Ciao. Ho 17 anni. Mi scuso se tutto questo sembrerà banale o stupido, ma ho solo bisogno di sfogarmi
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Ciao. Ho 17 anni. Mi scuso se tutto questo sembrerà banale o stupido, ma ho solo bisogno di sfogarmi un attimo. Mia mamma a pranzo si è lamentata perchè ho mangiato metà lasagna e non tutta. Io le ho risposto male perchè già sto sviluppando un rapporto strano col cibo, poi ci si mette pure lei..le ho detto che mangio quando e quanto voglio e adesso mi sento pure in colpa.
Mi sono scusata per prima e mi fa che la sua sofferenza non viene mai capita.
Solo perchè non avevo fame e ho mangiato meno del solito..
Continua a fare la vittima, a scaricarmi tutto addosso, come se fosse l'unica a soffrire.
Riconosco tutto quello che fa per me, ma è tutto solo ed esclusivamente materiale.
Non ha mai provato a capire i miei sentimenti. Il suo modo di dimostrare affetto è comprare e comprare, anche se io non chiedo niente.
Quella che ha sofferto di più in tutta questa storia sono stata IO, tutto creato da lei..5 anni fa ha tradito mio padre e adesso vivo con lei e il suo compagno, tutti i giorni. Quindi che non mi venga a dire che la sua sofferenza non viene capita
perché non ha la minima idea di quanto le sue azioni passate mi facciano ancora male.
E quando ho chiesto aiuto, ovvero una cazzo di psicologa, invece di aiutarmi ha fatto di nuovo la vittima, facendomi sentire in colpa perchè sentiva di aver sbagliato come mamma. Beh, ha sbagliato tutto sí
Intanto sono io qua che piango e mi dispero; mi fa venire i sensi di colpa a mille
io rispondo male e non capisco la sua sofferenza, lei ha rovinato la mia famiglia e la mia serenità...non so cosa sia peggio
Non so come comportarmi..i sensi di colpa mi stanno logorando
Mi sono scusata per prima e mi fa che la sua sofferenza non viene mai capita.
Solo perchè non avevo fame e ho mangiato meno del solito..
Continua a fare la vittima, a scaricarmi tutto addosso, come se fosse l'unica a soffrire.
Riconosco tutto quello che fa per me, ma è tutto solo ed esclusivamente materiale.
Non ha mai provato a capire i miei sentimenti. Il suo modo di dimostrare affetto è comprare e comprare, anche se io non chiedo niente.
Quella che ha sofferto di più in tutta questa storia sono stata IO, tutto creato da lei..5 anni fa ha tradito mio padre e adesso vivo con lei e il suo compagno, tutti i giorni. Quindi che non mi venga a dire che la sua sofferenza non viene capita
perché non ha la minima idea di quanto le sue azioni passate mi facciano ancora male.
E quando ho chiesto aiuto, ovvero una cazzo di psicologa, invece di aiutarmi ha fatto di nuovo la vittima, facendomi sentire in colpa perchè sentiva di aver sbagliato come mamma. Beh, ha sbagliato tutto sí
Intanto sono io qua che piango e mi dispero; mi fa venire i sensi di colpa a mille
io rispondo male e non capisco la sua sofferenza, lei ha rovinato la mia famiglia e la mia serenità...non so cosa sia peggio
Non so come comportarmi..i sensi di colpa mi stanno logorando
Cara utente,
come dice lei è arrabbiata con sua mamma per diversi motivi, ma questo la fa sentire in colpa. Tutto ciò può portare a fatiche nel relazionarsi con la sua mamma e vivere la quotidianità in casa e anche il rapporto con il cibo, come descrive, può essere una conseguenza legata a tutto questo. Va bene chiedere aiuto, va bene sentire il bisogno di trovare una psicologa. Se sua mamma, ad un'altra sua richiesta di questo tipo, non capirà... allora si rivolga al suo consultorio di città così che possa essere presa in carico e avere qualche colloquio gratuito a disposizione con una psicologa.
Rimango a disposizione
Un caro saluto
Dott.ssa Claudia Fontanella
come dice lei è arrabbiata con sua mamma per diversi motivi, ma questo la fa sentire in colpa. Tutto ciò può portare a fatiche nel relazionarsi con la sua mamma e vivere la quotidianità in casa e anche il rapporto con il cibo, come descrive, può essere una conseguenza legata a tutto questo. Va bene chiedere aiuto, va bene sentire il bisogno di trovare una psicologa. Se sua mamma, ad un'altra sua richiesta di questo tipo, non capirà... allora si rivolga al suo consultorio di città così che possa essere presa in carico e avere qualche colloquio gratuito a disposizione con una psicologa.
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Salve, mi dispiace per il difficile momento che sta attraversando. Sembra aver compreso il funzionamento di sua madre, un donna che di fronte alle problematiche si abbatte e cerca il supporto a ogni costo degli altri. Una donna di questo tipo, che non si assume le responsabilità, che non comunica emotivamente ma in maniera pratica, non può dare supporto perché troppo bisognosa e/o incapace di darlo a causa di sofferenze personali che gestisce in questo modo. é comprensibile quindi che lei da figlia si possa sentire cosi. Se sua madre non la vuole aiutare le consiglio di rivolgersi a un pubblico che potrà darle l'aiuto che merita.
Ci tengo a sottolineare che il mio commento è basato sulla sua breve descrizione, quindi sicuramente non è esaustivo né una certezza. Per comprendere meglio lei e sua madre sarebbe necessario un percorso psicologico che spero intraprenda.
Cordiali saluti.
Dott.Salvatore Augello
Ci tengo a sottolineare che il mio commento è basato sulla sua breve descrizione, quindi sicuramente non è esaustivo né una certezza. Per comprendere meglio lei e sua madre sarebbe necessario un percorso psicologico che spero intraprenda.
Cordiali saluti.
Dott.Salvatore Augello
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Ciao cara, innanzi tutto mi dispiace molto per la tua situazione familiare e voglio fin da subito ringraziarti per questa condivisione... credo che ricevere qualche risposta di supporto ti possa solo fare del bene.
Purtroppo posso capire benissimo quanto sia frustrante e doloroso quando una mamma sembra non capire la sofferenza di una figlia... Questo spesso accade perché è difficile ammettere ed accettare che c'è qualcosa che non va, dovendo così prendersene la responsabilità e farsene carico...
Secondo me, ti gioverebbe molto un supporto psicologico al fine di gestire queste difficili dinamiche familiari e di aiutarti a non assorbire il senso di colpa che, magari anche involontariamente, tua mamma ti fa sperimentare.
Inoltre, mi colpisce il commento che hai fatto rispetto al rapporto con il cibo - che senti essere "strano". Da una parte, ti rassicuro dicendo che è normale che durante l'adolescenza si attraversi una fase specifica che riguarda l'accettazione e scoperta di sé stessi e del proprio corpo, includendo così anche il rapporto con il cibo.
D'altra parte, però, non vorrei che questo primo campanello di allarme di cui racconti venga sottovalutato - considerando, anche, la difficile condizione emotiva in cui ti trovi all'interno della tua famiglia.
Ritengo che l'aiuto di una psicologa sarebbe per te essenziale, in modo da sviluppare le tue potenzialità al meglio ma anche da permetterti di affrontare i tuoi temi e nuclei di eventuale difficoltà e sofferenza.
Un'idea che posso suggerirti è quella di provare a parlare con tua mamma a cuore aperto, esprimendo il tuo disagio ed il tuo bisogno di un sostegno psicologico.
