La mia domanda è un po' off topic ma vorrei conoscere l'opinione di professionisti, in particolare p
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La mia domanda è un po' off topic ma vorrei conoscere l'opinione di professionisti, in particolare psicologi e psicoterapisti, su un comportamento che secondo me è al limite del codice deontologico. Il signor X ha l'occasione di incontrare fuori dall'ambito professionale uno psicologo (la solita uscita tra amici e amici di amici). Così tra un bicchier di vino e un caffè il signor X decide di far leggere al professionista, in virtù delle sue competenze, una porzione di una sua chat avuta con il signor Y (assente in quel momento e che mai ha autorizzato la diffusione di tale chat). Lo psicologo, basandosi solo su questa lettura parziale e senza saper nulla né del signor X né tantomeno del signor Y, della loro storia e del vissuto della loro relazione, ipotizza per il signor Y una sindrome psicologica. Il signor X, che non aspettava altro, ha provato ad utilizzare questa pseudo diagnosi contro il signor Y. Da qui la mia domanda: è corretto che lo psicologo, fuori dall'ambito professionale, abbia accettato di leggere una chat senza l'approvazione di tutti i personaggi coinvolti e che senza chiedere nulla abbia ipotizzato una diagnosi per la persona assente?
La tua domanda riguarda in pieno l’etica e la responsabilità professionale di uno psicologo, anche in contesti informali. Non è corretto, né sotto il profilo etico né deontologico, che uno psicologo:
• accetti di leggere una chat privata senza il consenso di tutti i soggetti coinvolti;
• ipotizzi una diagnosi su un soggetto assente e sconosciuto;
• si esponga con valutazioni che possono essere usate impropriamente per danneggiare un altro.
Questo comportamento potrebbe essere oggetto di segnalazione all’Ordine degli Psicologi, se dovesse configurare una violazione sostanziale del Codice
• accetti di leggere una chat privata senza il consenso di tutti i soggetti coinvolti;
• ipotizzi una diagnosi su un soggetto assente e sconosciuto;
• si esponga con valutazioni che possono essere usate impropriamente per danneggiare un altro.
Questo comportamento potrebbe essere oggetto di segnalazione all’Ordine degli Psicologi, se dovesse configurare una violazione sostanziale del Codice
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Gent.ma,
la ringrazio per aver posto una domanda molto interessante e rilevante dal punto di vista etico e deontologico.
La situazione che descrive solleva effettivamente diverse criticità. Anche al di fuori dell’ambito clinico, uno psicologo è tenuto a rispettare il Codice Deontologico, che vieta di esprimere valutazioni o ipotesi diagnostiche su persone di cui non ha una conoscenza diretta e completa, e senza il loro consenso. Inoltre, leggere e commentare contenuti privati che coinvolgono terze persone senza autorizzazione può violare il principio di rispetto della privacy e della riservatezza.
Un aspetto importante è che ogni comunicazione che possa assumere valore di “opinione professionale” va sempre fondata su una relazione formale e su un’adeguata valutazione diretta del caso.
Il comportamento descritto, quindi, non rispetta le buone pratiche professionali e potrebbe configurare una violazione del Codice Deontologico degli Psicologi Italiani.
Cordiali saluti,
dott. Abate
la ringrazio per aver posto una domanda molto interessante e rilevante dal punto di vista etico e deontologico.
La situazione che descrive solleva effettivamente diverse criticità. Anche al di fuori dell’ambito clinico, uno psicologo è tenuto a rispettare il Codice Deontologico, che vieta di esprimere valutazioni o ipotesi diagnostiche su persone di cui non ha una conoscenza diretta e completa, e senza il loro consenso. Inoltre, leggere e commentare contenuti privati che coinvolgono terze persone senza autorizzazione può violare il principio di rispetto della privacy e della riservatezza.
Un aspetto importante è che ogni comunicazione che possa assumere valore di “opinione professionale” va sempre fondata su una relazione formale e su un’adeguata valutazione diretta del caso.
Il comportamento descritto, quindi, non rispetta le buone pratiche professionali e potrebbe configurare una violazione del Codice Deontologico degli Psicologi Italiani.
