Buongiorno, Volevo pubblicare la mia esperienza, nella maniera più sintetica possibile, sperando ch

23 risposte
Buongiorno,
Volevo pubblicare la mia esperienza, nella maniera più sintetica possibile, sperando che sia possibile inquadrare sia la sfera entro la quale ricade questo tipo di condizione sia il tipo di specialista che sarebbe preferibile contattare

In età preadolescenziale sono iniziati a comparire i sintomi di quello che più tardi, grazie a dei colloqui con uno psicologo, avrei inquadrato come un disturbo ossessivo-compulsivo: pensieri intrusivi, ossessioni superstiziose (pronunciare, fare, pensare o non pensare, ripetere determinate cose) ossessioni aggressive, paura di poter perdere il controllo.

Queste ossessioni, nel corso del tempo, sono diventate abbastanza invalidanti.
Mi capitava di passare diverse ore del giorno, o della notte, a ripetere frasi o concetti che avrebbero scongiurato l’ipotetica disgrazia, l’ipotetica perdita di controllo, l’avverarsi ecc. Contemporaneamente, molto tempo era dedicato a dialoghi interiori e riflessioni rassicuranti per cercare di “razionalizzare” e arginare il problema.

Nel frattempo, o forse prima, diventava abitudinaria una pratica che non saprei se collegare al disturbo ossessivo-compulsivo o ad altre ragioni indipendenti: l' esercitare una sorta di tensione mentale, spesso contraendo i pugni o sfregando le dita delle mani tra loro, mentre mi impegnavo in qualche attività ludico- immaginativa. Questa pratica mi provocava un grande piacere, credo perché fungesse come una valvola di sfogo per l’ansia e la tensione accumulatesi.

Nel corso degli anni i pensieri intrusivi più irrazionali lasciarono posto ad una condizione più subdola, riassumibile in una sorta di paradosso: devo pensare di non pensare. Il tentativo di ignorare gli ipotetici pensieri intrusivi che sarebbero occorsi e la consapevolezza di non poter immergermi nel flusso normale della vita, perché restava sempre latente quella menomazione, diventavano essi stessi l’ossessione.
Gran parte della mia giornata si consumava quindi nell’inesauribile scontro dove la mia mente restava in allerta di possibili pensieri intrusivi e, contemporaneamente, continuava ad elaborare trucchi mentali per ignorare tali pensieri intrusivi e superare questa condizione di perenne stallo.
Un esempio pratico: sono in metro, e sto ascoltando la musica. Sono consapevole che non potrò abbandonarmi all’ascolto, perché rimane sempre presente la mia condizione. Allora devo cercare di riuscire a smettere di pensare a qualsiasi cosa, reprimendo qualsiasi pensiero venga alla luce. Il tentativo di reprimere ogni pensiero e di abbandonarmi al flusso normale della vita, condito dalla persistenza di reali pensieri e immagini intrusive, diventa un paradosso, perché continua a rendere viva la tensione, la consapevolezza della mia condizione, e ad alimentare la comparsa di ulteriori pensieri intrusivi che a loro volta dovranno essere repressi.

Continuava intanto l’abitudine della “pressione mentale”, solo espunta dai tratti più infantili: esercitavo questa tensione immaginando scenari positivamente alternativi e, riguardo a quella soddisfazione citata, è come se gradualmente andasse a sostituire il normale piacere ricavabile dalla vita. È come se, non essendo in grado di vivere normalmente, impegnassi la mia mente in questo sforzo che riusciva ad emulare una sensazione di appagamento, nonostante provocasse una seria sensazione di dolore alla testa e di confusione nei pensieri.

Parallelamente, continuava sempre di più la divaricazione tra la vita “interna” e quella esterna. Il continuo rimuginare e combattere contro la propria mente rendeva sempre più opaca la vita che intanto mi scorreva intorno.
Non da trascurare la forte timidezza e la sensazione di profonda inadeguatezza che provavo/provo. Aldilà della difficoltà a stabilire relazioni personali, sentivo una fortissima ansia e disagio anche nelle situazioni più disparate.
Ero solito “vedermi” dall’esterno, essere ipersensibile ad ogni singolo movimento maldestro, ogni intonazione sbagliata, a vedermi come se fossi uno spettatore esterno per monitorare il mio comportamento.