Si potrebbe anche pensare, se tu lo volessi, di fare un percorso in cui la mamma venga coinvolta, permettendovi di comunicare e di capirvi al meglio in uno spazio sicuro e protetto... Questa ipotesi potrebbe rivelarsi molto utile per te, ma anche per lei.
In conclusione, ti auguro un grande in bocca al lupo... Sei una ragazza giovanissima e sono sicura che riuscirai a fiorire!
Se avrai bisogno, sarò a Tua disposizione...
A presto,
Chiara Visalli
Purtroppo posso capire benissimo quanto sia frustrante e doloroso quando una mamma sembra non capire la sofferenza di una figlia... Questo spesso accade perché è difficile ammettere ed accettare che c'è qualcosa che non va, dovendo così prendersene la responsabilità e farsene carico...
Secondo me, ti gioverebbe molto un supporto psicologico al fine di gestire queste difficili dinamiche familiari e di aiutarti a non assorbire il senso di colpa che, magari anche involontariamente, tua mamma ti fa sperimentare.
Inoltre, mi colpisce il commento che hai fatto rispetto al rapporto con il cibo - che senti essere "strano". Da una parte, ti rassicuro dicendo che è normale che durante l'adolescenza si attraversi una fase specifica che riguarda l'accettazione e scoperta di sé stessi e del proprio corpo, includendo così anche il rapporto con il cibo.
D'altra parte, però, non vorrei che questo primo campanello di allarme di cui racconti venga sottovalutato - considerando, anche, la difficile condizione emotiva in cui ti trovi all'interno della tua famiglia.
Ritengo che l'aiuto di una psicologa sarebbe per te essenziale, in modo da sviluppare le tue potenzialità al meglio ma anche da permetterti di affrontare i tuoi temi e nuclei di eventuale difficoltà e sofferenza.
Un'idea che posso suggerirti è quella di provare a parlare con tua mamma a cuore aperto, esprimendo il tuo disagio ed il tuo bisogno di un sostegno psicologico.
Si potrebbe anche pensare, se tu lo volessi, di fare un percorso in cui la mamma venga coinvolta, permettendovi di comunicare e di capirvi al meglio in uno spazio sicuro e protetto... Questa ipotesi potrebbe rivelarsi molto utile per te, ma anche per lei.
In conclusione, ti auguro un grande in bocca al lupo... Sei una ragazza giovanissima e sono sicura che riuscirai a fiorire!
Se avrai bisogno, sarò a Tua disposizione...
A presto,
Chiara Visalli
Dare una risposta esaustiva in questa situazione è complesso, poiché per capire questo tua narrazione ci sarebbe da capire quale sia stato il rapporto con entrambi i tuoi genitori prima e dopo che si separassero. Probabilmente la separazione ha rappresentato per te un turning point importante, che ha portato a galla alcune dinamiche disfunzionali all’interno del tuo rapporto con tua mamma. Siete mai riuscite ad instaurare un dialogo aperto e costruttivo su come entrambe vi siete vissute questo cambiamento così importante?
Ciao, grazie per aver avuto il coraggio di scrivere tutto questo. Non è banale, non è stupido. È vero. È autentico. È dolore che merita di essere ascoltato — e che ha bisogno di essere accolto senza giudizio.
Quello che stai vivendo è profondamente difficile. E da come scrivi, si sente che stai cercando di tenere in piedi qualcosa che è già crollato dentro di te tante volte. Il dolore che provi è reale, come reale è la fatica di crescere in un contesto in cui ti sei sentita, forse troppo spesso, invisibile nei tuoi sentimenti, nei tuoi bisogni più profondi.
Il rapporto con tua madre sembra essere segnato da un conflitto continuo tra quello che ricevi e quello che manca: ti dà cose materiali, ma tu avresti voluto – e avresti avuto diritto – a comprensione, ascolto, presenza emotiva. E non è sbagliato volerlo. Non sei “ingrata”. Non sei “cattiva”. Stai solo cercando di essere vista per davvero.
Anche il modo in cui descrivi il momento a tavola dice tanto: sei nel mezzo di un percorso complesso col cibo, forse carico di emozioni, controllo, disagio... e una semplice frase della mamma diventa la scintilla che riaccende tutto. Non è colpa tua. Stai cercando di trovare un equilibrio, e purtroppo intorno a te non sempre c'è lo spazio per farlo in pace.
Il senso di colpa che provi – e che lei, consapevolmente o meno, sembra alimentare – è uno degli strumenti più pesanti che si possono portare addosso. Ma non è tutto tuo. Parte di quel peso è suo, parte della sua difficoltà ad assumersi la responsabilità delle sue scelte, del suo dolore, del suo ruolo. Non puoi farti carico tu del suo senso di fallimento come madre. È un peso troppo grande per chiunque, figuriamoci per una figlia di 17 anni.
Eppure tu ti stai prendendo cura anche di lei, scusandoti per prima, cercando un dialogo. Questo dice tanto di te: che hai una grande sensibilità, che sei capace di empatia, ma anche che sei abituata – forse da troppo tempo – a dover “tenere insieme tutto” da sola.
Tu hai diritto a essere arrabbiata. Hai diritto a provare confusione, tristezza, rabbia, dolore. E hai soprattutto diritto ad avere uno spazio tutto tuo in cui questi sentimenti non vengano capovolti o usati contro di te, ma semplicemente ascoltati. Una psicologa, come hai chiesto, potrebbe essere davvero un sostegno importante per te. Non perché sei sbagliata, ma perché hai il diritto di essere accolta in quello che provi, senza che ti venga fatto pesare.
Quello che stai vivendo è profondamente difficile. E da come scrivi, si sente che stai cercando di tenere in piedi qualcosa che è già crollato dentro di te tante volte. Il dolore che provi è reale, come reale è la fatica di crescere in un contesto in cui ti sei sentita, forse troppo spesso, invisibile nei tuoi sentimenti, nei tuoi bisogni più profondi.
Il rapporto con tua madre sembra essere segnato da un conflitto continuo tra quello che ricevi e quello che manca: ti dà cose materiali, ma tu avresti voluto – e avresti avuto diritto – a comprensione, ascolto, presenza emotiva. E non è sbagliato volerlo. Non sei “ingrata”. Non sei “cattiva”. Stai solo cercando di essere vista per davvero.
Anche il modo in cui descrivi il momento a tavola dice tanto: sei nel mezzo di un percorso complesso col cibo, forse carico di emozioni, controllo, disagio... e una semplice frase della mamma diventa la scintilla che riaccende tutto. Non è colpa tua. Stai cercando di trovare un equilibrio, e purtroppo intorno a te non sempre c'è lo spazio per farlo in pace.
Il senso di colpa che provi – e che lei, consapevolmente o meno, sembra alimentare – è uno degli strumenti più pesanti che si possono portare addosso. Ma non è tutto tuo. Parte di quel peso è suo, parte della sua difficoltà ad assumersi la responsabilità delle sue scelte, del suo dolore, del suo ruolo. Non puoi farti carico tu del suo senso di fallimento come madre. È un peso troppo grande per chiunque, figuriamoci per una figlia di 17 anni.
Eppure tu ti stai prendendo cura anche di lei, scusandoti per prima, cercando un dialogo. Questo dice tanto di te: che hai una grande sensibilità, che sei capace di empatia, ma anche che sei abituata – forse da troppo tempo – a dover “tenere insieme tutto” da sola.
