Salve, sono una ragazza di 24 anni. Vorrei avere una risposta in merito a un problema già conclamato

23 risposte
Salve, sono una ragazza di 24 anni. Vorrei avere una risposta in merito a un problema già conclamato: soffro da anni di DCA, di bulimia nervosa. Cosa di cui si è a conoscenza in casa.
Tutto è iniziato da una dieta di un nutrizionista, che non ha dato alcun tipo di risultato. Ma non solo, perché ho fatto chiarezza su determinati punti. Al di là di un rapporto fortemente conflittuale con mia madre in età adolescenziale, da tanti punti di vista, mi preme illustrare una dinamica specifica: mia madre da sempre ha un rapporto disfunzionale con il cibo: mangia veramente pochissimo ma dicendo che ha mangiato troppo, se mangia pasti normali dice di aver mangiato come un maiale, se noi mangiamo qualcosina in più non perde occasione per dire che ci abbuffiamo, facendo pesare quel qualcosa in più che è normale concedersi. In casa obbiettivamente si mangia di più praticamente solo in occasione delle feste, non teniamo snack salati o dolci di vario genere, tranne qualcosa per la colazione, raramente mangiamo primo e secondo in un pasto, da sempre. Al contempo però, ad esempio, capita che è lei stessa a cucinare cose obbiettivamente grasse, eccedendo con l'olio o a comprare dolci e simili al bar da portare a casa.
Sottolineo che tutti si sono sempre preoccupati per me, ma nonostante ciò non sono mai mancati gli insulti, le frecciatine, il tentativo di ferirmi dicendomi "certo ora sta andando in bagno a vomitare" nonostante fossero passate più di 4 ore dal mio pasto, il continuo osservarmi mentre mangio che mi mette enormemente a disagio e mi fa avere paura di fare un bis di qualcosa che mi piace, per timore di essere giudicata.
Mi è capitato di mangiare una classica pizza, arrivare a metà e sentirmi dire 'il resto lascialo per domani', 'di fame qui dentro non si muore mi pare', quasi a farmi sentire come se già avessi mangiato parecchio. Poi ovviamente mi innervosisco e sento un bisbiglio, una lamentela sul fatto che sono piena di problemi. È una tortura.
Mi fa male che si sappia del mio disturbo e sentire dire, dopo un pranzo normalissimo, "sempre che si abbuffa qui dentro". Questa mancanza di tatto, di umanità, mi uccide.
Tempo fa ero stanca di star male e decisi di impegnarmi, conoscendo i miei limiti: dieta bilanciata e varia senza privarmi di alcun alimento, pesando i quantitativi per non sentirmi eccessivamente piena. Stavo veramente meglio ed ero felice perché con disciplina mangiavo senza sensi di colpa e senza eccedere, con kcal assolutamente nella media per una persona sedentaria, mantenendo un fisico magro ma in salute. Mi sono sentita criticata, mi sono sentita dire che ero patologica e ero sono una fissata, che ero malata. Neanche a dirlo, ho mollato tutto. Penso davvero che, finché non andrò via, tutto questo mi tormenterà per tanto tempo. Purtroppo devo ancora laurearmi, non sono indipendente.
Questa influenza così negativa intorno a me è distruttiva. Ma è davvero così o è una scusa per autoconvincermi che in fondo la mia è solo mancanza di volontà nel guarire?
Come dovrei affrontare la situazione?
Dott. Francesco Damiano Logiudice
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Salve, mi spiace moltissimo per la situazione che descrive perchè posso comprendere il disagio che sperimenta e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo innanzitutto fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Considerato, inoltre, che la sua famiglia sembri giocare un ruolo importante come fattore di mantenimento di tali condotte disfunzionali, credo che sia utile anche qualche colloquio familiare al fine di trovare soluzioni che possano soddisfare le esigenze di tutti, in primis le sue.
Ritengo, altresì, che un consulto con un terapeuta possa aiutarla a gestire i pensieri rigidi e disfunzionali che giochino un ruolo importante nel mantenimento della sintomatologia impedendole il benessere desiderato.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL

