Buongiorno, buona domenica a tutti. Mi chiamo Flavio, ho 52 anni, persona piuttosto introspettiva,

24 risposte
Buongiorno, buona domenica a tutti.
Mi chiamo Flavio, ho 52 anni, persona piuttosto introspettiva, metto me stesso in discussione quando ci sono delle turbolenze nei rapporti con qualcuno, cosa che per me non sempre fa bene perché gli altri non lo fanno o non sanno proprio farlo e vivono sereni.. io invece mi faccio tanti viaggi mentali. Da una parte l'introspezione la trovo una qualità, dall'altra penso che chi vive spesso dispiaciuto o con un senso di malumore interiore è solo il sottoscritto. Vabbè, tralasciando un attimo questa cosa, la richiesta che vorrei farvi arrivare riguarda sempre i rapporti (generici). Diverse volte mi sono sentito dire che non cerco mai gli altri (in realtà lo faccio con chi mi sta a genio e mi interesso anche delle loro vite o bisogni umani) che non me ne frego di nessuno, che non mi affeziono, che me la tiro, che mi voglio far desiderare, ma nella realtà quello che inconsciamente faccio è cercare gli altri quando noto che c'è piacere da parte loro. Forse questo in passato mi sono ritrovato immerso in un rapporto malato e senza volerlo (unica volta, mai accaduto prima), con una donna sposata letteralmente ossessionata da me, probabilmente proprio dalla mia apparente freddezza, la quale iniziò a -pretendere- (e il contesto non mi dava possibilità di respingerla con decisione, bensì limitarmi a gestirla) le mie attenzioni sotto forma di amicizia e quando molti mesi dopo ho iniziato a fidarmi perché sembrava veramente tenerci e quindi a restituirle le attenzioni nell'essere cercata (da parte mia sempre in amicizia), mi ha allontanato come si fa con un calzino puzzolente per passare ad un'altra persona e poi a un'altra ancora, isolandomi dalle conoscenze in comune a cui ha fatto credere subdolamente, mai verbalmente, che fossi stato io a infastidirla e che era stata costretta a trattarmi così, costringendomi a cambiare città e gruppo di conoscenze (eccetto le amicizie storiche), anche quei pochi che credevano a me non riuscivano a non farsi influenzare da lei e quindi ho -dovuto- , mio enorme malgrado, effettuare una pulizia relazionale ricevendo pure critiche e insulti da parte di alcuni di loro. Dunque, tornando a prima, quando vedo che c'è iniziativa dall'altra parte per stare assieme oppure se noto una certa alchimia caratteriale reciproca, in tal caso non ho problemi a farlo io il primo passo. Io lo trovo, ma posso sbagliami, un modo maturo e centrato di "innaffiare" i rapporti. Chi dice quelle cose è perché o hanno detto/fatto cose con me e con altri che non appartengono alla mia mentalità, o hanno dimostrato ad esempio omertà/ambiguità ferendomi (tipo quelli descritti prima) o queli che sono eccessivamente critici con chiunque per sentirsi importanti loro e allora tendo a stargli lontano, o desiderebbero sotto sotto un mio passo verso di loro senza impegnarsi loro, insomma chi si ferma alla copertina senza provare a comprenderne il motivo o chiedersi (come faccio io con gli altri) il perché ci si comporta così, senza scavare insomma. Chi invece non si ferma alle apparenze e non si fa condizionare dal mio comportamento, scopre una persona profonda, gentilissima, col piacere di stare in compagnia, molto affettuosa, che restituisce abbondantemente tutta la benevolenza ricevuta, partecipando attivamente alla ricerca reciproca. Fatto sta che queste persone sono rare, difatti nella mia vita non sono mai stato l'amico di tutti, piuttosto molto selettivo e circondato da poche persone, anzi il mio migliore amico (e viceversa) che conosco da 35 anni, è il mio opposto, amico di tutti, fregato da alcuni di loro, ammettendo che dovrebbe essere più selettivo ma non vi riesce. Poiché caratterialmente lui riesce più facilmente a passarci su alle cattiverie ricevute (un po' come mio padre), mentre io le interiorizzo per più tempo procurandomi dispiacere interiore, probabilmente attuo (senza pentirmene) un modus relazionale più restrittivo. Non credendo di essere una rarità, una eccellenza di nulla, parto dal presupposto che ogni essere umano potrebbe essere un attimo più empatico e non fermarsi alla copertina se dall'altra parte trova iniziale freddezza, e quindi subisco le critiche descritte prima e mi fermo a riflettere, restando praticamente più isolato rispetto ad altro che invece sfruttano anche i rapporti meno autentici e di passaggio, effimeri, per credere di essere felici. Sono ultra consapevole che posso modificare me e non il comportamento altrui.. ma quindi come fare per trovare quel maggiore equilibrio che mi dia più consapevolezza e meno delusioni?
Dott.ssa Laura Messina
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
Buongiorno Flavio,
la ringrazio per aver condiviso una riflessione così profonda e dettagliata sul suo mondo interiore e relazionale. Da quanto descrive, emerge una personalità riflessiva e sensibile, che tende a interrogarsi su sé stessa e sui propri rapporti, cercando un equilibrio tra introspezione e interazione con gli altri. Questo atteggiamento, sebbene spesso sia una qualità, può portare a sovraccarichi emotivi, specialmente quando le sue aspettative di reciprocità non vengono soddisfatte o quando si confronta con atteggiamenti che percepisce come superficiali o ambigui.
Il suo desiderio di autenticità nelle relazioni e il bisogno di proteggersi da delusioni sono comprensibili. Tuttavia, è importante notare che il suo “modus relazionale più restrittivo” potrebbe, talvolta, amplificare la sensazione di isolamento o alimentare la percezione che gli altri non la comprendano. Inoltre, sembra che alcune esperienze passate abbiano influenzato la fiducia che ripone negli altri, portandola a selezionare con maggiore rigore chi far entrare nella sua sfera personale.
Riconoscere che può lavorare su sé stesso, senza però poter cambiare gli altri, è un primo passo molto significativo verso un maggiore equilibrio. Potrebbe essere utile esplorare come accettare i limiti degli altri senza che questi compromettano il suo benessere, come mantenere il suo desiderio di autenticità senza perdere opportunità di connessione umana e in che modo potrebbe integrare il suo bisogno di introspezione con un approccio più leggero nei confronti delle relazioni occasionali.
Un percorso di supporto psicologico potrebbe aiutarla a individuare strategie concrete per gestire le delusioni e coltivare relazioni più appaganti, rispettando sia la sua natura introspettiva che il bisogno di serenità. La invito quindi a considerare l’idea di rivolgersi a un professionista, che possa accompagnarla in questo cammino di maggiore consapevolezza e crescita personale.
Le auguro una buona settimana e serenità nel suo percorso.