Tu hai diritto a essere arrabbiata. Hai diritto a provare confusione, tristezza, rabbia, dolore. E hai soprattutto diritto ad avere uno spazio tutto tuo in cui questi sentimenti non vengano capovolti o usati contro di te, ma semplicemente ascoltati. Una psicologa, come hai chiesto, potrebbe essere davvero un sostegno importante per te. Non perché sei sbagliata, ma perché hai il diritto di essere accolta in quello che provi, senza che ti venga fatto pesare.
Buongiorno e grazie per aver scritto su questo portale.
La tua (ti do del tu perché sei giovane, spero non sia un problema) è una situazione piuttosto gravosa. Alla tua età le uniche preoccupazioni dovrebbero riguardare la scuola o la propria cerchia sociale, piuttosto che star dietro ai problemi dei genitori. Capisco la rabbia e capisco la sofferenza, soprattutto perché il voler avere un supporto psicologico non dovrebbe essere visto come un crimine, quanto piuttosto come un'opportunità.
Il senso di colpa è nulla più che un freno, spesso indotto dagli altri, e non aiuta a raggiungere i propri scopi, per cui è importante non cadere in questa trappola. Se senti il bisogno di un supporto, esistono dei servizi pubblici gratuiti a cui potersi rivolgere, ma non dimenticare che anche gli amici possono fare molto, condividere e parlarne aiuta ad abbassare un po' la tensione e a sentirsi meno soli.
La tua (ti do del tu perché sei giovane, spero non sia un problema) è una situazione piuttosto gravosa. Alla tua età le uniche preoccupazioni dovrebbero riguardare la scuola o la propria cerchia sociale, piuttosto che star dietro ai problemi dei genitori. Capisco la rabbia e capisco la sofferenza, soprattutto perché il voler avere un supporto psicologico non dovrebbe essere visto come un crimine, quanto piuttosto come un'opportunità.
Il senso di colpa è nulla più che un freno, spesso indotto dagli altri, e non aiuta a raggiungere i propri scopi, per cui è importante non cadere in questa trappola. Se senti il bisogno di un supporto, esistono dei servizi pubblici gratuiti a cui potersi rivolgere, ma non dimenticare che anche gli amici possono fare molto, condividere e parlarne aiuta ad abbassare un po' la tensione e a sentirsi meno soli.
Ciao. Prima di tutto voglio dirti questo: quello che hai scritto non è né banale né stupido. È profondo ed estremamente importante.
Hai 17 anni e sei molto brava nel riconoscere dinamiche complesse e nel cercare di dare un senso a ciò che stai vivendo.
Non c’è nulla di sbagliato in ciò che provi.
Stai reagendo a una situazione emotivamente sbilanciata, in cui non ti senti riconosciuta nel tuo dolore da una persona per te significativa.
Quando ti senti sola nel tuo bisogno di comprensione, è normale provare rabbia, frustrazione, senso di colpa e confusione.
Il punto non è che tu abbia “risposto male”.
Il punto è che da tempo stai cercando di esprimere un bisogno più profondo: quello di essere vista, ascoltata, capita.
E ogni volta che non ricevi una risposta empatica, ti viene trasmesso il messaggio (implicito o esplicito) che quel bisogno è sbagliato o eccessivo. Non lo è.
Il fatto che tu stia sviluppando un rapporto complesso con il cibo non è affatto secondario.
Il cibo, per molti, diventa uno spazio simbolico in cui si riversano emozioni, conflitti interiori, bisogni non ascoltati: il bisogno di controllo, di libertà, di accettazione, o la reazione a un giudizio esterno.
Quando tua madre ti rimprovera o ti colpevolizza per “quanto” o “cosa” mangi, non sta commentando il tuo pasto, sta toccando un'area sensibile che riguarda la tua autonomia, il tuo corpo, la tua libertà emotiva.
Questo può farti sentire sbagliata, anche solo per il fatto di non avere fame in quel momento.
Tu non hai il potere di cambiare il comportamento emotivo di tua madre. Ma hai il potere di riconoscere i tuoi confini e cominciare a proteggerli.
Non giudicarti per quello che senti:
La rabbia non ti rende “cattiva”, il senso di colpa non significa che hai torto.
Sono segnali che il tuo sistema nervoso ti manda per dirti che qualcosa non è giusto per te.
Potresti provare a a scrivere una lettera (non da inviare) a tua madre.
Scrivici dentro tutto ciò che pensi e provi: rabbia, delusione, parole mai dette.
Scrivila per te. È un modo per legittimare la tua esperienza e dare voce a ciò che è rimasto dentro.
In un momento “freddo”, cioè lontano da discussioni o tensioni, potresti ribadire il tuo bisogno di ricevere supporto psicologico.
Approfitta di questi momenti magari per spiegarle che non è un’accusa verso di lei.
È un tuo spazio personale, per respirare, elaborare e prenderti cura di te stessa.
Se anche così non ricevi comprensione, rivolgiti a un adulto di riferimento, o ai servizi territoriali (consultori, sportelli scolastici, spazi adolescenti).
Quando ti senti in colpa… chiediti: “Questa sensazione è davvero mia?
O mi sta venendo addosso qualcosa che non mi appartiene?”
Infine, una cosa importantissima:
Tu non sei un problema.
Anzi: il fatto che tu senta il bisogno di amare, di essere vista, di guarire… è sano. È giusto. È tuo diritto.
Chiedere aiuto non è un tradimento verso tua madre.
È un atto di amore verso te stessa.
Anche se è molto difficile, e anche questo possiamo dirlo con tutta sincerità.
Hai 17 anni e sei molto brava nel riconoscere dinamiche complesse e nel cercare di dare un senso a ciò che stai vivendo.
Non c’è nulla di sbagliato in ciò che provi.
Stai reagendo a una situazione emotivamente sbilanciata, in cui non ti senti riconosciuta nel tuo dolore da una persona per te significativa.
Quando ti senti sola nel tuo bisogno di comprensione, è normale provare rabbia, frustrazione, senso di colpa e confusione.
Il punto non è che tu abbia “risposto male”.
Il punto è che da tempo stai cercando di esprimere un bisogno più profondo: quello di essere vista, ascoltata, capita.
E ogni volta che non ricevi una risposta empatica, ti viene trasmesso il messaggio (implicito o esplicito) che quel bisogno è sbagliato o eccessivo. Non lo è.
Il fatto che tu stia sviluppando un rapporto complesso con il cibo non è affatto secondario.
Il cibo, per molti, diventa uno spazio simbolico in cui si riversano emozioni, conflitti interiori, bisogni non ascoltati: il bisogno di controllo, di libertà, di accettazione, o la reazione a un giudizio esterno.
Quando tua madre ti rimprovera o ti colpevolizza per “quanto” o “cosa” mangi, non sta commentando il tuo pasto, sta toccando un'area sensibile che riguarda la tua autonomia, il tuo corpo, la tua libertà emotiva.
Questo può farti sentire sbagliata, anche solo per il fatto di non avere fame in quel momento.
Tu non hai il potere di cambiare il comportamento emotivo di tua madre. Ma hai il potere di riconoscere i tuoi confini e cominciare a proteggerli.
Non giudicarti per quello che senti:
La rabbia non ti rende “cattiva”, il senso di colpa non significa che hai torto.
Sono segnali che il tuo sistema nervoso ti manda per dirti che qualcosa non è giusto per te.
Potresti provare a a scrivere una lettera (non da inviare) a tua madre.
Scrivici dentro tutto ciò che pensi e provi: rabbia, delusione, parole mai dette.
Scrivila per te. È un modo per legittimare la tua esperienza e dare voce a ciò che è rimasto dentro.
In un momento “freddo”, cioè lontano da discussioni o tensioni, potresti ribadire il tuo bisogno di ricevere supporto psicologico.
