Ciao, da molto tempo lavoro su di me stessa, sono una donna di 41 anni sulla via dell'auto scoperta.

20 risposte
Ciao, da molto tempo lavoro su di me stessa, sono una donna di 41 anni sulla via dell'auto scoperta. Mi sono appena reso conto che sono limerent, cioè, che mi baso molto sulla limerence che sono le fantasie romantiche riguardo ad una persona con cui non ho una relazione stabilita. Sono al contempo felice di aver finalmente (OOOH) preso coscienza di questo aspetto su di me perché l'ho fatta sempre per l'intera durata della mia vita, pensando fosse una cosa "normale". Ho avuto molte relazioni, e mi ricordo che la prima relazione non stabilita e quindi tutta questa ossessione fantasticosa e romantica è andata al massimo livelo quando ho conosciuto il mio primo findanzatino quando avevo solo 14 anni, e questo stato è durato per moltissimi anni, fino a quando ne avevo circa 27. Poi ho conoscito un uomo al quale mi sono innamorata perdutamente, mi sono sposata, ma dopo qualche anno della nascita della nostra figlia ci siamo divorziati. Ho conosciuto un altra persona in cui sono attualmente in questo stato di limerence già da qualche anno ma non ci siamo mai frequentati. Sono consapevole che questo comportamento fantasticoso e irreale deriva dalla mia infanza in cui non avevo un attaccamento sicuro, sono la terza figlia e so che non ero stata voluta dalla mia madre, perché lei stessa non ha avuto un'infanzia, era la più grande sorella tra 11 fratelli e sorelle di una familia di contadini molto povera, sa va sans dire che non ha avuto una 'infanza felice e capisco quindi che non voleva avere troppi figli per non ripettere la stessa storia. Da bambina la mia madre non c'era mai per me, sono stata crescita dalla mia sorella 10 anni più grande di me. Quando ho avuto la mia bimba 6 anni fa tutto questo dolore della mancanza di amore e affetto dalla mia madre è venuta fuori come una diga che si dirompe, e ci ho lavorato molto in un percoso di terapia che ha durato 1 anno intero, quindi oggi riesco a comprendere la dinamica con mia madre e sono riuscita a perdonarla, qper cui posso affermare che con lei sono "a posto". Aver guarito il rapporto con lei non è sufficiente però, perché ne rimangono tutte le mie ferite comunque da guardare e da guarire e questo posso farlo solo io. Ho sempre trovato rifugio nel mio mondo di fantasia come modo di soppravvivere e trovare comunque gioia in quell'infanza solitaria e selvatica. Mi rendo conto che la fantasia mi ha salvata da piccola, ma ora basta! Voglio vivere nel mondo reale e avere relazioni reali, vere, oneste, aperte e voglio riuscire sentirmi vulnerabile e sicura in una relazione. Ho già lavorato molto su di me, come già detto, mi amo e mi voglio bene, però non so bene come riuscire a staccare dalla fantasia e del pensiero ossessivo che rivolgo all'altra persona, mi rendo conto che sia anche disrispettoso nei suoi confronti. Grazie a chi mi risponderà
Dott.ssa Chiara Ronchi
Psicologo, Psicoterapeuta
Milano
Intanto, che viaggio di consapevolezza profondo hai fatto. Riconoscere la limerence come una strategia di sopravvivenza emotiva — nata in un’infanzia solitaria — è un passo enorme. Hai già smosso molto, e questo si sente.

La fantasia ti ha protetta, sì. Ma oggi — come dici bene — quella “diga” si è rotta, e il bisogno è cambiato: ora cerchi presenza, autenticità, intimità reale.

Separarsi dalla fantasia è doloroso, perché significa rinunciare a un mondo sicuro, e confrontarsi con il rischio dell’incertezza, della frustrazione... e della realtà.
Un piccolo passo utile può essere chiederti:
Cosa mi manca davvero in questo momento reale, che sto cercando in quella persona immaginata?
La limerence spesso non è desiderio dell’altro, ma del sentirmi viva, vista, amata. Parti da lì.

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Dott. Francesco Damiano Logiudice
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Ciao, grazie per aver condiviso la tua esperienza con tanta sincerità e profondità. Quello che descrivi è un percorso di grande consapevolezza e coraggio: riconoscere i propri meccanismi interiori non è semplice, soprattutto quando si tratta di aspetti così radicati nella propria storia personale.

