Quale comportamento può risultare più utile e costruttivo con una persona (buona e gentile di animo)
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Quale comportamento può risultare più utile e costruttivo con una persona (buona e gentile di animo) che, metafora, mangia una coppa gelato al cioccolato, suo preferito, con gusto, piacere espressivo, intensità e voracità, che se glielo togli si affanna per riaverlo e se poi gli chiedi se gli piace ti risponde che non è come pensi, lo ha mangiato solo perché fa caldo?
Gentile utente, stando nella sua metafora, perché dovrebbe togliere a questa persona la coppa gelato che tanto gli piace?
Cordialmente.
dr.ssa Floriana Ricciardi
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Buongiorno, l'atteggiamento adeguato in uno scambio comunicativo, nel caso da lei indicato, è bene sia empatico, rispettoso, orientato all'ascolto, che dimostri interesse a quanto viene espresso dall'altro. Esprima che le sta a cuore comprendere la persona con cui ha lo scambio. Faccia notare all'interlocutore in modo gentile che non trova congruenza, tra ciò che dice a livello verbale (contenuto) e ciò che esprime attraverso il comportamento non verbale (atteggiamento). Chieda che cosa spinge realmente a fare una certa cosa, ovvero la motivazione reale che sta alla base di quel comportamento e come mai pare non voglia ammettere un certo desiderio, un bisogno. Chieda quindi delle specificazioni in merito a ciò che lei ha osservato e percepito, confrontandosi con la stessa: potrebbe avere delle sorprese e capire meglio la situazione. Un caro saluto.
In una situazione come quella descritta nella metafora, la persona sembra vivere un evidente conflitto tra il proprio vissuto emotivo autentico e ciò che comunica all’esterno. Da un lato manifesta piacere, desiderio e coinvolgimento (rappresentati dal modo in cui gusta la coppa di gelato al cioccolato), dall’altro nega o sminuisce ciò che ha appena mostrato, sostenendo che non sia come appare.
Questo tipo di dinamica può essere letto come un’espressione di ambivalenza emotiva o difficoltà nell’accettare e comunicare i propri bisogni e desideri. Potrebbe derivare da timori legati al giudizio altrui, da un basso senso di autostima, o da esperienze passate che hanno portato la persona a reprimere ciò che prova davvero.
In questi casi, il comportamento più utile e costruttivo è quello basato su accoglienza, ascolto empatico e assenza di giudizio. È importante rispettare i tempi dell’altro, non forzarlo a spiegarsi o a “coincidere” con quello che mostra esteriormente. Si può rispondere con delicatezza, sottolineando che si è colta la sua emozione e lasciando spazio affinché possa, se e quando si sentirà pronto, condividerla in modo più autentico.
Ad esempio, una frase utile potrebbe essere:
"Ti ho visto goderti quel gelato con tanto piacere, e questo mi ha fatto piacere. Ma va bene anche se ora mi dici che non era nulla di speciale. Se ti va, mi piacerebbe capire meglio cosa provi, ma solo se ti senti di farlo."
In ogni caso, sarebbe utile e consigliato per approfondire questi aspetti rivolgersi ad uno specialista, che possa accompagnare la persona in un percorso di maggiore consapevolezza e accettazione di sé.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Questo tipo di dinamica può essere letto come un’espressione di ambivalenza emotiva o difficoltà nell’accettare e comunicare i propri bisogni e desideri. Potrebbe derivare da timori legati al giudizio altrui, da un basso senso di autostima, o da esperienze passate che hanno portato la persona a reprimere ciò che prova davvero.
In questi casi, il comportamento più utile e costruttivo è quello basato su accoglienza, ascolto empatico e assenza di giudizio. È importante rispettare i tempi dell’altro, non forzarlo a spiegarsi o a “coincidere” con quello che mostra esteriormente. Si può rispondere con delicatezza, sottolineando che si è colta la sua emozione e lasciando spazio affinché possa, se e quando si sentirà pronto, condividerla in modo più autentico.
Ad esempio, una frase utile potrebbe essere:
"Ti ho visto goderti quel gelato con tanto piacere, e questo mi ha fatto piacere. Ma va bene anche se ora mi dici che non era nulla di speciale. Se ti va, mi piacerebbe capire meglio cosa provi, ma solo se ti senti di farlo."
In ogni caso, sarebbe utile e consigliato per approfondire questi aspetti rivolgersi ad uno specialista, che possa accompagnare la persona in un percorso di maggiore consapevolezza e accettazione di sé.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Buongiorno gentile Utente, la metafora che propone, così vivida e particolare, sembra descrivere una dinamica affettiva o relazionale in cui una persona esprime (anche con intensità) il piacere, il coinvolgimento, magari il desiderio, ma al tempo stesso nega o minimizza ciò che prova nel momento in cui viene “chiamata” a riconoscerlo o a confermarlo. È una situazione non infrequente, che può generare confusione, frustrazione, ma anche un senso di ambiguità e incertezza in chi è coinvolto dall’altra parte.
Comportamenti di questo tipo possono avere molte radici: a volte nascono da una difficoltà nel riconoscere o legittimare i propri stessi desideri o sentimenti, magari perché in passato sono stati giudicati, svalutati, o hanno portato dolore. Altre volte derivano da una paura del coinvolgimento, del dipendere, dell’essere vulnerabili. Altre ancora si basano su schemi profondamente interiorizzati, in cui l’autenticità emotiva viene subordinata alla necessità di controllare l’immagine di sé o di non esporsi troppo.
