Buongiorno, mia figlia (18 anni compiuti da poco) ha spontaneamente scelto il suo psicologo che la

23 risposte
Buongiorno,
mia figlia (18 anni compiuti da poco) ha spontaneamente scelto il suo psicologo che la segue da quasi un anno e mezzo.
Ha visto e vissuto una separazione genitoriale conflittuale (carabinieri, CTU ecc. ecc.) durata molto a lungo che l'ha coinvolta spesso in prima persona trascinandola per un periodo in una fase di alienazione genitoriale.
Ho parlato con lo psicologo una volta a seguito di autorizzazione, seppur non necessaria, di mia figlia (era un accordo tra noi quando ha scelto lo psicologo dato che in precedenza si rifiutava di seguire un percorso), ho avuto la sensazione che non fosse a conoscenza di parecchie cose e che invece avesse recepito una "storia mai accaduta".
In quasi un anno e mezzo mai nessuna segnalazione o suggerimento ai genitori.
Premesso questo, in considerazione al fatto che il fratello diversamente ha seguito un percorso durante il quale abbiamo avuto feedback e suggerimenti quasi costantemente. Chiedo se è normale che il professionista prolunghi le sedute molto spesso superando le 2, 3 ore; risponda e scriva andhe alle 2 del mattino e nei giorni festivi e, sopratutto, da quando è maggiorenne, pur come in precdenza io richieda autorizzazione a mia figlia, quando parla con lui ci scrive che è maggiorenne e non può incontrarci.
Conosco la normativa ma anche il fatto che se lei ci autorizza non c'è problema (vorremmo avere dei feedback e capire se ci sono situazioni da affrontare meglio) . Possibile che ogni volta che si confronta con lui cambia idea?
Nelle ultime comunicazioni (mail) ci vediamo scrivere "Se dovete segnalarmi qualche comportamento che vi allarma potete scrivermi una mail, che sarò ben lieto di leggere! " oppure, visto che ovviamente al colloquio dell'anno scorso con me ho pagato "Senza scomodarvi dai vostri impegni e senza ulteriori oneri fiscali... " "Resta il fatto che io per legge sono tenuto a non divulgare informazioni circa il percorso di Francesca." Che nessuno gli ha chiesto di divulgare.
Ripeto, nessuna segnalazione, nonostante l'aggravarsi della situazione (ha lasciato scuola da un mese e mezzo, in 5 liceo e a pochi mesi dall'esame. l'iscrizione a social a pagamento e che qui non ritengo di descrivere)
I professionisti a cui mi sono rivolto per non interferire nel suo percorso mi hanno detto che potrebbe trattarsi di un problema di "falso sé" in cui lei crede e che si tratta di un problema che va affrontato da professionista strutturato e capace (l'attuale è abbastanza giovane ed ha meno di 10 anni di attività).
Grazie di cuore per ogni suggerimento che coglierò da voi.
Dott.ssa Elena Sinistrero
Psicologo, Psicologo clinico
Torino
Gentile utente, grazie per aver condiviso con noi una parte così importante e delicata di sè. Mi spiace molto per la situazione che descrive e posso immaginare la preoccupazione connessa a questa situazione.
I suoi timori da genitore sono più che comprensibili e credo che parlarne con sua figlia senza screditare la figura professionale che la segue, ma portando i suoi timori di genitore, potrebbe essere un primo passo, se ancora non avesse tentato questa strada. Le suggerirei inoltre di valutare una presa in carico familiare in psicoterapia (parallela al percorso individuale di sua figlia), di modo che sua figlia veda che vi mettete in gioco insieme nel percorso e abbia uno spazio per parlare dei suoi turbamenti e di ciò che le crea disagio. Oltre a ciò, avrebbe anche lei come genitore uno spazio di confronto con un/una professionista.
Nella speranza che questo confronto possa esserle utile, resto a disposizione anche online.
Un caro saluto.
Dott.ssa Elena Sinistrero

Risolvi i tuoi dubbi grazie alla consulenza online

Se hai bisogno del consiglio di uno specialista, prenota una consulenza online. Otterrai risposte senza muoverti da casa.

Mostra risultati Come funziona?