Approfitta di questi momenti magari per spiegarle che non è un’accusa verso di lei.
È un tuo spazio personale, per respirare, elaborare e prenderti cura di te stessa.
Se anche così non ricevi comprensione, rivolgiti a un adulto di riferimento, o ai servizi territoriali (consultori, sportelli scolastici, spazi adolescenti).
Quando ti senti in colpa… chiediti: “Questa sensazione è davvero mia?
O mi sta venendo addosso qualcosa che non mi appartiene?”
Infine, una cosa importantissima:
Tu non sei un problema.
Anzi: il fatto che tu senta il bisogno di amare, di essere vista, di guarire… è sano. È giusto. È tuo diritto.
Chiedere aiuto non è un tradimento verso tua madre.
È un atto di amore verso te stessa.
Anche se è molto difficile, e anche questo possiamo dirlo con tutta sincerità.
Ciao!
Mi dispiace per quello che stai attraversando . Lo comprendo. Sembra tutto molto doloroso. Hai ragione. Tutto quello che dici è più che comprensibile ed ha una dignità continua il tuo percorso psicologico o se ne cerchi uno su questa piattaforma ne trovi tanti a seconda dell'esigenza
Hai ragione non è giusto che tu debba sentirti in colpa per quello che provi . Anche perchè ripeto le tue emozioni sono comprensibili . Cercare aiuto in una figura professionale è un'ottima cosa . Persevera
Ha bisogno di venire fuori
Resto a disposizione anche online
Mi dispiace per quello che stai attraversando . Lo comprendo. Sembra tutto molto doloroso. Hai ragione. Tutto quello che dici è più che comprensibile ed ha una dignità continua il tuo percorso psicologico o se ne cerchi uno su questa piattaforma ne trovi tanti a seconda dell'esigenza
Hai ragione non è giusto che tu debba sentirti in colpa per quello che provi . Anche perchè ripeto le tue emozioni sono comprensibili . Cercare aiuto in una figura professionale è un'ottima cosa . Persevera
Ha bisogno di venire fuori
Resto a disposizione anche online
gentile utente,
il suo sfogo è importante ed è anche, forse, necessario per non rischiare di tenere tutto dentro.
Le direi che il suo "strano rapporto con il cibo" è qualcosa che meriterebbe un maggior spazio di comprensione, ma da quanto ha detto nella sua famiglia al momento non c'é disponibilità a sostenerla in un percorso psicologico. Le auguro di poter trovare una maggiore comprensione e sostegno da parte di qualche altro componente della sua famiglia, che possa aiutarla a far capire a sua madre che per lei è importante rivolgersi ad uno/a psicologo/a.
Saluti
il suo sfogo è importante ed è anche, forse, necessario per non rischiare di tenere tutto dentro.
Le direi che il suo "strano rapporto con il cibo" è qualcosa che meriterebbe un maggior spazio di comprensione, ma da quanto ha detto nella sua famiglia al momento non c'é disponibilità a sostenerla in un percorso psicologico. Le auguro di poter trovare una maggiore comprensione e sostegno da parte di qualche altro componente della sua famiglia, che possa aiutarla a far capire a sua madre che per lei è importante rivolgersi ad uno/a psicologo/a.
Saluti
Ciao, non penso sia giusto sentirsi un colpa se stai provando un senso di malessere, al di la delle motivazioni che lo hanno causato. Se senti il bisogno di ricevere aiuto devi solo chiedere alle persone giuste!
Ciao, ti ringrazio per aver condiviso con tanta sincerità e coraggio quello che stai vivendo. Quello che descrivi è un dolore profondo e un senso di confusione molto forte, soprattutto nel rapporto con tua mamma e con te stessa. È comprensibile che ti senta ferita e in difficoltà, soprattutto quando il modo di comunicare e di mostrare affetto dentro la famiglia non sembra rispondere ai tuoi bisogni emotivi.
I sensi di colpa possono essere davvero logoranti, ma è importante ricordare che non sei responsabile delle scelte o degli errori degli altri, anche se questi hanno avuto un impatto su di te. È normale sentirsi sopraffatti quando chi dovrebbe supportarti invece ti fa sentire incompresa o addirittura in colpa. In momenti come questi, è fondamentale cercare uno spazio sicuro dove poter esprimere i tuoi sentimenti senza paura di giudizio.
Ti consiglio caldamente di rivolgerti a uno specialista, come uno psicologo o uno psicoterapeuta, che possa aiutarti a comprendere meglio le tue emozioni e a trovare strumenti per gestire questo peso che stai portando. Un professionista può offrirti uno spazio di ascolto autentico e supportarti nel costruire un equilibrio più sano dentro te stessa e nel rapporto con gli altri.
Prendersi cura di sé è un atto di coraggio e non un segno di debolezza. Non sei sola in questo percorso.
Con affetto,
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
I sensi di colpa possono essere davvero logoranti, ma è importante ricordare che non sei responsabile delle scelte o degli errori degli altri, anche se questi hanno avuto un impatto su di te. È normale sentirsi sopraffatti quando chi dovrebbe supportarti invece ti fa sentire incompresa o addirittura in colpa. In momenti come questi, è fondamentale cercare uno spazio sicuro dove poter esprimere i tuoi sentimenti senza paura di giudizio.
Ti consiglio caldamente di rivolgerti a uno specialista, come uno psicologo o uno psicoterapeuta, che possa aiutarti a comprendere meglio le tue emozioni e a trovare strumenti per gestire questo peso che stai portando. Un professionista può offrirti uno spazio di ascolto autentico e supportarti nel costruire un equilibrio più sano dentro te stessa e nel rapporto con gli altri.
Prendersi cura di sé è un atto di coraggio e non un segno di debolezza. Non sei sola in questo percorso.
Con affetto,
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Grazie per aver scritto, quello che provi non è affatto banale. Stai vivendo una situazione difficile, piena di dolore, rabbia e senso di colpa. È normale sentirsi così, soprattutto quando ti sembra che i tuoi bisogni emotivi non vengano visti o accolti da chi dovrebbe esserci per te.
Il rapporto con il cibo che sta cambiando è un segnale importante: non riguarda solo l’appetito, ma è un modo in cui il tuo corpo esprime quello che le parole non riescono a dire. La tua richiesta di vedere una psicologa è stata giusta, e il fatto che non sia stata accolta non significa che tu abbia sbagliato.
Non sei tu a dover portare il peso della sofferenza degli altri. Hai il diritto di sentire quello che senti. Non sei sbagliata, sei solo molto ferita. E stai cercando un modo per respirare.
Un caro saluto
Il rapporto con il cibo che sta cambiando è un segnale importante: non riguarda solo l’appetito, ma è un modo in cui il tuo corpo esprime quello che le parole non riescono a dire. La tua richiesta di vedere una psicologa è stata giusta, e il fatto che non sia stata accolta non significa che tu abbia sbagliato.
Non sei tu a dover portare il peso della sofferenza degli altri. Hai il diritto di sentire quello che senti. Non sei sbagliata, sei solo molto ferita. E stai cercando un modo per respirare.
