Buonasera, Illustro la situazione. Io uomo di 50 anni mai sposato e senza figli con una precedente s
24
risposte
Buonasera, Illustro la situazione. Io uomo di 50 anni mai sposato e senza figli con una precedente storia di convivenza, lei, un anno più piccola di me, divorziata, con un figlio di quasi 17 anni. La nostra relazione nasce 4 anni fa a distanza di circa un anno dalla sua separazione. Viviamo in due città diverse distanti circa 100km. Quando il figlio è con il padre (due weekend al mese) stiamo da me. Il fatto è che quando sono nella sua città, sebbene conosca il figlio e si sia instaurato una relazione tranquilla, non mi viene data la possibilità di poter dormire in casa sua (ad una certa ora devo andar via per tornare alla mia abitazione a 100 km di distanza. A volte mi sono messo in macchina alle due di notte per essere a casa alle tre). L'estate lei si trasferisce dai genitori in una villa a mare insieme a suo figlio e alla famiglia di sua sorella. Sono stato invitato a stare qualche giorno lì ma ho dovuto dormire solo in una stanza mentre lei in un'altra stanza con il figlio. Premetto che anche a casa sua, lei dorme ancora nello stesso letto con il figlio di 17 anni (nei confronti del quale a dir suo nutre sensi di colpa per avergli sottratto una famiglia). Nel momento in cui reclamo qualcosa di più, un passo avanti e lamento questa condizione, lei mi definisce insensibile ed egoista e non capisco gli sforzi che fa per poter gestire tutto. Concludo dicendo che non ho mai interferito nella relazione madre/figlio e ho sempre compreso che il figlio sia una priorità, ma mi chiedo se questa condizione non sia disfunzionale.
Caro utente,
la situazione che sta vivendo non deve essere facile, tanto che dalle sue parole traspare la difficoltà, ma anche la voglia di continuare ad investire in questa relazione trovando però un nuovo equilibrio. Un equilibrio, però, che dipende molto dalla relazione che la sua compagna ha con il proprio figlio: una diade molto stretta su cui si potrebbe lavorare, per il bene di tutti, solo se però la madre decidesse di mettersi in discussione e lavorare su di sé per alleviare i propri sensi di colpa così da poter comprendere di poterci essere e di essere famiglia anche in un altro modo altrettanto positivo e presente. Lei, come compagno, è giusto che faccia presente la situazione condividendo ciò che per lei è importante e cosa desidererebbe per il futuro, è altrattanto utile che a questo venga offerto supporto e pazienza qualora la sua compagna decidesse in qualche modo di rivedere il proprio comportamento. Tutto ciò non risulta facile da mettere in pratica e per questo sarebbe opportuno affidarsi ad uno specialista come uno psicologo individuale oppure di coppia.
Per qualsiasi cosa rimango a disposizione
Un caro saluto
Dott.ssa Claudia Fontanella
la situazione che sta vivendo non deve essere facile, tanto che dalle sue parole traspare la difficoltà, ma anche la voglia di continuare ad investire in questa relazione trovando però un nuovo equilibrio. Un equilibrio, però, che dipende molto dalla relazione che la sua compagna ha con il proprio figlio: una diade molto stretta su cui si potrebbe lavorare, per il bene di tutti, solo se però la madre decidesse di mettersi in discussione e lavorare su di sé per alleviare i propri sensi di colpa così da poter comprendere di poterci essere e di essere famiglia anche in un altro modo altrettanto positivo e presente. Lei, come compagno, è giusto che faccia presente la situazione condividendo ciò che per lei è importante e cosa desidererebbe per il futuro, è altrattanto utile che a questo venga offerto supporto e pazienza qualora la sua compagna decidesse in qualche modo di rivedere il proprio comportamento. Tutto ciò non risulta facile da mettere in pratica e per questo sarebbe opportuno affidarsi ad uno specialista come uno psicologo individuale oppure di coppia.
Per qualsiasi cosa rimango a disposizione
Un caro saluto
Dott.ssa Claudia Fontanella
Risolvi i tuoi dubbi grazie alla consulenza online
Se hai bisogno del consiglio di uno specialista, prenota una consulenza online. Otterrai risposte senza muoverti da casa.
Mostra risultati Come funziona?
Gentile utente,
dalla sua descrizione emerge con chiarezza quanto la situazione che sta vivendo le generi fatica e frustrazione. È comprensibile che desideri un maggiore spazio e riconoscimento all’interno della relazione, soprattutto dopo diversi anni insieme. Allo stesso tempo, mi sembra che la sua compagna viva ancora un forte senso di colpa legato alla separazione, che la porta a mantenere con il figlio una vicinanza che, a questa età, può risultare disfunzionale sia per lei come madre, sia per il ragazzo stesso, che si trova nella fase delicata dell’adolescenza.
Le sue richieste non appaiono “egoiste”, ma espressione di un bisogno legittimo di avere una relazione adulta e reciproca, in cui ci sia spazio sia per il legame madre-figlio sia per la coppia. Potrebbe essere utile affrontare questo tema in modo aperto e non accusatorio, provando a condividere le sue emozioni e i suoi bisogni senza svalutare quelli della sua compagna.
In situazioni come questa, un percorso di sostegno psicologico (individuale o di coppia) può rivelarsi molto utile per chiarire aspettative, paure e limiti, e per trovare un equilibrio che non lasci nessuno “in secondo piano”.
Rimango a disposizione per qualunque chiarimento.
Dott.ssa Veronica Savio
dalla sua descrizione emerge con chiarezza quanto la situazione che sta vivendo le generi fatica e frustrazione. È comprensibile che desideri un maggiore spazio e riconoscimento all’interno della relazione, soprattutto dopo diversi anni insieme. Allo stesso tempo, mi sembra che la sua compagna viva ancora un forte senso di colpa legato alla separazione, che la porta a mantenere con il figlio una vicinanza che, a questa età, può risultare disfunzionale sia per lei come madre, sia per il ragazzo stesso, che si trova nella fase delicata dell’adolescenza.
Le sue richieste non appaiono “egoiste”, ma espressione di un bisogno legittimo di avere una relazione adulta e reciproca, in cui ci sia spazio sia per il legame madre-figlio sia per la coppia. Potrebbe essere utile affrontare questo tema in modo aperto e non accusatorio, provando a condividere le sue emozioni e i suoi bisogni senza svalutare quelli della sua compagna.
In situazioni come questa, un percorso di sostegno psicologico (individuale o di coppia) può rivelarsi molto utile per chiarire aspettative, paure e limiti, e per trovare un equilibrio che non lasci nessuno “in secondo piano”.
Rimango a disposizione per qualunque chiarimento.