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Dott.ssa Anna Paolantonio
Psicologo, Psicoterapeuta, Posturologo
Roma
Salve. Se bastasse l'impegno e la volontà per risolvere i problemi, il mondo ne sarebbe privo. Ma, non è così. Un buon percorso psicoterapeutico può aiutarla a comprendere le cause del suo problema, a individuare, a comprendere e a rispettare la sua sofferenza, a stimolare la fiducia in sé che le permetterà di non lasciarsi condizionare da ciò che pensano di lei in famiglia, uscendo dalle loro dinamiche disfunzionali che le amplificano il problema. Distinti saluti
Dott.ssa Alessia D'Angelo
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Milano
Cara utente, il contesto in cui viviamo, le persone con cui ci interfacciamo ogni giorno hanno un peso molto forte su di noi e su ciò che pensiamo.
Dalle suo racconto emerge un contesto familiare ove è presente un altissimo livello di critica e giudizio.
La sua fatica è comprensibile.
Intraprendere un percorso con uno psicologo la potrebbe aiutare a comprendere le origini del suo disturbo alimentare, i pensieri sottostanti. Inoltre potrebbe trovare la migliore strategia per affrancarsi e distaccarsi dalle forti critiche e dal giudizio che aleggia dentro il suo contesto familiare.
Rimango a sua disposizione
Dott.ssa Alessia D'Angelo
Dott.ssa Luciana Harari
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Milano
Buonasera,le consiglierei di intraprendere appena possibile un percorso psicoterapico.Il suo disturbo è fortemente in relazione con una dinamica conflittuale e difficile con sua madre che ha preso come focus il cibo Analizzare il rapporto che lei ha con sua madre ed i suoi familiari, sarà sicuramente il modo migliore per risolvere la sua sofferenza.Un caro augurio Dottssa Luciana Harari
Dott. Gianmarco Simeoni
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Varese
Buonasera Gentile Utente, mi dispiace per la situazione che sta vivendo. Capisco come si sente e credo che un percorso di supporto psicologico potrebbe aiutarla in questo momento complicato. Se c'è un problema di indipendenza economica, esistono Centri e Consultori che possono aiutarla, offrendole percorsi brevi a prezzi calmierati, a dispetto di una lunga lista d'attesa. Rimango a disposizione. Cordialmente, dott. Simeoni
Dott.ssa Laura Perdisci
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Cagliari
Salve,
Mi dispiace per il clima di giudizio al quale è sottoposta quotidianamente.
Credo che un percorso di psicoterapia possa aiutarla a comprendere quanto e come questo sia correlato al suo sintomo.
Resto a disposizione
Dott.ssa Laura Perdisci
Dott.ssa Sabrina Zora
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Genova
Buonasera, credo che l'interrogativo che lei pone sia importante e pone l'accento sul bisogno di differenziarsi da un contesto familiare dove il cibo gioca in ruolo in primo piano. Un percorso di psicoterapia presso un centro specializzato nei disturbi dell'alimentazione o presso un collega potrebbe essere un primo passo per iniziare un percorso in cui trovare un maggior equilibrio sia nel rapporto col cibo sia verso sé stessa e la relazione con i suoi familiari. Non si scoraggi, i tentativi passati testimoniano la sua forza e coraggio di cambiare e stare meglio! Le faccio un caro augurio!
Dr. Stefano Golasmici
Psicoterapeuta, Psicologo clinico, Psicologo
Milano
Gent.ma, descrive una situazione molto problematica sul piano dei suoi rapporti familiari e con sé stessa, dove il cibo diviene il fulcro di tante tensioni, incomprensioni e conflitti. Sarebbe meglio potesse chiedere una consultazione e, in questo contesto, provare a capire quale proposta terapeutica possa esserle di aiuto. SG
Dott.ssa Federica Leonardi
Psicoterapeuta, Psicologo clinico, Psicologo
Roma
Buongiorno, mi dispiace per la sofferenza che prova. Le consiglio di chiedere un consulto psicologico che può aiutarla ad uscire dalla situazione.emotiva in cui si trova, aiutandola di conseguenza anche nel rapporto con il cibo e con sua madre. Rimango a disposizione.
Saluti,
Dott.ssa Federica Leonardi
Buonasera, il suo disagio nei confronti del cibo è comprensibile, dal momento che da sempre ha vissuto in un ambiente familiare dove il mangiare è fonte di discussione, di giudizio e di problemi, non vissuto in modo quindi libero e funzionale.
Le consiglio di andare alla sua Asl di riferimento per una valutazione specifica trattandosi di un DCA, in quanto il percorso implica più professionisti in itinere per aiutarla a 360°, lavorando anche con il sistema familiare, che nella maggioranza dei casi è da dove parte il problema.
È importante lavorare sui suoi vissuti emotivi e rapporti familiari.
Non è sola, può essere aiutata, faccia il primo passo.
Un caro saluto, dottoressa Paola De Martino
Spero con queste mie parole di aver risposto alla sua domanda, ma non esiti a contattarmi per qualunque ulteriore chiarimento.
Dott. Antonio Del Prete
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Caserta
Salve, da quanto descritto emerge nella sua famiglia una dinamica relazionale in cui si confondono le responsabilità.
Sembra che la regola principale sia : proiettare sugli altri i propri problemi oltre che incolpare gli altri scaricandosi delle proprie responsabilità.
Date le dinamiche esistenti le consiglierei di effettuare un primo tentativo ma che è anche quello più complicato da raggiungere: esprimere e far capire alla sua famiglia il disagio che sta provando e prendersi la responsabilità (essendo lei il membro più consapevole e per tale motivo più sofferente ma anche più forte poiché riconosce il problema) di proporre una terapia familiare che in questo caso sarebbe l'ideale.
Poiché molto probabilmente si troverà di fronte alla negazione del problema che riporterà e di fronte ai meccanismi sopra citati, la seconda possibilità (non meno efficace) sarebbe quella di intraprendere un percorso di psicoterapia individuale che le insegni a gestire inizialmente, con l'aiuto del terapeuta e poi in modo autonomo tali dinamiche così da aiutare non solo lei ma anche gli altri membri della sua famiglia.
Il sintomo bulimico al momento deve essere considerato come un segnale che ci avverte dei problemi individuati, essere seguiti da un nutrizionista va bene in modo che lei possa comunque allenarsi nel rispettare le regole di un alimentazione corretta, ma l'obbiettivo principale resta la terapia psicologica e tanta voltà di andare fino in fondo.
Allontanarsi dal contesto familiare attraverso l'indipendenza non è la soluzione, sarebbe piuttosto un aiuto, ma la sua famiglia resterà la sua famiglia con la quale avrà sempre a che fare in un modo o nell'altro. per tale motivo insisto che bisogna concentrarsi sulle relazioni.
Continui a non cadere nella negazione come sta facendo e a cercare un modello di psicoterapia che le sia adatto.
Cordiali Saluti. Antonio Del Prete
Dott. Diego Ferrara
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Quarto
Gentile utente di mio dottore,