Entro, gradualmente, nello stadio che persiste ancora oggi.
Vi è una perenne sensazione di “depersonalizzazione”. Nella mia totale ignoranza in campo medico non so se il termine è esatto, ma definirei così la mia situazione.
Mi sento come separato rispetto al mio corpo e alla realtà. Non al punto di credere che il mio corpo si muova da solo, ma come se ne fossi distaccato, sia fisicamente che mentalmente.
Non meno rilevante la questione della tensione mentale. È come se fosse ormai sempre presente una generale sensazione di pressione, che accompagna ogni istante del mio tempo. Ormai è come se avesse sostituito il timore dei pensieri intrusivi, perché è essa stessa la spia costante che mi impedisce, come dicevo prima, di abbandonarmi alla vita e alla “veracità” dei pensieri normali.
Anche nelle attività più semplici, è come se dovessi svolgere un’azione passando per due filtri: provando a leggere un testo, ad esempio, è come se percepissi me stesso che leggo e contemporaneamente questa sensazione di pressione, che acuisce il distacco dal mio “io”.

E devo, nonostante tutto, come esercitare con più forza quella “pressione mentale” per leggere, o osservare, o sentire quello che mi circonda. Non riesco, anzi, non mi ricordo più come attingerlo “normalmente”.
È quotidianamente presente un forte mal di testa che si accentua quando provo a svolgere attività che richiedo concentrazione.
Permane inoltre quella forte sensazione di inadeguatezza, che si acuisce quando mi trovo con altre persone che non conosco, ad esempio in strada. Immediatamente si accentua la sensazione di depersonalizzazione, e mi sento come sotto i riflettori, mentre provo a non commettere errori con un corpo che sento estraneo.

Vi ringrazio per l'attenzione e chiedo un vostro parere.
Dott. Francesco Damiano Logiudice
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Salve, mi spiace molto per la situazione ed il disagio espresso.
Ho letto con attenzione le frasi e comprendo quanto possa essere difficile per lei convivere con questa situazione da lei riportata.
Ritengo pertanto fondamentale che lei intraprenda un percorso psicologico per indagare cause origini e fattori di mantenimento dei suoi sintomi e trovare strategie utili per fronteggiare le situazioni particolarmente problematiche onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Inoltre potrebbe esserle utile ritagliarsi uno spazio per elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi alla situazione.
Cordialmente, dott FDL