In questi casi, il comportamento più utile e costruttivo è spesso quello della presenza calma, coerente, non giudicante. Resistere alla tentazione di “smontare” le sue contraddizioni, ma nemmeno assecondarle del tutto. Rimanere vicino, ma con confini chiari. Mostrare disponibilità, ma non sacrificarsi sull’altare della sua ambivalenza. In altre parole: riconoscere che c'è un piacere autentico, ma anche una fatica nel poterselo permettere.
Può essere d’aiuto anche usare il linguaggio della curiosità anziché della sfida: “Mi colpisce vedere quanto ti piace, e allo stesso tempo sentirti dire che non è così... mi fa venire voglia di capire meglio, non di giudicarti.” Questo tipo di approccio può aprire spazi di dialogo più profondi, se la persona è pronta a tollerare un po’ di verità su di sé.
È importante anche chiedersi cosa questo tipo di relazione suscita in lei: se la lascia troppo spesso con la sensazione di dover “interpretare”, “conquistare” o “spiegare all’altro cosa prova”, allora può valere la pena interrogarsi su quanto questa dinamica sia davvero sostenibile o nutriente per lei nel lungo termine.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Comportamenti di questo tipo possono avere molte radici: a volte nascono da una difficoltà nel riconoscere o legittimare i propri stessi desideri o sentimenti, magari perché in passato sono stati giudicati, svalutati, o hanno portato dolore. Altre volte derivano da una paura del coinvolgimento, del dipendere, dell’essere vulnerabili. Altre ancora si basano su schemi profondamente interiorizzati, in cui l’autenticità emotiva viene subordinata alla necessità di controllare l’immagine di sé o di non esporsi troppo.
In questi casi, il comportamento più utile e costruttivo è spesso quello della presenza calma, coerente, non giudicante. Resistere alla tentazione di “smontare” le sue contraddizioni, ma nemmeno assecondarle del tutto. Rimanere vicino, ma con confini chiari. Mostrare disponibilità, ma non sacrificarsi sull’altare della sua ambivalenza. In altre parole: riconoscere che c'è un piacere autentico, ma anche una fatica nel poterselo permettere.
Può essere d’aiuto anche usare il linguaggio della curiosità anziché della sfida: “Mi colpisce vedere quanto ti piace, e allo stesso tempo sentirti dire che non è così... mi fa venire voglia di capire meglio, non di giudicarti.” Questo tipo di approccio può aprire spazi di dialogo più profondi, se la persona è pronta a tollerare un po’ di verità su di sé.
È importante anche chiedersi cosa questo tipo di relazione suscita in lei: se la lascia troppo spesso con la sensazione di dover “interpretare”, “conquistare” o “spiegare all’altro cosa prova”, allora può valere la pena interrogarsi su quanto questa dinamica sia davvero sostenibile o nutriente per lei nel lungo termine.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Gentile utente,
è sempre rischioso dare indicazione su come comportarsi in una relazione che non si conosce e che sicuramente presenta i suoi aspetti di complessità e unicità.
La concezione di utile e costruttivo può cambiare molto da persona a persona, per rispondere alla sua domanda sarebbe innanzitutto necessario sapere qual è la sua concezione, qual è il ruolo di questa persona nella sua vita, che cosa prova lei nella situazione che ha descritto e cosa la spinge, tra tutti quelli possibili, proprio ad un comportamento utile e costruttivo.
La invito, se ne ha voglia, a farsi queste domande e ad eventualmente condividere le sue riflessioni.
La ringrazio per aver condiviso la sua esperienza con noi.
Resto a disposizione,
Dott.ssa Ramona Alberti
è sempre rischioso dare indicazione su come comportarsi in una relazione che non si conosce e che sicuramente presenta i suoi aspetti di complessità e unicità.
La concezione di utile e costruttivo può cambiare molto da persona a persona, per rispondere alla sua domanda sarebbe innanzitutto necessario sapere qual è la sua concezione, qual è il ruolo di questa persona nella sua vita, che cosa prova lei nella situazione che ha descritto e cosa la spinge, tra tutti quelli possibili, proprio ad un comportamento utile e costruttivo.
La invito, se ne ha voglia, a farsi queste domande e ad eventualmente condividere le sue riflessioni.
La ringrazio per aver condiviso la sua esperienza con noi.