sarebbe opportuno intraprendesse un percorso psicoterapico.Il suo malessere è probabilmente connesso alla relazione difficile con sua madre e con il resto dei familiari. E' auspicabile possa lavorare su questo. Contatti quanto prima uno specialista, che possa supportarla in tal senso, a cui possa effettivamente affidarsi. Potrebbe col tempo aiutarla a star meglio.

Cordiali Saluti
Dottor Diego Ferrara
Buongiorno, mi dispiace per la sofferenza che descrive. I dca, come lei sa bene, non si risolvono solo con la buona volontà, cosa che mi sembra non le manchi. Invece di aspettare di uscire di casa per risolvere questa situazione di sofferenza, le consiglio di intraprendere un percorso familiare, anche di proporlo lei stessa a casa. Lei sa bene che da sola è troppo difficile uscirne, è necessario il coinvolgimento e l'impegno della famiglia.
Le auguro di riuscire a trovare il coraggio di proporre alla sua famiglia questa strada.
Un saluto
Claudia m
Dott.ssa Alexandra Giakoumi
Psicologo, Professional counselor
L'Aquila
Buonasera Gentile Utente, grazie per aver condiviso con noi la sua esperienza. Capisco la sua sofferenza e le difficoltà che lei affronta. Concordo, con la collega riguardo un percorso di terapia di tipo familiare, occorre un impegno di tipo familiare per dare un significato diverso a questa situazione e potersi uscirne un giorno di casa in modo funzionale. Resto a sua disposizione. Un caro saluto!
Dott.ssa Giakoumi Alexandra
Dott. Emiliano Perulli
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Lecce
Buongiorno,
sembra che lei viva un contesto fatto di continue squalifiche, nel quale anche la sua famiglia gioca un ruolo importante.
Un percorso psicoterapeutico familiare, può certamente aiutarla.
Cordialmente, EP
Dott.ssa Francesca Ghislanzoni
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Conegliano
Buongiorno, le consiglio di intraprendere un percorso psicologico che la aiuti in questa difficile situazione, che la aiuti a relazionarsi con la sua famiglia. A disposizione Dott.ssa Francesca Ghislanzoni - Psicologa
Dott.ssa Zena Ballico
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Milano
Gentile utente, la volontà ha poco a che fare con la sua sofferenza. Ritengo fondamentale che lei possa avere uno spazio dove rielaborare pensieri, convinzioni ed emozioni. Spesso all’interno della famiglia si creano dinamiche disfunzionali che ricadono su un membro della stessa, designato a sopportarne il peso… Si rivolga ad un bravo professionista per iniziare un percorso di psicoterapia. La cura di sé è importante! L’equilibrio nella condotta alimentare verrà di conseguenza…
Le faccio i miei migliori auguri,
Dott.ssa Zena Ballico
Dott.ssa Veronica Guidi
Psicologo, Psicologo clinico
Napoli
Gentile utente, grazie per aver condiviso con noi la sua esperienza. Mi rendo conto del disagio che sta provando e delle difficoltà che sta vivendo.
Un parere psicologico per essere funzionale necessita di tanti dettagli, di ascolto e di una forte fiducia da entrambe le parti. Per tale ragione le assicuro la mia disponibilità se fosse interessato a ricevere maggiori informazioni e uno spazio sicuro in cui poter parlare.
Dott.ssa Veronica Guidi
Dott.ssa Lavinia Sestito
Psicologo clinico, Psicologo
Roma
Ciao,
si sente il tuo dolore ed il fastidio che alcune dinamiche in casa ti provocano e lo capisco bene. Mi sono già trovata davanti a situazioni come la tua.
Non è facile tentare di cambiare qualcosa o emergere da situazioni così difficili, da sola e soprattutto con la famiglia "di traverso".
Tuttavia le cose possono essere trasformate, perché si capisce bene che è ciò che vorresti.
In una valida terapia, si può andare a capire cosa ti stia accadendo e sopratutto perché, così da poter apportare le modifiche sane che ad oggi richiedi.
Un caro saluto
Lavinia
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Dott.ssa Tatiana Cosci
Psicologo clinico, Professional counselor, Psicologo
Città di Castello
Gentilissima,
grazie per la condivisione!
Se posso ti consiglierei un percorso con un terapeuta per vedere al meglio come gestire queste emozioni.
Gentile lettrice,

