Al momento sono arrabbaiti con me: genitori, psicoterapeuta, amici (e lo sarebbero tutti se solo sap
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Al momento sono arrabbaiti con me: genitori, psicoterapeuta, amici (e lo sarebbero tutti se solo sapessero). Sono tipica fare mille progetti, farmi aspettative altissime per poi mollare subito prima di farli o dopo poco(ho un disturbo di personalità). è già successo troppe volte, ed è successo ora per una cosa in cui credevo veramente: tornare in università. ci credevo davvero. Ci ho lavorato per un anno: lavorando in condizioni assurde, facendo psicoterapia e prendendo farmaci, ripassando durante i lockdown, risparmiando su tutto, facendo test e preparando documenti. Prima di iniziare, le tasse dell'università mi hanno fatto crollare, stare e sto ancora molto male. Iniziano i corsi, non sono entusiasta e mi passa la voglia (a questo punto mi chiedo se ce l'avevo davvero perhcè non sapevo che dovevo studiare così tanto): non trovo nulla di interessante nei corsi, non voglio studiare per dare gli esami (ma studiar ei manuali pe rme si), non me ne frega nulla. anni fa tentai di nuovo l'università, lasciai poco dopo per gli stessi motivi. è un duro colpo, sto ancora metabolizzando, forse fare progetti per me è pura illusione. però piuttosto che buttarmi troppo giù mi sto mettendo subito a cercare lavoro, a darmi da fare. eppure sono circondata da tanta rabbia(ormai sono etichettata come bugiarda patologiaca dai miei genitori). è vero mi vergogno del mio status, non mi va di dirlo in giro, però ho capito che non posso stare troppo a star male(sarà che ormia ci sono abituata a questa cosa che non mi fa più effetto), devo andare avanti in qualche modo. sto sbagliando a reagire così dal punto di vista clinico? non intendo se dovessi provare o meno con l'università, ormai la frittata è fatta, è meglio non fare progetti, prend il lavoro che capita e vai avanti. la mia situazione è talmente grave da richiedere un altro tipo di intervento(tso o altro)? perchè chi mi circonda sono arrabbiati con me se io ci ho messo i soldi e le energie e lo sbaglio l'ho fatto io e solo io? vi ringrazio
Salve, mi spiace molto per la situazione ed il disagio che descrive e comprendo quanto possa essere difficile per lei convivere con questa situazione riportata. E’ probabile che ciò che acuisce la sua sofferenza siano proprio i pensieri relativi al fatto che gli altri siano arrabbiati con lei, ritengo comunque fondamentale proseguire il percorso terapeutico ed affrontare con il suo terapeuta la questione e “verificare” se questa rabbia che teme è reale oppure frutto di una sua paura che, purtroppo, ostacola ulteriormente una situazione giià difficile di suo. Le faccio un grande in bocca al lupo.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott. FDL
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Buongiorno ,credo che la strada migliore sia quella di parlare con il suo psicoterapeuta e capire le motivazioni ,le resistenze psicologiche ,le paure e le insicurezze che ostacolano le sue scelte evolutive Un caro saluto dottssa Luciana Harari
Salve. A volte capita di fare dei progetti più per adeguarsi alle aspettative del mondo che veri progetti per se stessi. E, può succedere di perdere la motivazione perché in realtà, forse, non c'è stata una motivazione vera fin dall'inizio. Si confronti con la sua psicoterapeuta per indagare le cause della perdita delle motivazioni e sulla possibilità di scoprire cosa le interessa davvero andando a stimolare la fiducia in sé che l'aiuterà a fare chiarezza. Distinti saluti
Gentile utente credo che la strada migliore sia quella di cercare un dialogo di confronto con il proprio terapeuta. La rabbia, come la delusione, la resistenza sono emozioni che possono essere presenti all'interno di tutte le relazioni (anche in quella terapeutica) ma possono essere comprese, elaborate e superate. Bisognerebbe capire anche la sua interpretazione di ciò. Dopo il lungo lavoro svolto, penso che questa possa essere non una conferma del suo non portare avanti progetti, ma un occasione per leggere dentro un esperienza e comprendere nuovi aspetti. Non abbia paura!