Resto a disposizione,
Dott.ssa Ramona Alberti
Quella che propone è una metafora molto potente, e dietro l'immagine della “coppa di gelato al cioccolato” sembra nascondersi qualcosa di più profondo, forse un comportamento o un atteggiamento che oscilla tra l’autenticità del sentire e la negazione dello stesso. In contesti come questo, dove una persona mostra entusiasmo, coinvolgimento e desiderio, per poi negare o ridimensionare completamente ciò che ha appena manifestato, ci troviamo spesso davanti a un conflitto interno non banale. Dal punto di vista cognitivo-comportamentale, è possibile che questa persona stia lottando con pensieri automatici disfunzionali legati alla vergogna, al giudizio o alla paura di mostrarsi vulnerabile. Spesso accade che, in persone particolarmente sensibili, buone e gentili, ci sia una difficoltà nel concedersi davvero il diritto al piacere, al desiderio o all’entusiasmo per qualcosa, come se esprimere un gusto personale o un bisogno fosse qualcosa di rischioso o scomodo da difendere davanti agli altri. In termini pratici e relazionali, ciò che può risultare più utile e costruttivo nei confronti di una persona che ha questo tipo di reazione è adottare un atteggiamento accogliente, non giudicante e rispettoso dei suoi tempi. È importante cercare di non incalzare o mettere la persona in una posizione in cui si sente forzata a giustificare o negare ciò che prova. Invece, può essere più efficace creare uno spazio sicuro dove possa sentirsi libera di riconoscere e nominare i propri stati emotivi, anche quelli più semplici o quotidiani, come il piacere per un gelato. La domanda che lei pone, “ti piace?”, che sembra così innocua e affettuosa, in alcune persone può essere vissuta come una sorta di “test” emotivo, innescando una reazione difensiva. E questo non perché la persona sia incoerente o bugiarda, ma perché potrebbe avere schemi cognitivi profondamente radicati che le suggeriscono che non è sicuro mostrare il proprio piacere o che, una volta espresso, possa essere giudicato, minimizzato o invalidato. In questi casi, la negazione serve a proteggersi, a evitare un possibile imbarazzo o una perdita di controllo emotivo. In termini relazionali, quindi, il comportamento più utile non è quello di insistere per ottenere una risposta coerente con il comportamento osservato, ma piuttosto quello di far sentire alla persona che va bene provare piacere, che è lecito gustarsi ciò che si ama, e che non c'è nulla di cui vergognarsi. A volte, basta uno sguardo empatico, una battuta leggera, oppure lasciare spazio al silenzio senza aggiungere pressione, per permettere all’altro di sentirsi abbastanza sicuro da abbassare le difese. Con il tempo, e con la giusta qualità della relazione, la persona potrà iniziare a fidarsi maggiormente della possibilità di essere se stessa senza temere conseguenze spiacevoli. E, magari, la prossima volta che mangerà quella coppa di gelato, sarà lei a dire spontaneamente quanto le piace, senza sentirsi costretta a trovare scuse. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Dott. Francesco Paolo Coppola, (Napoli on line o in presenza), Napoli, 27 maggio 2025
Il comportamento che descrivi mostra un conflitto tra ciò che si prova davvero e ciò che si è disposti ad ammettere. Dire che non piace ciò che si è appena gustato con piacere è un modo per nascondere il desiderio. Perché? Forse per timidezza, vergogna, paura del giudizio o semplice abitudine a negarsi.
Il problema non è il gelato, ma il fatto di non riconoscere a se stessi ciò che si sente davvero. Se non lo si ammette dentro, diventa impossibile comunicarlo fuori. E questo rende tutto più complicato, nei rapporti.
Forse chi si comporta così non vuole mentire, ma ha paura di mostrarsi. E allora conviene essere diretti, sì — ma senza forzare. Invitare con delicatezza a essere sinceri. Dire: “Puoi dirlo, non succede nulla”. E lasciare che l’altro decida.
Per aprirsi serve sentirsi sicuri. E questo, a volte, può offrirlo solo uno sguardo che non giudica.
Queste parole, da sole, restano teoria, lo so. Senza un lavoro costante su di te, una spiegazione non basta. I cambiamenti non avvengono in un giorno, ma passo dopo passo. E io ci sono, se vuoi farli insieme.
Si consiglia a tutti anche una valutazione medica o psichiatrica di fiducia, per escludere eventuali cause fisiche, metaboliche o neurologiche che possano influenzare lo stato emotivo e percettivo. Avere un quadro clinico chiaro è sempre un aiuto concreto per orientarsi meglio.
Il comportamento che descrivi mostra un conflitto tra ciò che si prova davvero e ciò che si è disposti ad ammettere. Dire che non piace ciò che si è appena gustato con piacere è un modo per nascondere il desiderio. Perché? Forse per timidezza, vergogna, paura del giudizio o semplice abitudine a negarsi.
Il problema non è il gelato, ma il fatto di non riconoscere a se stessi ciò che si sente davvero. Se non lo si ammette dentro, diventa impossibile comunicarlo fuori. E questo rende tutto più complicato, nei rapporti.
Forse chi si comporta così non vuole mentire, ma ha paura di mostrarsi. E allora conviene essere diretti, sì — ma senza forzare. Invitare con delicatezza a essere sinceri. Dire: “Puoi dirlo, non succede nulla”. E lasciare che l’altro decida.
Per aprirsi serve sentirsi sicuri. E questo, a volte, può offrirlo solo uno sguardo che non giudica.
Queste parole, da sole, restano teoria, lo so. Senza un lavoro costante su di te, una spiegazione non basta. I cambiamenti non avvengono in un giorno, ma passo dopo passo. E io ci sono, se vuoi farli insieme.
Si consiglia a tutti anche una valutazione medica o psichiatrica di fiducia, per escludere eventuali cause fisiche, metaboliche o neurologiche che possano influenzare lo stato emotivo e percettivo. Avere un quadro clinico chiaro è sempre un aiuto concreto per orientarsi meglio.
Gentile,
Non ho compreso bene in concreto quale possa essere il comportamento utile e costruttivo.
Un caro saluto,
Dr. Giorgio De Giorgi
Non ho compreso bene in concreto quale possa essere il comportamento utile e costruttivo.
Un caro saluto,
Dr. Giorgio De Giorgi
Gentile utente,
La situazione che descrive è molto comune nelle relazioni. Quando qualcuno nega un piacere che è evidente, spesso dietro c'è la paura del giudizio o il bisogno di proteggersi.
Il comportamento più utile è non insistere nel far notare la contraddizione. Più si evidenzia l'incongruenza, più la persona si chiude nella sua posizione.
Le suggerisco di accettare quello che dice senza correggerla, evitare commenti sulla discrepanza tra i suoi gesti e le sue parole, e creare un clima dove non si senta giudicata.