Dott.ssa Veronica Savio
Gentile utente,
la situazione che descrive è delicata e coinvolge dinamiche emotive complesse. Da quanto racconta, emerge il suo grande rispetto per il ruolo materno della sua compagna e la volontà di costruire una relazione stabile e significativa. Tuttavia, è comprensibile che lei si senta escluso da spazi affettivi e quotidiani che sono fondamentali per una relazione adulta.
Dormire nello stesso letto con un figlio adolescente, così come evitare di condividere spazi con il partner, può indicare una difficoltà nel ridefinire i confini familiari dopo una separazione. I sensi di colpa che la sua compagna riferisce sembrano influenzare fortemente le sue scelte, ma rischiano di ostacolare sia l’autonomia del figlio sia la possibilità di costruire una nuova intimità.
Quando i suoi bisogni vengono etichettati come “egoistici”, si attiva una dinamica relazionale poco sana, dove il dialogo viene sostituito dalla difensiva. È importante che lei possa esprimere i propri vissuti con assertività, senza colpevolizzazioni, ma con chiarezza e rispetto.
In sintesi, sì: alcuni aspetti della situazione appaiono disfunzionali, non tanto per le scelte in sé, ma per le conseguenze che hanno sulla vostra relazione. Se non c’è spazio per lei, se i suoi bisogni vengono invalidati, è difficile costruire un legame stabile e sano.
Un percorso di coppia o individuale potrebbe aiutare entrambi a comprendere meglio i propri ruoli, bisogni e limiti, favorendo una comunicazione più autentica e costruttiva.
Resto a disposizione se desidera approfondire.
Un caro saluto,
Dott.ssa Emerilys Martha Delgado Garcia Psicologa
la situazione che descrive è delicata e coinvolge dinamiche emotive complesse. Da quanto racconta, emerge il suo grande rispetto per il ruolo materno della sua compagna e la volontà di costruire una relazione stabile e significativa. Tuttavia, è comprensibile che lei si senta escluso da spazi affettivi e quotidiani che sono fondamentali per una relazione adulta.
Dormire nello stesso letto con un figlio adolescente, così come evitare di condividere spazi con il partner, può indicare una difficoltà nel ridefinire i confini familiari dopo una separazione. I sensi di colpa che la sua compagna riferisce sembrano influenzare fortemente le sue scelte, ma rischiano di ostacolare sia l’autonomia del figlio sia la possibilità di costruire una nuova intimità.
Quando i suoi bisogni vengono etichettati come “egoistici”, si attiva una dinamica relazionale poco sana, dove il dialogo viene sostituito dalla difensiva. È importante che lei possa esprimere i propri vissuti con assertività, senza colpevolizzazioni, ma con chiarezza e rispetto.
In sintesi, sì: alcuni aspetti della situazione appaiono disfunzionali, non tanto per le scelte in sé, ma per le conseguenze che hanno sulla vostra relazione. Se non c’è spazio per lei, se i suoi bisogni vengono invalidati, è difficile costruire un legame stabile e sano.
Un percorso di coppia o individuale potrebbe aiutare entrambi a comprendere meglio i propri ruoli, bisogni e limiti, favorendo una comunicazione più autentica e costruttiva.
Resto a disposizione se desidera approfondire.
Un caro saluto,
Dott.ssa Emerilys Martha Delgado Garcia Psicologa
Buongiorno, capisco che la sua situazione di coppia sia molto faticosa soprattutto dopo 4 anni di relazione e quindi con una legame consolidato. Comprendo le difficoltà che esplicita e anche le problematiche della sua compagna nei confronti del figlio, il suo senso di colpa per la separazione. Non ha pensato di provare a proporre alla signora degli incontri di coppia? Riflettere su come ci si sente all'interno della relazione e su quali siano i bisogni di ciascuno potrebbe essere un buon modo per meglio spiegarsi e comprendersi
Buongiorno, comprendo perfettamente il suo disagio. La situazione che descrive evidenzia un equilibrio complesso tra il ruolo di genitore della sua partner e la costruzione di una relazione di coppia soddisfacente. È comprensibile che, pur rispettando il legame con il figlio e le esigenze familiari, lei possa percepire una mancanza di intimità e vicinanza emotiva nella relazione.
Il fatto che non le sia consentito condividere momenti più privati, come dormire insieme, e che ci siano dinamiche di convivenza indirette con il figlio, può generare frustrazione e senso di esclusione. È importante riconoscere che la priorità del figlio è legittima, ma è altrettanto fondamentale che i bisogni affettivi e di intimità del partner vengano presi in considerazione.
Rispondendo alla sua domanda specifica, dal punto di vista relazionale, la condizione che descrive può essere considerata disfunzionale, perché non permette di stabilire una vera intimità tra partner, la relazione appare subordinata in modo eccessivo alle dinamiche familiari, senza spazi condivisi significativi per la coppia.
Tuttavia, è importante distinguere tra ciò che è disfunzionale e ciò che è comprensibile, il comportamento della partner è probabilmente motivato da senso di colpa, protezione del figlio e tentativo di gestire la nuova vita familiare. La disfunzionalità emerge quando questo equilibrio impedisce ai bisogni della coppia di essere soddisfatti in maniera stabile e coerente.
In questo contesto, la comunicazione aperta e rispettosa diventa essenziale, esprimere in maniera chiara i propri limiti, desideri e aspettative senza accusare l’altro può aiutare a trovare un compromesso. In alcune situazioni può essere utile anche il supporto di un professionista per facilitare il dialogo e definire confini che rispettino sia il ruolo genitoriale sia quello di partner.
L’obiettivo è individuare soluzioni che permettano a entrambi di vivere la relazione in modo più equilibrato, senza che nessuno si senta escluso o insoddisfatto.
Un caro saluto
Il fatto che non le sia consentito condividere momenti più privati, come dormire insieme, e che ci siano dinamiche di convivenza indirette con il figlio, può generare frustrazione e senso di esclusione. È importante riconoscere che la priorità del figlio è legittima, ma è altrettanto fondamentale che i bisogni affettivi e di intimità del partner vengano presi in considerazione.
Rispondendo alla sua domanda specifica, dal punto di vista relazionale, la condizione che descrive può essere considerata disfunzionale, perché non permette di stabilire una vera intimità tra partner, la relazione appare subordinata in modo eccessivo alle dinamiche familiari, senza spazi condivisi significativi per la coppia.
Tuttavia, è importante distinguere tra ciò che è disfunzionale e ciò che è comprensibile, il comportamento della partner è probabilmente motivato da senso di colpa, protezione del figlio e tentativo di gestire la nuova vita familiare. La disfunzionalità emerge quando questo equilibrio impedisce ai bisogni della coppia di essere soddisfatti in maniera stabile e coerente.