Un caro saluto
La ringrazio per aver condiviso con tanta sincerità e coraggio il suo sfogo, che tutt’altro che banale o stupido come lei teme, esprime invece un grande bisogno di essere capita e di dare un senso alle emozioni profonde e complesse che sta vivendo. Quello che racconta mi fa sentire tutta la fatica che sta attraversando: il peso dei sensi di colpa, la rabbia, la delusione e quella solitudine emotiva che si prova quando ci si sente non ascoltati nei propri bisogni più veri. È un momento difficile e le sue parole raccontano quanto sia importante per lei riuscire a mettere ordine in questo groviglio di emozioni. Nella prospettiva cognitivo-comportamentale, quello che lei descrive si può comprendere come il risultato di pensieri e interpretazioni che, in situazioni emotivamente intense come questa, finiscono per rafforzare e amplificare il suo malessere. I sensi di colpa che la stanno logorando, ad esempio, nascono dal giudizio severo che lei rivolge a se stessa per aver risposto male a sua madre, e dal timore di non essere stata una brava figlia o di non aver saputo capire la sofferenza altrui. Ma ciò che è importante vedere è che quei pensieri non rappresentano una verità assoluta. Sono tentativi della sua mente di spiegare ciò che sta succedendo, ma lo fanno in un modo che la porta a sentirsi ancora più sbagliata e sola. Il fatto che lei abbia reagito male a sua madre non la rende una cattiva figlia: la rende semplicemente una ragazza che, sotto la pressione di tante emozioni, ha avuto una reazione umana e comprensibile. Le difficoltà nel rapporto con il cibo che lei accenna, e il legame che questo ha con la relazione con sua madre, parlano del bisogno di sentirsi libera di scegliere e di poter affermare sé stessa senza sentirsi giudicata o in colpa. È come se ogni volta che cerca di prendersi uno spazio per sé, sua madre reagisse in un modo che la fa sentire nuovamente intrappolata nel ruolo di doverla proteggere, consolare, capire. Questo la mette in una posizione molto difficile, perché invece sarebbe lei ad avere bisogno di sentirsi capita e sostenuta. Dal punto di vista pratico, ciò che potrebbe aiutarla è cominciare a osservare questi pensieri di colpa e questi automatismi della mente con uno sguardo più distaccato. Non per giudicarli o combatterli, ma per riconoscere che ci sono, e che non sono ordini a cui deve obbedire. Quando si accorge che la mente le dice che ha sbagliato, che ha fatto soffrire sua madre, che non è una brava figlia, provi a chiedersi: questo pensiero mi aiuta davvero a stare meglio? Mi aiuta a crescere o a costruire il tipo di rapporto che desidero? Oppure mi fa solo stare peggio e rafforza la mia sofferenza? In questo modo piano piano può imparare a creare un po’ di spazio fra lei e questi pensieri, per poi scegliere di agire in un modo che sia più coerente con i suoi valori e con il rispetto di sé. Infine, voglio dirle che il suo desiderio di chiedere aiuto, di voler parlare con una psicologa, è un segno prezioso di forza e di consapevolezza. Non lasci che i sensi di colpa glielo facciano mettere da parte. Non c’è nulla di sbagliato nel cercare uno spazio in cui possa finalmente essere ascoltata per quello che sente, senza dover consolare o proteggere gli altri. Se possibile, provi a esprimere di nuovo questo suo bisogno, anche coinvolgendo un adulto di riferimento che possa aiutarla a farlo presente in modo chiaro e deciso. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Ciao,
ti ringrazio profondamente per le parole che hai avuto il coraggio di scrivere. Non c’è nulla di stupido o banale in quello che hai condiviso — anzi, c’è un dolore profondo, vero, che merita di essere ascoltato con rispetto, e non minimizzato.
Stai attraversando qualcosa di molto più grande di un semplice “sfogo”. Le tue parole parlano di una ferita che si è aperta tempo fa, e che oggi continua a sanguinare — non solo per quello che è successo anni fa, ma anche per il modo in cui, da allora, ti sei sentita non vista, non capita, lasciata sola proprio nei momenti in cui avresti avuto più bisogno.
Quando dici che stai sviluppando un rapporto “strano” con il cibo, io lo leggo come un campanello d’allarme, ma anche come un segnale di quanto stia diventando difficile per te trovare uno spazio sicuro per esprimerti. A volte il cibo — troppo, troppo poco, controllato, rifiutato — diventa un modo per dire qualcosa che non si riesce a dire con le parole. E se a questo si aggiunge l'impressione che chi ti è accanto non sappia ascoltarti davvero, è comprensibile che la frustrazione esploda.
Non è “sbagliato” aver risposto male. Non è “sbagliato” sentirsi ferita. Stai cercando disperatamente un modo per essere capita, e ogni tuo gesto, anche quello che ti fa sentire in colpa dopo, ha dentro una richiesta: “vedimi, ascoltami, smettila di fare finta che non sto male”.
Il senso di colpa di cui parli sembra una montagna che ti cade addosso ogni volta che provi a reagire, a mettere un confine, a dire come ti senti. E purtroppo questo accade spesso quando un genitore, anziché prendersi la responsabilità del proprio dolore, la riversa — magari inconsapevolmente — sui figli. Quando tua madre dice che la sua sofferenza non viene mai capita, non sta ascoltando davvero la tua. Non vuol dire che non soffra anche lei, ma non può essere il tuo compito occuparti del suo dolore, soprattutto se il suo modo di esprimerlo ti fa sentire sbagliata, ingrata, o egoista.
Non sei egoista. Sei una ragazza che sta cercando di reggere qualcosa di troppo pesante per la sua età, e che ha il coraggio di dire: “non ce la faccio più a fingere che vada tutto bene”.
Hai fatto un gesto importante quando hai chiesto una psicologa. Chiedere aiuto è un atto di forza, non di debolezza. È un modo per prenderti cura di te. Se in quel momento tua madre ha reagito facendoti sentire in colpa, questo non è giusto, ma non deve toglierti il diritto di cercare ascolto altrove. A volte i genitori non riescono a reggere l’idea di aver ferito i propri figli, e invece di affrontare la realtà, si chiudono nel proprio dolore. Ma tu non sei responsabile della sua incapacità di affrontare il passato.
Quello che stai vivendo non può e non deve essere affrontato da sola. Esistono sportelli psicologici gratuiti per adolescenti e giovani, anche all’interno delle scuole o nei servizi territoriali. Esistono consultori familiari, spazi d’ascolto, numeri per il supporto psicologico. Se non puoi ancora avere un aiuto stabile, cerca almeno un primo spazio in cui parlare. Quello che provi ha bisogno di essere accolto da qualcuno che non ti faccia sentire in colpa.
E mentre cerchi un modo per farti aiutare, ti invito a ricordarti una cosa: sei ancora molto giovane, ma sei anche molto lucida. Il modo in cui racconti quello che senti, anche se ti sembra “troppo”, parla di una persona che sta lottando per proteggere la propria dignità, il proprio sentire, la propria voce. E questo è un atto di resistenza importantissimo.
Tu hai diritto a un luogo dove poter piangere senza vergogna, dove poter dire “sto male” senza che nessuno ti zittisca o ti faccia sentire sbagliata.
Io sono qui, e se vorrai continuare a scrivermi, ti ascolterò. Ti mando un caro saluto
ti ringrazio profondamente per le parole che hai avuto il coraggio di scrivere. Non c’è nulla di stupido o banale in quello che hai condiviso — anzi, c’è un dolore profondo, vero, che merita di essere ascoltato con rispetto, e non minimizzato.
Stai attraversando qualcosa di molto più grande di un semplice “sfogo”. Le tue parole parlano di una ferita che si è aperta tempo fa, e che oggi continua a sanguinare — non solo per quello che è successo anni fa, ma anche per il modo in cui, da allora, ti sei sentita non vista, non capita, lasciata sola proprio nei momenti in cui avresti avuto più bisogno.
