Buongiorno, ho 34 anni. Da maggio 2025 ho cominciato a soffrire di disturbi d'ansia con consegu

5 risposte
Buongiorno,
ho 34 anni.

Da maggio 2025 ho cominciato a soffrire di disturbi d'ansia con conseguente depressione.
Tutto è iniziato da alcuni attacchi di panico avuti all'estero in viaggio di gruppo.
Da quanto sono tornato in italia, a giugno, questi attacchi d'ansia si sono continuati a manifestare saltuariamente e senza alcun apparente preavviso o causa.

I principali sintomi di questi momenti sono un aumento della sudorazione, pensieri negativi/disfattisti, e un continuo accendersi sigarette nonostante non sia un grande fumatore.

Da fine agosto sono sotto cura di psicofarmaci (Elopram per i primi due mesi e poi dosaggio un po' più alto fino ad oggi).
In concomitanza sto seguendo un percorso psicoterapeutico da circa 3 mesi.

La situazione è migliorata anche se molto lentamente. Dopo circa 4 mesi ho cominciato ad avvertire un senso di positività anche dovuto a fattori esterni alla cura.
Ho ricominciato ad avere interazioni sociali che prima rappresentavano terreno fertile per i miei attacchi d'ansia.

Tuttavia ho avuto una ricaduta negli ultimi giorni.

Avendo un appuntamento con alcuni amici per un pranzo la mia testa ha richiamato le stesse senzazioni avute durante un attacco d' ansia precedente che si era manifestato con le stesse dinamiche. (Pranzo, Amici, Cibo di montagna)

Generalmente ogni qualvolta ho un appuntamento o mi scrivono per chiedermi di uscire il mio corpo si irrigidisce e comincio a subire un' ansia anticipatoria in vista dell'appuntamento per paura di rivivere momenti del passato recente dove ho avuto attacchi d'ansia anche forti.

Le mie domande se foste così gentili da rispondere sono:

È normale avere delle ricadute in fase di cura farmacologica dopo 4 mesi e nonostante i miglioramenti ottenuti ? Le ricadute mi demoralizzano non poco e mi fanno sentire che tutto il lavoro sia stato sprecato.

Data la cura non bevo quasi più alcol ma durante il pranzo ho bevuto un bicchiere di vino. Può aver influito sull'umore in maniera negativa per via della combinazione alcol + farmaci? Grazie mille.
Dott.ssa Federica Di Maggio
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Palermo

Buongiorno,
la ringrazio per aver condiviso in modo così chiaro e articolato la sua esperienza.
Quello che descrive è piuttosto frequente nei percorsi di cura dei disturbi d’ansia anche quando sono già presenti miglioramenti significativi. Le ricadute, soprattutto in fasi di maggiore esposizione sociale o in contesti che richiamano esperienze precedenti di forte attivazione emotiva, non indicano un fallimento del percorso, ma fanno spesso parte del processo di cambiamento. Il fatto che oggi lei riesca a riconoscere i segnali, a collegarli a situazioni specifiche e a parlarne è già un elemento di evoluzione importante.
Dal suo racconto emerge chiaramente il meccanismo dell’ansia anticipatoria, in cui non è tanto l’evento in sé (il pranzo, gli amici, il cibo), quanto la memoria corporea ed emotiva delle esperienze passate a riattivarsi. In questi casi il corpo “riconosce” una situazione come potenzialmente pericolosa e reagisce prima ancora che la mente possa valutarla razionalmente. È un funzionamento automatico che richiede tempo per essere rielaborato e trasformato, soprattutto quando è legato a contesti relazionali significativi.
Per quanto riguarda la terapia farmacologica, **è assolutamente possibile avere oscillazioni dell’umore e riacutizzazioni dell’ansia anche dopo alcuni mesi di trattamento**, senza che questo invalidi i benefici ottenuti. Sarebbe comunque utile condividere questi aspetti con il medico che la segue, così da valutare insieme eventuali aggiustamenti o semplicemente monitorare l’andamento.
Rispetto al bicchiere di vino, sì: l’alcol può influire sull’umore e sull’ansia, soprattutto in associazione agli psicofarmaci. Anche piccole quantità, in alcune persone, possono aumentare l’instabilità emotiva o la vulnerabilità ansiosa nelle ore successive. Questo non significa che sia stata la causa principale della ricaduta, ma potrebbe aver contribuito.
Infine, comprendo bene quanto le ricadute possano essere demoralizzanti. Tuttavia, il lavoro terapeutico non procede in linea retta: spesso è fatto di passi avanti, rallentamenti e momenti di riattivazione che, se letti e condivisi nel percorso psicoterapeutico, diventano materiale prezioso di comprensione e cambiamento, non tempo sprecato.
Continui a portare questi vissuti nello spazio terapeutico che ha già attivato: è lì che possono trovare un senso più profondo e una trasformazione stabile.
Un caro saluto. DOTT.SSA DI MAGGIO FEDERICA PSICOTERAPEUTA SISTEMICO RELAZIONALE