Cordiali saluti,
dott. Abate
salve, solitamente il professionista non azzarda mai diagnosi sulla base di poche informazioni: sia quando si ha in carico una persona che è coinvolta in una qualsiasi relazione con l'altra persona sia in altri contesti come quello che descrive lei.
Spero di essere stata d'aiuto
Un caro saluto
Dott.ssa Goddi
Spero di essere stata d'aiuto
Un caro saluto
Dott.ssa Goddi
Gentilissimo, temo che il comportamento del collega sia stato mosso da estrema leggerezza. Se ho capito bene, il contesto in cui è stata letta questa chat era un contesto amicale in cui Y e il collega non hanno alcuna relazione, mentre X e il collega sono amici (o conoscenti). Io penso che l'errore principale sia stato di X che ha fatto leggere la chat (ovviamente non conosciamo le intenzioni di X, per quello che ne sappiamo, poteva avere il desiderio di aiutare Y...). Sicuramente è vero che non si fa MAI diagnosi per interposta persona, anche perché dare una diagnosi non è banale... Tuttavia, non credo si tratti di una violazione del codice deontologico, quanto più veramente di una frivola chiacchiera tra amici. Molto più grave sarebbe se in quel momento il collega avesse indossato i panni del professionista (in studio, dietro transazione economica...). Al bar tra amici è una chiacchiera in cui da essere umano """che ne sa di più""", esprimo un parere, per parlare... Mi sento di considerarlo così un comportamento umano, molto frivolo. Diverso invece è il comportamento di X a cui, giustamente, Y potrebbe chiedere spiegazioni.
Buongiorno,
il professionista in questione potrebbe aver espresso un parere confidenziale ad una persona che conosce in quel momento. La violazione del codice deontologico prevede che il comportamento o degli atteggiamenti assunti da un terapista possano aver leso un paziente, ma non sembrerebbe questo il caso. Ad ogni modo, sarebbe altrettanto interessante comprendere la sua curiosità in merito al tema qui esposto.
Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
il professionista in questione potrebbe aver espresso un parere confidenziale ad una persona che conosce in quel momento. La violazione del codice deontologico prevede che il comportamento o degli atteggiamenti assunti da un terapista possano aver leso un paziente, ma non sembrerebbe questo il caso. Ad ogni modo, sarebbe altrettanto interessante comprendere la sua curiosità in merito al tema qui esposto.
Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
Buon pomeriggio.
Innanzitutto,se il signor Y non ha autorizzato la condivisione di tale chat, perché la chat è stata mostrata? Il motivo qual è?
Il collega ha espresso un'ipotesi e non una valutazione certa, ossia una diagnosi, ha quindi espresso un'opinione sulla base di quanto ha letto e compreso rispetto alla parte di realtà che gli è stata mostrata.
Sindrome psicologica non è una diagnosi, ma bensi un insieme di sintomi, segni, comportamenti presenti in un momento della vita e che ognuno di noi può manifestare per stress di vario livello o altro motivo psicologico ed emotivo.
Dottoressa Teresita Forlano
Innanzitutto,se il signor Y non ha autorizzato la condivisione di tale chat, perché la chat è stata mostrata? Il motivo qual è?
Il collega ha espresso un'ipotesi e non una valutazione certa, ossia una diagnosi, ha quindi espresso un'opinione sulla base di quanto ha letto e compreso rispetto alla parte di realtà che gli è stata mostrata.
Sindrome psicologica non è una diagnosi, ma bensi un insieme di sintomi, segni, comportamenti presenti in un momento della vita e che ognuno di noi può manifestare per stress di vario livello o altro motivo psicologico ed emotivo.
Dottoressa Teresita Forlano
Buongiorno,
la sua domanda tocca un tema importante e la ringrazio per averla posta.
Anche in contesti informali, lo psicologo è tenuto a mantenere prudenza e riservatezza, evitando di esprimere valutazioni o ipotesi diagnostiche su persone non presenti e di cui non ha avuto conoscenza diretta e consenso informato.
