Buonasera ,sono un uomo di 55anni single di genova che non ha mai avuto un rapporto sessuale da adol
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Buonasera ,sono un uomo di 55anni single di genova che non ha mai avuto un rapporto sessuale da adolescente fino ad ora per mancanza di incontri validi seri, fin da adolescente mi rifugio nel feticismo da travestimento cioè indossare vestiti femminili per provare erezioni e polluzioni sentendomi in colpa ansiosa facendo queste cose da cattolico praticante condannata dai miei confessori e dalla chiesa vorrei un consiglio di cosa fare da uno psicoterapeuta o psicologo per vivere serenamente la mia situazione senza avere l' assillo delle colpe tutte le volte che mi capita di ricadere negli atti impuri, grazie aspetto la vostra cortese risposta.
Gentilissimo, sicuramente potrebbe essere utile intraprendere un percorso di psicoterapia per inquadrare la situazione e per capire come aiutarla a vivere la sua sfera intima senza provare disagio.
Utile rivolgersi a un terapeuta esperto in psicopatologia della sessualità, eventualmente sono a disposizione per un consulto online.
Un saluto
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La situazione che descrive racchiude diversi aspetti delicati: il tema della sessualità, il senso di colpa legato alle convinzioni religiose e il desiderio di vivere con maggiore serenità. È comprensibile che tutto questo generi ansia e conflitto interiore, soprattutto se per molti anni ha sentito di dover nascondere parti di sé.
Un percorso psicoterapeutico può essere utile proprio per affrontare questi vissuti senza giudizio, esplorando il significato che queste pratiche hanno per lei e il peso delle regole interiorizzate. Non si tratta di “cancellare” la fede o le convinzioni, ma di trovare un modo per integrare la propria identità e i propri desideri senza sentirsi costantemente in colpa. Spesso, il senso di colpa nasce quando ciò che proviamo entra in contrasto con ciò che crediamo di dover essere: lavorare su questo conflitto può aiutare a ridurre l’ansia e a recuperare un rapporto più equilibrato con la propria sessualità.
Non esiste una soluzione immediata, ma il primo passo potrebbe essere concedersi la possibilità di parlarne con un professionista che sappia ascoltare senza giudicare, aiutandola a comprendere meglio le emozioni e i pensieri che accompagnano queste esperienze. Questo non significa “giustificare” o “condannare”, ma creare uno spazio sicuro in cui riflettere su come vivere in modo più sereno, rispettando sia i suoi valori che il bisogno di autenticità.
Un percorso psicoterapeutico può essere utile proprio per affrontare questi vissuti senza giudizio, esplorando il significato che queste pratiche hanno per lei e il peso delle regole interiorizzate. Non si tratta di “cancellare” la fede o le convinzioni, ma di trovare un modo per integrare la propria identità e i propri desideri senza sentirsi costantemente in colpa. Spesso, il senso di colpa nasce quando ciò che proviamo entra in contrasto con ciò che crediamo di dover essere: lavorare su questo conflitto può aiutare a ridurre l’ansia e a recuperare un rapporto più equilibrato con la propria sessualità.
Non esiste una soluzione immediata, ma il primo passo potrebbe essere concedersi la possibilità di parlarne con un professionista che sappia ascoltare senza giudicare, aiutandola a comprendere meglio le emozioni e i pensieri che accompagnano queste esperienze. Questo non significa “giustificare” o “condannare”, ma creare uno spazio sicuro in cui riflettere su come vivere in modo più sereno, rispettando sia i suoi valori che il bisogno di autenticità.
Carissima utente, una prima consulenza psicologica può essere l'inizio di un percorso di cura. Ci sarebbe tanto da dire: dalla difficoltà di avere rapporti sessuali, all'accettazione di sé e del suo orientamento, per passare al travestimento e al senso di colpa.
Si conceda la possibilità di farsi aiutare professionalmente.
Un abbraccio forte.
Si conceda la possibilità di farsi aiutare professionalmente.
Un abbraccio forte.
Buonasera, le suggerisco di rivolgersi a uno psicoterapeuta con specializzazione in sessuologia così da aver modo di comprendere il suo approccio alla sessualità e lavorare sul senso di colpa a questo connesso. Un saluto, Ilaria Innocenti
Buonasera,
la ringrazio per la fiducia nel condividere una parte così intima e delicata della sua vita. Quello che mi descrive è una sofferenza reale: il conflitto tra i suoi impulsi, la sua identità di cattolico praticante e il senso di colpa che la accompagna da anni.
Vorrei dirle alcune cose con franchezza e rispetto.