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Dott.ssa Denise Cavalieri
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Ravenna
Buongiorno. Comprendo perfettamente il suo stato d'animo; la sensazione che il lavoro svolto sia andato perduto a causa di una ricaduta è un'esperienza comune, ma è importante inquadrarla correttamente nel percorso di guarigione.
Ecco le risposte alle sue domande:
1. È normale avere delle ricadute dopo 4 mesi di cura?
Sì, è assolutamente normale e frequente. Il percorso di recupero dai disturbi d'ansia non segue mai una linea retta verso l'alto, ma un andamento "a dente di sega": fatto di progressi, plateau e momentanee flessioni.
La ricaduta non è un fallimento: Non significa che il lavoro fatto (farmacologico e psicoterapeutico) sia stato sprecato. Al contrario, le competenze che sta acquisendo in terapia servono proprio a gestire questi momenti.
Memoria traumatica: Il fatto che il pranzo in montagna abbia scatenato l'ansia è dovuto alla "memoria associativa". Il suo cervello ha registrato quel contesto come "pericoloso" in passato. Quello che ha vissuto è un episodio di ansia anticipatoria, un meccanismo di difesa che il suo corpo attiva per "proteggerla" da un disagio già vissuto.
2. L'alcol può aver influito negativamente?
Sì, è molto probabile che il bicchiere di vino abbia giocato un ruolo, per due motivi:
Interazione chimica: L'alcol interagisce con il principio attivo dell'Elopram (Citalopram). Anche modeste quantità possono alterare la stabilità neurochimica che il farmaco sta cercando di costruire, aumentando talvolta l'irritabilità o la sensibilità all'ansia nelle ore successive.
Effetto "rebound" (rimbalzo): L'alcol è un depressore del sistema nervoso centrale. Anche se inizialmente può sembrare che rilassi, quando l'effetto svanisce può provocare un picco di ansia o un abbassamento del tono dell'umore. In una fase di cura ancora delicata, questo sbalzo viene percepito in modo più amplificato.
Alcuni consigli per gestire questo momento:
Non lotti contro l'ansia: Più cercherà di scacciarla per paura di "rovinare i progressi", più l'ansia aumenterà. La accetti come un segnale di stanchezza o di ipersensibilità momentanea.
Parli con il suo psicoterapeuta: Questo episodio è "materiale prezioso" per la terapia. Analizzare cosa è successo durante quel pranzo vi permetterà di smantellare l'associazione tra "socialità" e "pericolo".
Continui con la cura: Non sospenda o modifichi i farmaci autonomamente. I 4-6 mesi sono spesso un periodo di consolidamento; la ricaduta è solo un intoppo nel percorso, non la fine del percorso.
Si ricordi che sta già ottenendo risultati (ha ricominciato ad avere interazioni sociali!). Questa è solo una prova di resistenza, non un ritorno al punto di partenza.
Un cordiale saluto.
Dott.ssa Gessica Turiello
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Salerno
Buongiorno, innanzitutto mi sento di dirle che lei è sulla buona strada se assume i farmaci, muovendosi anche sul versante psicologico-psicoterapico. Detto ciò, i percorsi non sono mai lineari proprio come le persone, e le ricadute non sono fallimenti, sono parte del processo. Le sue ricadute non dicono chi è o quanto vale. Dicono solo che sta affrontando qualcosa di complesso e come tale, richiede il giusto tempo. Se un giorno si svegliasse e si sentisse più indietro, rispetto a prima ha più consapevolezza e strumenti, anche quando non sembra. Per la questione farmacologica, ogni farmaco ha un periodo di latenza, vale a dire un tempo, che intercorre da quando inizia ad assumerlo, a quando inizia a sortire l' effetto. Tenga presente che lei non ha iniziato da molto. Certo, non è consigliabile assumere alcol in concomitanza, anche se è molto soggettivo, ma di questo potrà discuterne meglio con il suo psichiatra. Auguri per tutto! Dott.ssa G.T.
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Buongiorno,
la situazione che descrive è molto comune nei disturbi d’ansia con attacchi di panico, soprattutto quando l’esordio è stato improvviso e vissuto come traumatico, come nel suo caso durante il viaggio.