Cordiali Saluti
Dott. Alessia Battista
Cordiali Saluti
Dott. Alessia Battista
Gentile utente, si confronti con la sua psicoterapeuta, parlando anche di ciò che l'ha spinta a cercare parere altrove.
Un cordiale saluto, Dott.ssa Pamela Cornacchia
Un cordiale saluto, Dott.ssa Pamela Cornacchia
Buonasera, si combatte sempre ma a volte bisogna anche fermarsi e lasciare andare...la rabbia credo che non aiuta a seminare frutti positivi ma solo rancore, sensi di colpa e fallimento per ciò che non si riesce a raggiungere e crollano tutti i progetti. Mi chiedo come può la sua terapeuta esprimere rabbia nei suoi confronti, la relazione che si instaura
in un percorso deve essere sempre condiviso e per questo le suggerisco di affrontarla. La supporto in questo se ritiene mi rendo a disposizione per un consulto anche online, anche solo per non perdere tutti gli anni anni che sta "combattendo" per una arrabbiatura. Saluti
in un percorso deve essere sempre condiviso e per questo le suggerisco di affrontarla. La supporto in questo se ritiene mi rendo a disposizione per un consulto anche online, anche solo per non perdere tutti gli anni anni che sta "combattendo" per una arrabbiatura. Saluti
Buongiorno e mi dispiace molto per la situazione. Anche a me non è chiara la situazione del come mai gli altri sono così arrabbiati...glielo hai chiesto? Cosa è successo oltre a non portare a termine i progetti per essere etichettata come bugiarda patologica?
Come mai pensavi che stavolta sarebbe stato diverso con l'università? E mi ha colpito il sarebbero arrabbiati tutti se sapessero..che cosa?
Sicuramente confrontarsi con il tuo terapeuta ti aiuterebbe per fare chiarezza sulla relazione e proseguire un percorso per lavorare su quello che ritieni di affrontare.
Saluti
Elisabetta
Come mai pensavi che stavolta sarebbe stato diverso con l'università? E mi ha colpito il sarebbero arrabbiati tutti se sapessero..che cosa?
Sicuramente confrontarsi con il tuo terapeuta ti aiuterebbe per fare chiarezza sulla relazione e proseguire un percorso per lavorare su quello che ritieni di affrontare.
Saluti
Elisabetta
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Salve, provi a parlare con il suo terapeuta di questi vissuti - anche del fatto che ha chiesto parere altrove - così da comprendere le resistenze, le motivazioni dei suoi blocchi evolutivi, il perché dell'accanimento Universitario (non è un titolo universitario che ci rende degni di essere apprezzati) e del mentire o omettere info importanti (cosa temiamo che succeda se ci mostriamo veramente per quelle che siamo? Che valenza diamo all'idea di deludere). Spesso crescere comporta il dover deludere le aspettative che gli adulti di riferimento avevano riposto in noi così da sperimentare di poter essere individui autentici (che si prendono le proprie responsabilità effettuando scelte autonome) e amabili per quello che siamo, non per quello che crediamo che l'altro voglia che fossimo costruendo, in questo modo, un Vero Se'. Se ha dubbi in merito alla "gravità della sua sofferenza tanto da chiedere se sia il caso di effettuare un Tso o prendere farmaci, ne parli accuratamente con la sua Terapeuta che, conoscendo la sua Storia Clinica, potrà sicuramente orientarla nel modo più salutare per lei. In bocca al lupo. Dr.ssa Miraglia
Salve, le consiglio di continuare a confrontarsi con il terapeuta che già la segue per evitare di confondersi.
Buona giornata.
Dott. Fiori
Buona giornata.