La limerence, come hai ben intuito, spesso affonda le sue radici in esperienze precoci di attaccamento e nella ricerca di sicurezza affettiva. Le fantasie romantiche e idealizzate possono diventare un rifugio, un modo per colmare vuoti emotivi, specialmente quando nella realtà non ci si è sentiti visti o accolti. Come hai scritto, da bambina la fantasia ti ha protetta e ti ha permesso di sopravvivere a una situazione difficile, ma oggi senti il desiderio di liberartene per poter vivere relazioni autentiche, basate sulla reciprocità e sulla presenza reale.

Il fatto che tu abbia già intrapreso un percorso di lavoro interiore e che sia riuscita a perdonare tua madre è un passaggio molto importante: significa che sei in grado di elaborare il dolore e trasformarlo. Allo stesso tempo, come hai colto bene, le ferite infantili non spariscono solo con la comprensione razionale: spesso riemergono sotto altre forme, come appunto la tendenza alla limerence o i pensieri ossessivi rivolti a una persona idealizzata.

Un passo successivo può essere imparare a riconoscere quando la fantasia diventa un modo di evitare la vulnerabilità reale e sviluppare strumenti per restare radicata nel presente, coltivando relazioni autentiche e sane. Tecniche come la mindfulness, esercizi di radicamento nel corpo e un lavoro terapeutico centrato sulle dinamiche di attaccamento possono essere molto utili per spostare l’attenzione dal mondo interno idealizzato alla realtà vissuta.

Hai già fatto molta strada e il desiderio di cambiare è chiaro e forte in te. Proprio per questo, sarebbe utile e consigliato approfondire questi temi con uno specialista, così da avere un supporto mirato e personalizzato per imparare a gestire le dinamiche della limerence e costruire relazioni più soddisfacenti e reali.

Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Dr. Bruno De Domenico
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Milano
mi scriva, ne parliamo insieme.
Dott. Pierluigi Campesan
Psicologo, Psicologo clinico
Verona
Buongiorno, direi che alcuni passi importanti lei li ha già fatti: il primo farsi prendere in cura da un professionista, il secondo prendendo la decisione di voler vivere nel mondo reale. Ora si tratta solo di entrarci in questo mondo, magari ancora con l'aiuto del professionista che la conosce. Nulla, però, arriva dal cielo e il confronto con la realtà esige anche dei cambiamenti, a volte difficili, verso i nostri comportamenti standardizzati. Il cambiamento, la trasformazione, richiedono tempo e dedizione personale, il che include anche non farsi abbattere dalle difficoltà che sicuramente si incontreranno. Cordiali saluti.
Dott.ssa Chiara Tumminello
Psicologo, Psicoterapeuta
San Martino Buon Albergo
Buongiorno gentile utente, la ringrazio per la sua condivisione. Da ciò che lei scrive è molto consapevole delle sue ferite e delle sue dinamiche interne che la portano a sviluppare queste fantasie romantiche riguardo all'altra persona. Purtroppo come lei già saprà non esiste una risposta semplice e rapida alla sua domanda su come interrompere questi pensieri ossessivi. Se questi pensieri sono ancora presenti le consiglio di riprendere un percorso di psicoterapia, poiché può darsi che alcune tematiche non siano ancora state affrontate a sufficienza o ci siano aspetti che non sono ancora emersi. Per poter interrompere dei nostri comportamenti o pensieri che ci creano disagio l'unica strada è la consapevolezza su di sé. Rimango a disposizione per domande o chiarimenti. Cordialmente, dott.ssa Chiara Tumminello.
Dott. Diego Ferrara
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Quarto
Buongiorno,

potrebbe pensare di lavorarci un altro po' in terapia su questi temi. Percorrere un altro pezzetto di percorso rappresenterebbe un valido aiuto nel lasciare andare quanto qui descritto.