In questo contesto, la comunicazione aperta e rispettosa diventa essenziale, esprimere in maniera chiara i propri limiti, desideri e aspettative senza accusare l’altro può aiutare a trovare un compromesso. In alcune situazioni può essere utile anche il supporto di un professionista per facilitare il dialogo e definire confini che rispettino sia il ruolo genitoriale sia quello di partner.
L’obiettivo è individuare soluzioni che permettano a entrambi di vivere la relazione in modo più equilibrato, senza che nessuno si senta escluso o insoddisfatto.
Un caro saluto
Buongiorno, posso immaginare il disagio che crea questa situazione. "Entrare" nella vita di un'altra persona, con un suo trascorso e con i suoi legami familiari, non è mai semplice e spesso si vengono a creare delle incomprensioni dettate da degli equilibri che in qualche modo vengono "minacciati". Provi a condividere il suo punto di vista sulla questione, ponendo la sua compagna di fronte a cosa prova ogni qualvolta si trova a dover vivere queste dinamiche. Credo che un percorso psicologico di coppia potrebbe esservi utile per affrontare tali questioni e comprendere al meglio come gestirle per il bene di entrambi. Se lo vorrete, sono a vostra disposizione anche online. Vi auguro il meglio, Dott.ssa Cristiana Danese psicologa
Buongiorno, la situazione che descrivi presenta elementi di disfunzionalità relazionale significativi e quello che emerge chiaramente è una dinamica dove i confini tra il ruolo materno e quello di partner sono completamente confusi.
Il fatto che una madre dorma ancora con un figlio di 17 anni è clinicamente preoccupante, perchè a quest'età, il ragazzo dovrebbe aver completato da tempo il processo di separazione-individuazione dalla figura materna. Questo suggerisce una forma di invischiamento emotivo che può interferire gravemente con lo sviluppo psicosessuale dell'adolescente e con la sua capacità futura di formare relazioni intime autonome.
Il senso di colpa che lei prova per "avergli sottratto una famiglia" la sta portando a compensare attraverso una fusione inappropriata che non aiuta né lei né il figlio. Paradossalmente, questo comportamento iperprotettivo può creare maggiori danni rispetto al divorzio stesso.
La tua richiesta di intimità di coppia e di spazi condivisi non è né insensibile né egoista: è il bisogno naturale di una relazione adulta equilibrata. Il fatto che tu debba guidare 100 km alle due di notte dopo quattro anni di relazione indica quanto questa dinamica sia diventata estrema.
Quello che sta accadendo è che lei ha investito tutta la sua energia emotiva nella relazione con il figlio, lasciando a te le briciole. Questa non è una relazione di coppia funzionale, ma una situazione dove tu sei mantenuto in una posizione periferica e marginale.
Io posso solo consigliare un intervento terapeutico individuale e anche di coppia che includa:
- Terapia familiare per ristrutturare i confini madre-figlio
- Lavoro individuale per lei sui sensi di colpa post-divorzio
- Esplorazione delle tue aspettative relazionali e dei tuoi limiti
- Valutazione se questa relazione possa evolversi verso un equilibrio più sano
- Tecniche di mindfulness per gestire la frustrazione e prendere decisioni consapevoli
Dopo quattro anni, è legittimo pretendere una relazione che includa intimità e progettualità condivisa. Un cordiale saluto,
Dott.ssa Marzia Mazzavillani
Psicologa clinica - Voice Dialogue - Mindfulness - Dreamwork
Il fatto che una madre dorma ancora con un figlio di 17 anni è clinicamente preoccupante, perchè a quest'età, il ragazzo dovrebbe aver completato da tempo il processo di separazione-individuazione dalla figura materna. Questo suggerisce una forma di invischiamento emotivo che può interferire gravemente con lo sviluppo psicosessuale dell'adolescente e con la sua capacità futura di formare relazioni intime autonome.
Il senso di colpa che lei prova per "avergli sottratto una famiglia" la sta portando a compensare attraverso una fusione inappropriata che non aiuta né lei né il figlio. Paradossalmente, questo comportamento iperprotettivo può creare maggiori danni rispetto al divorzio stesso.
La tua richiesta di intimità di coppia e di spazi condivisi non è né insensibile né egoista: è il bisogno naturale di una relazione adulta equilibrata. Il fatto che tu debba guidare 100 km alle due di notte dopo quattro anni di relazione indica quanto questa dinamica sia diventata estrema.
Quello che sta accadendo è che lei ha investito tutta la sua energia emotiva nella relazione con il figlio, lasciando a te le briciole. Questa non è una relazione di coppia funzionale, ma una situazione dove tu sei mantenuto in una posizione periferica e marginale.
Io posso solo consigliare un intervento terapeutico individuale e anche di coppia che includa:
- Terapia familiare per ristrutturare i confini madre-figlio
- Lavoro individuale per lei sui sensi di colpa post-divorzio
- Esplorazione delle tue aspettative relazionali e dei tuoi limiti
- Valutazione se questa relazione possa evolversi verso un equilibrio più sano
- Tecniche di mindfulness per gestire la frustrazione e prendere decisioni consapevoli
Dopo quattro anni, è legittimo pretendere una relazione che includa intimità e progettualità condivisa. Un cordiale saluto,
Dott.ssa Marzia Mazzavillani
Psicologa clinica - Voice Dialogue - Mindfulness - Dreamwork
Buongiorno. Il suo bisogno di avere una intimità, che sia anche dormire nello stesso letto, con la sua compagna è assolutamente lecito.
Siete una coppia di persone adulte.
Per percorso evolutivo dell’essere umano, in età adulta si dorme con un partner e non con figli adolescenti quasi maggiorenni.
Niente a che vedere con egoismo e insensibilità, nè con il tentativo di critica/giudizio in termini di genitorialità.
Più che condividerle in modo assertivo i suoi bisogni adulti, non può far altro che pensare se ha voglia di rimanere in quella relazione a fronte del fatto che c’è poco spazio di negoziazione al riguardo.
Questo aspetto è particolarmente importante perché ha ripercussioni sulla stessa progettualità di coppia.
Rimango a sua disposizione se può esserle utile uno spazio di supporto psicologico.
Un caro saluto.
Dottoressa Martina orzi
Siete una coppia di persone adulte.
Per percorso evolutivo dell’essere umano, in età adulta si dorme con un partner e non con figli adolescenti quasi maggiorenni.
Niente a che vedere con egoismo e insensibilità, nè con il tentativo di critica/giudizio in termini di genitorialità.
Più che condividerle in modo assertivo i suoi bisogni adulti, non può far altro che pensare se ha voglia di rimanere in quella relazione a fronte del fatto che c’è poco spazio di negoziazione al riguardo.
Questo aspetto è particolarmente importante perché ha ripercussioni sulla stessa progettualità di coppia.
