Desidero sottoporvi la mia situazione. Ho 40 anni mamma di due figli, il più piccolo fra 2 mesi farà

23 risposte
Desidero sottoporvi la mia situazione. Ho 40 anni mamma di due figli, il più piccolo fra 2 mesi farà 1 anno. Nell'azienda in cui lavoro da oltre 10 anni non c'è più dialogo, ci sono piccoli dissidi, il mio lavoro potrebbe essere fatto in smart-working ma l'azienda non me lo concede. Ogni richiesta che faccio viene rifiutata, spesso vengo esclusa dalle riunioni. Sono rientrata al lavoro prima della fine della maternità perchè l'azienda aveva necessità ma ho la sensazione che di dare ma non ricevere. Ogni mia richiesta viene bocciata. Ho la sensazione di non essere più persona gradita. Ora io piango spesso e mi viene la nausea al pensiero di andare al lavoro, so che potrei licenziarmi con delle tutele ma non vorrei darla vinta all'azienda perchè io sto male a causa loro. non so cosa fare, alterno giorni in cui vorrei licenziarmi a giorni in cui pur insoddisfatta vado a lavoro. NOn dormo più la notte, continuo a pensare a cosa fare senza arrivare ad una conclusione. cosa potrei fare per prendere una decisione?.
Dott.ssa Barbara Gizzi
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Palermo
Buongiorno, certo la sua situazione non è delle migliori, anzi molto ansiogena, infatti non riesce a dormire bene la notte. Sarebbe utile rivolgersi ad uno psicoterapeuta al fine di trovare delle strategie per affrontare la sua situazione di malessere. Rivolgersi ad uno psicoterapeuta è utile per potere migliorare la qualità della propria vita. Resto a sua disposizione. Dottoressa Barbara Gizzi

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Dott. Emiliano Tavanxhiu
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Firenze
Gentile utente, capisco che la situazione in azienda è diventata insopportabile e le provoca malessere. Le consiglio a vedere meglio il suo vissuto riguardo a questa situazione. E' utile per lei che pur per non darla vinta all'azienda non si licenzia? E' giusto che deve continuare a vivere il lavoro con malessere? Il benessere emotivo è importante quanto quello fisico per vivere una vita piena di soddisfazioni. La consiglio a riflettere su questi temi. Rimango a sua disposizione in caso avesse bisogno di altri consigli o approfondimenti.
Cordialmente.
Dott. Emiliano Tavanxhiu
Dott.ssa Simona de Santis
Psicologo, Psicoterapeuta
Silvi
Salve,
sta vivendo una situazione di malessere, che dal lavoro si ripercuote sulla sua persona, quindi le consiglio di parlarne con uno psicoterapeuta, in modo da guardarsi dentro e trovare le risposte che sta cercando.
Saluti.
Dott.ssa Lavinia Dilillo
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Buonasera signora,
immagino la situazione che si trova a vivere in questo momento. Il lavoro è fondamentale nella vita di ognuno di noi e se qualche meccanismo si inclina questo ci genera ansia, preoccupazione e malessere. L'autostima viene a mancare perché ci si sente disprezzati, poco accettati. Ovviamente è fondamentale per lei trovare quel giusto equilibrio che le permetta di vivere serenamente nel suo ambiente di lavoro e nella sua vita privata. Strategie utili a fronteggiare la difficile situazione che sta vivendo evitando che tutto ciò possa avere ripercussioni importanti a livello fisico e psicologico.
Sono a completa disposizione.