Cordiali saluti
Dott. Diego Ferrara
Dr. Cristian Sardelli
Psicologo, Psicoterapeuta
Firenze
Buongiorno gentile utente,
la consapevolezza di ciò che ha fatto fino ad oggi ce l'ha, si tratta adesso di mantenerla radicata al presente, d'ora in poi, cercando di minimizzare l'idealizzazione dell'altro e soffermandosi in qualità di interlocutrice a chiedere conferma, di ciò che sente e o pensa. Ovviamente la frequenza con cui ciò accadrà, sarà indicatrice di come si stia comportando, dunque se adeguatamente, oppure ossessivamente, e di nuovo potrà scegliere di accogliere risposte e silenzi nel dialogo del rapporto, accettando l'altro per come è piuttosto che per come possa averlo immaginato ed interpretato.
E' qui che fa differenza, procedendo da sola o a fianco di uno psicoterapeuta, che possa svolgere per lei e con lei, un ruolo super partes di mirroring e supervisionando il suo percorso di crescita interiore e relazionale.
Cordiali saluti,
Dr. Cristian Sardelli
Dott.ssa Jessica Guidi
Psicologo, Psicoterapeuta, Analista clinico
Lucca
Cara,
leggere le tue parole è come incontrare una donna che ha già fatto un lungo viaggio dentro di sé, con coraggio e lucidità. La consapevolezza che hai raggiunto sulla limerence non è una scoperta banale: riconoscere che per tanti anni le fantasie romantiche sono state la tua “casa interiore” e il tuo rifugio è un atto di verità che apre nuove possibilità.
Hai già compreso molto: la radice di questa tendenza nasce nel tuo stile di attaccamento e nella mancanza di una base sicura durante l’infanzia. La fantasia, allora, è stata una strategia creativa di sopravvivenza: ti ha protetta dal dolore, ti ha dato un senso di calore e presenza che nella realtà non c’era. Ma come spesso accade con le difese che ci salvano da bambini, nell’età adulta finiscono per diventare una gabbia: ciò che ti proteggeva, oggi ti limita.
Quello che desideri ora – relazioni autentiche, dove puoi mostrarti vulnerabile e sentirti sicura – è profondamente umano e possibile. Il passaggio cruciale è proprio imparare a tollerare la realtà, con la sua imprevedibilità, i suoi “tempi lenti” rispetto alle fantasie, e soprattutto con la paura del rifiuto e della mancanza.
Nel lavoro terapeutico, in ottica interpersonale, potremmo:
Esplorare insieme le radici relazionali della limerence: cosa ti attiva così fortemente, cosa ti promette che nella realtà sembra mancare.
Accogliere senza giudizio il bisogno di idealizzazione, ma imparare a distinguerlo dal contatto con l’altro reale.
Costruire passo dopo passo la capacità di restare nella realtà relazionale, accettando la vulnerabilità che porta con sé.
Trovare modalità nuove per nutrire il tuo desiderio di connessione, che non passino più solo dal rifugio interiore, ma dall’incontro vivo con le persone.
Mi colpisce molto che tu dica “ora basta!”: è una dichiarazione di autonomia e di desiderio di vita piena. Questa forza può diventare la base di un percorso trasformativo, in cui non rinneghi la bambina che hai dovuto proteggere con la fantasia, ma la accompagni verso modi più maturi di sentire ed essere in relazione.
Se senti che è arrivato il momento, un lavoro terapeutico più continuativo potrebbe offrirti quello spazio sicuro in cui allenarti a restare nel reale senza sentirti sola. La fantasia ti ha salvata, ma ora puoi permetterti di essere salvata anche da legami veri.
Un augurio
Drssa JG
Dott. Marco De Fonte
Psicologo, Psicoterapeuta
Bari
Buongiorno,
grazie per aver condiviso con tanta chiarezza e sensibilità un percorso di consapevolezza così ricco e profondo. Quello che descrive – la limerence, cioè il vivere a lungo in fantasie romantiche intense verso una persona non disponibile o non realmente coinvolta – è un fenomeno molto più diffuso di quanto si creda, anche se spesso rimane nascosto o poco nominato.

Lei ha già fatto passi enormi: ha saputo riconoscere l’origine di questa modalità, collegarla alle sue esperienze di infanzia, e comprendere come la fantasia sia stata in passato un rifugio salvifico in un contesto di carenze affettive. Questo riconoscimento è fondamentale, perché significa che oggi può guardare a quelle stesse strategie non più come necessarie, ma come qualcosa che può trasformare.