Rimango a sua disposizione se può esserle utile uno spazio di supporto psicologico.
Un caro saluto.
Dottoressa Martina orzi
Gentile utente, grazie per essersi aperto e aver condiviso questa sua situazione.
Posso comprendere la difficoltà che lei descrive nel dover prendere la macchina anche di sera tardi e dover ritornare a casa propria.
Il fatto che la sua compagna dorma con il figlio 17enne può essere un segnale di come sia ancora molto sentito il senso di colpa che lei nutre nei suoi confronti, ma che di fatto limita l'intimità tra voi due.
Sottolineo piacevolmente il fatto che lei ne abbia parlato con la sua compagna rispetto a quanto le stia stretta questa situazione e alle varie difficoltà che lei riporta, ma sembra che la sua compagna legga queste sue richieste di maggiore avvicinamento come una "critica" del suo essere madre e delle cose che sta facendo. Potrebbe essere utile partire nella comunicazione spiegandole che il suo intento non è quello di sminuirla ma di cercare un punto di incontro a questa situazione.
è naturale voler approfondire maggiormente la dimensione di coppia oltre a quella puramente familiare, soprattutto se lei è diventato sia per il figlio sia per il resto della famiglia della sua compagna, una persona conosciuta.
L'ideale sarebbe quello di dare alla relazione madre-figlio maggiore autonomia, ma di certo il fatto che per molti anni (suppongo) il figlio abbia dormito con lei non aiuterà a velocizzare il processo. Potrebbe essere una possibile soluzione utile quella di poter svolgere una terapia di coppia? Lei sarebbe favorevole? E la sua compagna?
Spero di esserle stata d'aiuto, dott.ssa Ilaria Bresolin.
Posso comprendere la difficoltà che lei descrive nel dover prendere la macchina anche di sera tardi e dover ritornare a casa propria.
Il fatto che la sua compagna dorma con il figlio 17enne può essere un segnale di come sia ancora molto sentito il senso di colpa che lei nutre nei suoi confronti, ma che di fatto limita l'intimità tra voi due.
Sottolineo piacevolmente il fatto che lei ne abbia parlato con la sua compagna rispetto a quanto le stia stretta questa situazione e alle varie difficoltà che lei riporta, ma sembra che la sua compagna legga queste sue richieste di maggiore avvicinamento come una "critica" del suo essere madre e delle cose che sta facendo. Potrebbe essere utile partire nella comunicazione spiegandole che il suo intento non è quello di sminuirla ma di cercare un punto di incontro a questa situazione.
è naturale voler approfondire maggiormente la dimensione di coppia oltre a quella puramente familiare, soprattutto se lei è diventato sia per il figlio sia per il resto della famiglia della sua compagna, una persona conosciuta.
L'ideale sarebbe quello di dare alla relazione madre-figlio maggiore autonomia, ma di certo il fatto che per molti anni (suppongo) il figlio abbia dormito con lei non aiuterà a velocizzare il processo. Potrebbe essere una possibile soluzione utile quella di poter svolgere una terapia di coppia? Lei sarebbe favorevole? E la sua compagna?
Spero di esserle stata d'aiuto, dott.ssa Ilaria Bresolin.
Buonasera,
la situazione che descrivi evidenzia dinamiche relazionali complesse e potenzialmente disfunzionali, sia per quanto riguarda la relazione madre-figlio che quella di coppia.
Il fatto che la tua compagna continui a dormire con il figlio di 17 anni può essere indicativo di una difficoltà nel favorire l'autonomia del ragazzo e nel rielaborare il senso di colpa legato alla separazione. Studi indicano che il co-sleeping prolungato con adolescenti può ostacolare lo sviluppo dell'indipendenza e dell'autostima, oltre a essere associato a problemi comportamentali e ansia .
Inoltre, questa pratica può riflettere un tentativo, da parte della madre, di colmare proprie insicurezze emotive, anziché rispondere a reali bisogni del figlio .
La tua esclusione dalla quotidianità domestica e l'impossibilità di condividere spazi intimi possono generare sentimenti di frustrazione e distanza emotiva. La mancanza di un equilibrio tra il ruolo di madre e quello di partner può compromettere la qualità della relazione di coppia.
Una possibile strategia potrebbe essere cercare di tenere una comunicazione aperta: esprimere i tuoi sentimenti e bisogni in modo assertivo, evitando accuse, può favorire una maggiore comprensione reciproca.
la situazione che descrivi evidenzia dinamiche relazionali complesse e potenzialmente disfunzionali, sia per quanto riguarda la relazione madre-figlio che quella di coppia.
Il fatto che la tua compagna continui a dormire con il figlio di 17 anni può essere indicativo di una difficoltà nel favorire l'autonomia del ragazzo e nel rielaborare il senso di colpa legato alla separazione. Studi indicano che il co-sleeping prolungato con adolescenti può ostacolare lo sviluppo dell'indipendenza e dell'autostima, oltre a essere associato a problemi comportamentali e ansia .
Inoltre, questa pratica può riflettere un tentativo, da parte della madre, di colmare proprie insicurezze emotive, anziché rispondere a reali bisogni del figlio .
La tua esclusione dalla quotidianità domestica e l'impossibilità di condividere spazi intimi possono generare sentimenti di frustrazione e distanza emotiva. La mancanza di un equilibrio tra il ruolo di madre e quello di partner può compromettere la qualità della relazione di coppia.
Una possibile strategia potrebbe essere cercare di tenere una comunicazione aperta: esprimere i tuoi sentimenti e bisogni in modo assertivo, evitando accuse, può favorire una maggiore comprensione reciproca.
Salve, La sua disponibilità e il rispetto per il legame madre-figlio sono evidenti, ma è legittimo interrogarsi sul proprio posto all’interno della relazione e sul senso di esclusione che può emergere.