Spesso le persone negano i propri piaceri per senso di colpa, educazione rigida o paura di sembrare indulgenti. La gentilezza che riconosce in lei suggerisce proprio questa tendenza a sminuire i propri desideri.
La cosa più costruttiva è rispettare i suoi tempi e continuare a mostrarle accettazione. Solo sentendosi al sicuro potrà gradualmente riconoscere e accettare ciò che le dà gioia.
Dott.ssa Elin Miroddi
La situazione che descrive è molto comune nelle relazioni. Quando qualcuno nega un piacere che è evidente, spesso dietro c'è la paura del giudizio o il bisogno di proteggersi.
Il comportamento più utile è non insistere nel far notare la contraddizione. Più si evidenzia l'incongruenza, più la persona si chiude nella sua posizione.
Le suggerisco di accettare quello che dice senza correggerla, evitare commenti sulla discrepanza tra i suoi gesti e le sue parole, e creare un clima dove non si senta giudicata.
Spesso le persone negano i propri piaceri per senso di colpa, educazione rigida o paura di sembrare indulgenti. La gentilezza che riconosce in lei suggerisce proprio questa tendenza a sminuire i propri desideri.
La cosa più costruttiva è rispettare i suoi tempi e continuare a mostrarle accettazione. Solo sentendosi al sicuro potrà gradualmente riconoscere e accettare ciò che le dà gioia.
Dott.ssa Elin Miroddi
Buongiorno,
Nel leggere la sua domanda mi colpisce che parla di qualcuno che prova piacere autentico, intensità, desiderio… ma che fatica ad ammetterlo, quasi se ne vergognasse. Una persona che, pur essendo buona e gentile, sembra negare a sé stessa ciò che la fa stare bene.
Per accedere ad una condivisione più profonda potrebbe offrire uno spazio di ascolto sicuro, dove questa persona possa pian piano sentire che può permettersi di essere se stessa, senza necessità di giustificare o smentire ciò che prova.
E quando sentirà questo potrà forse arrischiarsi a dire: “Sì, il cioccolato mi piace da morire”, senza più nascondersi dietro al caldo.
Un caro saluto,
Dott.ssa Sonia Zangarini
Psicologa / Counselor
Nel leggere la sua domanda mi colpisce che parla di qualcuno che prova piacere autentico, intensità, desiderio… ma che fatica ad ammetterlo, quasi se ne vergognasse. Una persona che, pur essendo buona e gentile, sembra negare a sé stessa ciò che la fa stare bene.
Per accedere ad una condivisione più profonda potrebbe offrire uno spazio di ascolto sicuro, dove questa persona possa pian piano sentire che può permettersi di essere se stessa, senza necessità di giustificare o smentire ciò che prova.
E quando sentirà questo potrà forse arrischiarsi a dire: “Sì, il cioccolato mi piace da morire”, senza più nascondersi dietro al caldo.
Un caro saluto,
Dott.ssa Sonia Zangarini
Psicologa / Counselor
Buongiorno, mi mette in difficoltà, ma oserei dire che proverei ad osservare e restituire l'agito, ad evitare il giudizio e a procedere con curiosità ad esplorare cosa prova, ma anche a normalizzare il suo bisogno.
Arrivederci
Arrivederci
Gentile utente, buongiorno. Sento dalle sue parole che chiede un consiglio per come supportare una persona che le sembra abbia un comportamento affannoso mentre mangia. Sicuramente un buon gelato è piacevole durante i periodi di caldo intenso, però forse descrive una situazione in cui con intensità e voracità, questa persona non riesce a farne a meno. Piuttosto che consigliarle di mangiare meno, allargherei il campo della comunicazione con domande del tipo: come ti senti? stai affrontando un periodo difficile? come posso esserti di aiuto? . Magari sta affrontando un periodo complesso (ipotesi) e parlare di come e in che modo si mangia può stimolare delle resistenze e degli atteggiamenti di protezione. Sono certa, che con la sensibilità giusta, l'ascolto e l'empatia verso questa persona, riuscirà a fargli sentire che lei non intende giudicarla su questo aspetto ma che le piacerebbe poter capire come può supportarla nel migliore dei modi. Saluti dott.ssa Laura Cancellara Psicologa
Un comportamento utile potrebbe essere accogliere con delicatezza ciò che prova l'altro, senza sfidarlo direttamente. Mostrare curiosità autentica, senza giudizio, può aiutarlo a sentirsi al sicuro nell’esprimere i propri desideri. Riconoscere il piacere vissuto, anche se negato a parole, può favorire una maggiore consapevolezza e autenticità nel contatto con sé stesso e con gli altri. Dott.ssa Francesca Gottofredi
Buonasera, da quanto tempo ha notato questo comportamento? da queste poche informazioni non è facile essere precisi. Ha la sensazione che sia uno mezzo per colpare un vuoto?
Ciao,
la tua metafora è molto chiara e interessante. La persona di cui parli sembra vivere un conflitto tra un desiderio intenso e la difficoltà ad ammetterlo, come se il piacere le creasse vergogna o paura. Mangia il gelato con voracità, ma poi lo nega, quasi come se non riuscisse a prendersi la responsabilità di quel bisogno.
Mi colpisce il modo in cui descrivi questa intensità e voracità: sembra indicare una difficoltà nella regolazione del desiderio, che appare impulsivo e poco modulato. L’immagine del “si affanna per riaverlo” è molto forte e suggerisce uno stato di ansia da perdita, che potrebbe anche far pensare a una dipendenza emotiva dall’oggetto.