Un caro saluto
Dott.ssa Lavinia Dilillo
Dott.ssa Allegra Carpaneto
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Torino
Gentile utente, dalle sue parole sembrerebbe che la situazione stia diventando insostenibile per lei. Quando dice che alterna momenti, si riferisce o al desiderio di licenziarsi o all'insoddisfazione per l'attuale condizione lavorativa (che solo all'idea le genera nausea!). Tuttavia, in nessun caso sembrerebbe che il suo attuale lavoro possa darle una prospettiva positiva. Essere preoccupata per un cambiamento, soprattutto se non previsto all'interno di un progetto di vita più ampio che la vede impegnata su più fronti (es. la maternità, la carriera ecc..), può certamente essere vissuto con ansia e incertezza. Il consiglio che mi sento di darle è che andrebbero compresi i motivi che la tengono "agganciata" a quel contesto lavorativo, quali potrebbero essere per lei le alternative, e come potrebbe sentirsi nel pensarsi in tali opzioni... Non occorre dover compiere una scelta immediata, ma iniziare a immaginare possibilità che pur essendo percepite come identitarie possano essere vissute con maggior serenità. In tal senso, qualche colloquio con uno psicologo potrebbe aiutarla a fare un pò di chiarezza.
A disposizione, un saluto. AC
Dott. Massimiliano Trossello
Psicologo, Terapeuta, Psicologo clinico
Leinì
Buonasera. Gran parte delle ore della nostra vita le trascorriamo sul luogo e quando questo diventa fonte di stress, la situazione ci appare insopportabile e inaccettabile. Tenendo conto che il primo aspetto importante per ognuno è la salute, anche se il lavoro è determinante, consideri di affrontare la situazione con uno specialista che le sappia consigliare onde evitare decisioni troppo affrettate o tempi di malessere prolungati.

Cordialità

Massimiliano Trossello
Dott.ssa Marcella Maria Spirito
Psicologo, Psicoterapeuta
Albenga
Gentile utente,
uno psicologo potrebbe aiutarla a fare chiarezza dentro di lei, potrebbe aiutarla a ipotizzare nuove strategie comunicative da utilizzare in azienda e potrebbe sostenerla in questo momento particolare della sua vita da neomamma, per la seconda volta...
Immagino che ottenere parte di questi risultati l'abbia spinta a scrivere il messaggio, però penso sia necessario fare un passo ulteriore e scegliere un professionista che le ispiri fiducia per approfondire la situazione privatamente. Quando una mamma è sostenuta psicologicamente in modo adeguato, anche i figli ne traggono grande vantaggio! Un caro saluto, Marcella





Dott.ssa Silvia Pinna
Psicologo, Psicoterapeuta, Tecnico sanitario
Roma
Buongiorno. Quando una persona è confusa sicuramente non è nelle migliori condizioni per fare una scelta. La miglior cosa sarebbe fare un po' di chiarezza interiore. Qualsiasi scelta poi prenda non sarà mai per sempre, se non i figli. Loro si, non potranno mai essere negoziati o contrattati. Ma in generale sul resto della vita alcuni gradi di liberta' o rimedi alle varie rotture relazionali -lavorative saranno sempre possibili
Dr. Massimo Mestroni
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Trieste
Buonasera, ritengo che la sua situazione riguardi diversi livelli di intervento. Su un piano clinico concordo con il suggerimento di rivolgersi ad un professionista per un supporto psicologico, un contenimento dei sintomi psichici (come i pensieri ricorrenti ed intrusivi relativi al lavoro) e per potersi consultare con un terzo professionale e neutrale, aspetto a mio avviso spesso fondamentale in questi frangenti, ad esempio a proposito delle decisioni da prendere sul continuare o meno il proprio rapporto di lavoro. Su un altro piano le consiglierei pure di rivolgersi ad un avvocato del lavoro, non per forza con l'obiettivo di arrivare ad una causa in Tribunale, ma ad esempio per arrivare ad una transazione a lei favorevole, visto che a mio avviso lei si trova probabilmente in una situazione di vessazione sistematica e continuativa, per cui è verosimile ipotizzare una situazione di mobbing. Infatti, azioni come l'esclusione dalla comunicazione aziendale, il rifiuto di concederle lo smart working (tra l'altro in tempi di "covid"), soprattutto (ma non solo) se accompagnate da altre azioni vessatorie come demansionamenti, attacchi ingiustificati o esagerati alla persona, alla professionalità, alla vita privata, ecc., per più di sei mesi, potrebbero configurarsi come forme di mobbing, elemento questo che anche in sede di transazione extragiudiziale di fatto potrebbe tradursi in un vantaggio economico, che andrebbe ad affiancare altre forme di tutela nel caso di rescissione del suo contratto di lavoro (o che potrebbe essere un elemento di pressione a suo favore, qualora non si licenziasse). In questi casi può essere molto utile costruire una sorta di diario, in cui raccogliere in modo cronologico gli atti vessatori accaduti e possibilmente con le relative prove, come ad esempio mail o sms, in cui le viene rifiutato lo smart working o le vengono affidati incarichi demansionati o viene apertamente denigrata.