Quando la relazione di coppia viene costantemente subordinata a dinamiche familiari non equilibrate, si rischia di creare un legame disfunzionale, dove uno dei due partner si sente invisibile o poco riconosciuto. Dormire ancora nel letto con un figlio adolescente può essere un’espressione di una separazione non elaborata e di un attaccamento non del tutto sano, soprattutto se ciò interferisce con lo spazio della coppia. Percorsi come l’analisi bioenergetica, praticati con’ ausilio di uno psicologo psicoterapeuta aiutano ad accedere non solo al piano razionale ma anche a quello corporeo ed emotivo, facilitando la comprensione di bisogni, confini e ruoli all’interno delle relazioni affettive. Le consiglio di restare in ascolto dei suoi bisogni, e se questi vengono sistematicamente svalutati, è importante chiedersi se la relazione permette uno scambio equo o se si è incastrati in un ruolo che limita il proprio benessere emotivo. Saluti, dott.ssa Sandra Petralli
Quando la relazione di coppia viene costantemente subordinata a dinamiche familiari non equilibrate, si rischia di creare un legame disfunzionale, dove uno dei due partner si sente invisibile o poco riconosciuto. Dormire ancora nel letto con un figlio adolescente può essere un’espressione di una separazione non elaborata e di un attaccamento non del tutto sano, soprattutto se ciò interferisce con lo spazio della coppia. Percorsi come l’analisi bioenergetica, praticati con’ ausilio di uno psicologo psicoterapeuta aiutano ad accedere non solo al piano razionale ma anche a quello corporeo ed emotivo, facilitando la comprensione di bisogni, confini e ruoli all’interno delle relazioni affettive. Le consiglio di restare in ascolto dei suoi bisogni, e se questi vengono sistematicamente svalutati, è importante chiedersi se la relazione permette uno scambio equo o se si è incastrati in un ruolo che limita il proprio benessere emotivo. Saluti, dott.ssa Sandra Petralli
Gentile paziente,quello che descrivi sembra rivelare una dinamica in cui tua compagna, forse per sensi di colpa legati alla separazione, mantiene con il figlio una relazione di forte fusione, che rende difficile fare spazio a un rapporto di coppia adulto. La tua disponibilità e il tuo rispetto per il loro legame sono chiari, ma i tuoi bisogni restano altrettanto legittimi. Definire “egoista” la tua richiesta può essere un modo per difendersi da una situazione che lei stessa fatica a elaborare. Credo che la domanda centrale sia: c’è la volontà da parte sua di lavorare su questi confini, o questa resterà la struttura della relazione? Perché solo in base a questa consapevolezza puoi decidere se restare, con i limiti attuali, o se cercare un legame che ti permetta di sentirti davvero riconosciuto come partner.
Un caro saluto
Dott.ssa A.Mustatea
Un caro saluto
Dott.ssa A.Mustatea
Buongiorno gentile Utente, ho letto con attenzione quanto descrive e comprendo bene la frustrazione che può provare di fronte a una situazione che, dopo quattro anni di relazione, continua a lasciarla in una posizione che appare marginale. Da quello che racconta, emerge un forte investimento affettivo da parte sua e il desiderio legittimo di una maggiore condivisione di vita quotidiana, che però sembra scontrarsi con le paure e i sensi di colpa della sua compagna nei confronti del figlio.
Il fatto che lei dorma ancora nello stesso letto con un ragazzo ormai quasi maggiorenne e che mantenga rigide separazioni rispetto alla possibilità di ospitarla in casa sua, lascia effettivamente pensare a una difficoltà di separazione simbolica ed emotiva tra madre e figlio. Non si tratta di giudicare, ma di osservare che questa modalità rischia di non favorire né l’autonomia del ragazzo, né la possibilità per lei e la sua compagna di costruire uno spazio di coppia autentico. È comprensibile che lei si interroghi sul carattere disfunzionale di questa dinamica, perché ciò che dovrebbe rappresentare un equilibrio tra legame genitoriale e legame di coppia sembra qui fortemente sbilanciato.
Al tempo stesso, è importante riconoscere che la sua compagna vive ancora oggi un senso di colpa legato alla separazione e che, probabilmente, mantiene inconsciamente un atteggiamento iperprotettivo, come se temesse di “sottrarre” altro al figlio dedicando spazi ed energie alla relazione con lei. Questo però non toglie che anche i suoi bisogni di vicinanza, riconoscimento e intimità siano legittimi e meritino di essere ascoltati.
Il fatto che lei venga definito “egoista” quando prova ad esprimere le sue difficoltà è un segnale che, al momento, il dialogo tra voi non riesce ad accogliere pienamente entrambe le prospettive. Sarebbe importante che lei potesse comunicare non solo ciò che non va, ma soprattutto il significato che per lei ha poter condividere la quotidianità: non come richiesta di esclusione del figlio, ma come esigenza di costruire insieme uno spazio di coppia.
Credo che il punto centrale sia capire se la sua compagna sia disposta, con gradualità, a rivedere questa dinamica. Se rimane ferma nella sua posizione senza possibilità di confronto, il rischio è che la vostra relazione resti sempre “a metà”, con lei costretto a sacrifici che, nel lungo periodo, possono diventare troppo pesanti.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Il fatto che lei dorma ancora nello stesso letto con un ragazzo ormai quasi maggiorenne e che mantenga rigide separazioni rispetto alla possibilità di ospitarla in casa sua, lascia effettivamente pensare a una difficoltà di separazione simbolica ed emotiva tra madre e figlio. Non si tratta di giudicare, ma di osservare che questa modalità rischia di non favorire né l’autonomia del ragazzo, né la possibilità per lei e la sua compagna di costruire uno spazio di coppia autentico. È comprensibile che lei si interroghi sul carattere disfunzionale di questa dinamica, perché ciò che dovrebbe rappresentare un equilibrio tra legame genitoriale e legame di coppia sembra qui fortemente sbilanciato.
Al tempo stesso, è importante riconoscere che la sua compagna vive ancora oggi un senso di colpa legato alla separazione e che, probabilmente, mantiene inconsciamente un atteggiamento iperprotettivo, come se temesse di “sottrarre” altro al figlio dedicando spazi ed energie alla relazione con lei. Questo però non toglie che anche i suoi bisogni di vicinanza, riconoscimento e intimità siano legittimi e meritino di essere ascoltati.
Il fatto che lei venga definito “egoista” quando prova ad esprimere le sue difficoltà è un segnale che, al momento, il dialogo tra voi non riesce ad accogliere pienamente entrambe le prospettive. Sarebbe importante che lei potesse comunicare non solo ciò che non va, ma soprattutto il significato che per lei ha poter condividere la quotidianità: non come richiesta di esclusione del figlio, ma come esigenza di costruire insieme uno spazio di coppia.
Credo che il punto centrale sia capire se la sua compagna sia disposta, con gradualità, a rivedere questa dinamica. Se rimane ferma nella sua posizione senza possibilità di confronto, il rischio è che la vostra relazione resti sempre “a metà”, con lei costretto a sacrifici che, nel lungo periodo, possono diventare troppo pesanti.
Se dovesse avere bisogno di ulteriori informazioni o di intraprendere un percorso mi trova a disposizione,
Dott. Luca Vocino
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo quanto possa essere difficile convivere con questa situazione riportata. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi e disfunzionali che mantengono in atto la sofferenza impedendole il benessere desiderato.
Ritengo altresì utile un approccio EMDR al fine di favorire la rielaborazione del materiale connesso con la genesi della sofferenza in atto.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi e disfunzionali che mantengono in atto la sofferenza impedendole il benessere desiderato.