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Dott.ssa Viviana Gazzoli
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Milano
Buongiorno Flavio e grazie per aver condiviso la tua esperienza.

Il tuo racconto dimostra una profonda capacità di introspezione e analisi, qualità non comuni e che denotano una grande sensibilità. È evidente che hai vissuto situazioni complesse che ti hanno spinto a riflettere a fondo sulle dinamiche relazionali e sul tuo modo di rapportarti agli altri. Questa consapevolezza è un punto di forza, ma comprendo anche quanto possa essere faticoso portare il peso di questi pensieri.

Un aspetto interessante che emerge dal tuo racconto è il parallelo tra il comportamento del tuo migliore amico e quello di tuo padre, due figure significative della tua vita che sembrano aver influenzato, in modi diversi, il tuo approccio alle relazioni. Per questa ragione, potrebbe essere utile esplorare queste connessioni più a fondo attraverso una terapia sistemico-familiare.

Questo tipo di percorso si focalizza non solo sulla tua esperienza individuale, ma anche su come le dinamiche relazionali che hai vissuto, in famiglia e nel tempo, possano aver plasmato i tuoi schemi comportamentali. Potrebbe offrirti strumenti preziosi per comprendere meglio il tuo modo di interagire con gli altri e per sviluppare strategie più equilibrate e appaganti nelle relazioni.