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Dott. Valeriano Fiori
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Roma
Salve, mi dispiace per la situazione che sta vivendo. Credo che sia opportuno per lei intraprendere un percorso psicologico, per riuscire a gestire il disagio che descrive. Inoltre, stia tranquilla, non esiste un approccio psicologico migliore di un altro, l’importante é che lei si senta a suo agio.
Rimango a sua disposizione.
Buona giornata.
Dott. Fiori
Dott.ssa Anna Paolantonio
Psicologo, Psicoterapeuta, Posturologo
Roma
Salve. Un percorso psicoterapeutico può aiutarla a chiarire le origini del suo disturbo e, stimolando la fiducia in se stesso, può sostenerla nella possibilità di mollare un poco il bisogno di controllo e a vivere ed elaborare i vissuti emotivi che sta trattenendo, integrando il suo essere psico/emotivo/corporeo/intellettivo. Distinti saluti
Dott.ssa Pamela Cornacchia
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Deve essere davvero faticoso avere la mente costantemente impegnata in una lotta interna con sé stesso. In merito alle sue domande le dico che per un preciso inquadramento diagnostico sarebbe necessario fare dei colloqui di valutazione psicologica. Sicuramente all'interno di una psicoterapia i suoi sintomi potrebbero essere compresi e lentamente abbandonati. Solitamente non si esclude un consulto con uno psichiatra per valutare una terapia farmacologica che permette di svolgere con meno tensione le attività quotidiane.
Resto a disposizione,
Dott.ssa Pamela Cornacchia
Dott.ssa Giada Bruni
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Firenze
Salve, dal mio punto di vista, potrebbe intraprendere un percorso di psicoanalisi, dove finalmente trovare un senso a quanti le accade.
Cordiali saluti e buona fortuna.
Giada Bruni
Dott. Silvio Rossi
Psicologo, Psicoterapeuta
Roma
Bongiorno, pur essendo psicologo credo che il suo caso debba essere valutato in prima battuta da uno psichiatra, poi accompagnato da un percorso psicologico.
Dott.ssa Valentina Rosi
Psicologo, Psicoterapeuta
Sassuolo
Salve,
Dalle sue parole emerge uno stato di sofferenza prolungata. Spesso, si cerca di controllare i pensieri e i comportamenti nella speranza di allontanarli da sè, purtroppo quello che si ottiene è esattamente il contrario. Sarebbe utile ricostruire come e quando si verificano le manifestazioni problematiche e la sensazione di distacco per iniziare il lavoro terapeutico. Saluti,
Dott.ssa Rosi
Dott.ssa Lydia Chiovari
Psicologo, Psicoterapeuta
Padova
Gentile utente, dalla dettagliata spiegazione della sua situazione, immagino lei sia informatissimo sul suo disturbo, ma quello che non sa è che più cerca spiegazioni , più l'ansia sale e la confusione aumenta.Non c'è nulla che la rassicuri, anzi chi cerca di rassicurarla perde la credibilità ai suoi occhi, aihme'. Dal mio punto di vista, l'approccio migliore per chi soffre di un disturbo ossessivo compulsivo, così pervasivo in più ambiti della propria vita, è quello integrato, ovvero un percorso psicologico che l'aiuti a comprendere come funziona la sua mente, e un percorso farmacologico che plachi l'ansia e attenui questi pensieri intrusivi così debilitanti. Tutto ciò non è comunque facile, perché di base lei non si fida di nessuno, quindi bisogna lavorare all'inizio proprio su questa fiducia. Un caro saluto
Dott.ssa Alessandra Morosinotto
Psicologo, Psicologo clinico
Alessandria
Buongiorno, come già consigliatole da altri colleghi, sarebbe opportuno effettuare una visita con uno psichiatra per valutare insieme un eventuale trattamento farmacologico e psicologico.
Un caro saluto, Dott.ssa Alessandra Morosinotto
Dott.ssa Marianna Quattrocchi
Psicologo, Psicoterapeuta, Professional counselor
Palermo
Gentile utente, la sua condizione sembra davvero invalidante. Porta allo stremo se stesso con questi circoli viziosi mentali, ai quali sembra non possa sottrarsi e che, al contempo, ricerca attivamente. Non posso immaginare quanto sia faticoso vivere in questo modo, posso solo intuirlo, dal momento che anche leggere il suo racconto risulta stancante, sintomo di una pesantezza che la schiaccia e non le concede di vivere la vita. Concordo con i colleghi sull'utilità di intraprendere al più presto un percorso terapeutico. Mi permetto di suggerirle l’approccio sistemico, che, al di là di una semplice diagnosi, la aiuti ad esplorare le cause originarie di questa sua sofferenza e le permetta di superare, gradatamente, questa condizione, non soltanto “spegnendo” il sintomo, ma rimodellando le cause che lo hanno scatenato.
Cordialmente, Dott.ssa Pipitó.
Dott. Diego Ferrara
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Quarto
Gentile utente di mio dottore,

Il DOC è una psicopatologia che rientra tra i disturbi d'ansia;la terapia per i Disturbi d’ansia è sia di tipo farmacologico che psicoterapeutico. L’approccio farmacologico è utile per alleviare i sintomi o per meglio controllarne alcune fasi più acute, o come supporto alla psicoterapia.
La psicoterapia è ritenuta a oggi la forma di intervento più efficace per affrontare con successo i disturbi d’ansia.
L’intervento della psicoterapia è volto a scoprire le funzionalità relazionali dei sintomi ed i suoi significati più profondi. Il paziente, intrapresa la psicoterapia, viene guidato attraverso un percorso atto a renderlo maggiormente consapevole dei suoi processi mentali, dei meccanismi che governano il suo comportamento. Con l’aiuto del terapeuta vengono individuati i circoli di mantenimento del disturbo e le sue ripercussioni su aspetti comportamentali, con un graduale miglioramento della qualità della vita, fino a quel momento. Contatti quanto prima uno specialista, vedrà che con il tempo potrà star meglio.