Ritengo altresì utile un approccio EMDR al fine di favorire la rielaborazione del materiale connesso con la genesi della sofferenza in atto.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Buonasera, la situazione che descrive tocca aspetti molto delicati che riguardano non solo la vostra relazione di coppia, ma anche la dinamica madre-figlio e il modo in cui lei si trova a viverne le conseguenze. Da come la racconta emerge chiaramente quanto lei abbia dimostrato pazienza e rispetto, accettando per anni una condizione che la porta a fare sacrifici significativi senza lamentarsene troppo, e cercando di non interferire nel legame tra madre e figlio. Tuttavia è comprensibile che a lungo andare questa situazione generi in lei un senso di frustrazione, perché limita la possibilità di vivere la vostra relazione in maniera più piena e paritaria. Dal punto di vista cognitivo-comportamentale, una delle questioni centrali riguarda la coerenza tra i suoi bisogni e quelli della partner. Lei sta esprimendo il bisogno legittimo di avere un posto riconosciuto e stabile nella vita della sua compagna, non solo nei momenti liberi o “ritagliati” quando il figlio è altrove. Allo stesso tempo, la sua compagna sembra faticare a separare il ruolo di madre da quello di donna, probabilmente perché, come dice, sente forti sensi di colpa nei confronti del figlio per la separazione. Questo senso di colpa, pur essendo umano e comprensibile, rischia di trasformarsi in un ostacolo alla crescita sia del figlio sia della vostra relazione. Non è raro che in situazioni di separazione alcuni genitori si sentano spinti a “compensare” con una vicinanza quasi esclusiva, nel tentativo di proteggere il figlio dal dolore della perdita di una famiglia unita. Ma questa modalità può diventare disfunzionale perché finisce col non lasciare spazio a nuovi equilibri, creando una difficoltà di individuazione per il figlio stesso e di riconoscimento per il partner. Lei non chiede di sostituirsi al figlio né di ridurne l’importanza, ma di avere un ruolo chiaro e rispettato all’interno della vita di coppia. Il fatto che, quando esprime questo disagio, venga definito insensibile o egoista, può farla sentire non compreso e colpevolizzato per desideri che in realtà sono legittimi. È importante che lei possa riconoscere a sé stesso che il suo non è un capriccio, ma una necessità naturale di costruire una relazione fondata su intimità, presenza e reciprocità. Se questo manca, il rischio è di alimentare nel tempo un senso di esclusione e solitudine, anche pur stando in coppia. Per poter affrontare questa situazione in maniera costruttiva, potrebbe essere utile esplicitare alla sua compagna che lei non sta chiedendo di scegliere tra lei e il figlio, ma piuttosto di cercare un nuovo equilibrio che permetta a entrambi i legami di esistere in modo sano. Non si tratta di mettere in discussione la priorità del figlio, bensì di dare alla relazione di coppia uno spazio dignitoso, che non resti confinato o relegato ai ritagli di tempo. È probabile che la sua compagna fatichi a vedere questa prospettiva perché i sensi di colpa la spingono a interpretare ogni richiesta come una minaccia al figlio. Ma è proprio questo il punto delicato da esplorare: una relazione equilibrata non sottrae nulla a nessuno, anzi può offrire al ragazzo un modello positivo di affettività adulta. La sua percezione che questa situazione sia disfunzionale ha una base reale e importante, perché il rischio è che nel tempo la relazione rimanga bloccata senza possibilità di crescere. Ciò che lei può fare è continuare a comunicare i suoi bisogni con chiarezza, senza accusare ma senza neppure negare a sé stesso ciò che prova. La decisione finale spetterà naturalmente a entrambi, ma è fondamentale che lei non perda di vista i suoi bisogni, perché una relazione che costringe a rinunciare a parti essenziali di sé difficilmente può durare senza un prezzo emotivo elevato. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Buonasera,
Da quanto descrive, sembra esserci una dinamica relazionale complessa, in cui la priorità data al figlio e il senso di colpa della madre possono influenzare i confini e la gestione della vita di coppia. È comprensibile che lei si senta escluso o che percepisca la situazione come disfunzionale: in una relazione sana, è importante che entrambi i partner possano condividere spazi di intimità e momenti di vicinanza, senza sentirsi limitati o messi da parte.
Il fatto che la vostra relazione si svolga in due città diverse e che lei mantenga una vicinanza molto stretta con il figlio, dormendo nello stesso letto anche a 17 anni, può creare tensioni e difficoltà nell’instaurare un equilibrio tra il ruolo di genitore e quello di partner. È comprensibile quindi che la richiesta di maggiore condivisione degli spazi venga percepita da lei come un passo necessario per tutelare la propria relazione e il proprio benessere emotivo.
Sarebbe utile e consigliato per approfondire questa situazione e comprendere meglio le dinamiche relazionali rivolgersi a uno specialista, che possa aiutare a chiarire confini, bisogni reciproci e modalità più funzionali di gestione del rapporto di coppia.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Da quanto descrive, sembra esserci una dinamica relazionale complessa, in cui la priorità data al figlio e il senso di colpa della madre possono influenzare i confini e la gestione della vita di coppia. È comprensibile che lei si senta escluso o che percepisca la situazione come disfunzionale: in una relazione sana, è importante che entrambi i partner possano condividere spazi di intimità e momenti di vicinanza, senza sentirsi limitati o messi da parte.
Il fatto che la vostra relazione si svolga in due città diverse e che lei mantenga una vicinanza molto stretta con il figlio, dormendo nello stesso letto anche a 17 anni, può creare tensioni e difficoltà nell’instaurare un equilibrio tra il ruolo di genitore e quello di partner. È comprensibile quindi che la richiesta di maggiore condivisione degli spazi venga percepita da lei come un passo necessario per tutelare la propria relazione e il proprio benessere emotivo.
Sarebbe utile e consigliato per approfondire questa situazione e comprendere meglio le dinamiche relazionali rivolgersi a uno specialista, che possa aiutare a chiarire confini, bisogni reciproci e modalità più funzionali di gestione del rapporto di coppia.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Buongiorno,
La situazione che descrive mette in luce un equilibrio molto delicato: da una parte c’è il legame forte, quasi esclusivo, che la sua compagna mantiene con il figlio, alimentato anche dal senso di colpa per la separazione; dall’altra c’è il suo desiderio legittimo di vivere una relazione adulta e completa, con spazi di intimità riconosciuti e rispettati.
Il fatto che, a 17 anni, il figlio dorma ancora con la madre e che lei venga sistematicamente tenuto “fuori” dalla quotidianità domestica, è un segnale che qualcosa non si sta evolvendo in modo equilibrato. Non significa che lei non sia importante per la sua compagna, ma che probabilmente il suo rapporto con il figlio non le permette di fare quel passo in avanti che una coppia, col tempo, richiede. Definirla “egoista” quando esprime un suo bisogno è un modo per difendersi dal confronto con una difficoltà che lei stessa forse non riesce a gestire.