Il tuo desiderio di trovare un maggiore equilibrio e ridurre le delusioni è assolutamente comprensibile. Lavorare su te stesso attraverso una guida professionale potrebbe aiutarti a trasformare la tua sensibilità in un punto di forza ancora più grande, senza che diventi un peso.
Dott.ssa Simona Vanetti
Psicologo, Psicologo clinico
Torino
Buongiorno Flavio. Grazie per la tua condivisione. Essere relazionalmente selettivi può essere un pregio. E talvolta una necessità. Sopratutto quando si è divenuti consapevoli di che cosa si vuole davvero nella vita. E quali sono le tipologie di persone più affini.
Per andare un pò più a fondo di quello che tu ora percepisci un disagio, occorrerebbe uno spazio dedicato, cosa possibile solo attraverso un colloquio.
Ciò che però posso condividerti, è che si può essere curiosi verso gli altri pur rimanendo selettivi. Quando guardiamo l'altro con curiosità, impariamo a vedere nuove modalità, nuove esperienze di vita, nuovi approcci alle situazioni. E questo in genere è molto arricchente. Con chi approfondire poi, lo sceglierai tu.
Un altro aspetto su cui puoi portare nuova consapevolezza, è l'imparare a comunicare fin da subito le cose quando accadono, anche quelle spiacevoli. Interiorizzare le cattiverie fa del male alla lunga solo a te. Imparare un modo per comunicare subito i tuoi vissuti senza ferire l'altro è possibile, e in genere crea la possibilità di costruire relazioni fondate sula fiducia propria perché c'è lo spazio reciproco di comunicare chi si è in modo autentico. Se volessi approfondire e intraprendere un percorso interiore, sono a disposizione anche online. Intanto... ti auguro il meglio. Un caro saluto. Dott.ssa Simona Vanetti
Dr. Andrea Luca Bossi
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Arese
Buonasera. "Pensare che il mondo ci tratti bene perché siamo delle buone persone è come credere che una tigre non ci divori perché siamo vegetariani", condivido con lei un detto che in Sudamerica conoscono tutti e che mi è stato regalato durante i miei anni trascorsi lì, mi servì molto nell'attenuare le aspettative verso una realtà incontrovertibile dello stato delle cose. Lei ha un dono, e parlo della sua interiorità sfaccettata, ma come spesso accade, una qualità quando arriva al suo eccesso può anche diventare un appesantimento, fino ad un difetto. Per quanto le sembri cinico, le auguro di non guarire mai, almeno completamente. Il suo cammino sarà sempre più affannoso rispetto a quelle persone, chiamiamole "naïf", che hanno il pregio di scrollarsi facilmente le cose di dosso, e che invece a mio parere è più un'amputazione dell'anima che un pregio, perché "loro" soffrono meno, ma hanno anche il limite di non poter mai vedere qualcosa di bello anche sotto di un sasso. Una cosa però mi permetto di suggerirle, faccia lo sforzo di far crescere in lei la convinzione che è un diritto "prendersi il meglio delle persone", questo banale principio, se ben interiorizzato nelle sue declinazioni, permette di non caricare di troppe aspettative il prossimo e contemporaneamente di accettare con minore biasimo i limiti che ciascuno ha intrinsecamente in quanto persona (non parlo quindi, di accettare le loro malignità). Questa ricerca ed esaltazione del "meglio degli altri", di imprimere un allargamento con la sua lente di ingrandimento, non solo li renderà più consapevoli della loro parte buona, ma potrà dar loro l'occasione di realizzare che, averla vicino, darà ai vostri momenti di compagnia una sensazione di benessere, che non tarderà a essere restituita. Le auguro una buona serata
Dott. Matteo Mossini
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Parma
Buonasera, per rispondere alla sua domanda finale, direi intanto di interessarsi meno a quello che pensano gli altri, soprattutto se sono persone poco interessate a lei o molto lontane dal suo modo di intendere la vita. Poi certamente potrebbe lavorare su alcune rigidità relazionali che la potrebbero portare a riconsiderare anche rapporti più leggeri ma con maggiore consapevolezza. Per affrontare ed approfondire tali tematiche le consiglio di intraprendere un percorso psicoterapeutico.
Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Buongiorno Flavio, innanzitutto, la ringrazio per aver condiviso con me questa parte così intima e complessa di sé. Si percepisce chiaramente la profondità della sua riflessione e la volontà di comprendere meglio il suo funzionamento nei rapporti. Questo è già un grande punto di forza: mettersi in discussione con onestà non è facile, e il fatto che lei lo faccia con così tanta cura e introspezione è segno di un desiderio genuino di crescere. Lei descrive una realtà relazionale caratterizzata da alti livelli di consapevolezza e selettività, che sono aspetti senz’altro positivi, ma che, a volte, sembrano causarle sofferenza e un senso di isolamento. Essere profondi e attenti ai sentimenti altrui, come lei è, può essere un dono meraviglioso, ma è vero che spesso si scontra con un mondo che tende a rimanere più in superficie o che non restituisce la stessa cura emotiva. Questo può portare a sentirsi delusi o poco compresi, come ha raccontato. Mi sembra che il cuore della sua riflessione tocchi un aspetto centrale: il desiderio di trovare un equilibrio tra l’autenticità e la profondità con cui vive i rapporti, e il bisogno di proteggersi dalle delusioni o dalle critiche che derivano da aspettative non soddisfatte. Partirei proprio da qui. Un primo passo potrebbe essere riflettere su come bilanciare la sua naturale inclinazione alla profondità con una maggiore "flessibilità" nel modo di approcciarsi agli altri. Non si tratta di rinunciare alla sua autenticità o ai suoi valori, ma di accettare che non tutte le relazioni possono raggiungere il livello di reciprocità che lei desidera. Alcuni rapporti potrebbero rimanere più leggeri e meno coinvolgenti, e questo non significa necessariamente che siano privi di valore. Consentirsi di vivere anche interazioni più semplici, senza per forza doverle trasformare in legami profondi, potrebbe aiutarla a sentirsi meno isolato e a sperimentare nuove modalità di relazione. Inoltre, lavorare sulla gestione delle delusioni può essere un aspetto importante. Il fatto che lei tenda a "interiorizzare" le cattiverie o le mancanze altrui è comprensibile, ma questo processo rischia di alimentare quel senso di malumore interiore di cui parla. Potrebbe essere utile cercare di distinguere meglio tra ciò che è sotto il suo controllo (i suoi pensieri, le sue reazioni) e ciò che invece appartiene agli altri. Non è facile, lo so, ma provare a "lasciar andare" ciò che non dipende da lei può alleggerirla emotivamente e darle maggiore serenità. Un altro punto su cui riflettere potrebbe riguardare le aspettative nei confronti degli altri. Lei si aspetta (comprensibilmente) una maggiore empatia e una maggiore volontà di andare oltre le apparenze. Tuttavia, non tutti sono in grado di farlo, e spesso le persone agiscono in base alle loro fragilità o insicurezze, senza avere l’intenzione di ferire. Accettare questa diversità può aiutarla a vivere i rapporti con meno rigidità e a non sentirsi obbligato a "difendersi" o a ritirarsi. Infine, mi sembra importante sottolineare che la sua selettività nei rapporti e il suo bisogno di protezione non sono sbagliati. Sono strategie che ha sviluppato per tutelarsi e per preservare la qualità delle relazioni che sceglie di mantenere. Forse, però, si potrebbe provare a vedere questa selettività non tanto come un limite, ma come una caratteristica che può convivere con una maggiore apertura verso gli altri, senza necessariamente compromettere i suoi valori o la sua autenticità. In sintesi, il percorso verso un maggiore equilibrio passa spesso attraverso piccoli passi: allenarsi a vivere anche relazioni più leggere, accettare che non tutti condividano il suo stesso livello di profondità, e imparare a distinguere meglio ciò che è sotto il suo controllo da ciò che non lo è. Questo non significa rinunciare a essere chi è, ma piuttosto imparare a modulare la sua profondità in base al contesto, per proteggersi dalle delusioni senza chiudersi agli altri. Se le va, possiamo approfondire insieme questi aspetti e lavorare su strategie pratiche per affrontare le situazioni che le creano maggiore difficoltà. Mi faccia sapere come posso esserle d’aiuto. Le invio un caro saluto. Dott. Andrea Boggero
Dott.ssa Aurora Quaranta
Psicologo, Psicologo clinico
Vimodrone
Ciao Flavio, grazie per aver condiviso in modo così dettagliato e riflessivo il tuo percorso e le tue domande. La tua introspezione è sicuramente un punto di forza, ma capisco il peso che può avere quando diventa un "viaggio mentale" che ti tiene intrappolato nel ruminare su delusioni e dinamiche relazionali complesse.

Per trovare un maggiore equilibrio, ti propongo alcune riflessioni e strategie:

1. Accettare la natura selettiva delle tue relazioni
Essere selettivo non è un difetto, ma una scelta di qualità rispetto alla quantità. Tuttavia, potrebbe essere utile riconoscere che non tutti possono (o vogliono) andare oltre la "copertina". Accettare questa realtà non significa rinunciare ai tuoi valori, ma evitare di investire troppe energie su persone che non condividono la tua profondità.