Suggerirei inoltre di considerare da parte sua un regolare monitoraggio medico, poiché frequentemente, conseguentemente a situazioni conflittuali sul posto di lavoro, si sviluppano sintomi di tipo psicosomatico, che a lungo andare non è detto che si limitino solo all'alterazione del ritmo sonno-veglia, come da lei riportato.
In sintesi le situazioni come la sua, in base alla mia esperienza, richiedono il sostegno di una rete di professionisti che, in collaborazione tra loro, costruiscano attorno a lei una sorta di cintura protettiva, per supportarla adeguatamente.
Inoltre, qualora interessata, le suggerirei di leggere qualche testo scritto da Haral Ege, il quale, pur avendo il nome di origine germanica, vive in Italia e scrive in italiano, occupandosi da almeno vent'anni di mobbing e conflittualità sul posto di lavoro, e, se lo desidera, mi contatti pure, ma soprattutto non faccia da sola!
Cordialmente,
M.M.
Dott.ssa Giorgia Tolio
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Padova
Buongiorno, concordo con i colleghi.
Un percorso terapeutico può aiutarla a ritrovare un'equilibrio nonostante le condizioni difficili, aiutarla a percepire un aumento della condizione di benessere.
Come già suggerito, il suo caso si presta ad interventi su diversi piani. E se da un lato un percorso terapeutico può aiutarla a cambiare il suo modo di vivere il posto di lavoro, ritengo sia utile contattare anche un avvocato del lavoro, od un sindacato a cui sottoporre le particolarità e le criticità della situazione lavorativa...Appunto per non dargliela vinta.
Cordialmente
Dott.ssa Giorgia Tolio
Dott. Andrea De Simone
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Salerno
Buongiorno, potrebbe rivolgersi ad uno psicoterapeuta per chiarire ed affrontare al meglio la sua situazione attuale.
Resto a sua disposizione.
Ottime cose, Dottor Andrea De Simone
Dott.ssa Lydia Chiovari
Psicologo, Psicoterapeuta
Padova
Gentile signora, capisco benissimo che il momento che sta vivendo, sia insostenibile. La domanda che mi verrebbe da farle e se non abbia mai pensato di parlare con il suo sindacato di questa situazione, prima di prendere qualsiasi decisione drastica, come un'eventuale licenziamento. Il sindacato è un ente costituito proprio per la tutela dei lavoratori. Quindi, le consiglio di chiedere una consulenza al sindacato e ,nello stesso tempo, di cercare una/o psicologa/o che l'aiuti a fare chiarezza in questo momento di difficoltà. Buona vita
Dott. Daniel Michael Portolani
Psicoterapeuta, Sessuologo, Psicologo clinico
Milano
Cara signora, la situazione che descrive è certamente fonte di preoccupazione e sofferenza. La Sua indecisione è ulteriore fonte di stress. Da un lato sembra ci siano gli estremi per un'azione da parte de sindacato, dall'altra per un supporto psicologico. Gli obiettivi possono essere molto vari a seconda di quello che Lei sente (da approfondire) e vuole: dal semplice sostegno nel momento di transizione e di scelta, alla vera psicoterapia laddove Lei ritenga di voler indagare meglio i modi nei quali questa situazione si è strutturata, quelli con cui Lei si muove nel mondo lavorativo e relazionale, e quelli con i quali manifesta sofferenza. Proceda con queste due vie e la decisione dovrebbe risultarLe più semplice. In bocca al lupo! Cordialmente. DP
Dott.ssa Alessia Rita Candiloro
Psicoterapeuta, Psicologo clinico, Professional counselor
Napoli
Gentile, la situazione è molto complicata, certamente c'è da considerare l'aspetto psicologico che comporta per lei vivere tale situazione di disagio lavorativo in questo periodo storico. Per questo ciò che le andrei ad indicare è sì un supporto psicologico per gestire al meglio lo stress, ma anche giuridico, così da capire in che direzione muoversi data la sua situazione, in base alla sua situazione contrattuale . Cordiali saluti.