Dott. Luca Frumento
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Cara utente buongiorno. E' possibile che il collega, vista la separazione conflittuale e la giovane età della ragazza, cerchi di tutelarsi al massimo delle sue possibilità. Potrebbe proporre a sua figlia di intraprendere un percorso assieme. Solitamente il modello sistemico-relazionale è fortemente indicato per questi interventi. Resto a disposizione per ulteriori dubbi. Un saluto. Dott. Luca Frumento
Dott.ssa Giulia Campana
Psicologo clinico, Psicologo
Milano
Gentile Utente, compredo a pieno le sue difficoltà nel comprendere che cosa stia accadendo in primis a sua figlia e per conseguenza anche rispetto al percorso che lei sta seguendo con il collega. Non conosco le ragioni per cui il collega operi questa scelta, ma, vista la molteplicità di approcci non sento di volermi esprimere sul suo operato in alcun modo. Potrebbe anche esserci la volontà di lasciare che la ragazza, reduce di una complessa separazione, abbia oggi uno spazio suo al 100%. Ci sono approcci di lavoro molto diversi nell'impostazione dei percorsi psicologici e il lavoro con gli adolescenti o i giovanissimi adulti (ancora iscritti alla scuola ssecondaria di secondo grado) secondo la mia visione funziona meglio laddove un coinvolgimento dei genitori esista anche se non eccessivamente assiduo e comunque legato alla tutela della privacy del ragazzo/a (fondamentale perchè ci sia una relazione di fiducia con lo psicologo). Certamente l'abbandono scolastico segnala una difficoltà di sua figlia e potrebbe essere utile cercare di capire con lei se senta che il suo attuale percorso la stia supportando come desidera. In ultima analisi tuttavia la maggiore età legittima la possibilità di sua figlia di autodeterminarsi e scegliere di continuare in questa direzione.
Potrebbe eventualmente scegliere anche lei come genitore di affrontare le sue preoccupazioni e fatiche in un contesto terapeutico.
Sperando di esserle stata utile resto a disposizione!
Dott.ssa Emanuela Carosso
Psicologo, Psicoterapeuta
Torino
Gentile Signore, da quanto scrive mi par di capire che è lei a pagare le sedute di sua figlia, quindi, a meno che non sia gravato da un onere legale, potrebbe sempre parlare chiaramente alla ragazza e dirle che, essendo preoccupato della piega presa dalla sua vita (l'abbandono scolastico a pochi mesi dalla maturità mi pare un fatto grave e l'accenno che fa a social a pagamento sembra alludere a qualcosa di poco commendevole), e inquietato dal tipo di influenza che sembrerebbe avere il terapeuta su di lei, non è più intenzionato a sovvenzionare la terapia con quel particolare professionista.
Le pratiche che descrive nel dettaglio (durata delle sedute, orari di contatto festivi e notturni, ecc.), pur non essendo in senso stretto censurabili, tuttavia non rientrano certo nel range di un normale setting terapeutico e se lei ha l'impressione che la vita di sua figlia stia prendendo una china pericolosa anche in seguito ad una terapia condotta fuori dalle righe, può segnalare tali pratiche e l'influenza a parer suo nefanda che hanno sulla giovane all'Ordine Regionale di appartenenza del terapeuta che le adotta, dietro suo pagamento e senza darne a lei giustificazione o minimo riscontro in quanto committente.
In parole povere: smetta di pagare questa terapia e, se onerato di quest'obbligo da sentenza del tribunale, faccia fare un'istanza al giudice competente dal suo legale affinché, per i motivi che ha qui esposto e che andrà a dettagliare, venga quantomeno sollevato dall'onere di retribuire quel particolare terapeuta, visti gli esiti che sembrano discenderne nella vita di sua figlia.
Le faccio i migliori auguri.
Dr. Massimo Mestroni
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Trieste
Buongiorno, a mio parere professionale, dopo 30 anni di lavoro, è che quanto suggerito dalla dott.ssa Carosso andrebbe tenuto, con buona probabilità, in considerazione..
Cordialmente,
M.M.