Strategia:
Prova a distinguere tra:

Relazioni significative: persone che ti danno benessere e meritano il tuo tempo.
Relazioni di contesto: interazioni superficiali, ma utili o piacevoli in determinati ambiti (lavoro, socialità).
Riconoscere il loro scopo può ridurre il senso di delusione quando le seconde non diventano le prime.
2. Non assumere sempre il peso della responsabilità
La tua inclinazione a mettere te stesso in discussione è una qualità, ma può diventare un peso se ti porta a credere che il problema sia sempre tuo. Le persone che ti criticano potrebbero proiettare su di te le loro insicurezze o aspettative irrealistiche.

Strategia:
Quando ricevi critiche come “ti tiri indietro” o “te la tiri,” chiediti:

Questa critica riflette qualcosa di reale? (es. un comportamento che posso migliorare?)
O è una proiezione delle loro insoddisfazioni o aspettative?
Imparare a "filtrare" ciò che è tuo e ciò che appartiene agli altri può liberarti dal carico emotivo delle critiche non costruttive.

3. Lavorare sull'autenticità e sulla reciprocità
Da quello che racconti, sembri desiderare relazioni autentiche e reciproche, dove l'impegno venga da entrambe le parti. Tuttavia, potrebbe essere utile rendere più espliciti i tuoi bisogni e aspettative, senza attendere che gli altri li intuiscano.

Strategia:
Se senti che una relazione vale la pena, prova a esprimere ciò che pensi o senti in modo chiaro e diretto. Ad esempio:

"A volte posso sembrare distaccato, ma tengo molto alla nostra amicizia e mi farebbe piacere sentirci di più."
Questa chiarezza può aiutarti a costruire legami più solidi con chi è disposto a rispondere.
4. Accettare le imperfezioni (proprie e altrui)
Un altro passo per trovare equilibrio è accettare che le persone, incluse quelle che ti feriscono, agiscono spesso in base alle loro vulnerabilità. Questo non significa giustificarle, ma riconoscere che il loro comportamento non sempre riguarda te.

Strategia:

Coltiva la compassione distaccata: cerca di comprendere senza lasciarti coinvolgere troppo emotivamente.
Riconosci che nessuno è perfetto, neanche tu, e che le relazioni autentiche includono momenti di disaccordo o delusione.
5. Bilanciare introspezione e azione
L'introspezione è utile, ma può diventare controproducente se ti porta a bloccarti. Per trovare maggiore equilibrio, prova a bilanciarla con azioni concrete.

Strategia:

Quando ti trovi a rimuginare su un rapporto, fermati e chiediti: "Cosa posso fare adesso per migliorare questa situazione o per lasciarla andare?"
Agire (anche in piccole cose) può ridurre la sensazione di impotenza e rafforzare la tua fiducia.
6. Costruire una rete sociale diversificata
Essere selettivo è importante, ma mantenere una rete sociale un po' più ampia, anche con persone meno profonde, può offrirti stimoli e leggerezza.

Strategia:

Dedica parte del tuo tempo a gruppi o attività dove il focus non è sulla profondità delle relazioni, ma su interessi condivisi (sport, hobby, volontariato).
Questi contesti possono arricchirti senza richiedere un coinvolgimento emotivo troppo intenso.
7. Coltivare la gratitudine e la consapevolezza
A volte, il senso di isolamento può derivare dal concentrarsi su ciò che manca o su ciò che non funziona. Coltivare un atteggiamento di gratitudine per le relazioni positive che hai può aiutarti a vedere il quadro più ampio.

Strategia:

Ogni giorno, dedica qualche minuto a riflettere su una cosa positiva che hai ricevuto da qualcuno o su un momento di connessione che hai apprezzato.

Non c'è nulla di sbagliato nell'essere selettivo o nell'aspirare a relazioni autentiche, ma il vero equilibrio sta nel accettare che non tutti possono soddisfare queste aspettative. Investi nelle relazioni che ti nutrono, lasciando andare quelle che ti tolgono energia, e coltiva attività che ti diano leggerezza e serenità.

Se vuoi approfondire qualche aspetto specifico, sono qui per discuterne con te!
Dott. Valerio Borzi
Psicologo clinico, Psicologo
Roma
Buonasera, la ringrazio per la dettagliata condivisione.
Solleva una questione interessante, sembra che da un lato ci sia l'essere incline a seguire ciò che sente più confortevole dal punto di vista delle scelte relazionali, e dall'altro lato si domanda come riuscire a stare in relazione con minore distacco e maggiore apertura di fronte a chi magari non invia esplicitamente segnala di apertura verso di lei.
Io credo che sia comprensibile porsi con maggior facilità verso chi si mostra disponibile, al contempo sarebbe forse utile verificare dentro di lei quali emozioni le suscita l'idea di poter essere rifiutato dall'altro quando non coglie segnali di apertura o quando i segnali stessi sembrano essere neutri. Può scoprire molto di sè ponendosi in questa prospettiva.
A presto.
VB
Dott.ssa Francesca Romana Casinghini
Psicologo, Psicologo clinico
Roma
buonasera, questo che sente la fa sicuramente soffrire e provare ad accettare che le persone sono tutte di differenti tra loro forse non è sufficiente e che trovare quelle che ci vadano a genio è sempre più difficile anche per via dell'età. Se sente che ci sono dei punti che può migliorare per sentirsi più a suo agio e provare meno delusioni, faccia un percorso di crescita personale che magari può portare a grandi miglioramenti per sentirsi meglio con se stessi e con gli altri
Dott.ssa Francesca Cinotti
Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Penso che la risposta alla sua domanda sia nel fare un percorso per consapevolizzarsi e scoprirsi con una/un professionista in modo da uscire dall'introspezione che può essere loop e entrare in una relazione di aiuto che può essere altro
Dott.ssa Irene Ferrara
Psicologo
San Martino Buon Albergo
Buongiorno Flavio, la ringrazio per la condivisione della sua storia. Lei sottolinea una grande capacità di introspezione che è un grande punto di forza, ma può diventare un peso quando si trasforma in eccessivi "viaggi mentali" o in un rimuginio che finisce per portare all’isolamento. Riflettere sui propri comportamenti è utile ma è importante non entrare in un vortice di pensieri che diventano una trappola. Quando si trovi a rivivere episodi o a cercare spiegazioni, provi a chiedersi se quel pensiero la sta aiutando a crescere o se la sta bloccando.
Un altro aspetto importante è accettare che non tutti condividono la tua capacità di introspezione o il tuo approccio selettivo alle relazioni. Non sempre le persone pensano ed agiscono come noi o come ci aspettiamo, accettarlo ci porta a minore frustrazione. Le pretese sono sempre fonte di sofferenza. Allo stesso tempo, è fondamentale stabilire confini chiari nelle relazioni, soprattutto per proteggersi da situazioni difficili come quella che ha vissuto in passato. Quando crea nuove relazioni dia il tempo agli altri di mostrarsi per quello che sono realmente senza aspettarsi determinati criteri all’inizio. La volontà di essere selettivo nei rapporti interpersonali è una forza, ma cerchi di vedere se questo fatto è guidato dalla paura di essere deluso. La solitudine può essere una scelta consapevole e non un isolamento.
Dott. Luca Vocino
Psicologo clinico, Psicologo
Trezzano Rosa
Buongiorno gentile Flavio, grazie per aver condiviso questa riflessione così profonda e articolata. È evidente che lei abbia un grande desiderio di comprendere e migliorare se stesso e le sue relazioni, qualità che, come dice giustamente, è rara e preziosa. Essere introspettivi e analitici può essere un dono, ma come ha notato, può anche diventare una fonte di difficoltà quando ci porta a soffermarci troppo sulle azioni degli altri o a vivere intensamente il peso delle delusioni.