Dott. Fiori
Gentile utente di mio dottore,
avendo già iniziato un percorso psicoterapico le consiglio di portare tali riflessioni all'interno dell setting terapeutico. I suoi pensieri potrebbero rivelarsi utili ai fini del processo terapeutico. In questo momento pareri aggiuntivi, potrebbero alimentare lo stato di confusione in cui si trova ed inquinare la terapia già in corso; tutto ciò sarebbe anti-terapeutico
Proceda nel modo indicato, è la cosa più corretta da fare mi creda.
Cordiali Saluti
Dottor Diego Ferrara
avendo già iniziato un percorso psicoterapico le consiglio di portare tali riflessioni all'interno dell setting terapeutico. I suoi pensieri potrebbero rivelarsi utili ai fini del processo terapeutico. In questo momento pareri aggiuntivi, potrebbero alimentare lo stato di confusione in cui si trova ed inquinare la terapia già in corso; tutto ciò sarebbe anti-terapeutico
Proceda nel modo indicato, è la cosa più corretta da fare mi creda.
Cordiali Saluti
Dottor Diego Ferrara
È meglio che parli del suo stato con il suo psicoterapeuta che la conosce e ha sicuramente più elementi di noi per aiutarla
Gentile Amica,
nel suo racconto ci sono tante spinte contraddittorie, e si capisce bene che questo le crei confusione e dolore. Una cosa mi ha colpito: perché crede che il suo terapeuta possa essere arrabbiato/a on lei? Sembra che viva la figura del terapeuta come vive quella dei suoi genitori... parli di questa sua idea circa la rabbia con il suo/la sua terapeuta perché potreste scoprire molte cose interessanti!
Continui con la terapia che sta facendo, e abbia fiducia.
con i migliori auguri,
dr. Ventura
nel suo racconto ci sono tante spinte contraddittorie, e si capisce bene che questo le crei confusione e dolore. Una cosa mi ha colpito: perché crede che il suo terapeuta possa essere arrabbiato/a on lei? Sembra che viva la figura del terapeuta come vive quella dei suoi genitori... parli di questa sua idea circa la rabbia con il suo/la sua terapeuta perché potreste scoprire molte cose interessanti!
Continui con la terapia che sta facendo, e abbia fiducia.
con i migliori auguri,
dr. Ventura
Buongiorno, mi dispiace per la situazione di disagio che sta attraversando, capisco che possa essere difficile. Credo sia fondamentale proseguire il percorso con la sua psicoterapeuta, e capire se questa rabbia di cui parla è una sua interpretazione oppure no. In ogni caso, lo spazio terapeutico è il luogo giusto in cui analizzare queste emozioni, quale la rabbia o la delusione. Cordialmente, Dott.ssa Valentina Maccioni
Gentile utente, riportare tutto in terapia è sempre consigliato per esternare queste emozioni e vissuti in modo tale che possano essere visti alla luce di nuovi punti di vista.
Cordialmente, Dott.ssa Veneziano
Cordialmente, Dott.ssa Veneziano
Buongiorno, mi dispiace leggere le sue parole perché mi sembra di cogliere paura e delusione. Per questo mi chiedo se la rabbia che sente all'esterno, da parte di genitori, amici e terapeuta, non sia un po' anche la rabbia che prova per se stessa. Se così fosse, sarebbe assolutamente comprensibile. Penso sia necessario darsi del tempo per affrontare questi temi, anche all'interno della terapia. Come ogni altra relazione della vita, anche quella con il proprio terapeuta può attraversare fasi più complicate, in cui ci si arrabbia. E' del tutto fisiologico, l'importante è poterne parlare insieme per dare un significato alle emozioni che si vivono. Le faccio un grande augurio per il suo lavoro e i suoi progetti, qualsiasi essi siano! Dott.ssa Ravani
Gentile utente, credo che rompere una routine non sia una cosa negativa ma un segnale positivo. Bisognerebbe conoscere molto di più su di lei ma forse la psicoterapia può aiutarla a trovare ciò che lei veramente vuole e desidera dalla sua vita. Provare nuove esperienza non necessariamente è qualcosa di negativo.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Buonasera, mi spiace molto che lei stia parlando un momento così difficile. La rabbia è sempre un emozione difficile da gestire. Detto ciò non mi è chiaro come mai le persone intorno a lei sono così arrabbiate con lei?