La condivisione di una chat privata da parte di un soggetto terzo senza autorizzazione può configurare una violazione della privacy da parte di chi mostra la chat, mentre è sempre responsabilità dello psicologo non alimentare valutazioni improprie su terzi.
Il rispetto della privacy, della riservatezza e della prudenza resta fondamentale anche fuori dal contesto strettamente professionale.
Spero che questa risposta le sia utile per comprendere meglio i principi che regolano la nostra professione.
la sua domanda tocca un tema importante e la ringrazio per averla posta.
Anche in contesti informali, lo psicologo è tenuto a mantenere prudenza e riservatezza, evitando di esprimere valutazioni o ipotesi diagnostiche su persone non presenti e di cui non ha avuto conoscenza diretta e consenso informato.
La condivisione di una chat privata da parte di un soggetto terzo senza autorizzazione può configurare una violazione della privacy da parte di chi mostra la chat, mentre è sempre responsabilità dello psicologo non alimentare valutazioni improprie su terzi.
Il rispetto della privacy, della riservatezza e della prudenza resta fondamentale anche fuori dal contesto strettamente professionale.
Spero che questa risposta le sia utile per comprendere meglio i principi che regolano la nostra professione.
Far leggere una chat ad un amico - sia egli psicologo, dentista o commesso - di per sè non costituisce una grave violazione della privacy, lo facciamo tutti quotidianamente. Ovviamente dipende molto dal tenore della conversazione, e soprattutto se si fanno leggere dati sensibili. Questo da un lato. Dall'altro lato: la chat, se ho ben capito, è stata letta dal signore non in veste di psicologo, quindi non nell'esercizio delle sue funzioni, ma come amico. E, come ha scritto Lei, ha solo "ipotizzato" una diagnosi. Se poi di questa diagnosi (fatta senza contatto diretto col paziente, senza strumenti diagnostici, insomma senza alcuna formalità) non se n'è fatto alcun utilizzo, direi che non ci sono le premesse per dire che è stato un comportamento deontologicamente scorretto. Dal punto di vista etico, forse, ci sarebbe voluta una maggiore prudenza per non condizionare l'amico senza avere dati certi.
Il punto qui è un altro: le Sue sono domande da porre più legittimamente ad un avvocato che a un psicologo. In questa sede ritengo più appropriato e utile chiedere a Lei il motivo di questa richiesta. Forse il focus della questione potremmo trovarlo nella Sua risposta. Se vorrà farlo privatamente, può contattarmi quando vuole.
Il punto qui è un altro: le Sue sono domande da porre più legittimamente ad un avvocato che a un psicologo. In questa sede ritengo più appropriato e utile chiedere a Lei il motivo di questa richiesta. Forse il focus della questione potremmo trovarlo nella Sua risposta. Se vorrà farlo privatamente, può contattarmi quando vuole.
Le diagnosi possono essere pericolose! Proprio perché si potrebbe farne un uso strumentale come è stato fatto dal signor X! Possono avere un senso ed essere anche utili ma vanno fatte all'interno di un contesto di cura, dove si ha un quadro più ampio di tutte le variabili e le questioni in gioco.
Lo psicologo ha sbagliato ma non mi sento di condannarlo: è stato sicuramente ingenuo, ha probabilmente sottovalutato i rischi di tale azione perché si trovava in un un contesto informale tra amici, non pensando alla possibilità che il signor X potesse farne un uso strumentale: usarla come conferma ad una sua convinzione verso il signor Y. Scommetto che il signor X non ha detto nulla a tale psicologo delle sue questioni con il signor Y, prima di fargli leggere la chat.
Spero di esserle stato di aiuto
Cordiali saluti.
Dr Emilio Selvini (Milano)
Lo psicologo ha sbagliato ma non mi sento di condannarlo: è stato sicuramente ingenuo, ha probabilmente sottovalutato i rischi di tale azione perché si trovava in un un contesto informale tra amici, non pensando alla possibilità che il signor X potesse farne un uso strumentale: usarla come conferma ad una sua convinzione verso il signor Y. Scommetto che il signor X non ha detto nulla a tale psicologo delle sue questioni con il signor Y, prima di fargli leggere la chat.
Spero di esserle stato di aiuto
Cordiali saluti.