Da quanto descrive, sembra che il suo approccio ai rapporti sia molto autentico e rispettoso, basato sull’idea che le relazioni debbano essere reciproche e fondate su una reale affinità. Questo è un valore importante e, sebbene possa limitarle il numero di legami, garantisce che quelli che mantiene siano profondi e significativi. Tuttavia, questo stesso standard elevato può portarla a sentirsi isolato o incompreso, specialmente quando si confronta con persone che adottano un approccio diverso, più superficiale o utilitaristico.

Una delle chiavi per trovare l’equilibrio che cerca potrebbe risiedere proprio nell’accettazione delle differenze umane. Non tutte le persone sono capaci di introspezione o empatia allo stesso livello, e questo non le rende necessariamente meno valide, ma semplicemente diverse. È naturale sentirsi delusi quando si incontrano incomprensioni o cattiverie, ma la sfida potrebbe essere imparare a non attribuire troppo valore a quei comportamenti o a non lasciarsi influenzare a lungo termine. Questo non significa diventare insensibili, ma piuttosto sviluppare una sorta di “resilienza emotiva” che le permetta di preservare il suo benessere anche di fronte a queste situazioni.

Un’altra riflessione utile potrebbe riguardare il suo bisogno di reciprocità, che è comprensibile e sano, ma che può portare a una chiusura iniziale se non percepisce interesse o “alchimia” dall’altra parte. Forse, potrebbe sperimentare un approccio più aperto, dando alle persone più tempo per rivelare le loro intenzioni o qualità, senza aspettarsi subito una connessione evidente. In fondo, anche chi appare meno empatico o “leggero” potrebbe avere una profondità nascosta che emerge con il tempo e il giusto contesto.

Infine, riguardo alle critiche che riceve sul suo atteggiamento, può essere utile chiedersi se queste siano veramente rappresentative di chi lei è o se derivino da fraintendimenti. Talvolta, ciò che viene percepito come freddezza può essere semplicemente una manifestazione del suo approccio riflessivo e selettivo. Forse, potrebbe cercare di comunicare con maggiore trasparenza le sue intenzioni e il suo modo di essere, così da evitare che gli altri si creino idee errate sul suo conto.

In sintesi, potrebbe lavorare su tre aspetti: accettare le diversità altrui senza farle pesare troppo su di sé, sperimentare una maggiore apertura iniziale nei confronti degli altri e comunicare con chiarezza le sue intenzioni e il suo modo di vivere le relazioni. Questo potrebbe aiutarla a trovare un equilibrio tra l’autenticità che tanto apprezza e una maggiore leggerezza, che potrebbe alleggerire il peso delle delusioni e aprirla a nuove possibilità.

Dott. Luca Vocino
Dott.ssa Greta Tuci
Psicologo, Neuropsicologo, Terapeuta
Brescia
Buongiorno Flavio,

ho letto attentamente, e posso suggerirti che tutto si basa nel capire e voler modificare il nostro comportamento, quello degli altri non potrà mai essere una nostra competenza. se lei e già pronto a voler trovare un equilibrio interiore e stare bene con se stesso le suggerisco un percorso terapeutico con un professionista.

le auguro una buona giornata
Dott.ssa Greta Tuci
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
grazie per aver condiviso la tua esperienza con tanta profondità. Da quello che racconti emerge una personalità riflessiva, attenta alle dinamiche relazionali e con un forte desiderio di autenticità nei rapporti. L'introspezione che pratichi, se da un lato è una qualità che ti consente di analizzare i tuoi comportamenti e migliorarti, dall'altro può portarti, come dici tu, a “viaggi mentali” che a rischiare di alimentare il malessere interiore.

La questione dell'equilibrio tra il tuo bisogno di relazioni autentiche e il desiderio di proteggerti dalle delusioni è centrale. È naturale che, avendo vissuto esperienze dolorose come quella che descrivi, tu tenda a essere selettivo ea scegliere con cura le persone a cui aprirti. Questo approccio può essere una forma di protezione, ma se troppo rigido, potrebbe limitarti nel costruire nuove connessioni.