Dott.ssa Rosalba Aiazzi
Psicologo clinico, Psicoterapeuta, Psicologo
Cesena
Carissima, mi spiace molto per la situazione che sta vivendo. Concordo come hanno espresso alcuni miei colleghi che durate delle sedute, contatti nel fine settimana e durante le ore notturne sono metodi che per deontologia uno psicologo o psicoterapeuta non dovrebbe utilizzare. Nel lavoro psicologico o psicoterapeutico ci sono regole per i pazienti ma anche e soprattutto per il professionista. Inoltre, e a parlarle é una psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico, che quindi mira rigorosamente ad una terapia individuale e a contenere le interferenze dei familiari con la terapia. Ma nel suo caso, vale a dire il trattamento di un'adolescente é importante anche concertare l'intervento con la famiglia e non concordo con questo atteggiamento che definirei "sadico" del collega che si ostina a non rispondere alla sua richiesta di aiuto, oltre che a non aver nessun senso di gratitudine, in quanto se ho ben compreso, é lei a saldare le parcelle! La invito pertanto a dare seguito alle sue sensazioni e a parlare con la sua figlia in quanto credo che il percorso terapeutico non sia dei migliori considerato anche il peggioramento delle performance scolastiche. Qualora voglia approfondire la questione puó contattarmi per una consulenza on line. Le faccio i miei migliori auguri e le mando un caro saluto. Rosalba Aiazzi
Dott.ssa Cristina Sinno
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Napoli
Buonasera e grazie per la condivisione .Mi dispiace per la situazione che si è venuta a creare con il collega, ma suggerisco, prima di intraprendere vie legali o richiami all'Ordine dei Psicologi, di consultare personalmente uno psicoterapeuta per chiarire tutte le problematiche che sta affrontando e descrivere con più particolari le situazioni che si stanno venendo a creare tra sua figlia e il suo terapeuta. Resto comunque a disposizione per qualsiasi dubbio o informazione, disponibile anche per consulti online. Un caro saluto, d.ssa Cristina Sinno
Dr. Marco Cenci
Psicologo, Psicologo clinico
Brescia
Buongiorno,
La mia impressione è che il collega stia cercando di tutelarsi vista la separazione conflittuale ed il fatto che quanto da lui dichiarato potrebbe essere utilizzato in modo strumentale...
Non sta a me giudicare il suo operato (ognuno risponde alle comunicazioni quando vuole ed organizza il suo lavoro secondo la sua volontà) ma la lunghezza delle sedute che lei ci ha indicato mi sembra quantomeno strana... Detto questo non ne farei una questione di età: essere più anziano non significa necessariamente essere più preparato...
Comprendo la sua preoccupazione da genitore ma, essendo sua figlia maggiorenne, non può forzarla a cambiare terapeuta ma può solo provare ad instaurare un dialogo con lei.
Dott. Marco Cenci
Dott.ssa Marialisa Catalini
Psicologo, Psicologo clinico
Quarto
Gentile utente grazie per aver condiviso la sua storia. Molto spesso capita che la nostra mente costruisca la storia in base alle nostre emozioni e sensazioni. La storia raccontata da sua figlia potrebbe anche non essere la Verità, ma la Sua verità ("la storia mia accaduta"). In un conflitto genitoriale, oltre a lasciare un segno indelebile nel ragazzo, scaturisce anche una chiusura. Probabilmente anche i ruoli, nella sua famiglia sono/erano invischiati portando alla conseguenza di scelte non appropriate all' età attuale di sua figlia. Anche il non ascoltare i consigli potrebbe essere una di queste conseguenze.
Per il comportamento del collega: ognuno di noi segue un setting specifico e l' orientamento psicologico influisce molto sul lavoro che andiamo ad attuare. Le sue azioni saranno conseguenze di un pensiero ben strutturato con una finalità che potrebbe anche essere semplicemente quella di tutela oppure di aggancio terapeutico verso sua figlia.
Se suo marito e soprattutto sua figlia sono d'accordo, potreste proporre una terapia familiare in modo da avere un quadro un po' più chiaro e aiutare così lo psicologo a fare rete con la famiglia.
Dott.ssa Stefania Ludovici
Psicologo, Psicoterapeuta, Terapeuta
Guidonia Montecelio
Cara signora, capisco le sue preoccupazioni e perplessità perché quando si tratta dei nostri figli, il nostro sguardo è naturalmente su di loro, anche quando diventano maggiorenni.