Queste dinamiche non si risolvono da sole: servono uno spazio di riflessione e un sostegno esterno che possa aiutare a leggere meglio i ruoli, le paure e i bisogni di ciascuno. Potrebbe essere molto utile, per lei e per la coppia, intraprendere dei colloqui mirati, così da trovare insieme un nuovo equilibrio senza che nessuno dei due si senta in colpa o messo da parte.
Un caro saluto
La situazione che descrive mette in luce un equilibrio molto delicato: da una parte c’è il legame forte, quasi esclusivo, che la sua compagna mantiene con il figlio, alimentato anche dal senso di colpa per la separazione; dall’altra c’è il suo desiderio legittimo di vivere una relazione adulta e completa, con spazi di intimità riconosciuti e rispettati.
Il fatto che, a 17 anni, il figlio dorma ancora con la madre e che lei venga sistematicamente tenuto “fuori” dalla quotidianità domestica, è un segnale che qualcosa non si sta evolvendo in modo equilibrato. Non significa che lei non sia importante per la sua compagna, ma che probabilmente il suo rapporto con il figlio non le permette di fare quel passo in avanti che una coppia, col tempo, richiede. Definirla “egoista” quando esprime un suo bisogno è un modo per difendersi dal confronto con una difficoltà che lei stessa forse non riesce a gestire.
Queste dinamiche non si risolvono da sole: servono uno spazio di riflessione e un sostegno esterno che possa aiutare a leggere meglio i ruoli, le paure e i bisogni di ciascuno. Potrebbe essere molto utile, per lei e per la coppia, intraprendere dei colloqui mirati, così da trovare insieme un nuovo equilibrio senza che nessuno dei due si senta in colpa o messo da parte.
Un caro saluto
Salve, è una situazione sicuramente delicata e non penso sia disfunzionale dal momento in cui a lei sta bene questa situazione. Da quello che ha scritto è una condizione sicuramente che ad oggi le sta "stretta" e forse vorrebbe qualcosa di più (intesa anche come rimanere a dormire quando è presente anche il figlio). Lei come madre ha questi sensi di colpa e sta proteggendo molto il figlio che ormai sta diventando grande e probabilmente ha già introiettato la separazione dei genitori meglio di quanto pensiamo.
A volte la troppa protezione non permette all'altro di essere libero di trovare la sua strada e sè stesso. Però su questo non possiamo interferire o decidere ma si può riflettere e fare un lavoro introspettivo per capire cosa è meglio per lei che sta scrivendo.
Se sente la necessità di parlarne rimango a disposizione, Dott.ssa Casumaro Giada
A volte la troppa protezione non permette all'altro di essere libero di trovare la sua strada e sè stesso. Però su questo non possiamo interferire o decidere ma si può riflettere e fare un lavoro introspettivo per capire cosa è meglio per lei che sta scrivendo.
Se sente la necessità di parlarne rimango a disposizione, Dott.ssa Casumaro Giada
Quello che descrivi porta alla luce una dinamica complessa e, per certi versi, disfunzionale. È comprensibile e sano che una madre dia priorità al figlio, soprattutto dopo una separazione, ma il modo in cui questa priorità viene tradotta nella quotidianità sembra andare ben oltre il normale equilibrio familiare.
Il fatto che tua compagna, dopo anni dalla separazione, continui a condividere il letto con un figlio ormai quasi maggiorenne e che ti tenga costantemente “fuori dalla porta”, persino quando sei ospite in famiglia o nella casa al mare, indica che non è riuscita a riorganizzare il proprio ruolo di madre e di donna. Sembra restare imprigionata in un rapporto di simbiosi con il figlio, alimentato dai sensi di colpa per il divorzio, che di fatto impedisce a entrambi di evolvere: a lui verso una progressiva autonomia, a lei verso una nuova relazione matura.
Non è insensibilità né egoismo da parte tua chiedere maggiore spazio e riconoscimento. Al contrario, dopo quattro anni di relazione, è naturale e legittimo desiderare una quotidianità più stabile, che includa la possibilità di condividere lo stesso tetto senza dover sempre adattarsi o rinunciare. Il fatto che lei ti risponda accusandoti di egoismo può essere un modo di difendersi dal senso di colpa che prova verso il figlio e dall’ansia di rompere un equilibrio che, seppur fragile, le dà l’illusione di protezione.
Definire questa condizione disfunzionale non significa giudicare lei come madre, ma osservare che un ragazzo di 17 anni ha bisogno di spazio e di confini adeguati per costruire la propria identità, e una relazione di coppia per crescere ha bisogno di intimità e di riconoscimento reciproco. In questo momento nessuna delle due esigenze trova il suo posto.
La domanda che ti invito a porti è se lei sia realmente disposta a mettere mano a questa situazione. Finché rimane ferma sulla difesa del legame simbiotico con il figlio e sul senso di colpa, difficilmente potrà accogliere il tuo bisogno senza viverlo come un attacco. Per questo sarebbe utile che lei, e se possibile anche tu insieme a lei, vi rivolgeste a uno spazio di consulenza psicologica o di mediazione familiare, per rimettere in ordine ruoli e confini.
Tu non sei sbagliato a chiedere di più. Sei davanti a una scelta difficile: accettare un assetto che probabilmente non cambierà se lei non deciderà di affrontarlo, oppure chiedere con chiarezza che la vostra relazione faccia un passo avanti, assumendoti il rischio che lei non se la senta.
Dott.ssa De Pretto
Il fatto che tua compagna, dopo anni dalla separazione, continui a condividere il letto con un figlio ormai quasi maggiorenne e che ti tenga costantemente “fuori dalla porta”, persino quando sei ospite in famiglia o nella casa al mare, indica che non è riuscita a riorganizzare il proprio ruolo di madre e di donna. Sembra restare imprigionata in un rapporto di simbiosi con il figlio, alimentato dai sensi di colpa per il divorzio, che di fatto impedisce a entrambi di evolvere: a lui verso una progressiva autonomia, a lei verso una nuova relazione matura.
Non è insensibilità né egoismo da parte tua chiedere maggiore spazio e riconoscimento. Al contrario, dopo quattro anni di relazione, è naturale e legittimo desiderare una quotidianità più stabile, che includa la possibilità di condividere lo stesso tetto senza dover sempre adattarsi o rinunciare. Il fatto che lei ti risponda accusandoti di egoismo può essere un modo di difendersi dal senso di colpa che prova verso il figlio e dall’ansia di rompere un equilibrio che, seppur fragile, le dà l’illusione di protezione.
