Buongiorno a tutti, è difficile descrivere senza confusione quanto segue, ma condivido per avere

24 risposte
Buongiorno a tutti,

è difficile descrivere senza confusione quanto segue, ma condivido per avere un riscontro dagli addetti ai lavori piuttosto che da info generiche e luoghi comuni.

Sono una ragazza di 29 anni. Ho avuto sempre e solo relazioni con ragazzi, ma faccio fatica a definire la mia identità di genere e orientamento.

Ho sempre avuto fantasie omosessuali (tra maschi o tra femmine), mai fatte su ragazzi da me frequentati. Ogni rapporto intimo avuto è stato più o meno soddisfacente, ma mai da arrivare all’orgasmo e non avrei sicuramente problemi a frequentare una persona di orientamento non etero o di genere non cis.

Io stessa poi ho difficoltà nel ritenermi del tutto una ragazza. Nonostante abbia un aspetto molto femminile, mi sono sempre identificata con ragazzi (cantanti, attori ecc…) arrivando ad adottarne il look con gli stessi vestiti e acconciature e tutte le persone che mi conoscono bene concordano nel dire che io abbia un modo di pensare più maschile che femminile. Aggiungo che per passione scrivo racconti e romanzi e i protagonisti sono sempre maschi. Anche nelle mie fantasie sessuali sono sempre un ragazzo.
Inutile dire che il mio partner ideale, che ancora non ho trovato, dovrebbe essere piuttosto femminile, non solo esteticamente ma anche come persona. Non sono attratta dal maschio standard e dai rapporti sessuali standard e penso che ciò potrebbe darmi davvero appagamento sia un rapporto intimo in cui i ruoli sono invertiti. Anche al di fuori dell’aspetto sessuale, nella relazione giusta per me io ho il ruolo di protezione, supporto, sicurezza che comunemente si ricerca/affida alla parte maschile.

Alla fine ho interrotto le mie relazioni e frequentazioni perchè sono relegata ad un ruolo femminile che non sento per me.

Concludo dicendo che la cosa non mi crea ansie. Le persone a me care sono tutte di larghe vedute e io stessa non ho pregiudizi/giudizi. La ricerca di riscontro nasce più dal non riuscire a inquadrarmi e conseguentemente dal non poter capire bene cosa cerco e voglio in una persona per costruire un rapporto serio.

Grazie
Dott. Giuseppe Mirabella
Psicologo, Psicologo clinico
Modica
Buongiorno,
Le sue parole arrivano con grande chiarezza e sincerità, e già questo è un segno importante: si sta dando spazio per ascoltarsi davvero, senza giudizio, ed è un passaggio fondamentale nel percorso di conoscenza di sé.
Quello che descrive riguarda più dimensioni — identità di genere, orientamento, ruoli relazionali, che non sempre seguono schemi rigidi o facili da “etichettare”. Anzi, spesso sono fluide, sfumate, personali. La difficoltà nel “definirsi” non è un segnale di confusione, ma può essere il riflesso della complessità e ricchezza del suo sentire.
Il fatto che, pur avendo un aspetto femminile, non si senta del tutto “una ragazza”, che si identifichi con figure maschili, che si immagini come un ragazzo nelle fantasie e nei racconti, suggerisce che la sua identità di genere non coincide completamente con quella assegnata alla nascita. Non per forza significa essere “dell’altro genere” in senso binario: potrebbe trattarsi di un’identità fluida, non binaria, o semplicemente sua — qualcosa che non ha bisogno di una definizione immediata. Alcune persone trovano sollievo nel dare un nome al proprio sentire, altre nel lasciarlo libero di evolversi.
Anche per quanto riguarda il suo Orientamento e desiderio , la sua esperienza va oltre le categorie comuni. Le fantasie rivolte ad altri tipi di coppie (maschi con maschi, femmine con femmine), il poco coinvolgimento nei rapporti avuti, e l’attrazione per persone femminili a prescindere dal genere, sono elementi che raccontano un orientamento ampio, che potremmo definire queer, pansessuale o comunque non eteronormato. Questo non è un problema, anzi: è una dimensione del desiderio che ha tutto il diritto di esistere così com’è.
Un altro aspetto molto significativo è quello relazionale. Lei ha una chiara consapevolezza del ruolo in cui si sente più autentica: quello di chi protegge, dà sicurezza, accoglie. Se questo viene costantemente disatteso o frainteso, è comprensibile che le relazioni risultino insoddisfacenti o frustranti. Non è un rifiuto dell’intimità, ma il bisogno di viverla in modo coerente con la propria identità e i propri valori.

Mi sembra che lei non stia cercando risposte per “normalizzarsi”, ma per capirsi meglio. E questo è un passo sano e necessario. Non c’è urgenza nel trovare un’etichetta, ma ci può essere grande beneficio nel continuare a esplorare tutto ciò che sente, con curiosità e rispetto per sé.
Se dovesse sentire il bisogno di un confronto più approfondito, lavorare con un professionista che abbia esperienza in identità e sessualità LGBTQIA+ può essere di grande aiuto — non per “spiegarle chi è”, ma per camminare insieme in questa scoperta.
Le auguro di continuare questo percorso con la stessa apertura con cui ha scritto questo messaggio. È già sulla strada giusta.
Dr. Giuseppe Mirabella