Non conosco le ragioni di questo rifiuto netto del terapeuta ad incontrarla, specie se da parte di sua figlia non c’è veto. Il segreto professionale non è affatto minacciato con l’ingresso nella stanza di terapia di uno o di entrambi i genitori del paziente che si ha in carico, perché lo scopo di quell’incontro -per come la vedo io- non sarà quello di raccontare parti del percorso di terapia, ma di mettersi in ascolto delle istanze che lei come genitore della ragazza vorrà portare all’attenzione del collega. Personalmente come terapeuta familiare, sento spesso il bisogno di convocare i genitori dei miei pazienti adolescenti, avendo prima raccolto il loro consenso, perché da quegli incontri riesco a raccogliere tantissime informazioni che arricchiscono il quadro del percorso di terapia per il mio paziente e mi restituiscono una prospettiva diversa, una modalità diversa, una voce diversa che si rivela sempre molto di aiuto nel lavoro di terapia. Le suggerirei di parlare a cuore aperto con sua figlia e di spiegare qual è il suo autentico proposito e bisogno nell’incontrare il suo psicologo. Se riuscirà a farsi comprendere, vedrà che sarà proprio sua figlia a rendere possibile l’appuntamento perché porterà questa richiesta in terapia. Nel frattempo ha mai pensato di fare lei un incontro con un/a psicoterapeuta per sviscerare meglio questa questione e tutte le implicazioni che sono in gioco?
Cordialmente
S. L.
Dott.ssa Elena Avanzi
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Mestre
Buongiorno, capisco la sua preoccupazione di genitore per l'abbandono scolastico ed il desiderio di confrontarsi col professionista sulla attuale situazione di sua figlia e di ricevere un feed-back sul suo percorso. Concordo con i colleghi che la strada di parlare con sua figlia circa la motivazione della richiesta può aiutare entrambe a chiarire che lo spazio personale della terapia rimane salvaguardato, nel contempo incontrandovi sia possibile un confronto su come creare migliori condizioni nella vostra relazione utili anche a lei. Rendendo sua figlia partecipe della richiesta potrà aprire un confronto con lei su come rispondere anche alle sue esigenze di mamma che vuole partecipare al suo benessere. Se il professionista utilizza il canale di comunicazione via mail anche a lui può continuare ad esprimere la sua esigenza, le sue preoccupazioni e la sua richiesta, dicendo che non è per avere informazioni sul contenuto dei colloqui, ma su come lei può contribuire. Aprire per lei uno spazio di terapia personale sicuramente la può aiutare ad affrontare questi dubbi, a prendersi cura della preoccupazione per la figlia, in modo da trovare le vie più costruttive per affrontare questo vostro delicato momento. La saluto cordialmente, fiduciosa che il dialogo familiare con sua figlia, insieme al confronto con un professionista che accolga le sue perplessità, possa aprire nuove strade.
Dott.ssa Angela Pistilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Velletri
Gentile signore/a, è molto complesso dare indicazioni a partire da "racconti" di percorsi.
Ad ogni modo, qualora vi fosse certezza del fatto che questo collega risponda nel corso della notte e nei giorni di festa e che, nonostante il paziente dia il permesso d'incontrarla, il terapeuta rifiuti, ci sono, gli estremi per cambiare terapeuta e/o per rivolgersi all'Ordine Professionale. Saluti. Dott.ssa Angela Pistilli
Dott.ssa Lavinia Sestito
Psicologo clinico, Psicologo
Roma
Mia cara signora, capisco le sue preoccupazioni, sicuramente una singola seduta che dura due o tre ore non è nella "norma" se così l vogliamo chiamare.
Per la privacy di sua figlia sono d'accordo con il collega, a prescindere da chi paga, il rapporto di terapia va protetto. Per i messaggi alle due del mattino, come fa ad esserne a conoscenza lei?
Detto ciò la invito ad iniziare un percorso personale, così da poter comprendere cosa stia accadendo in lei.
Buona giornata
Prenota subito una visita online: Colloquio psicologico - 50 €
Per prenotare una visita tramite MioDottore, clicca sul pulsante Prenota una visita.
Dott.ssa Matilde Ciaccia
Psicologo, Psicologo clinico
Padova
Gentilissima, comprendo la sua necessità di capire cosa sta succedendo a sua figlia visti gli sviluppi dell'ultimo periodo. Potrebbe avere varie alternative: intraprendere una linea più rigida, come quella legale, che rispetto a quanto ha raccontato della sua esperienza pregressa, potrebbe portarla a inimicarsi sua figlia, se effettivamente ha constatato che sua figlia ha deciso di fare un percorso per sentirsi più autonoma, rischiando che questo atto sia interpretato come un tentativo di ostacolarla anziché un modo di sostenerla o proteggerla perchè preoccupata per lei. Perciò le consiglierei di optare per una strada che apra al dialogo e alla comprensione. Potrebbe quindi parlarle con sua figlia in un dialogo in cui cerca di capire come sta sua figlia, in che modo ha preso alcune decisioni nell'ottica di avere qualche conoscenza in più così da dare un senso alle sue preoccupazioni. Se se la sente potrebbe provare a esprimere le sue preoccupazioni, cercando di farle capire in modo sereno e calmo che vorrebbe sostenerla e vederla star bene. Quanto meno potrebbe far capire in questo modo a sua figlia che lo fa perchè ci tiene e non è solo per controllo. L'esito potrebbe essere quello che sua figlia si fida di più di lei e le condivida di conseguenza di più.