Dr Emilio Selvini (Milano)
Anche fuori dall’ambito dello studio professionale, lo psicologo resta portavoce della disciplina e deve rispettarne dignità e decoro (Art. 2: “La psicologa e lo psicologo non mettono in atto azioni e comportamenti che ledono il decoro e la dignità della professione”). Inoltre accettare di leggere senza autorizzazione una chat privata e formulare un’“opinione diagnostica” su una persona assente supera i limiti di competenza e le condizioni d’uso degli strumenti diagnostici (Art. 37: “accetta il mandato professionale esclusivamente nei limiti delle proprie competenze”).
In definitiva, quel comportamento potrebbe essere deontologicamente scorretto perché viola i principi di rispetto, responsabilità e corretto esercizio della professione. Lo psicologo e altri professori della salute mentale, devono ricordarsi che anche al di fuori del proprio studio professionale, rappresentano un ruolo e che le loro opinioni vengono considerate rilevanti pertanto per non incorrere in situazioni sgradevoli come questa è sempre meglio evitare di dare opinioni o utilizzare termini diagnostici in situazioni informali.
In definitiva, quel comportamento potrebbe essere deontologicamente scorretto perché viola i principi di rispetto, responsabilità e corretto esercizio della professione. Lo psicologo e altri professori della salute mentale, devono ricordarsi che anche al di fuori del proprio studio professionale, rappresentano un ruolo e che le loro opinioni vengono considerate rilevanti pertanto per non incorrere in situazioni sgradevoli come questa è sempre meglio evitare di dare opinioni o utilizzare termini diagnostici in situazioni informali.
Gentile utente, non credo che ci sia una norma che regoli questo genere di situazioni. Tuttavia, è da considerare che lo psicologo in questione non era a lavoro visto che mi sembra di capire che il signor X non era suo paziente, quindi le sue opinioni diagnostiche (perché di questo si tratta, solo di opinioni), non hanno alcuna valenza professionale. Ragionerei sull'uso strumentale che il signor X ha fatto di un parere di un amico di amici, spacciato per parere professionale.
Dott. Paolo Di San Diego
Dott. Paolo Di San Diego
Salve, la situazione che descrivi presenta un comportamento dello psicologo che dal punto di vista deontologico è decisamente problematico e difficilmente giustificabile. Anche se l’episodio è avvenuto in un contesto informale, uno psicologo non dovrebbe mai esprimere ipotesi diagnostiche su una persona assente e senza il suo consenso, basandosi solo su frammenti di una chat privata. Questo viola il Codice Deontologico ovvero: il rispetto della riservatezza (art. 11), il segreto professionale (art. 12) e l’obbligo di competenza e correttezza nell’uso degli strumenti psicologici (art. 21).
Inoltre, se così fosse, formulare una diagnosi – o anche solo avanzare un sospetto clinico – senza un contesto adeguato, senza valutazione diretta e senza il consenso della persona coinvolta è un grave errore. Una diagnosi non è un’opinione da esprimere a tavolino tra amici, ma il risultato di un processo rigoroso e rispettoso dei diritti del paziente. Anche se il contesto era informale, un professionista dovrebbe sempre mantenere un confine chiaro tra vita privata e ruolo professionale, evitando di prestarsi a dinamiche potenzialmente dannose. In sintesi, non è corretto ciò che ha fatto lo psicologo, e se il suo comportamento ha avuto conseguenze negative, potrebbe essere chiamato a risponderne.
Inoltre, se così fosse, formulare una diagnosi – o anche solo avanzare un sospetto clinico – senza un contesto adeguato, senza valutazione diretta e senza il consenso della persona coinvolta è un grave errore. Una diagnosi non è un’opinione da esprimere a tavolino tra amici, ma il risultato di un processo rigoroso e rispettoso dei diritti del paziente. Anche se il contesto era informale, un professionista dovrebbe sempre mantenere un confine chiaro tra vita privata e ruolo professionale, evitando di prestarsi a dinamiche potenzialmente dannose. In sintesi, non è corretto ciò che ha fatto lo psicologo, e se il suo comportamento ha avuto conseguenze negative, potrebbe essere chiamato a risponderne.