Primo: quello che lei vive - il feticismo da travestimento - è una variante della sessualità umana più diffusa di quanto si pensi. Non è di per sé una patologia, non è qualcosa di cui vergognarsi dal punto di vista psicologico. La sessualità umana è complessa e articolata, e ciascuno ha il diritto di conoscere e comprendere la propria senza giudizio.
Secondo: il suo disagio vero non è tanto nella pratica in sé, ma nel conflitto che genera con la sua fede e con il giudizio che ha interiorizzato. Questo circolo - desiderio, azione, senso di colpa, ansia, ricaduta - è esattamente ciò che la sta imprigionando e impedendo di vivere serenamente.
Le consiglio caldamente un percorso di psicoterapia con un professionista che possa accogliere senza giudizio tutti gli aspetti della sua persona: la sua sessualità, la sua fede, i suoi valori. Un terapeuta che non cerchi di "correggere" la sua sessualità, ma che la aiuti a comprendere se stesso, a fare pace con quello che è, e a trovare un equilibrio che rispetti tutte le sue dimensioni - inclusa quella spirituale.
Come cattolica praticante, mi permetto di dirle che Papa Francesco ci ricorda continuamente che Dio ci ama così come siamo, con la nostra fragilità e la nostra complessità. La sua dignità di persona viene prima di tutto, e merita di essere rispettata da lei stesso per primo.
Il suo percorso non sarà necessariamente quello di eliminare questo aspetto di sé, ma piuttosto di integrarlo nella sua vita in modo che non sia più fonte di tormento. E questo è possibile.
Se desidera approfondire o ha bisogno di altro, mi scriva pure.
Con rispetto e vicinanza, dott.ssa Elin Miroddi
la ringrazio per la fiducia nel condividere una parte così intima e delicata della sua vita. Quello che mi descrive è una sofferenza reale: il conflitto tra i suoi impulsi, la sua identità di cattolico praticante e il senso di colpa che la accompagna da anni.
Vorrei dirle alcune cose con franchezza e rispetto.
Primo: quello che lei vive - il feticismo da travestimento - è una variante della sessualità umana più diffusa di quanto si pensi. Non è di per sé una patologia, non è qualcosa di cui vergognarsi dal punto di vista psicologico. La sessualità umana è complessa e articolata, e ciascuno ha il diritto di conoscere e comprendere la propria senza giudizio.
Secondo: il suo disagio vero non è tanto nella pratica in sé, ma nel conflitto che genera con la sua fede e con il giudizio che ha interiorizzato. Questo circolo - desiderio, azione, senso di colpa, ansia, ricaduta - è esattamente ciò che la sta imprigionando e impedendo di vivere serenamente.
Le consiglio caldamente un percorso di psicoterapia con un professionista che possa accogliere senza giudizio tutti gli aspetti della sua persona: la sua sessualità, la sua fede, i suoi valori. Un terapeuta che non cerchi di "correggere" la sua sessualità, ma che la aiuti a comprendere se stesso, a fare pace con quello che è, e a trovare un equilibrio che rispetti tutte le sue dimensioni - inclusa quella spirituale.
Come cattolica praticante, mi permetto di dirle che Papa Francesco ci ricorda continuamente che Dio ci ama così come siamo, con la nostra fragilità e la nostra complessità. La sua dignità di persona viene prima di tutto, e merita di essere rispettata da lei stesso per primo.
Il suo percorso non sarà necessariamente quello di eliminare questo aspetto di sé, ma piuttosto di integrarlo nella sua vita in modo che non sia più fonte di tormento. E questo è possibile.
Se desidera approfondire o ha bisogno di altro, mi scriva pure.
Con rispetto e vicinanza, dott.ssa Elin Miroddi
Il feticismo comporta lo spostamento dell'eccitazione sessuale da una persona intera a un oggetto specifico o a una parte del corpo non genitale. Ciò è in accordo con quanto lei riporta sulla mancanza di incontri validi seri. Il rimedio pertanto dovrebbe essere aumentare le capacità di socializzazione e di rapportarsi a persone intere pur con i loro difetti che sono inevitabili. Nessuno è senza difetti. Eventualmente curare l'ansia sociale se presente, con l'aiuto di uno psicologo/a.
Buonasera,
la ringrazio per aver condiviso una parte così intima e delicata della sua storia.
Da ciò che racconta emergono diversi aspetti importanti: una lunga assenza di esperienze relazionali e sessuali, l’uso del travestimento come modalità erotica e, soprattutto, un forte conflitto interno tra il desiderio, il senso di colpa e i valori religiosi interiorizzati. Questo tipo di conflitto può generare ansia, vergogna e una sofferenza emotiva significativa, soprattutto quando per anni si vive la propria sessualità come “sbagliata” o moralmente condannabile.