Riguardo alla tua domanda su come trovare un maggiore equilibrio, potrebbe essere utile:

Lavorare sulla consapevolezza emotiva: Imparare a riconoscere e gestire le emozioni senza lasciarti sopraffare da esse potrebbe aiutarti a vivere le relazioni con più serenità.
Accettare la diversità degli altri: Non tutti hanno la stessa capacità di introspezione, e questo non significa che non ci tengano. Può essere utile accogliere i limiti altrui senza prenderli sul personale.
Sviluppare un dialogo interno costruttivo: ridurre le autocritiche ei "viaggi mentali" può aiutarti a non sovraccaricare le situazioni di significati che potrebbero non esserci.
Coltivare la resilienza emotiva: accettare che non tutte le relazioni saranno autentiche e profonde può aiutarti a vivere con meno dispiaceri e delusioni.
Infine, per approfondire meglio queste tematiche e comprendere come valorizzare i tuoi punti di forza mantenendo una maggiore serenità nelle relazioni, sarebbe utile e consigliato rivolgersi a uno specialista che possa accompagnarti in questo percorso di crescita personale.

Dott.ssa Silvia Parisi
Psicologa, Psicoterapeuta, Sessuologa
Dott.ssa Giuditta Sposito
Psicologo, Psicologo clinico, Professional counselor
Brusciano
Buongiorno, nella spiegazione che precede la domanda che ha posto parla di introspezione, dicendo che reputa questo processo una qualità, lo è senz'altro, ma allo stesso tempo diventa un'arma a doppio taglio se nell'espletamento di questa funzione diventiamo i custodi di un sapere ultimo e solo non tenendo conto di aspetti che dall'esterno potrebbero essere meno evidenti.
Quello che voglio passarle è la possibilità che ci sia una differenza tra l'introspezione guidata da un terapeuta e quella personale che potrebbe portare senza accorgersene a risultati non evolutivi bensì basati sicuramente sulle sue esperienze, ma cronicizzati e atemporali.
Se il suo modo di interfacciarsi agli altri funzionasse perfettamente non avrebbe scritto questa domanda , ritengo invece che la ricerca di minore delusione di fronte alla consapevolezza sugli altri (riguardo alle relazioni in generale) sia una giusta motivazione ad indagare sulle sue dinamiche interne e motivazionali.
Se vuole migliorare le sue risposte emotive esistono esperienze di tipo terapeutico anche molto veloci e pratiche che potrebbero aiutarla nella ricerca (come per esempio l'ipnosi clinica, tra l'altro ormai fatta tranquillamente anche comodamente online).
Se lei è abituato a guardarsi dentro la troverà un'esperienza molto interessante.
Buona giornata
Buongiorno Flavio,
la sua capacità di riflessione è matura e lodevole. Stia attento solo a non trasformare l'introspezione in pensieri intrusivi e poco vantaggiosi, a scapito di un vissuto pieno e consapevole del presente.
Ci sono molti passaggi condivisibili nella sua analisi, ma è proprio un eccesso di analisi che può portare la mente a ristagnare sui problemi (spesso quelli irrisolvibili), a ricercare all'esterno le fonti del malessere e ad alimentarle in modo esponenziale, e a focalizzare l'attenzione su quello che è solo uno dei fattori che posso portare a una vita felice e soddisfacente.
Probabilmente, la sua mente ha bisogno di essere più mindful e non mindfull. Connessa e coinvolta, piuttosto che piena e insoddisfatta. Questo forse è il cambiamento di cui ha più esigenza, in questo momento. Deve trovare il modo, o il metodo, di essere più distaccato dai suoi pensieri ricorsivi e valutarli per quello che sono, cioè una normale attività di default del suo cervello, da cui è possibile prendere le distanze attentive, tornando più spesso al qui e ora, valutando le opzioni di benessere e scegliendo quelle che meglio si adattano al suo stile di vita e al suo modo di intendere la felicità.
Lavorando su questi concetti, le sarà più facile individuare le riflessioni veramente utili e distinguerle da quelle che occupano uno spazio indebito e che le portano via tempo prezioso, oltre a generare sofferenza. Ma, soprattutto, venendo incontro alla sua richiesta di supporto, trovando feeling con sé stesso e con ciò che potrebbe davvero renderla sereno e motivato, troverà giovamento anche le rapportarsi con le altre persone, con meno aspettative, più accettazione e libero di essere trasparente nelle sue manifestazioni.
Valuti la possibilità di un percorso psicologico di crescita personale e di tecniche di Mindfulness, per acquisire quegli strumenti e un metodo strategico per gestire al meglio pensieri ed emozioni, e per fissare concreti obiettivi di benessere psicologico e soddisfazione di vita. Se lo desidera, posso darle ulteriori informazioni su un intervento di questo tipo, anche tramite consulenza online.
Un caro saluto, Dott. Antonio Cortese
Dott.ssa Manuela Valentini
Psicologo, Psicologo clinico
Melfi
Buona sera Flavio,
Anzitutto grazie per aver condiviso così tanto di lei e per la possibilità di un confronto. È chiaro che è una persona molto riflessiva e attenta alle dinamiche relazionali. Di questi tempi è una rarità. Ritengo che l'introspezione sia una qualità preziosa. Immagini che la sua vita interiore sia come un giardino unico e la sua introspezione è l'equivalente dell'atto di scavare nel terreno per esaminare le radici delle piante e capire come stanno crescendo. Questo è fondamentale, perché le radici forti sono necessarie per avere un giardino sano. Tuttavia, se dovesse trascorrere tutto il tuo tempo a scavare, le piante non avrebbero mai, la possibilità di crescere e fiorire.
Ecco perchè l'introspezione oltre ad essere una risorsa non da poco, può portare a un eccesso di autoanalisi e a un senso di isolamento, come da lei ben descritto. Bisogna equilibrarla per non cadere nell'autocritica eccessiva.
Ha mai pensato di porsi l'obiettivo di cercare un equilibrio tra introspezione e interazione sociale e in questo tempo circondarsi di persone che comprendono ed apprezzano la sua gentilezza e profondità? Ci può provare? Saper riconoscere il proprio valore senza necessariamente mettersi costantemente in discussione se non per crescere con se stesso, sarebbe un modo per ridurre l'isolamento come forma di difesa. Cercare e trovare una propria base solida attraverso l'accettazione di quanto ha vissuto per dare spazio a nuove e innovativi modi di essere potrebbe aiutarla, non crede? Continuare a lavorare su te stesso e cercare relazioni autentiche e significative può portare a una maggiore consapevolezza e a meno delusioni. Ci sono tecniche che con l'aiuto di un professionista le consentirebbero di lavorare sui modelli di pensiero che alimentano questo isolamento. Potrebbe iniziare a focalizzarsi sulla qualità piuttosto che sulla quantità delle relazioni e/o nel fidarsi delle sue sensazioni avallate dal senso genuino delle sole persone che mostrano un certo autentico interesse. Nell'augurarle una buona vita spero che la mia risposta le sia utile nel riflettere su come raggiungere "quel maggiore equilibrio" che le dia consapevolezza con relazioni sinceramente più interessate.
Saluti,
Dr.ssa Manuela Valentini Psicologa
Dott. Giovanni Paolo Mangano
Psicologo, Psicologo clinico
Misterbianco
Gentilissimo,
Dal momento in cui mettiamo piede in questo mondo (potrei dire anche da prima), veniamo assolutamente travolti dalle contorte dinamiche relazionali con l'"Altro".
Lei fa bene a differenziare il comportamento del suo migliore amico (e di suo padre) col suo, perché evidenzia un diverso modo di concepire il mondo, ed ognuno ha diritto di costruire e sperimentare il proprio.