Definire questa condizione disfunzionale non significa giudicare lei come madre, ma osservare che un ragazzo di 17 anni ha bisogno di spazio e di confini adeguati per costruire la propria identità, e una relazione di coppia per crescere ha bisogno di intimità e di riconoscimento reciproco. In questo momento nessuna delle due esigenze trova il suo posto.
La domanda che ti invito a porti è se lei sia realmente disposta a mettere mano a questa situazione. Finché rimane ferma sulla difesa del legame simbiotico con il figlio e sul senso di colpa, difficilmente potrà accogliere il tuo bisogno senza viverlo come un attacco. Per questo sarebbe utile che lei, e se possibile anche tu insieme a lei, vi rivolgeste a uno spazio di consulenza psicologica o di mediazione familiare, per rimettere in ordine ruoli e confini.
Tu non sei sbagliato a chiedere di più. Sei davanti a una scelta difficile: accettare un assetto che probabilmente non cambierà se lei non deciderà di affrontarlo, oppure chiedere con chiarezza che la vostra relazione faccia un passo avanti, assumendoti il rischio che lei non se la senta.
Dott.ssa De Pretto
Gentile utente,
grazie per aver condiviso con chiarezza la sua esperienza. Da ciò che racconta sembra che lei abbia molto rispetto del legame tra la sua compagna e il figlio, ma allo stesso tempo sente il bisogno, altrettanto legittimo, di un posto riconosciuto e stabile nella vita della sua partner per costruire una relazione adulta e reciproca.
Le consiglio di riflettere, non tanto su cosa è disfunzionale, ma su come si sente in questa condizione e su quali suoi bisogni restano insoddisfatti in questa relazione. Condividerlo con la sua compagna, non come critica, ma come espressione di ciò che desidera, potrebbe aprire uno spazio di dialogo diverso e la costruzione di un nuovo equilibrio.
Un cordiale saluto.
Dott.ssa Valentina Sartirana
Le consiglio di riflettere, non tanto su cosa è disfunzionale, ma su come si sente in questa condizione e su quali suoi bisogni restano insoddisfatti in questa relazione. Condividerlo con la sua compagna, non come critica, ma come espressione di ciò che desidera, potrebbe aprire uno spazio di dialogo diverso e la costruzione di un nuovo equilibrio.
Un cordiale saluto.
Dott.ssa Valentina Sartirana
Gentile utente,
la situazione che descrive evidenzia un intreccio delicato tra il legame di coppia e quello genitoriale. È comprensibile che lei percepisca frustrazione e senso di esclusione.. nella vostra relazione sembra mancare uno spazio riconosciuto e condiviso come coppia.
Il fatto che la sua compagna mantenga ancora una forte vicinanza col figlio e faccia fatica a differenziare i ruoli (madre/partner) può essere letto come il tentativo di proteggere il ragazzo da un vissuto di perdita legato alla separazione. Tuttavia, questa dinamica rischia di creare uno squilibrio che ostacola la crescita sia del figlio (verso una maggiore autonomia), sia della relazione di coppia.
Non si tratta di stabilire chi “abbia ragione”, ma di riconoscere i bisogni di tutti: quello del figlio, quello della madre e anche il suo. In questi casi un percorso di consulenza psicologica o familiare può offrire uno spazio neutro dove esplorare tali difficoltà, dare voce alle emozioni e costruire modalità di convivenza più equilibrate.
la situazione che descrive evidenzia un intreccio delicato tra il legame di coppia e quello genitoriale. È comprensibile che lei percepisca frustrazione e senso di esclusione.. nella vostra relazione sembra mancare uno spazio riconosciuto e condiviso come coppia.
Il fatto che la sua compagna mantenga ancora una forte vicinanza col figlio e faccia fatica a differenziare i ruoli (madre/partner) può essere letto come il tentativo di proteggere il ragazzo da un vissuto di perdita legato alla separazione. Tuttavia, questa dinamica rischia di creare uno squilibrio che ostacola la crescita sia del figlio (verso una maggiore autonomia), sia della relazione di coppia.
Non si tratta di stabilire chi “abbia ragione”, ma di riconoscere i bisogni di tutti: quello del figlio, quello della madre e anche il suo. In questi casi un percorso di consulenza psicologica o familiare può offrire uno spazio neutro dove esplorare tali difficoltà, dare voce alle emozioni e costruire modalità di convivenza più equilibrate.
Salve! La situazione che descrive è complessa e tocca punti molto delicati, così come i suoi dubbi più che legittimi. Ciò di qui parla potrebbe essere disfunzionale, non certamente per la presenza del figlio ma per come viene gestita la relazione. A mio parere dovrebbe affrontare in maniera diretta la sua compagna e magari chiederle come vede il suo futuro insieme a lei e cosa intende fare per ottenerlo. Queste domande potrebbero servire come spunto di riflessione per entrambi! E' importantissimo inoltre che anche lei si chieda se e per quanto tempo è disposto a continuare in questa situazione, cercando di comunicare nella maniera più onesta e aperta possibile. Resto a sua disposizione, dott.ssa Valentina Costanza
Buongiorno. certamente non è una situazione "normale".
Gentilissimo, la ringrazio per aver condiviso con sincerità la sua esperienza. Dalle sue parole emerge chiaramente la fatica di voler rispettare la relazione madre–figlio della sua compagna e, al tempo stesso, il desiderio di avere uno spazio riconosciuto come partner.
È comprensibile che questa situazione le generi sofferenza: da un lato c’è l’impegno a non interferire, dall’altro la percezione di non poter vivere pienamente la dimensione di coppia.
In questi casi può essere utile esprimere i propri bisogni in modo chiaro, cercando un confronto che non metta in contrapposizione il rapporto madre–figlio e la relazione di coppia, ma che permetta di includere entrambi. Se dovesse sentire che il dialogo non porta ai risultati sperati, un percorso di consulenza psicologica o di coppia potrebbe offrirvi uno spazio protetto per affrontare questi temi.
Un caro saluto.
È comprensibile che questa situazione le generi sofferenza: da un lato c’è l’impegno a non interferire, dall’altro la percezione di non poter vivere pienamente la dimensione di coppia.
In questi casi può essere utile esprimere i propri bisogni in modo chiaro, cercando un confronto che non metta in contrapposizione il rapporto madre–figlio e la relazione di coppia, ma che permetta di includere entrambi. Se dovesse sentire che il dialogo non porta ai risultati sperati, un percorso di consulenza psicologica o di coppia potrebbe offrirvi uno spazio protetto per affrontare questi temi.
Un caro saluto.
Stai ancora cercando una risposta? Poni un'altra domanda
Tutti i contenuti pubblicati su MioDottore.it, specialmente domande e risposte, sono di carattere informativo e in nessun caso devono essere considerati un sostituto di una visita specialistica.