Rispetto alle ricadute: sì, è assolutamente normale che durante una cura farmacologica e psicoterapeutica possano esserci delle fluttuazioni, anche dopo alcuni mesi e nonostante i miglioramenti. Il percorso raramente è lineare: spesso procede “a onde”, con passi avanti e momenti di riattivazione dell’ansia. Questo non significa che il lavoro fatto sia stato inutile, anzi: il fatto che lei abbia ripreso attività sociali prima evitate è un segnale molto importante di cambiamento. Le ricadute non cancellano i progressi, ma indicano aree che necessitano ancora di essere consolidate.

L’ansia anticipatoria che descrive è tipica dopo attacchi di panico: il corpo “ricorda” situazioni passate percepite come pericolose (pranzi, amici, contesti simili) e si attiva in anticipo per paura che l’episodio si ripeta. Questo meccanismo è appreso, ma è anche reversibile e rappresenta uno dei principali obiettivi del lavoro psicoterapeutico.

Sul senso di demoralizzazione: è comprensibile, ma è importante non interpretare la ricaduta come una sconfitta personale. In terapia si lavora proprio per cambiare il significato attribuito all’ansia e ridurre la paura della paura stessa.

Alcol e farmaci: sì, anche un solo bicchiere di vino può aver influito. L’alcol, soprattutto in associazione agli antidepressivi, può aumentare l’instabilità emotiva e abbassare le difese, favorendo ansia o peggioramento dell’umore nelle ore successive, anche se l’effetto non è immediato né uguale per tutti.

In conclusione, quanto sta vivendo rientra nel decorso tipico di questi disturbi. È consigliabile continuare e approfondire il lavoro con il suo specialista, sia per modulare eventualmente la terapia farmacologica sia per lavorare in modo più mirato sull’ansia anticipatoria e sulla paura delle ricadute.

Un caro saluto,
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Dott.ssa Alexandra Benincasa
Psicoterapeuta, Psicologo
Grottaferrata
Sì, sono frequenti e fisiologiche, soprattutto quando il cambiamento sta iniziando a consolidarsi.
Dal punto di vista sistemico, ciò che lei descrive non è una “ricaduta” nel senso di ritorno al punto di partenza, ma una riattivazione di un vecchio schema in un contesto significativo (pranzo, amici, cibo di montagna). Il sistema mente-corpo ha riconosciuto una configurazione già associata al pericolo e ha reagito per protezione, non perché il lavoro fatto sia stato inutile.
Dal punto di vista breve-strategico, succede spesso questo:
l’esperienza dell’attacco di panico diventa il vero “trauma”
la persona non teme più l’evento in sé (il pranzo), ma la possibilità di rivivere le sensazioni
nasce l’ansia anticipatoria, che è il carburante principale degli attacchi
In altre parole:
non è l’ansia che arriva senza motivo, ma il tentativo di controllarla che la mantiene.
Lei scrive una frase cruciale:
“Ogni qualvolta ho un appuntamento il mio corpo si irrigidisce”
Questo indica che il suo sistema ha imparato a:
prepararsi all’attacco
come se l’ansia fosse un nemico da anticipare
Ma l’ansia funziona al contrario:
più la si anticipa, più arriva.
È questo il lavoro da fare in terapia
Buona serata
Dott.ssa Alexandra Benincasa


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