Gentile utente,
Grazie per la sua domanda, che tocca un aspetto importante della pratica professionale psicologica.
Il comportamento che lei descrive presenta alcune criticità dal punto di vista deontologico. Il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani stabilisce all'articolo 7 che "lo psicologo, su casi specifici, esprime valutazioni e giudizi professionali solo se fondati sulla conoscenza professionale diretta ovvero su una documentazione adeguata ed attendibile."
La situazione che lei descrive - in cui uno psicologo, in un contesto informale, legge una chat parziale di una persona assente e formula un'ipotesi diagnostica - si discosta da questo principio. La formulazione di qualsiasi ipotesi diagnostica richiede idealmente una conoscenza diretta della persona o, quantomeno, una documentazione completa e contestualizzata.
Riconosco che gli psicologi possono talvolta trovarsi in situazioni sociali complesse, dove i confini tra il ruolo professionale e quello personale possono diventare sfumati. È naturale che in contesti informali le persone cerchino consigli professionali, creando situazioni in cui non è sempre facile mantenere i confini appropriati.
Tuttavia, il rispetto della riservatezza e della dignità delle persone rappresenta un valore fondante della nostra professione che dovrebbe orientare il comportamento dello psicologo in ogni contesto. La lettura di conversazioni private senza il consenso di tutti i partecipanti e la formulazione di ipotesi diagnostiche in contesti sociali rappresentano pratiche che meritano una riflessione deontologica.
Come psicoterapeuta, credo che il nostro lavoro richieda consapevolezza proprio perché le nostre parole e le nostre valutazioni possono avere un impatto significativo sulla vita delle persone. Per questo motivo, è importante sviluppare strategie per gestire le richieste informali di valutazione professionale, mantenendo un equilibrio tra disponibilità e rispetto dei principi etici della professione.
Cordiali saluti, Dott.ssa Elin Miroddi
Grazie per la sua domanda, che tocca un aspetto importante della pratica professionale psicologica.
Il comportamento che lei descrive presenta alcune criticità dal punto di vista deontologico. Il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani stabilisce all'articolo 7 che "lo psicologo, su casi specifici, esprime valutazioni e giudizi professionali solo se fondati sulla conoscenza professionale diretta ovvero su una documentazione adeguata ed attendibile."
La situazione che lei descrive - in cui uno psicologo, in un contesto informale, legge una chat parziale di una persona assente e formula un'ipotesi diagnostica - si discosta da questo principio. La formulazione di qualsiasi ipotesi diagnostica richiede idealmente una conoscenza diretta della persona o, quantomeno, una documentazione completa e contestualizzata.
Riconosco che gli psicologi possono talvolta trovarsi in situazioni sociali complesse, dove i confini tra il ruolo professionale e quello personale possono diventare sfumati. È naturale che in contesti informali le persone cerchino consigli professionali, creando situazioni in cui non è sempre facile mantenere i confini appropriati.
Tuttavia, il rispetto della riservatezza e della dignità delle persone rappresenta un valore fondante della nostra professione che dovrebbe orientare il comportamento dello psicologo in ogni contesto. La lettura di conversazioni private senza il consenso di tutti i partecipanti e la formulazione di ipotesi diagnostiche in contesti sociali rappresentano pratiche che meritano una riflessione deontologica.
Come psicoterapeuta, credo che il nostro lavoro richieda consapevolezza proprio perché le nostre parole e le nostre valutazioni possono avere un impatto significativo sulla vita delle persone. Per questo motivo, è importante sviluppare strategie per gestire le richieste informali di valutazione professionale, mantenendo un equilibrio tra disponibilità e rispetto dei principi etici della professione.
Cordiali saluti, Dott.ssa Elin Miroddi
Buongiorno,
sicuramente è una situazione curiosa. Non è possibile fare diagnosi da una chat al di là del consenso. Un conto è la serata tra amici nella quale si condividono delle cose e un'altra è fare una valutazione.