Se se la sente, dopo aver parlato con sua figlia e aver riscontrato un dialogo soddisfacente e costruttivo in cui entrambe siete state serene, potrebbe provare a spiegare a sua figlia il suo desiderio di avere un confronto con il professionista che la segue per capire la metodologia di lavoro concordata assieme, in modo che se ha dei dubbi sui contatti e sulla durata dei colloqui, parlandoci direttamente potrebbe capirne meglio il motivo e di conseguenza fare una scelta più consapevole.
Spero di essere stata esauriente.
Se ha dubbi o le sue preoccupazioni permangono resto a disposizione.
Un caro saluto,
Dott.ssa Matilde Ciaccia
Prenota subito una visita online: Consulenza online - 60 €
Per prenotare una visita tramite MioDottore, clicca sul pulsante Prenota una visita.
Dott. Daniele D'Amico
Psicologo, Psicologo clinico
Torre del Greco
Gentile utente, la ringrazio per aver condiviso i suoi dubbi con noi. Comprendo le sue difficoltà e le sue preoccupazioni, e mi dispiace per i vissuti negativi che queste le provocano. Qualora dovesse ritenerlo opportuno o necessario, mi rendo disponibile a cominciare con lei un percorso , che potrebbe tornarle utile per esplorare ed approfondire le sue emozioni, esperienze e valori al fine di trovare una strada percorribile e ritrovare la serenità.
Tenga a mente che il benessere mentale è una priorità, e trovare il professionista giusto può fare la differenza.
Qualora dovesse avere dubbi, domande, o perplessità riguardo al mio lavoro non esiti a contattarmi.
Un caro saluto, dott. Daniele D’Amico.
Prenota subito una visita online: Consulenza online - 30 €
Per prenotare una visita tramite MioDottore, clicca sul pulsante Prenota una visita.
Dott.ssa Genoveffa Del Giudice
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Gentile utente, posso immaginare la sua apprensione per la situazione che ha descritto.
Le sue preoccupazioni e il bisogno di avere dei feedback sono leggitimi. È anche vero che lo spazio di terapia individuale di sua figlia va tutelato.
Le suggerisco di attivare uno spazio di terapia per sé stessa in cui possa condividere questi vissuti ed elaborarli.

Un caro saluto,
Dott.ssa Del Giudice
Dott.ssa Debora Versari
Psicologo clinico, Psicologo, Psicoterapeuta
Forlì
Gentile utente, grazie per aver condiviso con noi una parte così delicata di sè. Comprendo la sua preoccupazione connessa a questa situazione. Parlarne con sua figlia senza screditare la figura professionale che la segue, portando i suoi dubbi da genitore, potrebbe essere un primo passo, se ancora non avesse tentato questa strada. Le consiglierei di valutare una presa in carico familiare in psicoterapia sistemica relazionale (parallela al percorso individuale di sua figlia), rimango a disposizione sia presso i miei studi, sia online. Dott.ssa Debora Versari
Dott.ssa Virginia Mancori
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Gentile utente, innanzitutto grazie per la condivisione con noi dei sui dubbi e preoccupazioni, legittimi e comprensibili. Allo stesso modo è legittima la tutela dello spazio terapeutico di sua figlia. Qualora fosse certa la condotta da lei indicata da parte del terapeuta ricordi, come le hanno comunicato altri colleghi,che ha la possibilità di rivolgersi all'Ordine.