Dal momento che la sua domanda è: "come fare per trovare quel maggiore equilibrio che mi dia più consapevolezza e meno delusioni?" è evidente che qualcosa della sua costruzione del mondo non risponde alle sue richieste per come le aveva previste.
L'unica risposta che reputo opportuno offrirle è di indagare in che modo si è venuto a costruire il suo mondo relazionale e capire cosa fa intoppo.
Nessuno può dirle, da queste sue righe, qual è il problema; al massimo si potrebbe dire quale potrebbe essere; le potrebbe servire, davvero?
Si conceda di approfondire la questione, e scoprire qual è la copertina che di lei tutti vedono.
Saluti.
Dott. Francesco Damiano Logiudice
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Dott.ssa Cristina Borghetti
Psicologo, Psicologo clinico
Modena
La tua introspezione è una qualità preziosa, ma a volte rischia di diventare un fardello che ti allontana dagli altri. L’autocritica è importante, ma la chiave sta nell’imparare a bilanciare l’empatia con un sano distacco. Non tutti hanno la capacità o la volontà di entrare in contatto con la profondità che tu cerchi nelle persone, ed è normale che tu possa sentirti isolato. Tuttavia, ti consiglio di lavorare su una maggiore apertura, senza rinunciare alla tua autenticità, accettando che non tutti sono pronti a comprenderti, ma che chi lo fa, lo farà al momento giusto. Resto a disposizione per qualsiasi chiarimento.



Dott.ssa Agne Rumi
Psicologo, Psicologo clinico
Dalmine
Caro Flavio,

grazie per aver condiviso così apertamente i tuoi pensieri e il tuo vissuto. Mi colpisce la profondità con cui analizzi te stesso e le tue relazioni, un segno evidente della tua capacità di introspezione, che come dici giustamente, è una qualità preziosa, ma che a volte può appesantirti.

Quello che descrivi – il desiderio di costruire relazioni autentiche ma anche la difficoltà nel bilanciare aspettative e delusioni – è un tema che molti affrontano, soprattutto chi è particolarmente sensibile e riflessivo. Il tuo desiderio di comprendere il comportamento altrui è una forza, ma ti invito anche a chiederti: quali sono i confini che vuoi mantenere per preservare il tuo benessere? Spesso la consapevolezza nasce anche dall’ascolto delle nostre priorità, oltre che dall’osservazione degli altri.

Se ti va, potremmo lavorare insieme su questi temi per esplorare nuove strategie relazionali e costruire un equilibrio che ti permetta di vivere le relazioni in modo più sereno, rispettando il tuo modo di essere.