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Dott.ssa Veronica Savio
Psicologo, Psicologo clinico
Medolla
Gentile utente,
grazie per aver condiviso con tanta sincerità il tuo vissuto. Quello che racconti è qualcosa che molte persone sperimentano, soprattutto quando cercano di conoscersi meglio e dare un nome alla propria identità e ai propri desideri.
Le domande che ti poni non hanno necessariamente bisogno di una risposta “definitiva” o immediata: l’identità di genere e l’orientamento sono dimensioni fluide, che possono evolvere nel tempo e che non sempre rientrano in categorie nette.
Il fatto che tu senta il bisogno di esplorare, di non incasellarti e di cercare relazioni in cui sentirti libera e autentica è già un segnale di grande consapevolezza. In alcuni casi, confrontarsi in uno spazio protetto, come un percorso psicologico, può essere molto utile per dare significato a ciò che senti e trovare maggiore chiarezza su chi sei e cosa cerchi nelle relazioni.
Se deciderai di intraprendere questo tipo di lavoro su di te, potresti scoprire non solo nuove risposte, ma anche modi più liberi e sereni di vivere ciò che già sai.
Resto volentieri a disposizione se avrai voglia di parlarne ancora.
Un caro saluto,
Dott.ssa Veronica Savio
Buonasera, grazie per la sua condivisione. Le sue idee sulla sua identità di genere e sul suo orientamento sessuale sono abbastanza chiare, sebbene confuse, perché risulta evidente l'interesse per entrambi i sessi e il suo desiderio di non rientrare in uno stereotipo sociale prettamente maschile o femminile. La categorizzazione in uno dei due, così come il mettersi delle etichette, non è necessaria ma a volte può aiutare per questo le consiglio di documentarsi innanzitutto su quali sono, ad oggi, gli orientamenti e le identità di genere, in modo da poter fare chiarezza lei in prima persona, dando un nome alle cose. Rispetto invece al capire cosa vuole in una persona per costruire un rapporto serio, è necessaria una riflessione più ampia perché le aspettative e i desideri su un rapporto non dipendono esclusivamente dal genere del partner, ma da ciò che lei si aspetta, vuole e desidera. Se le sue relazioni si sono interrotte perché non si sentiva libera di potersi esprimere nei modi che riteneva più appropriati, magari sta cercando una persona con vedute più ampie e un'apertura mentale che le dia la sicurezza di essere accolta. Probabilmente fare chiarezza su chi è lei, in cosa si identifica, cosa le piace, la aiuterà a capire che tipo di persona cerca, non solo fisicamente ma anche relazionalmente.
Dott.ssa Lucrezia Marletta
Psicologo, Psicologo clinico
San Pietro Clarenza
Salve, le questione di identità di genere e orientamento sessuale sono molto complesse dal punto di vista psicologico perché entrano in gioco prepotentemente anche le questioni culturali. Definire ed etichettare la propria identità a volte può essere utile, a volte no, in quanto il tutto dovrebbe essere letto in un'ottica integrata che inglobi anche la personalità e la storia personale. Suggerisco di esplorare questi dubbi in terapia e di abbracciare, eventualmente, anche le domande e non solo le risposte che tale percorso può portare a porre. Resto a disposizione, saluti. Dott.ssa Lucrezia Marletta Psicologa
Dott.ssa Alessia d'Arma
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Milano
Gentile, buon pomeriggio,
grazie per la condivisione: comprendo quanto possa essere complesso provare a mettere per iscritto il proprio sentire.
L’identità di genere e l’orientamento sessuale non sono costrutti cristallizzati né necessariamente lineari. Sono dimensioni profonde e personali, che si sviluppano lungo un continuum, nel quale ci si può riconoscere in modi diversi anche in fasi differenti della vita.
A questi aspetti si affianca anche il ruolo di genere, ovvero il modo in cui ci si sente e ci si esprime all’interno delle relazioni e della società, indipendentemente dal proprio orientamento o identità di genere.
La costruzione della propria identità passa anche attraverso queste esplorazioni, che riguardano sia il modo in cui ci si percepisce, sia ciò che si desidera da una relazione affettiva e/o sessuale.
Un percorso di consulenza psicologica e sessuologica può offrire uno spazio sicuro in cui dare voce a queste riflessioni e chiarire, con maggiore consapevolezza, i propri bisogni relazionali e intimi. Spesso non si tratta di trovare “l’etichetta giusta”, ma di conoscersi meglio, per poter costruire relazioni in cui sentirsi riconosciuti e autenticamente appagati.
Resto a disposizione qualora desiderasse approfondire.
La saluto cordialmente.
Dott. Giulio Ciccia
Psicologo, Psicoterapeuta
Bergamo
buongiorno. posso comprendere il suo livello di confusione, la ricerca di se stessi non è facile quando si articola al di fuori dai canali convenzionali ed è quindi inevitabilmente connessa ad uno sforzo maggiore di comprensione e approfondimento. per queste ragioni sento la sua fatica ma anche il suo coraggio. in molti al posto suo avrebbero già tirato i remi in barca da un pezzo, preferendo una forma di convenzionale e pacifica arrendevolezza, ad un'identità faticosamente ricercata ma vera e forse più capace di dare soddisfazioni. non sono un esperto di questo campo ma ho più volte lavorato con adolescenti (anche fino ai 22 anni) con problemi analoghi al suo. mi sembra in prima istanza importante per lei distinguere tra identità di genere e gusti sessuali, come immagino saprà, quando si è etero sessuali ma ci si sente dentro il corpo sbagliato, può sorgere una certa confusione sui meccanismi del desiderio e del piacere. così lei può sentire il