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Benvenuta/o nel mio profilo,
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  • Psicoterapia

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Ottima consulenza e professionalità. Buona empatia e ascolto. Facile comprensione nell'esposizione.

Dott. Silvio Rossi

Grazie per la sua bella recensione, buon anno

C
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Presso: Studio Privato Dott. Silvio Rossi psicoterapia

Eccellente! Mi ha seguito in passato per circa 3 anni e mi ha aiutata moltissimo a “ vedere” tutto ciò che andava cambiato e rimosso nella mia vita per imparare a trovare il MIO equilibrio.
Adesso sono un paio di mesi che , a distanza di anni , ho deciso di tornare , ho bisogno di essere “ assestata “ nuovamente e da chi se non da lui?! Ha tutta la mia stima come professionista.
Onesto, umano, empatico, estremamente professionale. Se si potesse, farei seguire da lui tutte le persone a me care.
Consigliatissimo !!!

F
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Ottimo specialista consigliato
Presta molta attenzione al paziente,ed è una persona molto disponibile e preparata

Dott. Silvio Rossi

Grazie, spero di essere sempre d'aiuto ai miei pazienti


C
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Il dottor Silvio Rossi è una persona molto cortese ed empatica. Un aspetto importante è l'attenzione e l'ascolto che pone verso il paziente.

Dott. Silvio Rossi

Molto genitle, grazie


S
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Ben organizzato molto puntuale ,molto cortese esempre attento ad ascoltare, esprime concetti molto impegnati ma con altrettanta leggerezza ...ottimo

Dott. Silvio Rossi

Grazie davvero


E
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Uno psicologo bravissimo, attento nel dare i giusti consigli, mi sta aiutando ad affrontare il mio problema e ad ogni seduta sento che sto andando nella giusta direzione!

Dott. Silvio Rossi

Grazie!


P
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Il dott. Rossi oltre ad essere un bravo specialista è una persona empatica, cortese e attento ad ogni informazione detta. Ogni consulenza è una lezione di vita e segna un passo importante verso la guarigione. Consiglio a tutti un percorso con lui, vi farà enormemente bene!

Dott. Silvio Rossi

Grazie Paola!


Presso: Studio Privato Dott. Silvio Rossi psicoterapia

Eccellente professionista, con grandi qualità umane e competenza. E' un valido supporto per i suoi pazienti.

Dott. Silvio Rossi

Grazie davvero per la recensione


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Risposte ai pazienti

ha risposto a 13 domande da parte di pazienti di MioDottore

Buongiorno,
Volevo pubblicare la mia esperienza, nella maniera più sintetica possibile, sperando che sia possibile inquadrare sia la sfera entro la quale ricade questo tipo di condizione sia il tipo di specialista che sarebbe preferibile contattare

In età preadolescenziale sono iniziati a comparire i sintomi di quello che più tardi, grazie a dei colloqui con uno psicologo, avrei inquadrato come un disturbo ossessivo-compulsivo: pensieri intrusivi, ossessioni superstiziose (pronunciare, fare, pensare o non pensare, ripetere determinate cose) ossessioni aggressive, paura di poter perdere il controllo.

Queste ossessioni, nel corso del tempo, sono diventate abbastanza invalidanti.
Mi capitava di passare diverse ore del giorno, o della notte, a ripetere frasi o concetti che avrebbero scongiurato l’ipotetica disgrazia, l’ipotetica perdita di controllo, l’avverarsi ecc. Contemporaneamente, molto tempo era dedicato a dialoghi interiori e riflessioni rassicuranti per cercare di “razionalizzare” e arginare il problema.

Nel frattempo, o forse prima, diventava abitudinaria una pratica che non saprei se collegare al disturbo ossessivo-compulsivo o ad altre ragioni indipendenti: l' esercitare una sorta di tensione mentale, spesso contraendo i pugni o sfregando le dita delle mani tra loro, mentre mi impegnavo in qualche attività ludico- immaginativa. Questa pratica mi provocava un grande piacere, credo perché fungesse come una valvola di sfogo per l’ansia e la tensione accumulatesi.

Nel corso degli anni i pensieri intrusivi più irrazionali lasciarono posto ad una condizione più subdola, riassumibile in una sorta di paradosso: devo pensare di non pensare. Il tentativo di ignorare gli ipotetici pensieri intrusivi che sarebbero occorsi e la consapevolezza di non poter immergermi nel flusso normale della vita, perché restava sempre latente quella menomazione, diventavano essi stessi l’ossessione.
Gran parte della mia giornata si consumava quindi nell’inesauribile scontro dove la mia mente restava in allerta di possibili pensieri intrusivi e, contemporaneamente, continuava ad elaborare trucchi mentali per ignorare tali pensieri intrusivi e superare questa condizione di perenne stallo.
Un esempio pratico: sono in metro, e sto ascoltando la musica. Sono consapevole che non potrò abbandonarmi all’ascolto, perché rimane sempre presente la mia condizione. Allora devo cercare di riuscire a smettere di pensare a qualsiasi cosa, reprimendo qualsiasi pensiero venga alla luce. Il tentativo di reprimere ogni pensiero e di abbandonarmi al flusso normale della vita, condito dalla persistenza di reali pensieri e immagini intrusive, diventa un paradosso, perché continua a rendere viva la tensione, la consapevolezza della mia condizione, e ad alimentare la comparsa di ulteriori pensieri intrusivi che a loro volta dovranno essere repressi.