Ti ringrazio per aver condiviso la tua esperienza con tanta lucidità e sensibilità. Affrontare un disturbo del comportamento alimentare in un ambiente familiare che non sembra offrirti il giusto supporto può essere molto difficile, ma voglio rassicurarti: la tua sofferenza è reale e non è una questione di semplice volontà.

Il rapporto con il cibo è spesso intrecciato a dinamiche emotive profonde, e ciò che descrivi rispetto alle abitudini e ai commenti in famiglia può aver contribuito a una percezione distorta del nutrimento e del corpo. È comprensibile che tu provi disagio nel sentirti osservata e giudicata, e che la tua motivazione a costruire un’alimentazione più equilibrata sia stata minata da critiche e incomprensioni.

Anche se al momento la convivenza con la tua famiglia è inevitabile, puoi lavorare su confini emotivi più solidi e su strategie per non interiorizzare i giudizi esterni. Cercare supporto in un professionista, se non lo hai già fatto, potrebbe aiutarti a gestire meglio questa complessità e a rafforzare la tua autonomia emotiva.

Un caro saluto,
Dott.ssa Finocchiaro – Psicologa Clinica
Dott.ssa Sveva Nonni
Psicologo clinico, Psicologo
Roma
Cara Utente, innanzitutto ti voglio ringraziare per aver condiviso con noi la tua storia. Già questo, credimi, è un segno importante: la tua capacità di osservarti, di comprendere le dinamiche familiari, di vedere quanto ti feriscono, è parte fondamentale del tuo percorso di guarigione.
Quello che descrivi non è una scusa, e non è mancanza di volontà. È una realtà psicologica concreta: stai vivendo in un ambiente che non solo non favorisce la tua guarigione, ma che continua a rinforzare il tuo disturbo, anche quando cerchi con tutte le forze di uscirne.
Il disturbo del comportamento alimentare, come la bulimia, è una malattia profonda, che ha radici complesse — spesso intrecciate con la storia familiare, il controllo, l’autostima, il giudizio, la vergogna e il bisogno di avere uno spazio sicuro per esistere. In casa tua, purtroppo, questo spazio non sembra esserci. Il comportamento di tua madre, per come lo descrivi, è altamente invalidante: alterna controllo, umiliazione, ipercritica e ambiguità, specialmente verso il cibo. È un tipo di dinamica che, in psicoterapia, viene riconosciuto come un possibile fattore scatenante e mantenente dei DCA.