prevalere di componenti maschili dentro di sè e non per questo desiderare persone di sesso femminile. allo stesso tempo però mi incuriosisce il fatto che non ha mai avuto esperienze omosessuali, nonostante le sue fantasie. non so dirle se questo potrebbe aiutarla, ma può anche essere che nuove esperienze ci consentano di conoscerci meglio, a patto che non nascano da forzature o ancor peggio costrizioni. sul tema dell'orgasmo poi occorrerebbe aprire un capitolo a parte, non è detto che la cosa dipenda dal genere del suo partner, ma anche da una gran quantità di altri fattori, come le caratteristiche fisiche, la tendenza eccessiva a mantenere il controllo, la capacità di affidarsi. alcuni di questi elementi possono essere pure ricostruiti attraverso una psicoterapia che indaghi i meccanismi di identificazione e le relazioni di attaccamento e, di conseguenza, cosa può accadere nelle relazioni attuali. concludo dicendo che la ricerca di se stessi può comportare un viaggio lungo e pieno di ostacoli, la nostra identità non è racchiusa solo dentro di noi, ma dipende anche quelle parti di noi che in qualche modo sono depositate dentro gli altri, attraverso le relazioni. la psicologia offre di certo alcuni strumenti per andare a fondo, quindi non esiti a rivolgersi ad un collega se si sentisse arenata o in difficoltà nel proseguire da sola. spero di esserle stato utile e se vuole mi tenga aggiornato anche attraverso i mezzi offerti da questa piattaforma. cordialità
Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Buongiorno, la ringrazio molto per aver condiviso la sua esperienza con così tanta sincerità e chiarezza. Comprendere e definire la propria identità personale, affettiva e sessuale è un processo delicato e profondo, e quello che sta descrivendo mostra una grande consapevolezza di sé, delle sue emozioni e dei suoi vissuti interiori. Il fatto che si stia ponendo delle domande non è un segno di confusione patologica, ma anzi indica apertura, desiderio di autenticità e bisogno di costruire relazioni più coerenti con ciò che sente davvero. Dal punto di vista cognitivo-comportamentale, sappiamo che l’identità di genere e l’orientamento sessuale non sono elementi rigidi o immutabili, ma si collocano su uno spettro ampio, fatto di esperienze, emozioni, ruoli, preferenze e significati personali. Quello che lei descrive, cioè la difficoltà nel riconoscersi pienamente in un’identità femminile convenzionale, insieme alla maggiore identificazione con il genere maschile nei pensieri, nelle fantasie, nell’estetica e nelle dinamiche relazionali, è qualcosa che merita uno spazio di riflessione privo di etichette forzate o semplificazioni. È molto importante sottolineare come lei non viva tutto questo con disagio o ansia, e che il suo ambiente sia accogliente e aperto. Questo rappresenta una risorsa preziosa, perché le consente di esplorare le sue sfumature identitarie senza la pressione del giudizio. Tuttavia, può accadere, come nel suo caso, che anche in un contesto di libertà si generi un senso di incertezza: se non so esattamente come definirmi, come posso capire cosa mi fa stare bene? Come posso scegliere con più sicurezza la persona con cui costruire qualcosa di significativo? Dal punto di vista terapeutico, il lavoro in questi casi non è quello di trovare un’etichetta definitiva, ma piuttosto accompagnare la persona in un processo di esplorazione e definizione del proprio sé autentico. In particolare, aiutare a distinguere ciò che viene da dentro, dalla propria esperienza personale e corporea, da ciò che viene appreso o interiorizzato dal contesto sociale e culturale. Può essere molto utile osservare come si sente nei diversi ruoli relazionali e nei diversi contesti, e chiedersi se la difficoltà a costruire relazioni soddisfacenti dipenda più dal modo in cui gli altri reagiscono o dal fatto che lei stessa non ha ancora avuto l’opportunità di vivere una relazione che rispecchi davvero ciò che desidera. Il fatto che nelle sue relazioni passate si sia sentita incastrata in un ruolo femminile che non la rappresentava è un dato molto rilevante. Nella terapia cognitivo-comportamentale ci interessa comprendere come questi ruoli e copioni interiorizzati possano influenzare la costruzione dell’identità e dei legami, e come modificarli in modo da promuovere autenticità, benessere e libertà espressiva. Spesso si tratta di lavorare anche sulle aspettative implicite, su ciò che si “dovrebbe essere” per essere accettati, e invece spostare l’attenzione su ciò che si vuole davvero vivere e costruire, a partire da sé. Le relazioni intime e affettive più soddisfacenti nascono proprio quando ci si sente visti e riconosciuti per come si è, anche nelle parti più non convenzionali. Per questo motivo, poter chiarire dentro di sé quali aspetti della propria identità sono importanti, quali sono i bisogni e i desideri reali in una relazione, può essere un passaggio fondamentale per orientarsi meglio nelle scelte future. Se in futuro avesse la possibilità, un percorso psicologico può offrirle uno spazio protetto in cui approfondire questi aspetti con calma e rispetto, senza l’urgenza di dare risposte immediate ma con l’obiettivo di costruire una maggiore coerenza interna e chiarezza. Nel frattempo, continui ad ascoltarsi con la stessa attenzione e rispetto che ha dimostrato in questo messaggio: è una base solida su cui costruire il suo cammino. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Dott. Francesco Damiano Logiudice
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Buongiorno,
grazie per aver condiviso con tanta chiarezza e sensibilità la tua esperienza.