Dott.ssa Beatrice Panizza
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Triuggio
Gentile utente il malessere che vive sul lavoro viene riportato anche a casa, nella sua vita quotidiana, diminuendo notevolmente la qualità della sua vita personale. Rivolgersi ad uno psicologo sarebbe utile per aggrotbsre meglio questo situazione indagandola in profondità per poter capire le strade miglior da percorrere. Se lo ritiene sono disponibile. In bocca al lupo
Dott.ssa Barbara Montagnini
Psicoterapeuta, Psicologo
Treviso
Gentile signora, dalla sua richiesta si percepisce uno stato di malessere che va a toccare due piani. Il primo è quello personale dove ci sono le ricadute più significative: insonnia, flessione del tono dell'umore, diminuita capacità di concentrazione e difficoltà nella presa di decisioni. Il secondo è il piano professionale dove manca un dialogo costruttivo e collaborativo con il management. Ci sono alcuni elementi che fanno pensare a situazioni di costrittività organizzativa in un clima aziende di conflittualità relazionale. Elementi di per se che potenzialmente potrebbero portarla a quelle che l'articolo 28 della legge 81/2008 chiama 'malattia psicosociali' . Le consiglierei , in prima battuta, di rivolgersi ad uno psicoterapeuta che sia esperto di disagio lavorativo (in seguito valuterà se sia il caso di rivolgersi ad un avvocato). Alcune regioni, tra cui il Veneto, hanno un Centro provinciale per il Benessere Organizzativo che potrebbe tutelarla nel caso vi siano le condizioni aziendali che fanno presumere ad una forma di vessazione volontaria.
Ultimo aspetto che le consiglio di valutare è se la recente seconda maternità possa aver mutato la sua identità di mamma lavoratrice e quanto riesca a bilanciare le richieste professionali con quelle di vita. Rimango a disposizione per approfondire questi temi legati al disagio correlato al lavoro. Barbara Montagnini
Dott.ssa Rossella Ianniello
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Settimo Milanese
Buon giorno,
le sue parole comunicano un forte malessere psicologico legato alla situazione lavorativa. Il dubbio è tra il licenziarsi e porre fine ad uno stato di insoddisfazione, recuperando una condizione di maggiore serenità e benessere, e resistere per "non darla vinta alla sua azienda". Tale dubbio provoca ulteriore stress, che sicuramente non giova nè alla sua vita personale e familiare, nè a quella lavorativa, già così fortemente in difficoltà. Credo sarebbe importante per lei rivolgersi ad un professionista esperto anche di stress lavoro-correlato per capire come procedere e come potersi tutelare. Potrebbe essere utile sentire il parere anche di un avvocaro del lavoro.
Un grosso in bocca al lupo
Rossella Ianniello
Dott.ssa Felicetta Lombardi
Psicologo, Psicologo clinico
Ottaviano
Buonasera, le pongo una domanda quanta energia sta sprecando per andare avanti in un lavoro che non sente più suo? Non crede che sia arrivato il tempo di porsi nuovi obiettivi? Poi se quello che lei afferma può anche essere provato le consiglierei un buon avvocato per il lavoro che la segua in una causa di mobbing... Le auguro tutto il bene del mondo
Dott. Valeriano Fiori
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Roma
Salve, la situazione di stress che al momento sta vivendo è molto complicata, anche perché si ripercuote sul sonno.
Credo che la cosa migliore sia cercare delle strategie valide per affrontare la situazione, per poi però lavorare in un contesto più sereno, quando ne avrà la possibilità.
Buona giornata.
Dott. Fiori
Dr. Manuel Marco Mancini
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Salve, quando le preoccupazioni lavorative valicano il confine, ostacolando una vita privata serena, occorre fermarsi e delimitare il problema.