Cordiali saluti,
Dott.ssa Francesca Torelli
sicuramente è una situazione curiosa. Non è possibile fare diagnosi da una chat al di là del consenso. Un conto è la serata tra amici nella quale si condividono delle cose e un'altra è fare una valutazione.
Cordiali saluti,
Dott.ssa Francesca Torelli
In realtà nulla nel nostro codice deontologico ci vieta di dare un punto di vista su una questione, però quello che bisogna tenere bene a mente (più per gli utenti che per gli addetti ai lavori) è che:
- nessuna diagnosi fatta fuori dall'ambito clinico è valida. Il professionista può fare un'ipotesi, può avere delle fantasie e comunicarle ai suoi pazienti (o in questo caso conoscenti) ma questo non ha alcuna validità. Tradotto: non serve a niente.
- nessuna diagnosi dovrebbe essere utilizzata come "arma" contro la persona che l'ha ricevuta (fatta eccezione probabilmente solo del contesto giuridico, all'interno del quale la persona ha commesso un crimine).
Il collega ha commesso magari un'imprudenza, non valutando le possibili conseguenze di quanto ha detto, ma di fatto stava al bar in leggerezza con delle persone. Anche noi siamo umani e anche noi esprimiamo opinioni. Il problema è che le persone ci prendono troppo sul serio pure quando siamo fuori dal nostro setting.
- nessuna diagnosi fatta fuori dall'ambito clinico è valida. Il professionista può fare un'ipotesi, può avere delle fantasie e comunicarle ai suoi pazienti (o in questo caso conoscenti) ma questo non ha alcuna validità. Tradotto: non serve a niente.
- nessuna diagnosi dovrebbe essere utilizzata come "arma" contro la persona che l'ha ricevuta (fatta eccezione probabilmente solo del contesto giuridico, all'interno del quale la persona ha commesso un crimine).
Il collega ha commesso magari un'imprudenza, non valutando le possibili conseguenze di quanto ha detto, ma di fatto stava al bar in leggerezza con delle persone. Anche noi siamo umani e anche noi esprimiamo opinioni. Il problema è che le persone ci prendono troppo sul serio pure quando siamo fuori dal nostro setting.
Gentilissimo,
ovviamente una “diagnosi” formulata in queste circostanze non ha alcun valore, per molteplici motivi che sarebbe superfluo elencare. Credo inoltre che il collega non abbia rilasciato alcuna documentazione scritta proprio perché, come lei stesso descrive, il contesto era informale e caratterizzato da numerosi bicchieri di vino.
Detto questo, quanto accaduto resta confinato in quel contesto: una chiacchierata amichevole, il cui parere espresso ha lo stesso valore di quello di chiunque altro seduto in quel bar.
Se fossi in lei, mi concentrerei piuttosto sulla motivazione che l’ha spinta a scrivere questo messaggio e sul fatto che la persona di cui parla stia cercando una diagnosi in un contesto del genere. Credo che sarebbe più utile per entrambi provare a risolvere il conflitto, piuttosto che tentare di trovare una spiegazione esclusivamente nella psicopatologia.
Cordiali saluti.
ovviamente una “diagnosi” formulata in queste circostanze non ha alcun valore, per molteplici motivi che sarebbe superfluo elencare. Credo inoltre che il collega non abbia rilasciato alcuna documentazione scritta proprio perché, come lei stesso descrive, il contesto era informale e caratterizzato da numerosi bicchieri di vino.
Detto questo, quanto accaduto resta confinato in quel contesto: una chiacchierata amichevole, il cui parere espresso ha lo stesso valore di quello di chiunque altro seduto in quel bar.
Se fossi in lei, mi concentrerei piuttosto sulla motivazione che l’ha spinta a scrivere questo messaggio e sul fatto che la persona di cui parla stia cercando una diagnosi in un contesto del genere. Credo che sarebbe più utile per entrambi provare a risolvere il conflitto, piuttosto che tentare di trovare una spiegazione esclusivamente nella psicopatologia.
Cordiali saluti.