Quello che descrivi tocca con profondità temi legati all’identità di genere, all’orientamento sessuale e al ruolo che ognuno sente più autentico per sé all’interno delle relazioni. Non è raro, soprattutto oggi che abbiamo più strumenti per esplorare la complessità dell’identità umana, trovarsi in una fase di ricerca e di definizione personale.

Dal tuo racconto emergono alcuni aspetti importanti:

Fantasie sessuali e identificazione nei ruoli: le fantasie che coinvolgono identità diverse dalla propria e ruoli alternativi sono esperienze comuni e valide. In molti casi, aiutano a chiarire i propri desideri o aspetti più profondi della propria identità.

Identificazione di genere: sentire di non rispecchiarsi pienamente in una definizione “classica” di genere o nei ruoli socialmente attribuiti al genere femminile non significa necessariamente “non essere donna”, ma può indicare una dimensione fluida o non binaria, che merita di essere esplorata con rispetto e attenzione.

Orientamento relazionale e affettivo: l’attrazione verso persone che non rientrano nei canoni convenzionali, il desiderio di ruoli invertiti, il sentirsi più a proprio agio come figura “protettiva”, sono segnali preziosi su ciò che realmente cerchi in una relazione autentica, che rispecchi te stessa.

La tua serenità rispetto a questi vissuti e l’assenza di ansia o disagio sono segnali molto positivi. Il desiderio di comprendere meglio chi sei e cosa cerchi è un atto di cura verso di te, ed è assolutamente legittimo.

Per approfondire in modo autentico, rispettoso e privo di etichette rigide, sarebbe utile e consigliato intraprendere un percorso con uno specialista. Un confronto professionale può aiutarti a dare senso a tutto ciò che vivi, riconoscere la tua identità nel modo più vicino a te e favorire relazioni più appaganti e consapevoli.

Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Gentile ragazza, quello che descrive è un quadro complesso e articolato che tocca diversi aspetti dell'identità: orientamento sessuale, identità di genere e ruoli relazionali. La sua autoanalisi è molto lucida.
Le sue fantasie omosessuali, l'attrazione per partner femminili e la mancanza di pieno appagamento nei rapporti eterosessuali suggeriscono un orientamento non completamente etero. Potrebbe collocarsi nello spettro bisessuale o pansessuale, con preferenza per partner femminili o androgini.
L'identificazione costante con figure maschili, il sentirsi "ragazzo" nelle fantasie, l'adozione di look maschili e il non riconoscersi nel ruolo femminile tradizionale potrebbero indicare un'identità di genere non binaria o trans maschile. Molte persone si riconoscono come genderfluid, demiboy, o utilizzano altri termini dello spettro non binario.
Il desiderio di assumere il ruolo protettivo/di supporto e l'attrazione per partner femminili è perfettamente coerente con quanto sopra.
Non esiste un "modo giusto" di vivere le relazioni.
Consideri un percorso di chiarificazione che contempli:
- consulenza con terapeuta specializzato in identità di genere e orientamento sessuale
- esplorazione di comunità LGBTQ+ per confronto con esperienze simili
- sperimentazione graduale di pronomi/identità diverse per vedere cosa risuona
- nessuna fretta: l'identità può essere fluida ed evolversi
La sua serenità riguardo alla situazione è un punto di forza. L'obiettivo è trovare un equilibrio che la aiuti a comprendere se stessa e comunicare i suoi bisogni, non conformarsi a categorie rigide ed etichette.
Dott.ssa Giulia Uberti
Psicologo, Psicologo clinico
Brescia
Buongiorno,
comprendo la sua confusione: la definizione della propria identità è un processo complesso che coinvolge diverse dimensioni.
Quando si parla di genere, infatti, è importante distinguere tra:
• Identità di genere, che può essere conforme o non conforme al sesso assegnato alla nascita;
• Espressione di genere, ovvero il modo in cui una persona si presenta e si esprime attraverso aspetto, stile, interessi;
• Orientamento sessuale, che comprende sia l’attrazione sessuale sia quella romantica.
Tutte queste dimensioni non sono fisse né binarie, ma si collocano lungo un continuum: ognuno può riconoscersi in misura diversa in caratteristiche tipicamente associate al genere maschile, femminile o ad altre espressioni di sé.
Vista la sua volontà di fare chiarezza, potrebbe essere utile un percorso di psicoeducazione mirato, che le offra strumenti per acquisire maggiore consapevolezza rispetto alla propria identità e orientare le sue scelte in sintonia con i propri bisogni e vissuti.
Se lo desidera, sono disponibile ad approfondire questi temi insieme, sia in presenza a Brescia che online.
Sperando di averle fornito un riscontro utile, le auguro una buona giornata.
Dottoressa Giulia Uberti
Dott. Lorenzo Priore
Psicologo, Psicologo clinico
Firenze
Buongiorno,
il tuo messaggio arriva con grande chiarezza. Racconti una storia personale fatta di esplorazione e consapevolezza, non di smarrimento. Quello che emerge non è tanto una crisi di identità, quanto un’identità che non si lascia contenere nei confini tradizionali, e che cerca una forma più autentica in cui abitarsi.