Rimanendo sulla metafora, forse il modo migliore per aiutare questa persona non è spingerla ad ammettere che le piace il gelato, ma accompagnarla a prendere consapevolezza del suo rapporto con questo “gelato”.
Ti suggerisco di affrontare questo tema con delicatezza e gentilezza, ricordando che l’altra persona potrebbe non rispondere come ti aspetti.
Ti lascio con una domanda: riesci a stare con lei, anche sapendo che potrebbe non voler vedere questi aspetti di sé, semplicemente offrendole la tua presenza?
Un saluto
la tua metafora è molto chiara e interessante. La persona di cui parli sembra vivere un conflitto tra un desiderio intenso e la difficoltà ad ammetterlo, come se il piacere le creasse vergogna o paura. Mangia il gelato con voracità, ma poi lo nega, quasi come se non riuscisse a prendersi la responsabilità di quel bisogno.
Mi colpisce il modo in cui descrivi questa intensità e voracità: sembra indicare una difficoltà nella regolazione del desiderio, che appare impulsivo e poco modulato. L’immagine del “si affanna per riaverlo” è molto forte e suggerisce uno stato di ansia da perdita, che potrebbe anche far pensare a una dipendenza emotiva dall’oggetto.
Rimanendo sulla metafora, forse il modo migliore per aiutare questa persona non è spingerla ad ammettere che le piace il gelato, ma accompagnarla a prendere consapevolezza del suo rapporto con questo “gelato”.
Ti suggerisco di affrontare questo tema con delicatezza e gentilezza, ricordando che l’altra persona potrebbe non rispondere come ti aspetti.
Ti lascio con una domanda: riesci a stare con lei, anche sapendo che potrebbe non voler vedere questi aspetti di sé, semplicemente offrendole la tua presenza?
Un saluto
Salve, questo comportamento può essere associabile ad un senso di inferiorità interiore e un'incapacità ad esprimere le proprie debolezze, quindi la persona tende a mostrarsi sicura quando invece non lo è, e tende a ricercare il contatto quando sta per perdere l'oggetto d'amore. Se lei tenesse un atteggiamento evitante dall'altra parte scatenerebbe quello che è già successo, le consiglio quindi di far notare questo atteggiamento al partner e di cercare di farsi dire ascoltando con rispetto, i motivi di questo suo atteggiamento.
Cordiali saluti.
Dott.Salvatore Augello
Cordiali saluti.
Dott.Salvatore Augello
La tua metafora è molto interessante e racchiude, in modo simbolico, un tema delicato: **la difficoltà a riconoscere e accettare apertamente i propri desideri, bisogni o piaceri**, anche quando sono sani e legittimi.
Nel comportamento della persona che descrivi, si nota una **discrepanza tra l’esperienza reale e l’espressione consapevole di quella esperienza**. Da una parte c’è il coinvolgimento emotivo, intenso e autentico (la “coppa gelato” gustata con piacere); dall’altra, una **negazione razionale o una minimizzazione del piacere** (“l’ho fatto solo perché fa caldo”).
Questa difesa può derivare da diversi fattori:
* **Paura del giudizio altrui**, come se ammettere il piacere lo rendesse meno degno o più vulnerabile.
* **Difficoltà a contattare o verbalizzare i propri desideri**, spesso radicata in esperienze passate in cui il piacere è stato frainteso, ridicolizzato o non accolto.
* **Un senso di colpa legato al provare piacere**, che porta a giustificarlo con motivazioni più “accettabili”.
### Quale comportamento può essere utile e costruttivo?
1. **Accoglienza senza interpretazioni forzate.** Invece di insistere per “fargli ammettere” qualcosa, può essere più utile offrire uno spazio non giudicante dove quella persona si senta libera di esplorare le sue emozioni e le sue contraddizioni.
2. **Rinforzare la sua libertà di sentire.** Puoi trasmettere, anche solo con l’ascolto empatico, che è legittimo provare piacere e ammetterlo, senza bisogno di difendersi o spiegarsi.
3. **Curiosità gentile.** Se c’è spazio, si può restituire qualcosa come:
*"Mi ha colpito come sembravi coinvolto nel gustarlo… poi però hai detto che non era come pensavo. Sono curioso: come la vivi tu questa differenza?"*
Questo permette alla persona di sentirsi vista, ma non forzata. E, a lungo andare, può creare fiducia sufficiente perché si apra a una maggiore coerenza tra ciò che prova e ciò che esprime.
In sintesi: **non servono pressioni o interpretazioni, ma una presenza empatica, coerente e rispettosa**, che lasci spazio all’altro per esplorarsi in sicurezza. In fondo, **è proprio quando smettiamo di voler “togliere la coppa” o “capire per forza” che l’altro può iniziare a sentirsi libero di dire: sì, mi piace davvero.**
Nel comportamento della persona che descrivi, si nota una **discrepanza tra l’esperienza reale e l’espressione consapevole di quella esperienza**. Da una parte c’è il coinvolgimento emotivo, intenso e autentico (la “coppa gelato” gustata con piacere); dall’altra, una **negazione razionale o una minimizzazione del piacere** (“l’ho fatto solo perché fa caldo”).
Questa difesa può derivare da diversi fattori:
* **Paura del giudizio altrui**, come se ammettere il piacere lo rendesse meno degno o più vulnerabile.
* **Difficoltà a contattare o verbalizzare i propri desideri**, spesso radicata in esperienze passate in cui il piacere è stato frainteso, ridicolizzato o non accolto.