Il punto cruciale che tocca è proprio questo: la fantasia ha avuto un ruolo protettivo, ma ora rischia di tenerla lontana dalla realtà relazionale che desidera davvero – intimità autentica, vulnerabilità e sicurezza in una relazione vera.

Alcuni spunti utili possono essere:

Accorgersi del momento in cui parte la fantasia e riportarsi al presente, magari con un rituale semplice (un respiro profondo, un piccolo gesto concreto). Non si tratta di reprimere, ma di imparare a scegliere.

Coltivare relazioni e attività nel mondo reale che nutrano i suoi bisogni profondi di connessione, creatività, espressione. Più la vita reale diventa ricca, meno la mente ha bisogno di rifugiarsi nel mondo immaginario.

Esplorare in terapia la tolleranza alla vulnerabilità: spesso il passaggio più difficile non è smettere di fantasticare, ma restare presenti davanti alla paura di non sentirsi abbastanza o di poter essere feriti.

Ciò che racconta dimostra già una grande forza interiore e una notevole capacità di auto-riflessione. Non si giudichi per le fantasie che ancora la accompagnano: sono il segno di un adattamento antico, non di una mancanza di valore. Con gli strumenti giusti, potrà davvero aprirsi a relazioni vive e nutrienti, senza più bisogno di rifugiarsi altrove.