Il modo in cui descrivi le tue relazioni, le fantasie, i ruoli, i desideri, non rivela blocchi o paure, ma piuttosto il bisogno di dare un nome a qualcosa che è già in te, che vive e che cerca solo il proprio spazio. Non perché sia necessario etichettarsi, ma perché il linguaggio ci aiuta a orientarci, soprattutto quando si vuole costruire qualcosa di significativo con un’altra persona.

Ti poni domande preziose: chi sono? Chi sto cercando? Qual è la dinamica relazionale in cui posso davvero essere me stessa?
E lo fai con rispetto, sia verso te stessa che verso le possibili forme dell’amore e del desiderio. Questo è già un atto di cura, e di coraggio.

La tua esperienza fa pensare a un percorso di identità fluida, sia di genere che affettiva, in cui non ti riconosci nei modelli binari tradizionali, né nei ruoli stereotipati che ti sono stati assegnati. È comprensibile che questo renda difficile “inquadrare” ciò che desideri in una relazione stabile, ma forse la chiave è proprio questa: non cercare di rientrare in un’identità preconfezionata, ma riconoscere che stai costruendo la tua, unica e coerente con ciò che senti.

Un confronto con un* terapeuta che abbia competenza in tematiche LGBTQIA+ potrebbe darti strumenti utili per proseguire questa esplorazione, ma non perché tu debba cambiare qualcosa — bensì per sentirti più libera di esprimere quello che già sei, con parole, gesti, relazioni che ti rispecchino davvero.

Non c’è nulla da “aggiustare”. C’è solo da scoprire, con rispetto e pazienza, la forma più giusta per te.
E se non riesci ancora a darti un nome preciso, va bene lo stesso: sei già nel posto giusto, che è il cammino verso te stessa.

Un caro saluto.
Gentile Utente,
innanzitutto grazie per aver condiviso tutto questo con così tanta apertura e lucidità. Capisco quanto possa essere difficile “descrivere senza confusione” esperienze che non rientrano in definizioni rigide, e il fatto che lei ci riesca con questa chiarezza è già un segnale importante di consapevolezza.
Ciò che racconta - le fantasie omosessuali, il sentirsi più rappresentata da figure maschili, il non riconoscersi fino in fondo in un ruolo femminile tradizionale - non indica affatto un “problema”, ma una complessità personale che merita ascolto, rispetto e tempo per essere esplorata con calma.
Colpisce il modo in cui descrive le sue fantasie, i suoi scritti, la relazione con l’intimità e il sentirsi spesso “un ragazzo” in quelle immagini. Anche il fatto che non si senta attratta da ruoli o rapporti “standard” parla di una ricerca autentica, che esce dagli schemi e si muove in una direzione più fluida, personale, unica. Tutto questo non la rende meno “valida”, anzi: racconta una persona che sta cercando la propria verità.
Forse la domanda non è tanto “Chi sono?”, quanto “Cosa mi farebbe sentire bene in una relazione? Che tipo di legame mi permetterebbe di esistere per come mi sento davvero, senza dovermi adattare a ruoli che non sento miei?". E questo è già un punto di partenza prezioso.
A volte, avere uno spazio neutro e non giudicante in cui poter esplorare queste domande, può offrire strumenti per comprendersi meglio, senza fretta e senza la necessità di incasellarsi.
Resto a disposizione se vorrà approfondire.

Un caro saluto,
Dott.ssa Maria Francesca Copani
Dott.ssa Marzia Mazzavillani
Psicologo, Psicologo clinico, Professional counselor
Forlì
Buongiorno e grazie per la chiarezza con cui hai condiviso il tuo vissuto. Quello che descrivi rimanda a una complessità non facilmente racchiudibile nelle categorie binarie tradizionali di genere e orientamento sessuale. Non è raro, anzi è sempre più frequente, che le persone sentano il bisogno di esplorare territori identitari fluidi, dove il vissuto interno, le modalità relazionali e le fantasie non corrispondano ai modelli dominanti.

Il fatto che tu viva tutto questo senza ansia o conflitto è un segnale di buona integrazione interna. Il bisogno che esprimi non è di "normalità" o di adattamento a un modello, ma di comprensione più profonda di te stessa per poter costruire legami autentici e appaganti.

Alcuni elementi che emergono con forza sono:

-un'identificazione stabile e persistente con un immaginario maschile, che non appare transitorio o secondario;

-fantasie sessuali coerenti con questa identificazione e un desiderio di ruoli relazionali e intimi non convenzionali;

-una difficoltà non tanto nella sfera sessuale in sé, quanto nella possibilità di trovare spazi relazionali in cui poterti esprimere secondo questa identità soggettiva.

Questo non significa necessariamente dover adottare un'etichetta (come transgender, genderfluid, non binary, ecc.), ma piuttosto riconoscere la tua esperienza così com'è, nella sua coerenza interna. In questo senso, l'inquadramento non serve a definire rigidamente chi sei, ma può aiutarti a capire meglio ciò che cerchi, ciò che desideri offrire, e come costruire un rapporto in cui questi aspetti siano accolti.