Dott.ssa Virginia Mancori
Buongiorno e grazie per la condivisione . , compredo a pieno le sue difficoltà nel comprendere che cosa stia accadendo a sua figlia e per conseguenza anche rispetto al percorso che lei sta seguendo con il collega. Nel lavoro psicologico o psicoterapeutico ci sono regole per i pazienti ma anche e soprattutto per il professionista.. Le pratiche che descrive nel dettaglio (durata delle sedute, orari di contatto festivi e notturni, ecc.), pur non essendo in senso stretto censurabili, tuttavia non rientrano certo nel range di un normale setting terapeutico e , se vuole, può segnalare tali pratiche e l'influenza che hanno sulla giovane, all'Ordine Regionale di appartenenza del terapeuta che le adotta. Certamente l'abbandono scolastico segnala una difficoltà di sua figlia e potrebbe essere utile cercare di capire con lei se senta che il suo attuale percorso la stia supportando come desidera.. Non conosco le ragioni di questo rifiuto netto del terapeuta ad incontrarla, specie se da parte di sua figlia non c’è veto. Personalmente sento spesso il bisogno di convocare i genitori dei miei pazienti adolescenti, avendo prima raccolto il loro consenso, perché da quegli incontri riesco a raccogliere tantissime informazioni che arricchiscono il quadro del percorso di terapia per il mio paziente e mi restituiscono una prospettiva diversa, una modalità diversa, una voce diversa che si rivela sempre molto di aiuto nel lavoro di terapia. Le suggerirei di parlare a cuore aperto con sua figlia e di spiegare qual è il suo autentico proposito e bisogno nell’incontrare il suo psicologo. Se riuscirà a farsi comprendere, vedrà che sarà proprio sua figlia a rendere possibile l’appuntamento perché porterà questa richiesta in terapia. Nel frattempo ha mai pensato di fare lei un incontro con un/a psicoterapeuta per sviscerare meglio questa questione e tutte le implicazioni che sono in gioco? Qualora voglia approfondire la questione puó contattarmi per una consulenza on line. Le faccio i miei migliori auguri e le mando un caro saluto.
Dr. Domenico Pianelli
Psicologo, Psicologo clinico
Torino
Ciao, è una roba tutto sommato normale che per questioni di riservatezza lo psicologo che lavora con un adolescente decida di rivelare parzialmente le informazioni che emergono in seduta (di solito gli aspetti che possono mettere a repentaglio la sicurezza dello stesso).
Se 18enne si e no, di solito si guarda al committente (cioè a chi paga la terapia) se il committente è diverso dal paziente di solito vale quanto detto sopra per gli adolescenti, se invece la terapia viene pagata dal paziente sarebbe una violazione del segreto professionale.

sul discorso durata delle sedute, dipende da quello che è stato concordato in fase di presa in carico, di solito la durata e di un'ora circa, tieni presente che è plausibile che a volte si possa sforare per qualche minuto.

sul discorso messaggistica in orari notturni, di solito può capitare di concordare risposte di emergenza se i pazienti stanno attraversando un periodo particolare (rischio suicidario ad esempio).

tuttavia nulla impedisce di chiedere chiarimenti direttamente al professionista, anche perchè questioni come la durata delle sedute o i contatti fuori tempo poco hanno a che fare con il segreto professionale.
Dott. Giacomo Cresta
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Grazie per aver condiviso il suo stato d’animo, capisco quanto possa essere spaventoso convivere con questi sintomi e il timore di un problema serio come l’infarto. È importante ricordare che lei ha già fatto esami approfonditi, come ECG, ecocardiogramma ed esami del sangue, che hanno escluso anomalie cardiache, il che dovrebbe rassicurarla rispetto alla presenza di un infarto in corso. Il fatto che i sintomi persistano e che si senta così in ansia merita attenzione. È possibile che i suoi dolori siano legati ad altre cause, come tensione muscolare, problemi gastrointestinali (ad esempio reflusso) o somatizzazione legata all'ansia, che può causare sintomi molto simili a quelli cardiaci. Il panico stesso può indurre dolori al petto, tachicardia e difficoltà respiratorie, amplificando la paura di un problema fisico.
Le consiglierei di rivolgersi a uno specialista, come uno psicologo o uno psichiatra, per valutare se l’ansia stia contribuendo in modo significativo ai suoi sintomi. Nel frattempo, potrebbe essere utile evitare di cercare informazioni mediche su Internet, che spesso aumenta il panico, e concentrarsi su tecniche di rilassamento come la respirazione profonda o la mindfulness, che possono aiutarla a calmare il sistema nervoso. Se i sintomi dovessero peggiorare o cambiare improvvisamente, non esiti comunque a rivolgersi nuovamente al pronto soccorso, ma tenga presente che il suo cuore è stato già valutato con attenzione e non è stato rilevato nulla di preoccupante.