Nel suoi racconto tante cose mi colpiscono: la scelta di ricominciare a studiare era davvero un suo desiderio o forse era la ciò che pensava gli altri avrebbero voluto per lei?
Lei dice di essere una persona che si sta attivando per cercare lavoro per non stare ferma in attesa di qualcosa, questo mi fa pensare che lei abbia delle risorse che non è tutto così svalutante come lo e si descrive.
Sarebbe importante che lei rimandi tutto quello che ha scritto qui a noi al suo psicoterapista per lavorare con lui su quelle che sono le sue domande e preoccupazioni.
Rimango a sua disposizione per qualsiasi necessità
Dott.ssa Alessia D’Angelo
Nel suoi racconto tante cose mi colpiscono: la scelta di ricominciare a studiare era davvero un suo desiderio o forse era la ciò che pensava gli altri avrebbero voluto per lei?
Lei dice di essere una persona che si sta attivando per cercare lavoro per non stare ferma in attesa di qualcosa, questo mi fa pensare che lei abbia delle risorse che non è tutto così svalutante come lo e si descrive.
Sarebbe importante che lei rimandi tutto quello che ha scritto qui a noi al suo psicoterapista per lavorare con lui su quelle che sono le sue domande e preoccupazioni.
Rimango a sua disposizione per qualsiasi necessità
Dott.ssa Alessia D’Angelo
Gentile utente, la ringrazio per aver condiviso i suoi dubbi con noi. Comprendo le sue difficoltà e le sue preoccupazioni, e mi dispiace per i vissuti negativi che queste le provocano. Qualora dovesse ritenerlo opportuno o necessario, mi rendo disponibile a cominciare con lei un percorso , che potrebbe tornarle utile per esplorare ed approfondire le sue emozioni, esperienze e valori al fine di trovare una strada percorribile e ritrovare la serenità.
Tenga a mente che il benessere mentale è una priorità, e trovare il professionista giusto può fare la differenza.
Qualora dovesse avere dubbi, domande, o perplessità riguardo al mio lavoro non esiti a contattarmi.
Un caro saluto, dott. Daniele D’Amico
Tenga a mente che il benessere mentale è una priorità, e trovare il professionista giusto può fare la differenza.
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Gentile utente,
trasmette il suo disagio con grande sincerità e le sue domande sono tanto complesse, quanto espressione di bisogni profondi di serenità, riconciliazione con la vita e comprensione da parte delle altre persone.
Da quel che descrive, sembra incastrata in un loop psicologico che rimbalza tra delusioni e fallimenti del passato, e paura di fare progetti o creare aspettative nel futuro. Il disturbo di personalità potrebbe acuire questa condizione di ansia e insoddisfazione, di scarsa autostima e sconforto.
Il professionista che la segue non penso possa provare rabbia nei suoi confronti, o assumere tono di rimprovero (se fosse così, qualcosa nel rapporto terapeutico sta andando come non dovrebbe). Semmai dovrebbe trovare in lei/lui quello specchio di compassione di cui ha veramente bisogno e una guida per trovare il "suo" modo di essere felice e soddisfatta.
Una chiave credo debba essere radicarsi maggiormente nel presente. Certo la vita ci impone di guardare indietro ai nostri errori e di creare saggezza, così come ci sembra obbligare a fare progetti e investimenti sicuri (ma di sicuro non c'è nulla) sul nostro futuro. La verità è che possiamo condizionare esclusivamente il presente e dovremmo insistentemente cercare di essere bravi nelle piccole scelte quotidiane di benessere.
Si tratta di mettere attenzione su quelle abitudini che possono aprire la mente alle emozioni positive, cioè a micro-momenti di connessione positiva con la realtà circostante, con quello che possiamo vedere o ascoltare, con quello che stiamo facendo, magari di interessante o divertente, con le persone significative che fanno parte della nostra vita.