Uno spazio terapeutico può essere molto utile per accompagnarti in questo processo di esplorazione, non per etichettare, ma per sostenere la tua consapevolezza, favorire l'integrazione dei diversi aspetti del tuo sé e accompagnarti nella costruzione di relazioni più autentiche. Un cordiale saluto
Dott.ssa Marzia Mazzavillani
Dott.ssa Sandra Petralli
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Pontedera
Salve, lei si sta osservando con onestà, senza il bisogno di “rientrare” in etichette rigide. E in questo processo di esplorazione dell’identità, più che trovare una definizione, spesso è importante riconoscere la coerenza interna tra ciò che sente, desidera e vive.
Ciò che descrive riguarda diversi livelli: identità di genere, ruolo relazionale, orientamento affettivo e sessuale, rappresentazione di sé nelle fantasie e nella vita creativa. Tutti elementi che stanno trovando una loro forma, ma che non devono necessariamente combaciare con modelli prestabiliti. Non essere attratta da ruoli tradizionali o da forme di relazione “standard” non significa essere confusa: significa, più semplicemente, che la sua autenticità si esprime in modo non convenzionale.
Anche il fatto che i suoi desideri e le sue fantasie sessuali abbiano una componente identitaria maschile non è insolito. Molte persone si riconoscono in forme fluide di genere e orientamento, senza necessariamente sentirsi “in errore” o in conflitto. Il punto centrale non è se lei sia una donna, un uomo o altro: è se riesce a vivere le sue relazioni sentendosi intera, riconosciuta e libera.
Il passo che suggerirei, se sente il bisogno di approfondire, è un percorso con un* psicoterapeuta esperto/a in tematiche LGBTQIA+, non per trovare una “diagnosi”, ma per avere uno spazio in cui esplorare con più chiarezza cosa la fa sentire bene, cosa desidera e come costruire relazioni in cui il suo ruolo, il suo desiderio e la sua identità siano riconosciuti e valorizzati.
Non c’è urgenza di definirsi, né un traguardo da raggiungere. C’è un percorso che sta già facendo, e che merita di essere accompagnato con rispetto e cura
Saluti, dott.ssa Sandra Petralli
Dott.ssa Tania Zedda
Psicologo, Psicologo clinico
Quartu Sant'Elena
Ciao, ti ringrazio molto per aver condiviso qualcosa di così personale e profondo. È evidente che dietro le tue parole c’è un percorso di grande consapevolezza, anche se ancora in costruzione. È del tutto naturale, in alcuni momenti della vita, sentire il bisogno di mettere a fuoco chi si è e cosa si cerca, soprattutto quando si è sempre stati in contatto con vissuti e sfumature non facilmente “etichettabili”.
Quello che descrivi, le tue fantasie, il tuo modo di vivere il corpo e l’intimità, l’identificazione con figure maschili, il desiderio di un partner femminile anche nei modi e nei ruoli, parla di una ricchezza identitaria che merita ascolto, non semplificazioni. Non è necessario darsi un’etichetta subito, soprattutto se non è qualcosa che ti crea ansia o disagio. Ma se senti il bisogno di riconoscerti in qualcosa, sappi che esistono tanti modi per vivere e descrivere la propria identità e il proprio orientamento: queer, gender non-conforming, demigirl, androgina, pansessuale... sono solo alcuni esempi, e non per forza devi trovarti in uno di questi termini.
Il punto centrale, da come lo racconti, sembra essere la libertà di poterti esprimere, di vivere relazioni in cui sentirti autentica e riconosciuta nel tuo ruolo e nei tuoi desideri. E questo è già un ottimo punto di partenza: sapere cosa non ti rispecchia, per avvicinarti sempre più a ciò che ti rappresenta.
Ti direi: non avere fretta di definirti, ma continua a esplorarti con la stessa lucidità e sincerità con cui hai scritto qui. Se può esserti utile, anche un percorso psicologico (meglio se con un professionista esperto in tematiche LGBTQIA+) può offrire uno spazio protetto in cui riflettere meglio su tutto questo. Ma già il fatto che tu sia consapevole di cosa non vuoi più, e che tu sia in cerca di qualcosa che ti somigli davvero, è una base solida.
Un abbraccio e grazie ancora per aver condiviso il tuo sentire.
Dott.ssa Marta Avolio
Psicologo, Psicologo clinico
Palermo
Buongiorno, dal modo in cui racconta la sua esperienza emerge una grande capacità di osservarsi e di interrogarsi con curiosità e apertura. È importante ricordare che l’identità e l’orientamento non sono sempre elementi fissi o immediatamente definiti: spesso si trasformano e prendono forma nel tempo, attraverso vissuti, relazioni e momenti di introspezione. Non avere ora una risposta chiara non significa “non sapere chi si è”, ma essere in una fase di esplorazione, in cui ogni sfumatura ha valore.
Concedersi uno spazio di ascolto e confronto può aiutarla a mettere ordine nei pensieri e nelle emozioni, a riconoscere ciò che davvero la rappresenta e a scoprire cosa desidera in una relazione. In terapia non si cerca una definizione rigida, ma si impara a conoscersi sempre più in profondità, lasciando emergere la propria autenticità senza fretta e senza giudizio.
Se lo vorrà, sarò felice di offrirle questo spazio di esplorazione, dove sentirsi libera di raccontarsi e di sperimentare, fino a quando sarà lei stessa a riconoscere ciò che la fa sentire davvero sé stessa.
Dott.ssa Jessica Furlan
Psicologo, Psicologo clinico
Fiumicino aeroporto
Buonasera, la invito a frequentare luoghi dove ci sono tutti gli orientamenti e dove potersi confrontare e conoscere persone che hanno la sua stessa visione, così da trovare nel pensiero dell'altro qualche risposta da lei cercata.
SI apra alle diverse situazioni dove i ruoli sono aperti e non fissi.
Quanta paura ha di andare a fondo e scoprire la sua vera natura?
Quanto preferisce restare nella sua zona di comfort che fantastica nella sua mente?
Sta a lei lla palla in mano per entrare in azione.
Buon percorso di vita
Spero di esserle stata di aiuto
Saluti
Dott.ssa Francesca Gottofredi
Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Bologna
Buongiorno e grazie per aver condiviso con tanta sincerità.
Ti chiedo: cosa succederebbe se lasciassi andare la necessità di “inquadrare” la tua identità e ti permettessi di esplorarla senza etichette rigide? Quali sensazioni o pensieri emergerebbero se ti chiedessi cosa davvero ti fa sentire a tuo agio, senza doverlo definire?