Cordiali Saluti
Dottor. Diego Ferrara
Dott.ssa Jessica Maranza
Psicologo, Psicoterapeuta
Urbino
Da quello che scrive emerge una grande stanchezza legata ad una condizione di notevole e duratura sofferenza. Come suggerito da altri colleghi, l'approccio più efficace dovrebbe prendere in considerazione un percorso psicoterapico che le dia la possibilità di "pensare i pensieri" all'interno di un contesto protetto, parallelamente ad un sostegno farmacologico che la aiuti ad allentare la tensione, per poter tornare gradualmente a vivere spontaneamente una vita soddisfacente. Le auguro il meglio, dott.ssa Jessica Maranza.
Dott.ssa Elisa Lai
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Cagliari
Buonasera, è comprensibile la fatica che sperimenta quotidianamente nella gestione di questi pensieri intrusivi, della sensazione di estraneità rispetto al suo corpo e dell'inadeguatezza che prova nei contesti sociali. Per questo ritengo importante contattare uno/a psicoterapeuta e uno/a psichiatra che possano aiutarla a ritrovare il benessere.
Dott. Stefano Ventura
Psicologo, Psicoterapeuta
Roma
Salve,

comprendo bene la sua situazione: il disturbo ossessivo compulsivo può letteralmente devastare la nostra vita, complicando in modo diabolico quello che per la maggior parte delle persone intorno a noi è normale, spontaneo, ovvio.
Innanzitutto, vorrei incoraggiarla: non è semplice uscire da questo meccanismo che produce sofferenza, ansia, tristezza, ma è possibile. Si tratterà di comprendere come i tentativi di soluzione che ha messo in campo finora siano diventati più problematici e dolorosi del danno che voleva evitare.

Partendo da un approccio basato sull'efficacia misurata, le consiglio di intraprendere una terapia cognitivo-comportamentale con un terapeuta specializzato nel trattamento del DOC, e di consultare (su parere del terapeuta) uno psichiatra, perché l'aiuto farmacologico - soprattutto attraverso gli antidepressivi che hanno un buon effetto sul DOC - potenzia l'effiacia dell'intervento psicoterapeutico.