Quando dici che stai sviluppando un rapporto “strano” con il cibo, io lo leggo come un campanello d’allarme, ma anche come un segnale di quanto stia diventando difficile per te trovare uno spazio sicuro per esprimerti. A volte il cibo — troppo, troppo poco, controllato, rifiutato — diventa un modo per dire qualcosa che non si riesce a dire con le parole. E se a questo si aggiunge l'impressione che chi ti è accanto non sappia ascoltarti davvero, è comprensibile che la frustrazione esploda.
Non è “sbagliato” aver risposto male. Non è “sbagliato” sentirsi ferita. Stai cercando disperatamente un modo per essere capita, e ogni tuo gesto, anche quello che ti fa sentire in colpa dopo, ha dentro una richiesta: “vedimi, ascoltami, smettila di fare finta che non sto male”.
Il senso di colpa di cui parli sembra una montagna che ti cade addosso ogni volta che provi a reagire, a mettere un confine, a dire come ti senti. E purtroppo questo accade spesso quando un genitore, anziché prendersi la responsabilità del proprio dolore, la riversa — magari inconsapevolmente — sui figli. Quando tua madre dice che la sua sofferenza non viene mai capita, non sta ascoltando davvero la tua. Non vuol dire che non soffra anche lei, ma non può essere il tuo compito occuparti del suo dolore, soprattutto se il suo modo di esprimerlo ti fa sentire sbagliata, ingrata, o egoista.
Non sei egoista. Sei una ragazza che sta cercando di reggere qualcosa di troppo pesante per la sua età, e che ha il coraggio di dire: “non ce la faccio più a fingere che vada tutto bene”.
Hai fatto un gesto importante quando hai chiesto una psicologa. Chiedere aiuto è un atto di forza, non di debolezza. È un modo per prenderti cura di te. Se in quel momento tua madre ha reagito facendoti sentire in colpa, questo non è giusto, ma non deve toglierti il diritto di cercare ascolto altrove. A volte i genitori non riescono a reggere l’idea di aver ferito i propri figli, e invece di affrontare la realtà, si chiudono nel proprio dolore. Ma tu non sei responsabile della sua incapacità di affrontare il passato.
Quello che stai vivendo non può e non deve essere affrontato da sola. Esistono sportelli psicologici gratuiti per adolescenti e giovani, anche all’interno delle scuole o nei servizi territoriali. Esistono consultori familiari, spazi d’ascolto, numeri per il supporto psicologico. Se non puoi ancora avere un aiuto stabile, cerca almeno un primo spazio in cui parlare. Quello che provi ha bisogno di essere accolto da qualcuno che non ti faccia sentire in colpa.
E mentre cerchi un modo per farti aiutare, ti invito a ricordarti una cosa: sei ancora molto giovane, ma sei anche molto lucida. Il modo in cui racconti quello che senti, anche se ti sembra “troppo”, parla di una persona che sta lottando per proteggere la propria dignità, il proprio sentire, la propria voce. E questo è un atto di resistenza importantissimo.
Tu hai diritto a un luogo dove poter piangere senza vergogna, dove poter dire “sto male” senza che nessuno ti zittisca o ti faccia sentire sbagliata.
Io sono qui, e se vorrai continuare a scrivermi, ti ascolterò. Ti mando un caro saluto
Cara ragazza, grazie per aver avuto il coraggio di raccontare ciò che stai vivendo. Quello che stai provando non è banale, e di certo non è stupido. È il dolore di chi sta cercando di crescere in un ambiente in cui le emozioni sembrano esplodere addosso, senza trovare un posto sicuro dove essere ascoltate davvero.
Hai descritto con chiarezza una situazione in cui ti senti travolta dal dolore degli altri, senza che ci sia spazio per il tuo. Il senso di colpa che provi dopo aver risposto male o per aver semplicemente mangiato meno, non è segno di egoismo, ma di una sensibilità che cerca disperatamente di essere compresa, non fraintesa o colpevolizzata.
La tua richiesta d’aiuto (come quella di voler parlare con una psicologa) è stata sana, giusta, necessaria. Ma è stata anche un atto di coraggio non accolto, e questo può far sentire ancora più soli.
Potremmo dire che stai cercando uno spazio tuo, in cui poter essere riconosciuta come soggetto, non solo come figlia o parte di un passato familiare difficile. E hai pieno diritto di cercarlo.
Non sei tu quella “sbagliata”. Hai solo bisogno che qualcuno accolga il tuo dolore senza spostare subito l’attenzione su quello degli altri. E non è egoismo: è sopravvivenza emotiva.
Parlare, per davvero, senza che qualcuno ti zittisca con sensi di colpa, può aiutarti a respirare meglio.
Hai dentro una forza che si sente tra le righe, anche se ora sei stanca. Non mollare. Il tuo dolore merita ascolto e rispetto.
Un caro saluto.
Hai descritto con chiarezza una situazione in cui ti senti travolta dal dolore degli altri, senza che ci sia spazio per il tuo. Il senso di colpa che provi dopo aver risposto male o per aver semplicemente mangiato meno, non è segno di egoismo, ma di una sensibilità che cerca disperatamente di essere compresa, non fraintesa o colpevolizzata.
La tua richiesta d’aiuto (come quella di voler parlare con una psicologa) è stata sana, giusta, necessaria. Ma è stata anche un atto di coraggio non accolto, e questo può far sentire ancora più soli.
Potremmo dire che stai cercando uno spazio tuo, in cui poter essere riconosciuta come soggetto, non solo come figlia o parte di un passato familiare difficile. E hai pieno diritto di cercarlo.
Non sei tu quella “sbagliata”. Hai solo bisogno che qualcuno accolga il tuo dolore senza spostare subito l’attenzione su quello degli altri. E non è egoismo: è sopravvivenza emotiva.
Parlare, per davvero, senza che qualcuno ti zittisca con sensi di colpa, può aiutarti a respirare meglio.
Hai dentro una forza che si sente tra le righe, anche se ora sei stanca. Non mollare. Il tuo dolore merita ascolto e rispetto.
Un caro saluto.
Buongiorno, grazie innanzitutto per aver deciso di condividere questo tuo problema. Mi dispiace molto leggere le tue parole, e voglio che tu sappia che niente di tutto ciò che ci fa stare male è mai banale o stupido. A 17 anni si è in una fase molto delicata della vita, siamo in preda a fluttuazioni ormonali importanti e stiamo cercando di costruire la nostra personalità. Il cibo può avere diverse valenze e significati. Spesso il fornire cibo viene visto come un messaggio d'amore. Hai scritto che stai iniziando a sviluppare un rapporto strano con il cibo, chissà se il suo non sia stato un tentativo di aiutarti in questo, dettato dalla paura che tu possa iniziare a non mangiare. Immagino la sofferenza che devi aver provato quando hai scoperto del tradimento di tua madre. Stare soffrendo entrambe, è importante che tu faccia capire alla tua mamma che avresti bisogno di più presenza fisica e che vorresti parlare con una psicologa, non perché lei sia stata una cattiva mamma ma semplicemente perché ti stanno succedendo tante cose che non capisci appieno e vorresti un aiuto professionale per provare a vederci meglio nell'intrico di emozioni e sensi di colpa in cui scrivi di trovarti. Potresti anche provare a proporle delle sedute di terapia familiare da fare insieme. Se hai ulteriori domande, resto a disposizione. Una buona giornata
Ciao. Sono molto dispiaciuto per quello che stai passando, da quanto dici sembra che la relazione tra te e mamma entrino molto in gioco i sensi di colpa, il vittimismo ed il comprare qualcosa per compensare l'aspetto emotivo e i sentimenti tra madre e figlia. La cosa buona e che tu ne sei consapevole. Credo che sull'esempio della lasagna, hai fatto bene a mangiare fino a che te la sei sentita, poi però sono entrati in gioco i sensi di colpa. Restando nell'esempio il problema potrebbe risolversi se tu analizzassi l'accaduto per quello che è nella realtà, hai mangiato la lasagna fino alla tua sazietà - successivamente ti sei sentita in colpa per non aver soddisfatto il bisogno di tua mamma che era "il fatto di mangiare tutto"- a questo punto resterebbe da chiedere a te in questa situazione se hai sbagliato qualche comportamento? (personalmente credo che tu abbia agito bene, se anche per te è così, lascia andare i sensi di colpa e fermati ad analizzare la realtà. So che questo può non esser semplice da attuare nella realtà da soli, ma puoi provarci ed eventualmente se senti il bisogno di aiuto ti consiglio di prendere contatto con uno psicologo per aiutarti nella relazione con tua mamma.