Resto a disposizione se vorrai parlarne ancora. Dott.ssa Agne Rumi
Dott.ssa Antonella Bellanzon
Psicologo, Psicologo clinico
Massa
Ciao Flavio, grazie per aver condiviso una riflessione così profonda e personale. Quello che descrivi è il risultato di esperienze che ti hanno segnato e che, consapevolmente o meno, hanno influito sul tuo modo di rapportarti con gli altri. Per trovare quell'equilibrio che ti permetta di essere più consapevole e di ridurre le delusioni. Accetta la tua natura introspettiva: L'introspezione è uno strumento prezioso che ti aiuta a capire te stesso, ma può diventare una trappola se porta a eccessive autoanalisi e critiche. Prova a praticare il “non giudizio” verso i tuoi pensieri; osservali senza cercare sempre di cambiarli o etichettarli. Essere selettivo è una qualità, ma è importante trovare il giusto bilanciamento: da un lato il coraggio di aprirsi e instaurare relazioni autentiche, dall’altro il saper stabilire dei confini per proteggerti da dinamiche che in passato ti hanno fatto del male. Cerca di sviluppare una visione empatica, non solo verso gli altri, ma anche verso te stesso. Ogni persona ha il suo modo di relazionarsi e spesso i comportamenti che percepiamo come freddi o distaccati possono essere una protezione, tanto quanto lo è la nostra riservatezza.
Quell’esperienza difficile che hai vissuto con la persona ossessionata ti ha insegnato qualcosa su come alcuni comportamenti possano influenzare la vita sociale. Tuttavia, ogni relazione è unica e il passato non deve pregiudicare il tuo futuro.
Non farti condizionare dalle critiche altrui: Spesso, le reazioni o le opinioni degli altri si basano su prospettive limitate. Lavorare sul proprio equilibrio interiore significa anche imparare a non dare troppo peso a giudizi esterni, concentrandosi invece su ciò che ti fa sentire autentico e sereno.
Considera un supporto esterno: Parlare con un professionista – magari uno psicologo –
che ti può offrire uno spazio sicuro per esplorare questi schemi relazionali e sviluppare nuove strategie per gestire le emozioni in modo costruttivo.
Se vuoi possiamo farlo insieme
Dott.ssa Antonella Bellanzon
Dott.ssa Ilenia Colasuonno
Psicologo, Psicologo clinico
Cerveteri
Ciao Flavio, intanto grazie per aver condiviso con tanta sincerità un vissuto così articolato. Si sente chiaramente che sei una persona che riflette molto, che non si accontenta della superficie e che cerca relazioni autentiche, fondate su rispetto, reciprocità e profondità. Questa è una qualità preziosa, ma — come stai vivendo — può rendere più difficile sentirsi in sintonia con un mondo che spesso si accontenta di legami veloci, poco approfonditi o giocati su dinamiche ambigue.

La tua capacità di introspezione ti aiuta a osservarti, a interrogarti sui tuoi modi di relazionarti e a metterti in discussione, e questo è segno di grande responsabilità emotiva. Ma, come dici tu stesso, quando questa introspezione diventa un dialogo interiore eccessivamente severo, rischia di togliere serenità. Una mente che analizza troppo può diventare anche una mente che si ferisce da sola.

Il tema che sembri toccare, nel profondo, è quello del confine tra difesa e chiusura, tra selettività e solitudine. È un equilibrio sottile. Da un lato vuoi tutelarti, ed è più che comprensibile, soprattutto dopo esperienze di manipolazione e fraintendimenti così intensi come quella relazione che hai raccontato. Dall’altro, senti che questo filtro rischia di isolarti, e che chi non prova a capire più a fondo le tue intenzioni spesso ti fraintende o ti giudica.

Ciò che può aiutare è coltivare una consapevolezza più indulgente verso te stesso. Non per smettere di riflettere, ma per farlo con uno sguardo meno colpevolizzante. A volte la rigidità nei propri confronti nasce proprio dal desiderio di non sbagliare più, di non rimanere più feriti. Ma se diventa troppo rigida, ci toglie anche la possibilità di vivere relazioni nuove con maggiore leggerezza.

Anche l’idea che tu esprima — che certe persone sembrano vivere tranquille pur senza farsi grandi domande — è un pensiero comune in chi ha una sensibilità più alta: si avverte un certo senso di ingiustizia, come se il peso di tutto lo si portasse solo sulle proprie spalle. Ma quello che ti distingue, la tua profondità, è anche ciò che ti permette di costruire legami autentici, anche se rari. E quei legami, pochi ma veri, valgono più di mille rapporti superficiali.

Trovare un equilibrio, come chiedi alla fine, potrebbe partire dall’allenare un piccolo ma costante gesto: concederti la possibilità di lasciar scorrere un po’ di più. Non si tratta di diventare come gli altri, ma di trovare un modo per proteggerti senza rinunciare all’apertura. Questo non significa forzarti a fidarti o a espandere il tuo giro relazionale, ma permetterti di vivere i momenti di delusione con un po’ meno autocritica e un po’ più di compassione verso di te. Perché, alla fine, le delusioni fanno parte dell’incontro umano, ma se non diventano spine interiori, possono trasformarsi in lezioni — non in ferite.

Se senti che questo tema si ripropone spesso, anche con ricadute sul tuo benessere quotidiano, può essere utile parlarne con uno psicologo: non perché tu sia “sbagliato”, ma perché possa aiutarti a costruire strumenti più leggeri per vivere la tua profondità con meno peso e più libertà.

Se vuoi possiamo rifletterci ancora insieme.
Dott. Damiano Maccarri
Psicologo, Psicologo clinico
Milano
Gentilissimo,
Dalla sua descrizione, mi sembra di capire che lei è una persona molto profonda e, al tempo stesso, estremamente sensibile. Partiamo col dire che non è un caso isolato: ci sono molte altre persone come lei, che non hanno, di fatto, alcun interesse di sorta ad aprirsi al primo venuto. Si, perché il motivo principale della sua rigidità relazionale potrebbe essere anche solo la sua vulnerabilità interiore: forse lei non vuole esporre il fianco a chiunque, temendo sempre un qualche attacco. Convivere con la solitudine, da questo punto di vista, sarebbe una semplice strategia adattiva perché le consente di essere immune dal confronto con gli altri - e, quindi, dal guardarsi dentro. Forse, questa sua grande profondità è così ricettiva alle perturbazioni relazionali che teme persino di esplorarla davvero, perché nel confronto con gli altri noi ci comprendiamo: comprendiamo chi siamo, i nostri limiti e difetti; persino le parti più oscure. Forse evitare gli altri è un modo per non guardarsi davvero dentro? Ci rifletta giusto un po'.

Inoltre, penso che le potrebbe essere d'aiuto un percorso di revisione delle sue esperienze negative, in particolare quella a cui fa riferimento, con le calunnie da parte della signora in questione, per capire che i suoi bisogni relazionali ci sono e anche molti, come tutti: semplicemente vuole assicurarsi - sempre usando il condizionale - che la sua emotività, la sua sensibilità e la sua vita interiore in generale non vengano svalutate da persone qualunque, che non la conoscono ma giudicano.

Potrebbe esserle utile lavorare proprio su questo?

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