Le auguro di risolvere presto e bene,
dr Ventura
Dott.ssa Alexandra Giakoumi
Psicologo, Professional counselor
L'Aquila
Buongiorno, grazie per aver condiviso il suo vissuto. La invito a riflettere sulla possibilità di intraprendere un percorso, dove possa approfondire vecchi schemi ed elaborare nuove modalità. Cordialmente, dott.ssa Giakoumi Alexandra
Dott.ssa Cristina Mitola
Psicologo, Psicologo clinico
Bari
Buon pomeriggio, come lei giustamente ha commentato, il disturbo ossessivo-compulsivo viene a manifestarsi nel paziente con lo scopo di controllare il proprio ambiente e sentire che non si è in balìa degli eventi. Bisognerebbe quindi capire, ed in ciò la consultazione psicologica può aiutare moltissimo, quando e da quando soprattutto lei si è sentita senza controllo della sua vita.
Ha un buon insight, sicuramente potrebbe capirlo con l aiuto di un buon professionista psicologo.
Le auguro ogni bene e le offro la mia totale disponibilità nel qual caso volesse intraprendere tale percorso con il mio aiuto.
Cordiali saluti
Dr.ssa C.M
Dott. Andrea Brumana
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Buongiorno e grazie per aver condiviso con noi la sua situazione che, da quanto emerge dalle sue parole, immagino essere estremamente faticosa e stancante per lei. Credo che possa essere molto utile ritagliarsi uno spazio dove permettere ai propri pensieri di fluire quanto più liberamente possibile, al contrario di ciò che spesso le accade, così da potersi ascoltare e sentirsi ascoltati da qualcuno con cui provare a dare un significato ed un senso più profondo ai suoi sintomi ed alla sofferenza che ne sta alle spalle. Dietro a quanto descrive si nasconde molto probabilmente un dolore o dei vissuti che invocano di essere accolti, ascoltati e compresi. Un percorso svolto con volontà e precisione potrà essere la chiave per tornare ad essere padroni della propria vita e dei propri pensieri, soprattutto se abbinato alla sua onestà intellettuale e generosità (caratterisitica mostrata nel momento in cui decide di aprirsi con tanta onestà). Resto a sua disposizione, anche per colloqui online. Cordialmente, Andrea Brumana
Dott. Diego Emmanuel Cordoba
Psicologo, Psicologo clinico
Bergamo
La tua descrizione mostra chiaramente una complessa serie di sintomi che possono essere riconducibili a diversi disturbi psicologici, tra cui il disturbo ossessivo-compulsivo, l'ansia generalizzata, la depersonalizzazione e la timidezza sociale. È importante sottolineare che solamente un esperto in ambito psicologico potrà fornire una diagnosi e un trattamento appropriato per il tuo caso. Ti consiglierei di contattare uno psicologo specializzato in psicologia sistemico-relazionale, che possa aiutarti a comprendere le radici dei tuoi sintomi e a individuare le strategie terapeutiche più adatte per affrontare e superare la tua condizione. È fondamentale che tu non rimandi ulteriormente la ricerca di aiuto e che ti metta in contatto con un professionista qualificato il prima possibile. Rimango a tua disposizione per un eventuale colloquio di consultazione.
Dott. Cordoba
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Dr. Leopoldo Tacchini
Psicologo, Psicologo clinico
Figline Valdarno
Gentilissimo,
è stato molto esaustivo nel descrivere la sua problematica. Purtroppo non posso entrare nei particolari, sia per motivi di tempo sia perché lo ritengo fondamentalmente inutile. Penso infatti che la possa aiutare conoscere chi e come la possa aiutare, non credo invece sia per Lei utile conoscere notizie tecniche circa il suo disturbo. Mi sembra chiaro che Lei soffre di un disturbo ossessivo-compulsivo, accompagnato da un’ansia molto elevata. Questa caratteristica di scrivere molto, o anche di parlare molto, perdendosi nei dettagli, è un segno inequivocabile di ansia elevata. Le nostre risposte non possono assolutamente sostituire una seduta, ma servono piuttosto a indirizzarvi.
A mio avviso può esserle utile una terapia cognitivo-comportamentale che si focalizzi ad insegnarle tecniche per gestire meglio l’ansia e le ruminazioni. Se questo da solo non fosse sufficiente, è opportuna una consulenza psichiatrica. Il mal di testa di cui soffre è indice, secondo la medicina funzionale, campo di studio che coltivo da molti anni, di un elevato grado di infiammazione e di intossicazione. Probabilmente la sua dieta non è corretta (eccesso di carboidrati o di alimenti pro-infiammatori); in molti casi una dieta adeguata (bassi carboidrati o chetogenica) ha dato risultati molto interessanti. Anche lo stile di vita andrebbe rivisto, con particolare riguardo per attività fisica e relazioni sociali. La mia impressione è che trascorra troppo tempo a riflettere su sé stesso elevando l’ansia di fondo, mentre sarebbe molto utile che coltivasse relazioni nelle quali prova benessere. Naturalmente ciò richiede impegno e volontà, per questo la terapia la può aiutare. I miei migliori auguri!
Dott.ssa Giulia Napoli
Psicoterapeuta, Psicologo clinico, Psicologo
Baronissi
Ciao, grazie per aver condiviso la tua esperienza così dettagliata. Sembra che tu stia vivendo una situazione molto complessa, in cui i pensieri intrusivi, la sensazione di distacco dal corpo e l'ansia sociale stiano creando un grande disagio nella tua vita quotidiana. Questi sintomi sono indicativi di un disturbo ossessivo-compulsivo, ma la componente di depersonalizzazione e la pressione mentale aggiungono una complessità ulteriore che rende ancora più difficile gestirli. Un confronto con uno psichiatra potrebbe aiutare a valutare se un supporto farmacologico possa integrare il percorso terapeutico.
Non sei solo in questa difficoltà, e il fatto che tu stia cercando di comprenderla e affrontarla è un passo importante. Rimanere aperti al supporto e non arrendersi alla sensazione di “stallo” è essenziale. Ogni piccolo passo verso la gestione di questi sintomi è un progresso, e la tua volontà di cercare soluzioni mostra una grande forza interiore. Con pazienza e il giusto aiuto, è possibile migliorare e riconnettersi con la vita in modo più sereno.