Cosa ti immagini quando pensi a un rapporto in cui il ruolo di protezione e supporto è tuo? Come sarebbe diversa la tua vita se potessi costruire una relazione che rispecchi quel bisogno, indipendentemente dalle aspettative sociali?

Infine, cosa ti direbbe la parte di te che ha scelto di interrompere relazioni che non ti rispecchiavano? Quale messaggio importante c’è dietro quella scelta?

A volte la chiarezza nasce dall’accogliere l’incertezza, e dall’osservare cosa si muove dentro mentre lasci spazio a te stessa.
Ti va di provare?
Dott.ssa Chiara Perugini
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Ciao. Dal tuo racconto emerge un’esperienza di sé complessa e sfaccettata, che riguarda sia l’identità di genere sia il modo in cui vivi l’attrazione e la relazione. Ti descrivi come una persona con espressione di genere femminile, ma che si riconosce e si sente più affine a ruoli, caratteristiche e prospettive considerate maschili. Nelle fantasie e nei desideri relazionali ti poni spesso in una posizione “protettiva” e di guida, cercando partner con tratti femminili e ruoli invertiti rispetto agli schemi tradizionali.
Non c’è necessariamente bisogno di “incasellarsi” in un’etichetta precisa: molte persone vivono identità e orientamenti fluidi, che si definiscono nel tempo in base alle esperienze e alla consapevolezza di sé. Ciò che conta è capire quali relazioni, ruoli e modalità di intimità ti permettono di sentirti autentica, rispettata e appagata. Focalizzati sul tuo benessere e su ció che senti.
Dr. Federico Alunni
Psicologo, Psicologo clinico
Perugia
Buongiorno, capisco quello che intende dire e si è spiegata molto bene. Dalla sua storia emerge una forte capacità di introspezione e di ascolto delle proprie esperienze, qualità importanti quando ci si interroga sulla propria identità. Ciò che descrive tocca diversi piani: l’orientamento sessuale, l’identità di genere, i ruoli che sente più affini a sé, ma anche i modelli relazionali in cui si riconosce.
Possiamo sicuramente dire che l’identità non è mai qualcosa di rigido e definito, ma si costruisce nel tempo, nelle relazioni con gli altri e con i contesti di vita. È quindi comprensibile che possa sentirsi “in movimento” e non facilmente incasellabile in una definizione univoca. Piuttosto che cercare una categoria precisa in cui collocarsi, può essere più utile chiedersi: che tipo di relazione mi fa sentire viva, autentica e rispettata nelle mie parti più profonde?
Inoltre è sia sano che funzionale sentirsi un pochino più "femmina" in determinate circostanze e un pochino più "maschio" in altre, mi vengono in mente magari i rapporti amicali, relazionali, la cura di sé, ecc..
Il fatto che non prova ansia rispetto a queste riflessioni, ma desidera comprendere meglio per orientare le sue scelte, è un segnale positivo. Potrebbe esserle utile continuare ad esplorare, magari anche in un percorso terapeutico, non tanto per “etichettarsi”, quanto per chiarire i suoi desideri, i bisogni affettivi e i ruoli che sente di voler vivere in una relazione. Questo lavoro di consapevolezza può darle più sicurezza nel riconoscere e costruire legami che siano davvero appaganti per lei.
In altre parole, non è tanto la definizione a determinare chi è, quanto la possibilità di abitare in modo autentico le relazioni che sceglie e anche il resto della sua quotidianità.
Dott.ssa Ilaria De Pretto
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Ciao,
il modo in cui descrivi la tua esperienza mostra una grande capacità di osservazione di te stessa. Non è raro trovarsi a 29 anni con una buona consapevolezza di ciò che non funziona nelle proprie relazioni, ma con ancora dubbi su come definirsi e su cosa cercare. La tua riflessione tocca due piani distinti ma intrecciati: l’identità di genere e l’orientamento sessuale.
Da ciò che racconti, sembri muoverti in uno spazio fluido. Da un lato ti riconosci nell’aspetto femminile, ma al tempo stesso ti identifichi molto con figure maschili e nelle tue fantasie ti percepisci come un ragazzo. Non è detto che questo significhi necessariamente voler transitare o rientrare in un’altra identità di genere: per molte persone questo sentire appartiene a una dimensione di gender non-conforming, dove i confini maschile/femminile non vengono vissuti come rigidi. Il fatto che tu viva tutto questo senza ansia o conflitto è un segnale positivo: significa che non lo percepisci come un problema, ma come parte della tua complessità.
Sul piano relazionale e sessuale, noti di non sentirti a tuo agio nei ruoli “standard” attribuiti alla donna eterosessuale. Desideri invece un partner più femminile, con cui poter esprimere il tuo ruolo di protezione e sicurezza. Questo parla chiaramente del tuo bisogno di uscire da schemi predefiniti e di cercare un legame che ti permetta di esprimere parti di te che in passato sono rimaste compresse.
Inquadrare tutto questo non significa necessariamente incasellarti in un’etichetta precisa (lesbica, bisessuale, non binaria, genderqueer, ecc.), a meno che non sia un tuo bisogno personale. Per alcune persone le definizioni sono un sollievo, per altre diventano una gabbia. Quello che può aiutarti adesso non è tanto “capire a quale categoria appartieni”, quanto continuare a chiederti: in quali situazioni mi sento viva, autentica, appagata? Con che tipo di partner mi sento davvero libera di essere me stessa?
La scrittura che pratichi, il fatto che nelle tue storie ti identifichi come uomo e che ti attrae invertire i ruoli tradizionali, sono strumenti preziosi per esplorare questa parte di te. Non sono indicatori che devi “essere” qualcosa di preciso, ma finestre su ciò che desideri portare anche nella tua vita reale.
In un percorso terapeutico, ad esempio con uno psicologo che abbia esperienza con tematiche LGBTQIA+, potresti avere lo spazio per approfondire questi aspetti senza la pressione di dover arrivare subito a una definizione. Più che dare un nome, si tratta di costruire un’identità relazionale e sessuale che ti calzi su misura.
Quello che hai già fatto — interrompere relazioni che ti relegavano in un ruolo non tuo — è una scelta di autenticità, anche se comporta solitudine. Questo dimostra che sei già sulla strada giusta: non stai cercando di adattarti, stai cercando ciò che ti rispecchia davvero.
Buongiorno,
grazie per la chiarezza con cui hai descritto il tuo mondo interiore: si sente subito che hai già una buona capacità di osservazione e che non provi angoscia rispetto a questa incertezza, il che è una risorsa preziosa. Dal punto di vista sistemico, quello che descrivi — fantasie su persone di entrambi i sessi, identificazioni con figure maschili, preferenza per partner femminili e il desiderio di assumere ruoli di protezione/supporto — va letto come insieme di elementi che parlano sia della tua identità interna sia dei ruoli e delle aspettative che hai incontrato nelle relazioni: non sono necessariamente contraddittori ma possono coesistere e dare forma a una sessualità e a un’identità fluide, non rigidamente etichettabili.
Non avvertire ansia è un segnale che puoi procedere con calma: non sei obbligata a definire subito un’etichetta. Le etichette (bisessuale, pan, queer, non-binary, genderfluid, ecc.) sono strumenti utili per comunicare agli altri aspetti della propria esperienza, ma non sono condizioni indispensabili per capire cosa cerchi. Potrebbe esserti utile esplorare nella terapia alcune aree pratiche: distinguere tra il ruolo che ti piace ricoprire nella relazione e il tuo senso di genere profondo, sperimentare (in modo sicuro) come ti senti usando pronomi o look differenti, osservare quando e con chi le fantasie emergono e se ti danno piacere anche nell’immaginazione o solo come ipotesi teorica. Il fatto che i tuoi racconti abbiano protagonisti maschili e che nelle fantasie ti immagini come un uomo indica una componente identitaria e immaginativa molto forte — merita attenzione e rispetto, ma non forza a una definizione immediata.