Un caro saluto e un incoraggiamento sincero per il suo cammino.
Dott.ssa Sandra Petralli
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Pontedera
Salve, la limerenza, come lei ben descrive, è spesso una risposta a ferite affettive antiche, un modo per proteggersi dal dolore reale rifugiandosi nella fantasia. È comprensibile che da bambina sia stata una risorsa, ma ora lei sente il desiderio di vivere relazioni autentiche e presenti.
Strumenti come la Mindfulness possono aiutarla a riconoscere il momento in cui la mente scivola nel pensiero ossessivo e riportarla dolcemente al presente. Un lavoro psicoterapeutico più mirato, anche con EMDR o analisi bioenergetica, può sostenere il processo di svincolo da queste dinamiche, lavorando sulle radici emotive e corporee.Le consiglio di proseguire con uno psicologo psicoterapeuta che possa accompagnarla in questo passaggio importante.
Saluti dott.ssa Sandra Petralli
Gentile, leggendo le sue parole, immagino che abbia svolto un buon percorso terapeutico e noto una buona consapevolezza. Come lei stessa ha detto vi sono delle "ferite", che a mio avviso necessitano di tempo e terapia per ripararle. Sono d'accordo con lei: la fantasia è stata una grande risorsa per sopravvivere alle sue ferite, tuttavia oggi è un po' come se fosse diventata la sua prigione e il suo blocco. La psicoterapia è un utile alleato e facilitatore, affinché lei possa trovare delle nuove modalità di relazionarsi con se stessa e con gli altri, costruendo delle relazioni più sane, che siano sempre meno bloccate dalle sue ferite. Un saluto!
Dott. Francesco Paolo Coppola
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Napoli
Idealizzazione e fantasia
Cara capisco il tuo momento e cerco di evidenziati le possibilità che si possono aprire.
In psicologia si parla spesso di idealizzazione: significa attribuire all’altro qualità perfette, vedendolo non per ciò che è davvero, ma per l’immagine che costruiamo su di lui. Freud (1914) descriveva l’idealizzazione come un processo per cui l’oggetto amato viene “elevato a perfezione” senza cambiare nella realtà. Lacan sottolineava che ciò che amiamo, in fondo, è l’immagine che corrisponde al nostro Ideale, non la persona reale. Winnicott ricordava che l’idealizzazione nasce già nell’infanzia, quando il bambino attribuisce qualità magiche agli oggetti per sopportare l’assenza della madre.
Le fantasie romantiche possono dare intensità e piacere, ma allo stesso tempo ci impediscono di vivere una relazione vera, fatta di limiti, imperfezioni e vicinanza reale.
Opinioni e convinzioni
Spesso chi vive di fantasia ha opinioni e convinzioni molto forti. Ma queste opinioni diventano muri: non solo per gli altri, ma anche per se stessi. Una mente chiusa significa possibilità chiuse. Aprirsi al dubbio, alla vulnerabilità e all’incontro reale è il passo che può trasformare la fantasia in esperienza viva spesso più ricca delle idealizzazioni.
Il passaggio da figlia a madre
Il momento della maternità non è solo “avere un figlio”, ma anche attraversare un passaggio simbolico: da figlia a madre.
Se questo passaggio non avviene sul piano interiore, la nascita di un figlio può riaprire ricordi tristi della propria infanzia. La donna si trova allora a oscillare tra due ruoli: continuare a sentirsi figlia ferita e, nello stesso tempo, dover essere madre accogliente.
La psicoterapia può aiutare a integrare queste due dimensioni: riconoscere la ferita, darle un senso, e radicarsi nel ruolo materno senza sentirsi schiacciata dal passato.
Capire non basta
Comprendere mentalmente una dinamica non significa davvero averla trasformata. È come studiare il manuale di guida: puoi sapere tutte le regole della strada, ma questo non ti rende automaticamente un pilota capace. Allo stesso modo, capire a livello razionale il rapporto con la madre non equivale ad aver guarito le ferite emotive.
Spesso ci si ferma alla comprensione intellettuale perché andare a fondo nell’esperienza emotiva fa paura. Per questo la terapia non si limita a spiegare il “perché”, ma accompagna a rivivere in sicurezza ciò che è rimasto sospeso, così che possa trasformarsi.
Trascendere il passato
Le fantasie che da bambina hanno avuto una funzione di salvezza oggi rischiano di occupare lo spazio della vita reale, quasi come inquilini che diventano padroni di casa. Se non si trascende il passato, si resta bloccati dentro di esso.
Il compito ora è imparare a non lasciarsi sedurre dalle fantasie ogni volta che bussano: accoglierle come parte della tua storia, senza permettere che decidano al posto tuo. Questo è ciò che ti permette di stare nel presente, coltivare relazioni vere e oneste, sentirti vulnerabile senza paura.
La psicoterapia diventa allora il luogo dove la fantasia smette di essere una catena e torna a essere una forza creativa, integrata nella vita reale.
Dott.ssa Francesca Gottofredi
Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Bologna
Buongiorno,
lei ha già fatto un grande lavoro su di sé e la consapevolezza che descrive è preziosa. Proprio per questo, però, le pongo una domanda: se da bambina la fantasia l’ha salvata, oggi continuare a viverci dentro la protegge ancora… o la imprigiona?
E ancora: vuole davvero smettere di nutrire la limerence o teme di perdere qualcosa di sé se lo facesse?
Infine: è più importante capire perché continua a rifugiarsi nel pensiero ossessivo, oppure chiedersi che cosa cambierebbe nella sua vita se decidesse di non alimentarlo più?
Rimango a disposizione per ulteriori dubbi o chiarimenti.
Dott.ssa Francesca Gottofredi
Dott. Salvatore Augello
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Palermo