È importante sapere che le fantasie e i comportamenti feticistici, se vissuti in modo consensuale e non dannoso per sé o per altri, non sono di per sé una patologia. La sofferenza, nel suo caso, sembra derivare più dal giudizio severo su di sé, dall’idea di “ricaduta” e dalla lotta continua tra pulsioni e convinzioni morali, piuttosto che dal comportamento in sé.
Un percorso psicologico o psicoterapeutico potrebbe aiutarla a:
comprendere meglio il significato personale che il travestimento ha avuto e ha nella sua storia;
lavorare sul senso di colpa e sull’ansia legati alla sessualità;
integrare, per quanto possibile, la dimensione affettiva, sessuale e quella valoriale/religiosa in modo meno punitivo verso se stesso;
favorire una maggiore accettazione di sé e una vita emotiva e relazionale più serena.
Non si tratta di “eliminare” forzatamente parti di sé, ma di capire come convivere con esse senza vivere costantemente sotto il peso della colpa e dell’autocondanna.
Per questi motivi, le consiglierei di approfondire la sua situazione con uno psicologo o uno psicoterapeuta, preferibilmente con competenze in ambito sessuologico, in un contesto protetto, non giudicante e rispettoso della sua storia e dei suoi valori.
Un caro saluto
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
la ringrazio per aver condiviso una parte così intima e delicata della sua storia.
Da ciò che racconta emergono diversi aspetti importanti: una lunga assenza di esperienze relazionali e sessuali, l’uso del travestimento come modalità erotica e, soprattutto, un forte conflitto interno tra il desiderio, il senso di colpa e i valori religiosi interiorizzati. Questo tipo di conflitto può generare ansia, vergogna e una sofferenza emotiva significativa, soprattutto quando per anni si vive la propria sessualità come “sbagliata” o moralmente condannabile.
È importante sapere che le fantasie e i comportamenti feticistici, se vissuti in modo consensuale e non dannoso per sé o per altri, non sono di per sé una patologia. La sofferenza, nel suo caso, sembra derivare più dal giudizio severo su di sé, dall’idea di “ricaduta” e dalla lotta continua tra pulsioni e convinzioni morali, piuttosto che dal comportamento in sé.
Un percorso psicologico o psicoterapeutico potrebbe aiutarla a:
comprendere meglio il significato personale che il travestimento ha avuto e ha nella sua storia;
lavorare sul senso di colpa e sull’ansia legati alla sessualità;
integrare, per quanto possibile, la dimensione affettiva, sessuale e quella valoriale/religiosa in modo meno punitivo verso se stesso;
favorire una maggiore accettazione di sé e una vita emotiva e relazionale più serena.
Non si tratta di “eliminare” forzatamente parti di sé, ma di capire come convivere con esse senza vivere costantemente sotto il peso della colpa e dell’autocondanna.
Per questi motivi, le consiglierei di approfondire la sua situazione con uno psicologo o uno psicoterapeuta, preferibilmente con competenze in ambito sessuologico, in un contesto protetto, non giudicante e rispettoso della sua storia e dei suoi valori.
Un caro saluto
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Buonasera dentro di noi convivono due lupi, uno bianco avventuroso, bisognoso di cose nuove, vivo con il rischio e l'imprevisto aperto alle esprienze e bisognoso di adrenalina; dall'altra il nostro lupo nero giudicante, che segue la morale, gli introietti dati nell'educazione ; si tratta di un lupo che tende a farci credere di valere poco, di non essere capaci e ci blocca entro forti limiti. Nella nostra vita la convivena dei due lupi è molto impegnativa e decidere che uno ha torto e l'altro ragione in modo stabile ci toglie la vera essenza della vita rappresentata dalla libertà. Ora in un perocorso terapeuti puo trovare il modo per far dialogare queste due parti sapendo che il lupo bianco è prevalentemnete una parte di noi tendente all'autonomia ( troppa autonomia senza regole è deleteria nel sistema sociale ) mentre l'altra parte rappresenta la Responsabilità quindi il peso delle scelte e delle conseguenze delle nostre azioni ( una prevalenza di responsabilità ci fossilizza e blocca del tutto l'espressione spontanea . Ora è chiaro che l'una parte senza l'altra determinarebbe il nostro perderci. Il suo problema va affrontato lavorando sul Sè, sulle esperienze infantili, sulle relazioni con le figure di attaccamento ....con molta serenità, accettazione di cio che è già accaduto e compassione verso sè stessi. Si rivolga ad un terapeuta e inizi il suo cammino dal quale vedrà ne uscirà diverso se lei lo vuole.