Per quanto riguarda la ricerca di una persona con cui costruire una relazione seria, può aiutare lavorare su due cose: chiarire per te quali qualità relazionali sono non negoziabili (es. femminilità, cura, capacità di intimità) e imparare a comunicare queste preferenze in modo autentico senza sentirti “inadeguata” rispetto ai modelli che ti vengono proposti.
In sintesi: quello che vivi è coerente con una sessualità e una identità che possono essere fluide e non immediatamente etichettabili; prenditi tempo e sperimenta secondo il tuo tempo :)
Un caro saluto
Dott.ssa Silvia Falqui
silviafalqui.it
Dott.ssa Sara Petroni
Psicologo clinico, Psicologo
Tarquinia
Gentile utente,
la chiarezza con cui descrive la sua esperienza e le sue riflessioni mostra un buon livello di consapevolezza. Ciò che racconta — il sentirsi a proprio agio nel ruolo maschile nelle fantasie, l’attrazione per persone di genere o identità non convenzionali, la difficoltà a riconoscersi in ruoli tradizionali di genere — non indica necessariamente qualcosa di “sbagliato”, ma piuttosto un percorso di esplorazione della propria identità.

Sia l’identità di genere (come ci sentiamo e ci riconosciamo) sia l’orientamento sessuale (verso chi ci sentiamo attratti) sono dimensioni fluide, che non sempre si collocano in categorie nette. È naturale, quindi, attraversare momenti di domanda e ridefinizione, soprattutto se le esperienze vissute non coincidono con le aspettative culturali o con i modelli relazionali più comuni.

Può essere utile, se lo desidera, parlarne in un contesto terapeutico sicuro e non giudicante, che le permetta di esplorare più a fondo ciò che la rappresenta e ciò che la fa sentire autentica, senza la necessità di incasellarsi in una definizione rigida.
Più che trovare un “nome”, l’obiettivo è comprendere cosa la fa sentire libera e intera nelle relazioni, intime ed emotive.

Dott.ssa Sara Petroni

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