Possibilmente con uno psicologo,
un saluto,
MMM
Dott. Alessandro D'Agostini
Psicologo, Psicoterapeuta
Roma
Buonasera, penso che al momento attuale, rivolgersi ad uno psicologo potrebbe esserle di aiuto per fare chiarezza e avere maggiore comprensione del periodo e della difficoltà che sta vivendo. Un saluto, Dott. Alessandro D'Agostini
Dott.ssa Beatrice Migiani
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Gentilissima, la situazione che espone non è semplice e immagino quanto sia faticoso. Non è facile prendere questa scelta poichè all'interno del contesto lavorativo non si parla soltanto di "eseguire una mansione" ma si parla di identità, di aspettative, di investimenti e tanto altro, sono ben 10 anni che lei lavora lì e presumo che abbia dato molto a questa azienda. Da come espone la situazione, sembra che la risposta stia nelle sue parole di sofferenza. Io credo che lei non perda nessuna battaglia se dovesse scegliere di andarsene, così come non perde se decidesse di rimanere. Penso che la chiave di lettura sia quella di non vederla come una sfida contro di loro, che essendo "altro" rispetto a noi, non ci possiamo fare molto. Possiamo però fare tanto su di noi, sul comprendere le proprie aspettative e su di noi all'interno di quell'ambiente: che significherebbe quel "dargliela vinta"? Che significherebbe andarsene per se stessa? Quanto sono importanti questi aspetti lavorativi nella sua vita?

Un caro saluto


Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Buonasera, comprendo davvero quanto possa essere difficile trovarsi in una situazione come la sua. Dopo tanti anni di impegno e dedizione in un ambiente di lavoro, sentire di non essere più valorizzata o accolta come prima può diventare fonte di grande amarezza e di profonda stanchezza. Il suo malessere è del tutto comprensibile, soprattutto perché arriva in un momento della vita in cui le energie sono già molto impegnate nella cura dei suoi figli, e in particolare del più piccolo, che richiede ancora tante attenzioni. Ciò che sta vivendo sembra un conflitto interiore tra due parti di sé: da un lato, la parte che non vuole “darla vinta”, che sente di aver diritto a essere rispettata e riconosciuta per il contributo che dà; dall’altro, quella che è esausta, che vorrebbe solo pace e serenità, anche a costo di lasciare un ambiente che ormai le trasmette solo tensione. Questo contrasto emotivo la tiene in uno stato di pensiero costante e la priva del riposo e della lucidità necessari per prendere una decisione serena. Può essere utile provare, passo dopo passo, a distinguere cosa la trattiene davvero in quella situazione. Se è il senso di ingiustizia o il desiderio di riconoscimento, può essere importante domandarsi se, realisticamente, quell’ambiente potrà mai restituirle ciò che merita. Al contrario, se la preoccupazione principale è di natura economica o legata alla sicurezza del lavoro, allora si può provare a valutare alternative concrete, senza precipitarsi a decidere, ma restituendo a sé stessa il diritto di cercare un luogo dove sentirsi nuovamente stimata. Il pianto e la nausea che descrive non sono segni di debolezza, ma indicatori di quanto il suo corpo stia reagendo a una condizione di stress prolungato. Quando un ambiente lavorativo diventa fonte di sofferenza quotidiana, il disagio tende a infiltrarsi anche nella vita personale, nei pensieri e nel sonno. Per questo motivo, prima ancora di prendere una decisione definitiva, può esserle utile focalizzarsi sul proprio benessere, cercando momenti, anche brevi, in cui ricaricarsi o condividere il peso di ciò che prova con qualcuno di cui si fida. Prendere una decisione, in situazioni come la sua, non significa scegliere “giusto” o “sbagliato”, ma trovare la direzione che le consenta di respirare di nuovo. Forse, più che cercare subito la risposta definitiva, potrebbe essere utile concedersi il tempo di capire quali sono i suoi bisogni autentici oggi, e cosa la farebbe stare meglio nel lungo periodo. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero

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