Buonasera,
la ringrazio per aver condiviso una parte così intima della sua storia. Le difficoltà che descrive sono fonte di comprensibile sofferenza e meritano ascolto e rispetto.
Il conflitto tra la dimensione affettivo-sessuale e i valori religiosi interiorizzati può generare nel tempo ansia, senso di colpa e vissuti di vergogna. Un percorso psicologico o psicoterapeutico può offrirle uno spazio protetto e non giudicante in cui esplorare questi aspetti, comprenderne l’origine e lavorare per ridurre il peso emotivo che oggi la accompagna.
L’obiettivo della terapia non è cambiare ciò che lei è, né metterla in contrasto con la sua fede, ma aiutarla a trovare un equilibrio più sereno e sostenibile, favorendo una maggiore accettazione di sé e un miglior benessere emotivo.
la ringrazio per aver condiviso una parte così intima della sua storia. Le difficoltà che descrive sono fonte di comprensibile sofferenza e meritano ascolto e rispetto.
Il conflitto tra la dimensione affettivo-sessuale e i valori religiosi interiorizzati può generare nel tempo ansia, senso di colpa e vissuti di vergogna. Un percorso psicologico o psicoterapeutico può offrirle uno spazio protetto e non giudicante in cui esplorare questi aspetti, comprenderne l’origine e lavorare per ridurre il peso emotivo che oggi la accompagna.
L’obiettivo della terapia non è cambiare ciò che lei è, né metterla in contrasto con la sua fede, ma aiutarla a trovare un equilibrio più sereno e sostenibile, favorendo una maggiore accettazione di sé e un miglior benessere emotivo.
Buongiorno, certo capisco la difficoltà e la sofferenza che questo le procura. Per affrontare la situazione che lei delinea in poche righe non mi sembra che ci possa essere altra strada che intraprendere un serio aiuto psicoterapeutico che la iuti a vivere meglio la sua vita di relazione. Se ritiene sono disponibile anche on line. Buona Giornata! Dario Martelli
Buongiorno e grazie di aver condiviso il suo vissuto con noi.
Difficile dare una risposta netta sul cosa può fare in questa situazione.
I sensi di colpa nascono solitamente da un senso di colpa primario che è talmente arcaico da essere difficile da evidenziare da soli
ha mai preso in considerazione l'idea di lavorare assieme ad un professionista ? Un percorso psicoterapeutico potrebbe davvero esserle utile a chiarire alcuni aspetti del suo vissuto e a rispondere così alla sua domanda sul "Cosa posso fare".
Sono a sua disposizione per ulteriori chiarimenti.
Cordialmente
Dott.ssa Laura Bova
Difficile dare una risposta netta sul cosa può fare in questa situazione.
I sensi di colpa nascono solitamente da un senso di colpa primario che è talmente arcaico da essere difficile da evidenziare da soli
ha mai preso in considerazione l'idea di lavorare assieme ad un professionista ? Un percorso psicoterapeutico potrebbe davvero esserle utile a chiarire alcuni aspetti del suo vissuto e a rispondere così alla sua domanda sul "Cosa posso fare".
Sono a sua disposizione per ulteriori chiarimenti.
Cordialmente
Dott.ssa Laura Bova
Buonasera, la sua lettera è un po' contraddittoria, perché non si capisce cosa intende per "la mia situazione": vorrebbe continuare in queste azioni che pur la fanno sentire in colpa, oppure vorrebbe smettere? (Ma in tal caso non si tratterebbe di continuare). Le faccio notare che anche per la Chiesa cattolica non è il migliore comportamento possibile, da un punto di vista psicologico, invece, si tratta di un grave evitamento che la allontana dagli altri e altre, ed è un peccato. Credo abbia bisogno di qualcosa di più di un aiuto. Se mi scriverà mi farà piacere.
Buonasera, come da lei già accennato, le consiglierei di recarsi da uno psicoterapeuta in modo da poter parlare liberamente con un professionista dalle sua sessualità senza avere il timore di essere giudicato. Questo l'aiuterebbe a conoscersi meglio e magari anche anche ad accettarsi senza vivere nell'assillo del senso di colpa.
Gentilissimo utente,
Grazie per averci scritto. Le consiglio di effettuare un colloquio con uno psicoterapeuta che possa accogliere e capire le sue emozioni senza aver paura di sentirsi in colpa ma solo con la consapevolezza di sentirsi capito.
Saluti
Grazie per averci scritto. Le consiglio di effettuare un colloquio con uno psicoterapeuta che possa accogliere e capire le sue emozioni senza aver paura di sentirsi in colpa ma solo con la consapevolezza di sentirsi capito.
Saluti
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