Dr. Pietro Cecchin
Psicologo, Psicologo clinico
Castelfranco Veneto
Lei ha sicuramente inquadrato buona parte della sua esperienza, ma purtroppo più di dirle che vi sia con una certa probabilità una dinamica relazionale disfunzionale che la porta a vivere malamente tali situazioni non saprei dirle. Necessito per poterle fornire tale risposta, una seria di 4 colloqui diagnostici atti a inquadrare la sua situazione. Così da poterla aiutare a comprendere la sua situazione.
Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Buongiorno, la ringrazio sinceramente per aver condiviso in modo così lucido, profondo e articolato la sua esperienza. Ciò che descrive è estremamente complesso dal punto di vista emotivo e cognitivo, ma al tempo stesso emerge con grande chiarezza la sua capacità di introspezione e il desiderio autentico di comprendersi. Questo è un punto di partenza fondamentale, spesso difficile da raggiungere per chi convive da anni con una sofferenza psicologica così pervasiva. Nel quadro che lei delinea, è effettivamente possibile riconoscere numerosi tratti riconducibili al Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC), così come descritto nei manuali diagnostici, ma anche nelle esperienze cliniche delle persone che vivono questa condizione. I pensieri intrusivi, le compulsioni mentali, le ritualità verbali o cognitive messe in atto per neutralizzare l’ansia, e quel senso costante di allerta e di vigilanza interiore sono caratteristiche centrali del disturbo. A tutto ciò si somma una componente che descrive in modo molto vivido: l’ipercontrollo, ovvero il tentativo continuo e faticoso di monitorare la propria attività mentale nel tentativo di “non pensare” o “pensare correttamente”. È proprio questo sforzo costante, paradossalmente, ad alimentare la sofferenza. Più si cerca di controllare il pensiero, più esso diventa presente, intrusivo, e carico di ansia. In aggiunta a questo, descrive anche una marcata esperienza di depersonalizzazione, ovvero una sensazione persistente di distacco da sé, come se vivesse “fuori dal proprio corpo” o come un osservatore esterno. Questa condizione, spesso associata a stati di ansia cronica o a stress emotivo protratto, può diventare essa stessa fonte di notevole malessere, soprattutto quando viene vissuta come una conferma del proprio “disfunzionamento” o come segnale di irreversibilità del problema. Ma la depersonalizzazione, per quanto destabilizzante, non è un sintomo “fine a sé stesso” o segnale di pazzia. Piuttosto è una risposta del sistema nervoso a un sovraccarico emotivo e cognitivo, un tentativo (disfunzionale, ma comprensibile) della mente di proteggersi dalla sofferenza eccessiva. Dal punto di vista cognitivo-comportamentale, lavorare su questi aspetti significa innanzitutto comprendere e rendere più “neutrali” i pensieri intrusivi, smettendo gradualmente di combatterli o di neutralizzarli. Questo processo passa attraverso un percorso di esposizione con prevenzione della risposta (ERP), che consiste nel restare a contatto con i pensieri temuti senza mettere in atto le ritualità mentali o comportamentali che normalmente si usano per ridurre l’ansia. È un lavoro delicato e graduale, che ha bisogno di essere strutturato con un terapeuta esperto, perché inizialmente può aumentare la sensazione di disagio prima di portare a un reale sollievo. Parallelamente, può essere molto utile lavorare sulle credenze disfunzionali che alimentano il disturbo, come il bisogno di certezza assoluta, l’iper-responsabilità o la convinzione che pensare qualcosa equivale a volerlo o a renderlo reale. Rispetto all’esperienza della “pressione mentale” e della fatica costante nel concentrarsi o vivere in modo spontaneo, è comprensibile che negli anni lei abbia trovato delle strategie “alternative” per provare piacere o compensare la frustrazione emotiva. Anche se queste strategie oggi sono fonte di ulteriore sofferenza, una parte di lei le ha utilizzate come meccanismi di sopravvivenza. Riconoscere questo è importante per non colpevolizzarsi e per riuscire a disinnescare, con il tempo, la rigidità di questi schemi. Sul piano terapeutico, ritengo che lei potrebbe trarre grande beneficio da un percorso cognitivo-comportamentale strutturato, preferibilmente con un terapeuta con esperienza specifica nel trattamento del DOC e nei disturbi dissociativi come la depersonalizzazione. Inoltre, in alcuni casi, la psicoterapia può essere affiancata anche da un supporto farmacologico, sempre e solo sotto la guida di uno psichiatra, per ridurre la sintomatologia più invalidante e rendere più efficace il lavoro psicologico. Non perché la cura passi solo da un farmaco, ma perché a volte alleviare un po’ la pressione può renderla più libera di lavorare su sé stesso. Infine, vorrei sottolinearle una cosa importante: anche se oggi la sua mente è affaticata, anche se la sofferenza sembra aver occupato ogni spazio, lei non è la sua malattia. È molto di più. È una persona che pensa, che riflette, che desidera vivere meglio. Questo, di per sé, è un segnale prezioso di speranza. La strada del cambiamento non è mai semplice, ma con il giusto supporto e con pazienza, può essere percorsa. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Dott.ssa Sara Petroni
Psicologo clinico, Psicologo
Tarquinia
Gentile utente,
la descrizione che ha condiviso è estremamente chiara, articolata e mostra una lucidità rara nel comprendere la propria esperienza interiore. Da ciò che racconta, il quadro che emerge sembra intrecciare più piani: un disturbo ossessivo-compulsivo con componente prevalentemente mentale (ossessioni pure, ruminazione, controllo del pensiero), accompagnato da una reazione di depersonalizzazione e derealizzazione, che nel tempo è diventata quasi una modalità costante di funzionamento e difesa.