Dott.ssa Antonella Bellanzon
Psicologo, Psicologo clinico
Massa
Grazie per aver condiviso la situazione complessa che stai affrontando con tua figlia. È evidente quanto tu desideri aiutarla nel miglior modo possibile, rispettando al contempo la sua autonomia e il suo percorso di crescita personale.
È normale che uno psicologo mantenga la riservatezza sulle sedute con il paziente, specialmente quando il paziente è maggiorenne. Tuttavia, la tua preoccupazione per la mancanza di feedback e il modo in cui le sedute vengono gestite è valida. Le sedute estremamente lunghe, messaggi a ore insolite o in giorni festivi possono sembrare non convenzionali. In generale, i professionisti dovrebbero mantenere limiti chiari per salvaguardare il benessere del paziente e la relazione terapeutica.
Puoi provare a esprimere queste preoccupazioni direttamente allo psicologo, magari tramite una mail (come lui stesso ha suggerito), spiegando che il tuo obiettivo è collaborare per il bene di tua figlia.
È possibile che tua figlia si trovi in un periodo di confusione o instabilità emotiva, considerando anche la complessa storia familiare e gli eventi che ha vissuto. Le oscillazioni nel suo comportamento potrebbero essere legate alle dinamiche terapeutiche o al processo di auto-esplorazione che sta affrontando.
Potresti incoraggiare il dialogo con lei, cercando di capire come vive il rapporto con lo psicologo e cosa le sta offrendo quel percorso. Questo potrebbe aiutarti a cogliere segnali più chiari su eventuali problematiche.
Se hai il dubbio che il percorso attuale non stia rispondendo alle reali necessità di tua figlia, potrebbe essere utile considerare un secondo parere professionale. La scelta di uno psicologo con maggiore esperienza e formazione specifica potrebbe offrirle un approccio più strutturato e mirato.
Il tuo desiderio di essere presente per tua figlia è fondamentale e dimostra quanto tieni al suo benessere. Affrontare situazioni così delicate richiede tempo, pazienza e spesso il supporto di vari professionisti. Non sei da solo in questo percorso: ogni passo verso la chiarezza è già un grande traguardo. Se vuoi approfondire o hai bisogno di altri spunti, sono qui per te.
Dott.ssa Antonella Bellanzon
Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Buongiorno, la sua preoccupazione è comprensibile, profondamente umana e testimonia quanto tenga al benessere di sua figlia, anche nel rispetto del suo percorso personale. Le dinamiche familiari che descrive, segnate da una separazione conflittuale e da un coinvolgimento diretto dei figli, sono situazioni ad alta complessità emotiva e spesso lasciano segni che richiedono tempo, spazio e sensibilità per essere elaborati. Il fatto che sua figlia, nonostante tutto, abbia scelto spontaneamente di intraprendere un percorso con uno psicologo è già un elemento positivo, perché denota un’apertura al lavoro su di sé. Tuttavia, ciò non significa che tutto proceda necessariamente in modo adeguato o che non sia legittimo da parte sua interrogarsi sulla qualità del percorso. L’orientamento cognitivo-comportamentale, cui faccio riferimento, attribuisce grande importanza al concetto di alleanza terapeutica non solo con il paziente, ma in molti casi anche con il contesto, in particolare quando ci si occupa di giovani adulti che provengono da situazioni familiari complesse. In presenza di dinamiche familiari così articolate, e soprattutto quando vi sono segnali comportamentali rilevanti come l’abbandono scolastico, sarebbe auspicabile che il terapeuta, pur nel rispetto della riservatezza, riesca a promuovere, se possibile, un canale comunicativo minimo con la famiglia. Naturalmente, una volta che sua figlia ha raggiunto la maggiore età, ogni condivisione di informazioni dipende dal suo consenso esplicito, ma questo non significa che i genitori debbano essere completamente esclusi da qualsiasi tipo di scambio, soprattutto quando la situazione evolve in direzioni preoccupanti. Il fatto che le sedute superino sistematicamente le due o tre ore è piuttosto atipico. Nella pratica clinica, la durata standard di una seduta si aggira intorno ai 50-60 minuti. Prolungamenti occasionali sono possibili in particolari momenti critici del percorso, ma una durata sistematicamente eccessiva rischia di indicare una gestione poco strutturata del setting terapeutico. In questo tipo di intervento, la chiarezza dei confini e la coerenza nelle modalità di contatto (incluso