Salve. Mi sembra molto consapevole del suo stato attuale e degli sforzi compiuti in terapia per raggiungere questa consapevolezza. Se ha delle ferite aperte come ha scritto, andrebbero elaborate. A volte un anno di terapia non è sufficiente, pur avendo fatto numerosi passi in avanti, può esserci la necessita di intraprendere o continuare il percorso da lei iniziato per raggiungere ciò che desidera.
Cordiali saluti
Dr. Maria Tiziana Maricchiolo
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
San Giovanni la Punta
Buon pomeriggio, potrebbe essere utile un lavoro psico-corporeo e l'approccio psicoterapeutico fornito dall'analisi bioenergetica che la aiuti a trasformare la sua energia creativa/immaginativa, in radicamento nel presente. Resto a disposizione per eventuali specifiche anche online. Dr. Maria Tiziana Maricchiolo
Dott.ssa Giuliana Galise
Psicoterapeuta, Psicologo clinico, Psicologo
Napoli
Ciao, il percorso che hai fatto durato circa un anno ti avrà ,come hai osservato tu stessa, aiutato a superare ed affrontare certe situazioni legate a tua madre, Ciò no toglie che il percorso terapeutico dovrà essere ripreso per aiutarti a vivere nel qui ed ora , senza rifugiarti nelle fantasie forse a tratti deliranti di un rapporto con qualcuno che non è affettivamente disponibile per vari motivi. ti esorto a cominciarlo il prima possibile , anche perche dalle tue parole si evince che dentro di te adesso questo bisogno di affrontare tutto questo sta diventando impellente e quindi è probabilmente un buon momento per iniziare!! forza!!
Dott.ssa Elena Gianotti
Psicologo, Psicoterapeuta
Milano
Buongiorno, grazie per la sua condivisione. Credo che abbia già fatto un pezzo di strada grande e importante rielaborando il rapporto con sua madre, adesso però manca un ultimo pezzetto: lavorare sul presente, su come vive le relazioni romantiche e su quanto proietta e si rifugia nella fantasia per proteggersi dal presente. Io sentirei innanzitutto il bisogno di approfondire con lei la natura dei suoi pensieri, e in che senso dice che non sono rispettosi nei confronti dell'altra persona. Penso che per fare un lavoro del genere possa essere utile intraprendere un'altro percorso, questa volta con il focus rivolto al presente e al suo mondo relazionale e sentimentale. è normale nel tempo che possa capitare di non poter risolvere tutto in una terapia sola, ma che si rendano necessari più interventi. Se volesse approfondire la questione o avesse altre domande mi trova a disposizione, anche online. Un caro saluto, dott.ssa Elena Gianotti
Dott.ssa Cristina Sinno
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Napoli
Gentile utente, grazie per aver condiviso con tanta sincerità un pezzo così intimo della tua vita. Nelle tue parole emerge chiaramente una lunga e coraggiosa strada di consapevolezza, in cui hai saputo comprendere le tue dinamiche interiori e riconoscere alcune strategie che ti abbiano permesso di sopravvivere, ma che oggi ti stanno anche limitando.
La limerence, come tu stessa hai intuito, può diventare una forma di legame illusorio, che però risponde a bisogni emotivi reali. Il tuo desiderio di vivere relazioni autentiche, concrete è forte e chiaro. Ma uscire da ciò che ti ha protetto a lungo richiede non solo consapevolezza, ma anche uno spazio relazionale in cui sperimentare in sicurezza. Un percorso psicoterapeutico potrebbe accompagnarti a esplorare insieme ciò che accade nel presente, nel corpo e nel cuore, e diventare l’occasione per abitare la vita in modo più pieno e libero.
Per qualsiasi domanda non esitare a contattarmi, sono disponibile anche per terapie online, ed ho aderito al programma "bonus psicologo". Un caro saluto, d.ssa Cristina Sinno
Dott. Matteo Musetti
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Monza
Buongiorno, innanzitutto vorrei dirle che ciò che condivide è prezioso. Dalle sue parole si percepisce chiaramente quanto lavoro abbia già fatto su di sé e quanta consapevolezza abbia maturato nel corso del tempo. Il percorso che descrive è importante, e si avverte che le ha permesso di comprendere in profondità diversi aspetti della sua storia e del suo modo di funzionare.
Allo stesso tempo, mi colpisce però come queste dinamiche legate alla fantasia e al pensiero ossessivo sembrino ancora piuttosto attive, nonostante il cammino personale che ha già intrapreso. Questo non significa affatto che il suo percorso non sia stato efficace, anzi, spesso, dopo una prima fase di consapevolezza e di elaborazione razionale, può essere utile un ulteriore passo che permetta di comprendere a un livello più emotivo le ragioni per cui certi meccanismi continuano a ripresentarsi.
Forse, più che “staccarsi” dalla fantasia o combattere il pensiero ossessivo, potrebbe esserle utile esplorare che funzione hanno oggi questi pensieri: quale bisogno profondo o quale parte di sé cercano ancora di rappresentare o di proteggere. In questo senso, un percorso con un orientamento più analitico o psicodinamico potrebbe offrirle la possibilità di approfondire le dinamiche inconsce che alimentano questi vissuti, consentendole di integrarli in modo più completo.
Il suo desiderio di vivere nel mondo reale, di aprirsi a relazioni autentiche e sicure, è assolutamente comprensibile e, direi, anche un segnale molto vitale. Forse ora il passo successivo non è “fare di più”, ma permettersi di sentire di più, in un contesto che la accompagni a comprendere in profondità le emozioni legate a queste fantasie e il loro significato più intimo.

Resto a disposizione. Per qualsiasi richiesta/informazione non esiti a contattarmi.
Un cordiale saluto.

Dott. Matteo Musetti

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