* **Un senso di colpa legato al provare piacere**, che porta a giustificarlo con motivazioni più “accettabili”.
### Quale comportamento può essere utile e costruttivo?
1. **Accoglienza senza interpretazioni forzate.** Invece di insistere per “fargli ammettere” qualcosa, può essere più utile offrire uno spazio non giudicante dove quella persona si senta libera di esplorare le sue emozioni e le sue contraddizioni.
2. **Rinforzare la sua libertà di sentire.** Puoi trasmettere, anche solo con l’ascolto empatico, che è legittimo provare piacere e ammetterlo, senza bisogno di difendersi o spiegarsi.
3. **Curiosità gentile.** Se c’è spazio, si può restituire qualcosa come:
*"Mi ha colpito come sembravi coinvolto nel gustarlo… poi però hai detto che non era come pensavo. Sono curioso: come la vivi tu questa differenza?"*
Questo permette alla persona di sentirsi vista, ma non forzata. E, a lungo andare, può creare fiducia sufficiente perché si apra a una maggiore coerenza tra ciò che prova e ciò che esprime.
In sintesi: **non servono pressioni o interpretazioni, ma una presenza empatica, coerente e rispettosa**, che lasci spazio all’altro per esplorarsi in sicurezza. In fondo, **è proprio quando smettiamo di voler “togliere la coppa” o “capire per forza” che l’altro può iniziare a sentirsi libero di dire: sì, mi piace davvero.**
Buongiorno,
Nel caso da lei descritto, la persona potrebbe seguire un percorso di Mindful eating che le consentirebbe di considerare in modo diverso l'approccio con il cibo, nel qui ed ora, senza giudizio, senza sensi di colpa, cercando di esplorare insieme al terapeuta i bisogni effettivi che cerchiamo di soddisfare, come colmarli in modo adeguato e soprattutto ripristinando il senso di benessere e le sensazione derivanti da un buon rapporto con il cibo.
Rimango a disposizione per qualsiasi integrazione e/o chiarimento
Dott.ssa Federica Zunino
Nel caso da lei descritto, la persona potrebbe seguire un percorso di Mindful eating che le consentirebbe di considerare in modo diverso l'approccio con il cibo, nel qui ed ora, senza giudizio, senza sensi di colpa, cercando di esplorare insieme al terapeuta i bisogni effettivi che cerchiamo di soddisfare, come colmarli in modo adeguato e soprattutto ripristinando il senso di benessere e le sensazione derivanti da un buon rapporto con il cibo.
Rimango a disposizione per qualsiasi integrazione e/o chiarimento
Dott.ssa Federica Zunino
Buona sera Gentile Utente.
La sua metafora lascia intendere che siamo su un piano relazionale e che il tema che porta sia di natura affettiva o sentimentale o comunque esprima un certo coinvolgimento emotivo.
Ciò che si può cogliere è la presenza di una dinamica ambivalente di avvicinamento e di partecipazione, ma al tempo stesso l'intenzione di mantenere un certo limite o definire una qualche forma di distacco tra voi.
Posso immaginare che questo continuo slancio in avanti, ma privo di costanza e determinazione, possa causare nell'altro (lei in questo caso) una sensazione di incertezza e di instabilità, incomprensione e un vissuto probabile di tristezza.
Nel suo messaggio si coglie però il desiderio e il bisogno di cercare una via risolutiva a questa situazione di empasse.
Innanzitutto la via del confronto aperto e di sincero interesse verso l'altro costituisce probabilmente una scelta utile, con cui è possibile comunicare i suoi vissuti emotivi. Tale modalità consentirebbe uno spazio di apertura maggiore, con un focus specifico sulla fatica che sta provando in questo momento.
A tal riguardo un approccio non giudicante, ma sincero e schietto, che veicoli i propri vissuti di sofferenza e le proprie difficoltà in questa relazione, le consentirebbe di dare voce a ciò che ora sente, rispettando sia lei stesso che l'altro. Il canale assertivo, non remissivo e neppure aggressivo, resta la via più indicata per il confronto.
Devo aggiungere però che questi passaggi trovano una loro utilità, qualora la propensione e la scelta di mantenere questa relazione sia sentita per lei. A tal riguardo, cerchi di comprendere quali sono le emozioni che spesso sente, che vengono smosse in lei nel rapporto con l'altro.
Resto a disposizione. Un caro saluto. Dott.ssa Letizia Turchetto
La sua metafora lascia intendere che siamo su un piano relazionale e che il tema che porta sia di natura affettiva o sentimentale o comunque esprima un certo coinvolgimento emotivo.
Ciò che si può cogliere è la presenza di una dinamica ambivalente di avvicinamento e di partecipazione, ma al tempo stesso l'intenzione di mantenere un certo limite o definire una qualche forma di distacco tra voi.
Posso immaginare che questo continuo slancio in avanti, ma privo di costanza e determinazione, possa causare nell'altro (lei in questo caso) una sensazione di incertezza e di instabilità, incomprensione e un vissuto probabile di tristezza.
Nel suo messaggio si coglie però il desiderio e il bisogno di cercare una via risolutiva a questa situazione di empasse.
Innanzitutto la via del confronto aperto e di sincero interesse verso l'altro costituisce probabilmente una scelta utile, con cui è possibile comunicare i suoi vissuti emotivi. Tale modalità consentirebbe uno spazio di apertura maggiore, con un focus specifico sulla fatica che sta provando in questo momento.