Se le cose stanno come lei le racconta ( non sto mettendo in dubbio la sua attendibilità, faccio solo una riserva che mi sembra doverosa quando ci riferiamo a eventi narrati ) penso anch'io che lo psicologo di cui lei parla non si sia comportato in modo professionalmente corretto. La situazione conviviale può essere una scusante...
gentile paziente anonimo, capisco perfettamente la tua preoccupazione e la tua perplessità riguardo a questa situazione. È una domanda molto pertinente, anche se non strettamente professionale, perché tocca aspetti fondamentali dell'etica e della condotta che ci si aspetta da un professionista della salute mentale. Dal punto di vista della deontologia professionale, la condotta dello psicologo in questa circostanza presenta diverse criticità. Uno dei principi cardine della professione psicologica è il rispetto della privacy e la necessità del consenso informato. La lettura di una chat privata riguardante il signor Y senza la sua autorizzazione esplicita è una grave violazione della sua privacy. Il fatto che sia avvenuta in un contesto informale non esime il professionista dall'osservare questo principio fondamentale. Sebbene l'incontro fosse tra amici, uno psicologo o psicoterapeuta è tenuto a mantenere una condotta etica anche al di fuori dello studio. Non si può "spegnere" la propria professionalità quando si tratta di questioni che ricadono nel proprio campo di competenza e che possono avere ricadute sulla vita delle persone. Le formulazioni diagnostiche richiedono un'attenta e approfondita valutazione clinica. Basarsi su una porzione di chat, senza conoscere la storia, il contesto relazionale e il vissuto delle persone coinvolte, è un comportamento profondamente scorretto e potenzialmente dannoso. Una diagnosi è un atto serio che ha un peso significativo e non può essere fatta in modo così superficiale. Il fatto che il signor X abbia poi tentato di usare questa "pseudo-diagnosi" contro il signor Y evidenzia i pericoli di una valutazione fatta in modo improprio. Un professionista è responsabile delle implicazioni delle proprie parole e azioni, anche se pronunciate in un contesto informale. Un comportamento del genere può causare un danno significativo alla persona "diagnosticata" (il signor Y), sia a livello psicologico che relazionale, e può minare la fiducia nella professione.
Per concludere, la condotta descritta non è affatto corretta dal punto di vista etico e deontologico. Uno psicologo, anche in un contesto informale, ha il dovere di agire con responsabilità, rispetto della privacy e rigore professionale. Accettare di leggere una chat privata senza consenso e formulare ipotesi diagnostiche in assenza di un'adeguata valutazione è in netto contrasto con i principi fondamentali che regolano la professione. La tua osservazione è molto acuta e mette in luce una situazione che, purtroppo, può accadere, ma che è importante riconoscere come problematica e non conforme agli standard professionali. Hai colto perfettamente il punto sul "limite del codice deontologico", perché effettivamente questo comportamento lo supera ampiamente. A presto e in bocca al lupo per tutto. LM
Per concludere, la condotta descritta non è affatto corretta dal punto di vista etico e deontologico. Uno psicologo, anche in un contesto informale, ha il dovere di agire con responsabilità, rispetto della privacy e rigore professionale. Accettare di leggere una chat privata senza consenso e formulare ipotesi diagnostiche in assenza di un'adeguata valutazione è in netto contrasto con i principi fondamentali che regolano la professione. La tua osservazione è molto acuta e mette in luce una situazione che, purtroppo, può accadere, ma che è importante riconoscere come problematica e non conforme agli standard professionali. Hai colto perfettamente il punto sul "limite del codice deontologico", perché effettivamente questo comportamento lo supera ampiamente. A presto e in bocca al lupo per tutto. LM
Quanto descritto non è deontologicamente corretto. Lo psicologo, anche al di fuori dell’ambito strettamente clinico o lavorativo, non cessa mai di essere responsabile delle proprie parole.
Il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani è chiaro:
Art. 13: lo psicologo si astiene dal fornire valutazioni psicologiche su persone non direttamente esaminate o in assenza di un contesto professionale chiaro e completo.
Art. 4: è tenuto a evitare qualsiasi abuso del proprio ruolo o titolo.
Art. 24: è vincolato al principio di riservatezza anche verso soggetti non presenti, se indirettamente coinvolti.