il rispetto degli orari e dei giorni di lavoro) sono fondamentali per evitare un attaccamento disfunzionale e per favorire un’autonomia sana del paziente. Anche la disponibilità costante via messaggio o email, in orari notturni o festivi, pone un interrogativo sullo stile professionale adottato. In adolescenza e nella prima età adulta, i giovani tendono a cercare contenimento anche attraverso una presenza costante dell’adulto di riferimento. Se questa viene fornita in modo non regolato, può rischiare di rinforzare modalità di dipendenza emotiva piuttosto che sostenere l’autonomia e la capacità di autoregolazione, che sono invece obiettivi centrali dell’approccio cognitivo-comportamentale. La sua osservazione circa un possibile “falso sé” è rilevante. In effetti, alcuni adolescenti o giovani adulti che hanno vissuto esperienze relazionali destabilizzanti possono costruire un’immagine adattata del sé che li protegge momentaneamente dal dolore, ma che li allontana dalla piena consapevolezza delle proprie emozioni e bisogni autentici. Questo tipo di dinamica può essere riconosciuta e affrontata all’interno di un lavoro terapeutico attento e strutturato. Tuttavia, come sottolineano i professionisti cui si è rivolta, per poter affrontare adeguatamente questo tipo di problematiche è importante che lo psicoterapeuta abbia una formazione solida ed esperienza sufficiente nel trattamento di giovani adulti in contesti familiari ad alta complessità. È anche fondamentale considerare che la percezione che sua figlia ha della realtà potrebbe essere influenzata da emozioni irrisolte legate alla storia familiare. Se lo psicologo lavora esclusivamente su ciò che lei riferisce, senza confrontarsi con altri punti di vista (quando possibile e autorizzato), si corre il rischio di alimentare una narrazione parziale che potrebbe non aiutarla a integrare le varie componenti della sua storia personale. Le sue richieste non appaiono come un’invasione della privacy di sua figlia, ma come un tentativo di offrire supporto e ricevere, se possibile, qualche orientamento utile su come relazionarsi con lei. Anche solo un breve colloquio di consultazione con il terapeuta, autorizzato dalla figlia, potrebbe essere utile per offrirle strumenti concreti su come interagire con maggiore efficacia in questa fase così delicata. Se questo viene sistematicamente negato, anche a fronte di segnali evidenti di disagio (come l’abbandono scolastico o comportamenti a rischio), è lecito porsi dei dubbi sulla qualità del percorso in corso. In ultima analisi, è importante tenere presente che ogni terapeuta ha uno stile proprio, ma la professionalità si misura anche nella capacità di adattare tale stile alle esigenze reali della persona e del contesto. Se nel tempo il percorso non sembra offrire miglioramenti visibili o se i segnali di disagio aumentano, valutare con cautela un possibile cambio di terapeuta, sempre nel rispetto dei tempi e delle difese di sua figlia, potrebbe diventare un’opzione da tenere presente. Accompagnarla in questa riflessione, senza imporre decisioni, ma lasciandole percepire che le sue scelte sono prese sul serio e che ciò che lei sente è importante, può diventare il primo passo per costruire un dialogo più costruttivo. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero

Stai ancora cercando una risposta? Poni un'altra domanda

  • La tua domanda sarà pubblicata in modo anonimo.
  • Poni una domanda chiara, di argomento sanitario e sii conciso/a.
  • La domanda sarà rivolta a tutti gli specialisti presenti su questo sito, non a un dottore in particolare.
  • Questo servizio non sostituisce le cure mediche professionali fornite durante una visita specialistica. Se hai un problema o un'urgenza, recati dal tuo medico curante o in un Pronto Soccorso.
  • Non sono ammesse domande relative a casi dettagliati, richieste di una seconda opinione o suggerimenti in merito all'assunzione di farmaci e al loro dosaggio
  • Per ragioni mediche, non verranno pubblicate informazioni su quantità o dosi consigliate di medicinali.

Il testo è troppo corto. Deve contenere almeno __LIMIT__ caratteri.


Scegli il tipo di specialista a cui rivolgerti
Lo utilizzeremo per avvertirti della risposta. Non sarà pubblicato online.
Tutti i contenuti pubblicati su MioDottore.it, specialmente domande e risposte, sono di carattere informativo e in nessun caso devono essere considerati un sostituto di una visita specialistica.