A tal riguardo un approccio non giudicante, ma sincero e schietto, che veicoli i propri vissuti di sofferenza e le proprie difficoltà in questa relazione, le consentirebbe di dare voce a ciò che ora sente, rispettando sia lei stesso che l'altro. Il canale assertivo, non remissivo e neppure aggressivo, resta la via più indicata per il confronto.
Devo aggiungere però che questi passaggi trovano una loro utilità, qualora la propensione e la scelta di mantenere questa relazione sia sentita per lei. A tal riguardo, cerchi di comprendere quali sono le emozioni che spesso sente, che vengono smosse in lei nel rapporto con l'altro.
Resto a disposizione. Un caro saluto. Dott.ssa Letizia Turchetto
Gentilissimo/a,
grazie per il messaggio. Se capisco bene, desidera sapere quale atteggiamento sarebbe meglio adottare con una persona che alterna momenti di presenza ad altri in cui appare svalutante. Non ci sono risposte predefinite, mi verrebbe solo da chiederle se si sente a suo agio in questo schema, in quanto -non conoscendo le motivazioni che spingono l'altra persona ad essere discontinua- l'unica variabile sulla quale si può riflettere è come lei percepisce questa situazione. A disposizione, un cordiale saluto. Dott.ssa Michelle Borrelli
grazie per il messaggio. Se capisco bene, desidera sapere quale atteggiamento sarebbe meglio adottare con una persona che alterna momenti di presenza ad altri in cui appare svalutante. Non ci sono risposte predefinite, mi verrebbe solo da chiederle se si sente a suo agio in questo schema, in quanto -non conoscendo le motivazioni che spingono l'altra persona ad essere discontinua- l'unica variabile sulla quale si può riflettere è come lei percepisce questa situazione. A disposizione, un cordiale saluto. Dott.ssa Michelle Borrelli
Gentile paziente,
spesso dietro una risposta difensiva, può esserci un desiderio di protezione, o difficoltà a riconoscere e legittimare i propri desideri. Favorire un clima relazionale basato sulla fiducia, sul rispetto e sull’ascolto autentico può aiutare quella persona ad aprirsi progressivamente, a riconoscere i propri bisogni e a esprimerli in modo più autentico e sereno.
Un caro saluto,
Dott.ssa Anna Maria Nicoletti
spesso dietro una risposta difensiva, può esserci un desiderio di protezione, o difficoltà a riconoscere e legittimare i propri desideri. Favorire un clima relazionale basato sulla fiducia, sul rispetto e sull’ascolto autentico può aiutare quella persona ad aprirsi progressivamente, a riconoscere i propri bisogni e a esprimerli in modo più autentico e sereno.
Un caro saluto,
Dott.ssa Anna Maria Nicoletti
Buon pomeriggio,
Le proporrei di scrivermi/sentirci, così può spiegarmi meglio.
Dott.ssa Janett Aruta
Psicologa - ricevo su MioDottore e in Sede a Palermo
Le proporrei di scrivermi/sentirci, così può spiegarmi meglio.
Dott.ssa Janett Aruta
Psicologa - ricevo su MioDottore e in Sede a Palermo
quando l’altro assapora con entusiasmo la “coppa di gelato” e subito dopo nega di averla gradita, la prima bussola utile è la propria scala valoriale. Se la sincerità è un valore imprescindibile, può limitarsi a constatare con calma ciò che ha visto: «Da fuori sembrava che quel gelato ti piacesse molto». In questo modo onora il bisogno di veridicità senza accusare.
Il rispetto dei confini dell’altro invita poi a non forzarlo a un’ammissione che non sente pronta. Se replica che lo ha mangiato “solo per il caldo”, può accogliere la sua versione con un semplice: «Capisco. Se ti andrà di raccontarmi meglio che cosa ti piace davvero, sono qui». Così lascia spazio di scelta e ribadisce la propria disponibilità all’ascolto.
Se il suo senso di autenticità chiede di comprendere l’ambivalenza, una domanda aperta e gentile può invitare l’interlocutore a riflettere: «Come ti fa sentire il fatto che io abbia notato il tuo piacere?». In questo modo offre uno spazio sicuro senza insinuare interpretazioni.
Infine, il valore dell’autonomia suggerisce di tollerare il silenzio o la vaghezza. Lasciare all’altro la libertà di definire i propri sentimenti nei tempi che ritiene opportuni consente al dialogo di restare vivo e privo di pressioni.
In sostanza, il comportamento più costruttivo bilancia il desiderio di chiarezza con il rispetto dei tempi dell’altro, guidato dai propri principi di trasparenza, rispetto, autenticità e autonomia.
Il rispetto dei confini dell’altro invita poi a non forzarlo a un’ammissione che non sente pronta. Se replica che lo ha mangiato “solo per il caldo”, può accogliere la sua versione con un semplice: «Capisco. Se ti andrà di raccontarmi meglio che cosa ti piace davvero, sono qui». Così lascia spazio di scelta e ribadisce la propria disponibilità all’ascolto.
Se il suo senso di autenticità chiede di comprendere l’ambivalenza, una domanda aperta e gentile può invitare l’interlocutore a riflettere: «Come ti fa sentire il fatto che io abbia notato il tuo piacere?». In questo modo offre uno spazio sicuro senza insinuare interpretazioni.
Infine, il valore dell’autonomia suggerisce di tollerare il silenzio o la vaghezza. Lasciare all’altro la libertà di definire i propri sentimenti nei tempi che ritiene opportuni consente al dialogo di restare vivo e privo di pressioni.