Art. 28 e 32: ogni intervento deve evitare il rischio di danno e si fonda su prudenza, rigore, consenso e dati sufficienti.
Nel caso esposto, lo psicologo:
Ha letto contenuti privati di un terzo (il signor Y) senza il suo consenso.
Ha espresso un giudizio psicopatologico in assenza di colloquio, contesto clinico o controparte.
Ha fornito una "diagnosi" che è stata poi strumentalizzata dal signor X.
Se invece si fosse trattato di un caso ipotetico, anonimo e spersonalizzato, il rischio si sarebbe ridotto. Ma la leggerezza nel trattare casi concreti come se fossero esemplificazioni astratte — magari per puro sfoggio narcisistico — è già una forma di abuso del ruolo.
Nota importante: Questa responsabilità non riguarda solo gli psicologi, ma la quasi totalità delle professioni regolamentate.
Avvocati, medici, insegnanti, assistenti sociali, magistrati, giornalisti — tutti condividono un vincolo deontologico che non si sospende fuori dal contesto lavorativo, perché deriva dalla funzione pubblica e fiduciaria del ruolo.
Chi parla “in quanto professionista”, anche solo per vanità, ha comunque un dovere etico: non danneggiare, non etichettare, non esporsi senza contesto.
In sintesi: anche fuori dallo studio, lo psicologo — come ogni altro professionista — è tenuto al rispetto della dignità e della riservatezza di ogni persona.
L’etica non va in pausa.
Chi usa il proprio titolo per dare etichette, giudizi sommari o diagnosi informali sta violando il patto fiduciario su cui si fonda la sua funzione sociale.
Il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani è chiaro:
Art. 13: lo psicologo si astiene dal fornire valutazioni psicologiche su persone non direttamente esaminate o in assenza di un contesto professionale chiaro e completo.
Art. 4: è tenuto a evitare qualsiasi abuso del proprio ruolo o titolo.
Art. 24: è vincolato al principio di riservatezza anche verso soggetti non presenti, se indirettamente coinvolti.
Art. 28 e 32: ogni intervento deve evitare il rischio di danno e si fonda su prudenza, rigore, consenso e dati sufficienti.
Nel caso esposto, lo psicologo:
Ha letto contenuti privati di un terzo (il signor Y) senza il suo consenso.
Ha espresso un giudizio psicopatologico in assenza di colloquio, contesto clinico o controparte.
Ha fornito una "diagnosi" che è stata poi strumentalizzata dal signor X.
Se invece si fosse trattato di un caso ipotetico, anonimo e spersonalizzato, il rischio si sarebbe ridotto. Ma la leggerezza nel trattare casi concreti come se fossero esemplificazioni astratte — magari per puro sfoggio narcisistico — è già una forma di abuso del ruolo.
Nota importante: Questa responsabilità non riguarda solo gli psicologi, ma la quasi totalità delle professioni regolamentate.
Avvocati, medici, insegnanti, assistenti sociali, magistrati, giornalisti — tutti condividono un vincolo deontologico che non si sospende fuori dal contesto lavorativo, perché deriva dalla funzione pubblica e fiduciaria del ruolo.
Chi parla “in quanto professionista”, anche solo per vanità, ha comunque un dovere etico: non danneggiare, non etichettare, non esporsi senza contesto.
In sintesi: anche fuori dallo studio, lo psicologo — come ogni altro professionista — è tenuto al rispetto della dignità e della riservatezza di ogni persona.
L’etica non va in pausa.
Chi usa il proprio titolo per dare etichette, giudizi sommari o diagnosi informali sta violando il patto fiduciario su cui si fonda la sua funzione sociale.
Salve, sollevare questa preoccupazione rappresenta un fatto da trattare con delicatezza. In generale, il comportamento descritto può essere analizzato tenendo conto dei principi di riservatezza e di professionalità. Un comportamento del genere potrebbe compromettere la fiducia nella professione. Tuttavia, è importante ricordare che i professionisti possono affrontare situazioni complesse anche fuori dal loro ruolo, e la discussione etica è sempre un tema delicato.
Saluti, dott.ssa Sandra Petralli
Saluti, dott.ssa Sandra Petralli
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