Tornando all'esempio della lasagna io ti dico BRAVA, perché ti sei ascoltata e hai mangiato la quantità che ti sei sentita.
Se necessario mi tengo a disposizione per un colloquio, Gentili Saluti.
Tornando all'esempio della lasagna io ti dico BRAVA, perché ti sei ascoltata e hai mangiato la quantità che ti sei sentita.
Se necessario mi tengo a disposizione per un colloquio, Gentili Saluti.
Ciao, quello che stai vivendo non è affatto banale o stupido, anzi: è molto profondo e tocca delle ferite che fanno male.
Sei molto lucida nel descrivere cosa succede: c’è la tua fatica con il cibo, c’è il senso di colpa, c’è il bisogno di essere capita davvero nei tuoi sentimenti — non solo "accontentata" con regali o attenzioni materiali.
E c’è anche la confusione che spesso proviamo quando chi dovrebbe consolarci finisce per metterci ancora più in difficoltà con i suoi sensi di colpa.
Sai, a volte i genitori fanno fatica a reggere il dolore dei propri figli, e invece di ascoltare davvero, si proteggono facendo la vittima. Ma questo non toglie nulla al tuo dolore, né alla tua richiesta legittima di essere ascoltata e sostenuta.
Il fatto che tu senta questi forti sensi di colpa non significa che stai sbagliando. Significa che dentro di te c’è tanta sensibilità, un grande bisogno di pace, e forse anche la paura di perdere il legame con tua madre, nonostante tutto quello che è successo.
Se vuoi, possiamo parlarne insieme con calma. Ci sono modi per alleggerire questi pesi, per mettere ordine dentro queste emozioni e trovare un po’ di sollievo. Scrivimi quando ti senti pronta. Sarai accolta.
Dott.ssa Stefania Conti, Psicologa
Sei molto lucida nel descrivere cosa succede: c’è la tua fatica con il cibo, c’è il senso di colpa, c’è il bisogno di essere capita davvero nei tuoi sentimenti — non solo "accontentata" con regali o attenzioni materiali.
E c’è anche la confusione che spesso proviamo quando chi dovrebbe consolarci finisce per metterci ancora più in difficoltà con i suoi sensi di colpa.
Sai, a volte i genitori fanno fatica a reggere il dolore dei propri figli, e invece di ascoltare davvero, si proteggono facendo la vittima. Ma questo non toglie nulla al tuo dolore, né alla tua richiesta legittima di essere ascoltata e sostenuta.
Il fatto che tu senta questi forti sensi di colpa non significa che stai sbagliando. Significa che dentro di te c’è tanta sensibilità, un grande bisogno di pace, e forse anche la paura di perdere il legame con tua madre, nonostante tutto quello che è successo.
Se vuoi, possiamo parlarne insieme con calma. Ci sono modi per alleggerire questi pesi, per mettere ordine dentro queste emozioni e trovare un po’ di sollievo. Scrivimi quando ti senti pronta. Sarai accolta.
Dott.ssa Stefania Conti, Psicologa
Leggere le tue parole mi fa comprendere quanto peso porti dentro e quanto profonde siano le emozioni che stai vivendo.
Non c’è nulla di banale o stupido nel tuo sfogo: le emozioni che provi sono importanti e meritano di essere ascoltate.
È evidente che stai attraversando un momento molto difficile, in cui dolore, rabbia e confusione si mescolano. Il rapporto con tua madre è complesso e carico di tensioni, e ti senti schiacciata tra ciò che lei esprime e ciò che vivi nel profondo.
Hai dimostrato coraggio nel parlare apertamente con tua madre del tuo bisogno di un supporto psicologico. Mi dispiace che questa tua richiesta sia stata percepita più come una critica nei suoi confronti piuttosto che come una legittima richiesta di aiuto.
Chiedere aiuto, decidere di rivolgersi ad un professionista, non significa accusare qualcuno o stabilire chi è il fallito o il colpevole.
Significa riconoscere un bisogno e darsi la possibilità di affrontarlo con gli strumenti giusti, per ritrovare un proprio equilibrio.
Sarebbe auspicabile che tua madre riuscisse a vedere in questa richiesta un'opportunità di crescita — per te e forse anche per il vostro rapporto — e non come una critica o un rimprovero, permettendo così a entrambi di guardare avanti con maggiore comprensione e apertura.
Un caro saluto.
Dott. Michele Milazzo
Non c’è nulla di banale o stupido nel tuo sfogo: le emozioni che provi sono importanti e meritano di essere ascoltate.
È evidente che stai attraversando un momento molto difficile, in cui dolore, rabbia e confusione si mescolano. Il rapporto con tua madre è complesso e carico di tensioni, e ti senti schiacciata tra ciò che lei esprime e ciò che vivi nel profondo.
Hai dimostrato coraggio nel parlare apertamente con tua madre del tuo bisogno di un supporto psicologico. Mi dispiace che questa tua richiesta sia stata percepita più come una critica nei suoi confronti piuttosto che come una legittima richiesta di aiuto.
Chiedere aiuto, decidere di rivolgersi ad un professionista, non significa accusare qualcuno o stabilire chi è il fallito o il colpevole.
Significa riconoscere un bisogno e darsi la possibilità di affrontarlo con gli strumenti giusti, per ritrovare un proprio equilibrio.
Sarebbe auspicabile che tua madre riuscisse a vedere in questa richiesta un'opportunità di crescita — per te e forse anche per il vostro rapporto — e non come una critica o un rimprovero, permettendo così a entrambi di guardare avanti con maggiore comprensione e apertura.
Un caro saluto.
Dott. Michele Milazzo
Gentilissima,
le emozioni che prova sono normali e importanti, sarebbe davvero essenziale poterle discutere in un incontro con uno specialista psicologo. E' infatti fondamentale comprendere le nostre emozioni e comprendere esattamente da cosa derivino, non tanto la situazione in sé per sé ma proprio l'aspetto più intrinseco che le elicita. Il rapporto genitore-figlio spesso può essere complicato e dovrebbe essere analizzato in modo da poterne prendere consapevolezza e poterlo gestire nel migliore dei modi, concentrandoci su di noi e non sugli altri. Per questo sarebbe molto importante poter affrontare la situazione con un professionista e comprendere insieme tutti i dettagli che portano alle sensazioni ed emozioni descritte.