In sostanza, il comportamento più costruttivo bilancia il desiderio di chiarezza con il rispetto dei tempi dell’altro, guidato dai propri principi di trasparenza, rispetto, autenticità e autonomia.
Questo scenario che descrivi è una metafora estremamente vivida che cattura un pattern comportamentale e comunicativo molto specifico. La persona sta agendo in modo palesemente incongruo con ciò che dichiara. In termini psicologici, sta manifestando una significativa resistenza nell'ammettere un piacere o un bisogno, e sta utilizzando una razionalizzazione ("solo perché fa caldo") per mascherare il vero motivo del suo comportamento.
Il comportamento più utile e costruttivo in questa situazione, se il tuo obiettivo è mantenere una relazione positiva e non innescare un conflitto o ulteriore chiusura, è quello di adottare un approccio che sia non giudicante, empatico e orientato all'accettazione, evitando di confrontare direttamente l'incongruenza tra ciò che ha fatto e ciò che ha detto.
Anzitutto, non sfidare direttamente la razionalizzazione. Se tu le dicessi "Ma è palese che ti piaceva, l'hai divorato!", metteresti la persona in una posizione difensiva, spingendola a negare ancora più intensamente o ad arrabbiarsi. È più utile e gentile dire: "Capisco, è vero che fa molto caldo oggi. Sono contento che tu abbia trovato qualcosa che ti abbia rinfrescato."
Successivamente, è fondamentale riconoscere l'emozione evidente che hai osservato, piuttosto che la motivazione che ti è stata fornita. In questo modo, le offri un ponte per ammettere il piacere senza sentirsi giudicata o in difetto. Puoi dire, ad esempio, in modo leggero e osservativo: "Ti ho visto proprio concentrata sul gelato. Sembrava che ti stesse dando molta soddisfazione in quel momento," oppure "Quando te l'ho tolto, ho notato che ci tenevi molto a finirlo."
Non forzare l'apertura. La persona ti ha dato l'informazione che voleva darti, anche se incompleta. Per una persona "buona e gentile" che prova a nascondere un piacere (magari per modestia o per abitudine alla negazione), l'obiettivo è farle sapere che la noti e la accetti, anche se non dice la verità completa. Mantieni la leggerezza e, con un sorriso e in modo non impegnativo, aggiungi: "Beh, in ogni caso, che sia per il caldo o per il sapore, sono felice che ti abbia fatto stare bene."
Infine, se questa negazione è un pattern e non un episodio isolato, il comportamento costruttivo a lungo termine è quello di concentrarsi sul bisogno sottostante in un momento di calma e intimità. Potresti usare una domanda riflessiva, senza accusare, come: "A volte mi sembra che fai fatica ad ammettere quando qualcosa ti piace molto. C'è un motivo per cui trovi difficile prenderti il merito di goderti le cose buone della vita?"
In sintesi, con una persona che usa la razionalizzazione per negare il piacere, il comportamento più utile è accettare la sua bugia di facciata (il caldo) per mantenere l'armonia, mentre si riconosce con empatia e non giudizio il suo comportamento emotivo reale (il piacere intenso) per farla sentire vista e compresa.
Il comportamento più utile e costruttivo in questa situazione, se il tuo obiettivo è mantenere una relazione positiva e non innescare un conflitto o ulteriore chiusura, è quello di adottare un approccio che sia non giudicante, empatico e orientato all'accettazione, evitando di confrontare direttamente l'incongruenza tra ciò che ha fatto e ciò che ha detto.
Anzitutto, non sfidare direttamente la razionalizzazione. Se tu le dicessi "Ma è palese che ti piaceva, l'hai divorato!", metteresti la persona in una posizione difensiva, spingendola a negare ancora più intensamente o ad arrabbiarsi. È più utile e gentile dire: "Capisco, è vero che fa molto caldo oggi. Sono contento che tu abbia trovato qualcosa che ti abbia rinfrescato."
Successivamente, è fondamentale riconoscere l'emozione evidente che hai osservato, piuttosto che la motivazione che ti è stata fornita. In questo modo, le offri un ponte per ammettere il piacere senza sentirsi giudicata o in difetto. Puoi dire, ad esempio, in modo leggero e osservativo: "Ti ho visto proprio concentrata sul gelato. Sembrava che ti stesse dando molta soddisfazione in quel momento," oppure "Quando te l'ho tolto, ho notato che ci tenevi molto a finirlo."
Non forzare l'apertura. La persona ti ha dato l'informazione che voleva darti, anche se incompleta. Per una persona "buona e gentile" che prova a nascondere un piacere (magari per modestia o per abitudine alla negazione), l'obiettivo è farle sapere che la noti e la accetti, anche se non dice la verità completa. Mantieni la leggerezza e, con un sorriso e in modo non impegnativo, aggiungi: "Beh, in ogni caso, che sia per il caldo o per il sapore, sono felice che ti abbia fatto stare bene."
Infine, se questa negazione è un pattern e non un episodio isolato, il comportamento costruttivo a lungo termine è quello di concentrarsi sul bisogno sottostante in un momento di calma e intimità. Potresti usare una domanda riflessiva, senza accusare, come: "A volte mi sembra che fai fatica ad ammettere quando qualcosa ti piace molto. C'è un motivo per cui trovi difficile prenderti il merito di goderti le cose buone della vita?"
In sintesi, con una persona che usa la razionalizzazione per negare il piacere, il comportamento più utile è accettare la sua bugia di facciata (il caldo) per mantenere l'armonia, mentre si riconosce con empatia e non giudizio il suo comportamento emotivo reale (il piacere intenso) per farla sentire vista e compresa.
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