mezzo per essere connessi con i pari, immagino che per chi è cresciuto senza possa destare perplessità, di fatto però ad oggi lo smartphone è un modo di intrattenere relazioni e contatti sociali e suo figlio sta crescendo in quest'epoca, è fisiologico che si comporti coerentemente all'ambiente sociale in cui è inserito. Più che togliergli il cellulare, perchè non prova a negoziare con lui il tempo di utilizzo? Può esplicitare a suo figlio questa sua preoccupazione e spiegargli che preferirebbe voi trovaste un compromesso che renda sereni entrambi, per esempio.
Immagino sia un'età in cui il dialogo non è semplice, tuttavia tentare una negoziazione potrebbe rivelarsi efficace.
Per quanto riguarda lo psicologo, dice bene, non può forzarlo, anche perchè un percorso dà frutti se è la persona stessa che vuole intraprenderlo!
Spero di esserle stata d'aiuto :)
Non è possibile sbilanciarsi non conoscendo la situazione; da quel che scrive mi sembrano comportamenti tipici della fase adolescenziale che sta attraversando suo figlio. Lo smartphone oramai è un mezzo per essere connessi con i pari, immagino che per chi è cresciuto senza possa destare perplessità, di fatto però ad oggi lo smartphone è un modo di intrattenere relazioni e contatti sociali e suo figlio sta crescendo in quest'epoca, è fisiologico che si comporti coerentemente all'ambiente sociale in cui è inserito. Più che togliergli il cellulare, perchè non prova a negoziare con lui il tempo di utilizzo? Può esplicitare a suo figlio questa sua preoccupazione e spiegargli che preferirebbe voi trovaste un compromesso che renda sereni entrambi, per esempio.
Immagino sia un'età in cui il dialogo non è semplice, tuttavia tentare una negoziazione potrebbe rivelarsi efficace.
Per quanto riguarda lo psicologo, dice bene, non può forzarlo, anche perchè un percorso dà frutti se è la persona stessa che vuole intraprenderlo!
Spero di esserle stata d'aiuto :)
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