Provo a riassumere i punti essenziali e le possibili direzioni:

Lotta mentale e controllo del pensiero
Il tentativo di “non pensare” o di “pensare nel modo giusto” per sentirsi al sicuro è tipico del meccanismo ossessivo. Ogni sforzo di bloccare o neutralizzare i pensieri finisce, paradossalmente, per alimentarli e aumentare la tensione interna. Nel suo caso, questa tensione è diventata quasi fisica, come una “pressione mentale” costante.

Depersonalizzazione e iper-consapevolezza di sé
Il sentirsi “osservatore esterno di sé stesso” e la difficoltà a percepire la realtà in modo spontaneo sono spesso effetti di un sistema nervoso cronicamente iperattivato. È come se la mente, per difendersi dall’ansia, si distaccasse dalle emozioni e dal corpo: un meccanismo di protezione che, col tempo, diventa fonte di sofferenza.

Dimensione relazionale e ansia sociale
La forte autoconsapevolezza e la paura di “sbagliare” nei contesti sociali indicano un’elevata sensibilità al giudizio e un bisogno di controllo anche nelle interazioni, cosa che mantiene il senso di inadeguatezza.

Quale specialista contattare

La condizione che descrive richiede un approccio integrato:

uno psichiatra, per una valutazione accurata dell’eventuale trattamento farmacologico (soprattutto per ridurre la tensione e i sintomi somatici, che ostacolano la concentrazione e il sonno);

uno psicoterapeuta esperto in disturbo ossessivo-compulsivo e depersonalizzazione, preferibilmente con approccio cognitivo-comportamentale (CBT) o cognitivo-comportamentale con elementi di mindfulness ed esposizione con prevenzione della risposta (ERP). In alcuni casi è utile un modello integrato o psicocorporeo, per lavorare anche sul ricongiungimento con le sensazioni fisiche.

L’obiettivo iniziale non è “smettere di pensare”, ma imparare a tollerare i pensieri senza ingaggiarli, riducendo gradualmente la necessità di controllo e permettendo al corpo di rilassarsi. Con il tempo, questo porta a un progressivo riavvicinamento alla percezione diretta di sé e della realtà.

Un ultimo punto importante

Il livello di analisi e di introspezione che mostra è una risorsa, ma può diventare anche la trappola del disturbo stesso. In terapia imparerà a spostare l’attenzione dall’osservazione continua alla sperimentazione del momento presente, passo dopo passo, in sicurezza.

Si tratta di un percorso lungo ma del tutto possibile: molti pazienti con sintomi simili trovano miglioramenti significativi quando il lavoro è mirato alla regolazione dell’ansia e alla riduzione dei rituali mentali.


Dott.ssa Sara Petroni

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