Continuava intanto l’abitudine della “pressione mentale”, solo espunta dai tratti più infantili: esercitavo questa tensione immaginando scenari positivamente alternativi e, riguardo a quella soddisfazione citata, è come se gradualmente andasse a sostituire il normale piacere ricavabile dalla vita. È come se, non essendo in grado di vivere normalmente, impegnassi la mia mente in questo sforzo che riusciva ad emulare una sensazione di appagamento, nonostante provocasse una seria sensazione di dolore alla testa e di confusione nei pensieri.

Parallelamente, continuava sempre di più la divaricazione tra la vita “interna” e quella esterna. Il continuo rimuginare e combattere contro la propria mente rendeva sempre più opaca la vita che intanto mi scorreva intorno.
Non da trascurare la forte timidezza e la sensazione di profonda inadeguatezza che provavo/provo. Aldilà della difficoltà a stabilire relazioni personali, sentivo una fortissima ansia e disagio anche nelle situazioni più disparate.
Ero solito “vedermi” dall’esterno, essere ipersensibile ad ogni singolo movimento maldestro, ogni intonazione sbagliata, a vedermi come se fossi uno spettatore esterno per monitorare il mio comportamento.

Entro, gradualmente, nello stadio che persiste ancora oggi.
Vi è una perenne sensazione di “depersonalizzazione”. Nella mia totale ignoranza in campo medico non so se il termine è esatto, ma definirei così la mia situazione.
Mi sento come separato rispetto al mio corpo e alla realtà. Non al punto di credere che il mio corpo si muova da solo, ma come se ne fossi distaccato, sia fisicamente che mentalmente.
Non meno rilevante la questione della tensione mentale. È come se fosse ormai sempre presente una generale sensazione di pressione, che accompagna ogni istante del mio tempo. Ormai è come se avesse sostituito il timore dei pensieri intrusivi, perché è essa stessa la spia costante che mi impedisce, come dicevo prima, di abbandonarmi alla vita e alla “veracità” dei pensieri normali.
Anche nelle attività più semplici, è come se dovessi svolgere un’azione passando per due filtri: provando a leggere un testo, ad esempio, è come se percepissi me stesso che leggo e contemporaneamente questa sensazione di pressione, che acuisce il distacco dal mio “io”.

E devo, nonostante tutto, come esercitare con più forza quella “pressione mentale” per leggere, o osservare, o sentire quello che mi circonda. Non riesco, anzi, non mi ricordo più come attingerlo “normalmente”.
È quotidianamente presente un forte mal di testa che si accentua quando provo a svolgere attività che richiedo concentrazione.
Permane inoltre quella forte sensazione di inadeguatezza, che si acuisce quando mi trovo con altre persone che non conosco, ad esempio in strada. Immediatamente si accentua la sensazione di depersonalizzazione, e mi sento come sotto i riflettori, mentre provo a non commettere errori con un corpo che sento estraneo.

Vi ringrazio per l'attenzione e chiedo un vostro parere.

Bongiorno, pur essendo psicologo credo che il suo caso debba essere valutato in prima battuta da uno psichiatra, poi accompagnato da un percorso psicologico.

Dott. Silvio Rossi

Salve dottori, chiedo una vostra opinione per la situazione che sto vivendo. Da qualche tempo sto soffrendo d'ansia e, credo che sia a causa di questa, vivo una strana sensazione. I miei cari e i luoghi a me familiari mi sembrano distanti, quasi estranei. Ovviamente so chi sono i miei genitori, so dov'è la mia casa e cose del genere, però, ripeto, mi sembrano lontane da me. Secondo me, a causa dell'ansia, il mio cervello è in una costante vigilanza, è come se avessi paura che mi possa succedere qualcosa, e quindi considera tutto e tutti come delle potenziali minacce. Voi cosa ne pensate? È possibile che a causa dell'ansia pure le persone a me vicine, nonostante sappia chi sono non avendo l'Alzheimer, mi sembrano quasi estranee. Cosa fare per superare questa più che sgradevole sensazione?
Cordiali Saluti

Gentile utente, innanzitutto si rivolga asl suo medico per una batteria di analisi standard, poi occorrerebbe uno più colloquii psicodiagnostici per inquadrare il problema. Al termine poi si stabiliscono le sue reali necessità di cura. Buona giornata

Dott. Silvio Rossi

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