Spero di averti dato un po' più di chiarezza, per qualsiasi cosa non esitare a contattarmi. Dott.ssa Tommasini
le emozioni che prova sono normali e importanti, sarebbe davvero essenziale poterle discutere in un incontro con uno specialista psicologo. E' infatti fondamentale comprendere le nostre emozioni e comprendere esattamente da cosa derivino, non tanto la situazione in sé per sé ma proprio l'aspetto più intrinseco che le elicita. Il rapporto genitore-figlio spesso può essere complicato e dovrebbe essere analizzato in modo da poterne prendere consapevolezza e poterlo gestire nel migliore dei modi, concentrandoci su di noi e non sugli altri. Per questo sarebbe molto importante poter affrontare la situazione con un professionista e comprendere insieme tutti i dettagli che portano alle sensazioni ed emozioni descritte.
Spero di averti dato un po' più di chiarezza, per qualsiasi cosa non esitare a contattarmi. Dott.ssa Tommasini
Buongiorno, innanzitutto i sentimenti e le emozioni non sono mi banali o stupide. La sofferenza si manifesta in modi diversi nelle persone, ognuno reagisce come ritiene più giusto. Capisco che la situazione sia difficile, a volte i figli non si sentono capiti e quando succede si creano delle tensioni in casa che non permettono di vivere in modo sereno. Può essere che il continuo comprare oggetti materiali per te sia il modo di tua mamma di colmare il senso di colpa che prova nei tuoi confronti. Capisco che può essere frustrante, a volte è sufficiente uno sguardo o un abbraccio di comprensione. Questo non per giustificare mamma, ma per cercare di spiegare un certo comportamento. Anche la rabbia che provi per quanto successo alla tua famiglia è normale.
E' molto maturo da parte tua cercare aiuto, chiedere a mamma la possibilità di vedere uno psicologo. Purtroppo, non essendo maggiorenne, è obbligatorio il consenso di entrambi i genitori. Puoi provare a parlare nuovamente con mamma in merito alla questione, o, a seconda dei rapporti, provare a chiedere a papà, magari lui può aiutarti a far capire a mamma la tua necessità di un supporto.
E' molto maturo da parte tua cercare aiuto, chiedere a mamma la possibilità di vedere uno psicologo. Purtroppo, non essendo maggiorenne, è obbligatorio il consenso di entrambi i genitori. Puoi provare a parlare nuovamente con mamma in merito alla questione, o, a seconda dei rapporti, provare a chiedere a papà, magari lui può aiutarti a far capire a mamma la tua necessità di un supporto.
Gentile ragazza, il sentimento di colpa che ti sta consumando non è un segnale di “cattiveria”, ma la prova di quanto tu sia sensibile e di quanta pressione emotiva stia gravando sulle tue spalle. A diciassette anni affrontare i conflitti familiari, la separazione dei genitori, il tradimento, un nuovo compagno in casa e la nascita di un rapporto problematico con il cibo significa trovarsi dentro un vortice di emozioni che può far perdere il senso di sicurezza. Quando tua madre commenta la quantità di lasagna o afferma che la sua sofferenza non è compresa, sta spostando l’attenzione dal tuo bisogno legittimo di essere ascoltata al suo bisogno di sentirsi rassicurata come genitore. Questa dinamica produce sensi di colpa cronici: tu reagisci, poi ti scusi, lei rilancia la propria sofferenza e il ciclo ricomincia.
Se ti accorgi che “mangio quando e quanto voglio” nasce da frustrazione o serve a dimostrare che hai il controllo: il cibo diventa un linguaggio di protesta e di autodifesa. In questo momento la priorità non è convincere tua madre a capire, ma proteggere la tua salute mentale e fisica. Prova a riconoscere che il dolore legato al tradimento e alla nuova famiglia ricade su di te sotto forma di ansia, autostima fragile e rabbia inespressa; non sei tu la causa, sei l’effetto di una frattura familiare non elaborata. Allenati a distinguere ciò che ti appartiene davvero dalla responsabilità che lei ti attribuisce: il gesto di mangiare metà porzione è neutro, il significato pesante lo aggiunge chi osserva.
Dal punto di vista pratico, cerca uno spazio di parola sicuro: chiedere aiuto non è un’accusa contro di lei, è un diritto alla cura. Se parlarne in casa scatena conflitto, valuta di confidarti con un insegnante di fiducia, il medico di base, un numero d’ascolto per adolescenti: rompere l’isolamento riduce l’intensità del senso di colpa e dell’autocritica. Nel quotidiano prova a usare frasi io-centrate e calme: “in questo momento non ho fame, più tardi mangerò qualcos’altro”, senza entrare nel dibattito su chi soffre di più. Non per darle ragione, ma per non alimentare lo scontro che ti svuota di energia.
Ricorda che il tuo valore non dipende dalla quantità di lasagna né dalla capacità di tua madre di comprenderti. Stai già dimostrando resilienza perché riesci a riconoscere la manipolazione emotiva, a nominare il senso di colpa e a chiedere ascolto. È il primo passo per rinegoziare il rapporto madre-figlia, tutelare la tua autostima adolescente e prevenire che il “rapporto strano col cibo” diventi un vero disturbo alimentare. Con un sostegno professionale potrai elaborare la rabbia per il tradimento, costruire confini chiari e trasformare la tua sofferenza in forza personale. Non è banale né stupido: è il lavoro più importante che tu possa fare per te stessa.
Se ti accorgi che “mangio quando e quanto voglio” nasce da frustrazione o serve a dimostrare che hai il controllo: il cibo diventa un linguaggio di protesta e di autodifesa. In questo momento la priorità non è convincere tua madre a capire, ma proteggere la tua salute mentale e fisica. Prova a riconoscere che il dolore legato al tradimento e alla nuova famiglia ricade su di te sotto forma di ansia, autostima fragile e rabbia inespressa; non sei tu la causa, sei l’effetto di una frattura familiare non elaborata. Allenati a distinguere ciò che ti appartiene davvero dalla responsabilità che lei ti attribuisce: il gesto di mangiare metà porzione è neutro, il significato pesante lo aggiunge chi osserva.
Dal punto di vista pratico, cerca uno spazio di parola sicuro: chiedere aiuto non è un’accusa contro di lei, è un diritto alla cura. Se parlarne in casa scatena conflitto, valuta di confidarti con un insegnante di fiducia, il medico di base, un numero d’ascolto per adolescenti: rompere l’isolamento riduce l’intensità del senso di colpa e dell’autocritica. Nel quotidiano prova a usare frasi io-centrate e calme: “in questo momento non ho fame, più tardi mangerò qualcos’altro”, senza entrare nel dibattito su chi soffre di più. Non per darle ragione, ma per non alimentare lo scontro che ti svuota di energia.
Ricorda che il tuo valore non dipende dalla quantità di lasagna né dalla capacità di tua madre di comprenderti. Stai già dimostrando resilienza perché riesci a riconoscere la manipolazione emotiva, a nominare il senso di colpa e a chiedere ascolto. È il primo passo per rinegoziare il rapporto madre-figlia, tutelare la tua autostima adolescente e prevenire che il “rapporto strano col cibo” diventi un vero disturbo alimentare. Con un sostegno professionale potrai elaborare la rabbia per il tradimento, costruire confini chiari e trasformare la tua sofferenza in forza personale. Non è banale né stupido: è il lavoro più importante che tu possa fare per te stessa.
Il fatto stesso che tu abbia chiesto aiuto, ma non sia stata ascoltata...mette tutto in discussione. Purtroppo in questi casi la tua sofferenza non può mischiarsi alla sofferenza di un Altro chiunque esso sia. Questa stessa sofferenza va elaborata nelle sedi opportune, così da vivere in maniera più serena senza sentirsi in colpa per il dolore degli altri. Insisti sul volere un tuo spazio, un tuo percorso....
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