Il punto cruciale è questo: non sei tu a sabotarti ma sei in un ambiente che non ti permette di prenderti cura di te serenamente, che ti colpevolizza anche quando stai meglio. Ed è devastante, perché ti toglie il diritto di guarire secondo i tuoi tempi, con i tuoi strumenti.

Tu stavi trovando un equilibrio — non punitivo, non ossessivo, ma basato sulla consapevolezza. E invece di essere sostenuta, sei stata attaccata. Questo non è “preoccuparsi per te”. Questo è un tentativo, forse inconsapevole, di riportarti in uno schema familiare dove tu resti “quella con il problema”, e non diventi autonoma.
I mie consigli sono di:
- Cercare supporto terapeutico regolare, se non lo hai già. Un terapeuta specializzato in DCA potrà aiutarti a rafforzare uno spazio interno sicuro, anche quando quello esterno non lo è.
-Proteggere il tuo percorso : se in passato hai trovato un piano alimentare che ti faceva stare bene e ti dava stabilità, riprendilo, ma non con l’obiettivo di “piacere agli altri” o di dimostrare qualcosa. Fallo per te stessa. E, se serve, non condividere con chi ti giudica cosa stai facendo.
-Riconoscere i tuoi limiti attuali, ma anche i tuoi obiettivi futuri: l’autonomia, la laurea, l’uscita da casa. Ogni piccolo passo verso questo futuro è un atto di cura verso di te.

Ti sei già posta la domanda giusta: “Come posso affrontare tutto questo?” Ora la risposta non è cercare colpe, ma cercare radici, protezioni e nuovi strumenti.
Hai già iniziato. Non fermarti. Hai tutto il diritto di guarire, anche se chi ti circonda non sa come sostenerti. TI mando un caro saluto
Dott.ssa Sara Petroni
Psicologo clinico, Psicologo
Tarquinia
Gentile utente,

le sue parole trasmettono con grande chiarezza quanto lei stia lottando per guarire e, allo stesso tempo, quanto sia difficile farlo in un contesto familiare che non sostiene ma amplifica la sofferenza. Il modo in cui descrive sua madre — oscillante tra controllo, svalutazione e messaggi contraddittori sul cibo — mostra un ambiente emotivo confusivo, che da anni la costringe a muoversi in un terreno instabile: dove ogni gesto legato al nutrirsi diventa motivo di giudizio o di vergogna.

Non è una scusa, né una mancanza di volontà: ciò che sta vivendo è una condizione reale di invalidazione continua, che interferisce con il percorso di guarigione. Lei ha mostrato, anzi, una grande forza: ha cercato di rieducarsi al cibo, ha costruito regole sane e flessibili, e ha provato ad affrontare la paura del controllo. La ricaduta non è un fallimento: è la conseguenza comprensibile di un contesto che continuamente mina la sua fiducia.

Ecco alcuni punti su cui può provare ad agire nell’attesa di poter costruire la sua indipendenza:

Riconosca che il problema non è solo “dentro di lei”. Le parole e gli atteggiamenti di sua madre non sono neutri: fanno parte del mantenimento del disturbo, e il fatto che lei se ne renda conto è già un passo importante.

Protegga il suo spazio mentale. Se possibile, limiti i momenti di confronto a tavola o dopo i pasti, si allontani quando sente che sta per arrivare una critica, e cerchi di mantenere un rituale personale legato al pasto (una musica, un bicchiere d’acqua, una respirazione profonda) per ridurre la vulnerabilità emotiva.

Cerchi un supporto terapeutico continuativo. Se non lo ha già, si rivolga a un centro per i disturbi del comportamento alimentare (pubblico o convenzionato): lì troverà un’équipe (psicologo, nutrizionista e medico) che potrà seguirla anche senza costi elevati.

Non cerchi di convincere sua madre. Spiegare o giustificarsi non porterà cambiamento: le sue reazioni dipendono dal suo stesso rapporto irrisolto col cibo. Il suo compito non è “educarla”, ma imparare a non interiorizzare le sue parole.

Coltivi progetti di autonomia. L’indipendenza economica ed emotiva saranno parte della guarigione: più costruirà spazi personali (studio, amicizie, lavoro), più ritroverà sicurezza.

Lei sta già facendo molto: si sta osservando con lucidità, ha analizzato i meccanismi familiari e desidera davvero uscire da questo circolo. Questo non è segno di debolezza, ma di grande forza interiore. Continuando a lavorare con un professionista, potrà imparare non solo a gestire il sintomo, ma anche a ricostruire un senso di sé libero dallo sguardo giudicante dell’altro.

Un caro saluto,
Dott.ssa Sara Petroni

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