Questi piccoli passi, le piccole abitudini, sono ciò che veramente conta per percepire soddisfazione di vita. Certo, senz'altro, si possono allineare in un disegno più grande e lungimirante che riguarda obiettivi protratti nel futuro, ma che dipendono da come possiamo condizionarli, giorno per giorno, con il nostro atteggiamento, le nostre decisioni e comportamenti.
Il mio consiglio, che può tranquillamente riportare al suo terapeuta, è di intraprendere un percorso di Mindfulness, orientato al radicamento sul presente, su progetti a breve o brevissimo termine, a condividere le responsabilità con persone di fiducia, delegando quando possibile le incombenze che le creano disagio.
Potreste anche porre attenzione sull'efficacia delle pratiche Mindfulness per controllare gli effetti dello stress e incrementare le occasioni di rilassamento e armonia con sé stessi, con il proprio corpo e i propri pensieri.
Questo diverso modo di vivere il presente, il qui e ora, le sarebbe di grande aiuto nel suo normale percorso terapeutico di gestione del disturbo di personalità. Avrebbe un'opportunità per uscire dal loop di pensieri intrusivi e giudicanti che la costringono a fare continuamente i conti con gli errori del passato (almeno quelli che lei, o altri, reputano errori, ma che potrebbero essere accettati più semplicemente come passaggi utili alla crescita e alla comprensione).
Tentare di essere felici è un diritto, ed è un merito a cui tutti possiamo ambire.
Le auguro il meglio,
Dott. Antonio Cortese
trasmette il suo disagio con grande sincerità e le sue domande sono tanto complesse, quanto espressione di bisogni profondi di serenità, riconciliazione con la vita e comprensione da parte delle altre persone.
Da quel che descrive, sembra incastrata in un loop psicologico che rimbalza tra delusioni e fallimenti del passato, e paura di fare progetti o creare aspettative nel futuro. Il disturbo di personalità potrebbe acuire questa condizione di ansia e insoddisfazione, di scarsa autostima e sconforto.
Il professionista che la segue non penso possa provare rabbia nei suoi confronti, o assumere tono di rimprovero (se fosse così, qualcosa nel rapporto terapeutico sta andando come non dovrebbe). Semmai dovrebbe trovare in lei/lui quello specchio di compassione di cui ha veramente bisogno e una guida per trovare il "suo" modo di essere felice e soddisfatta.
Una chiave credo debba essere radicarsi maggiormente nel presente. Certo la vita ci impone di guardare indietro ai nostri errori e di creare saggezza, così come ci sembra obbligare a fare progetti e investimenti sicuri (ma di sicuro non c'è nulla) sul nostro futuro. La verità è che possiamo condizionare esclusivamente il presente e dovremmo insistentemente cercare di essere bravi nelle piccole scelte quotidiane di benessere.
Si tratta di mettere attenzione su quelle abitudini che possono aprire la mente alle emozioni positive, cioè a micro-momenti di connessione positiva con la realtà circostante, con quello che possiamo vedere o ascoltare, con quello che stiamo facendo, magari di interessante o divertente, con le persone significative che fanno parte della nostra vita.
Questi piccoli passi, le piccole abitudini, sono ciò che veramente conta per percepire soddisfazione di vita. Certo, senz'altro, si possono allineare in un disegno più grande e lungimirante che riguarda obiettivi protratti nel futuro, ma che dipendono da come possiamo condizionarli, giorno per giorno, con il nostro atteggiamento, le nostre decisioni e comportamenti.
Il mio consiglio, che può tranquillamente riportare al suo terapeuta, è di intraprendere un percorso di Mindfulness, orientato al radicamento sul presente, su progetti a breve o brevissimo termine, a condividere le responsabilità con persone di fiducia, delegando quando possibile le incombenze che le creano disagio.
Potreste anche porre attenzione sull'efficacia delle pratiche Mindfulness per controllare gli effetti dello stress e incrementare le occasioni di rilassamento e armonia con sé stessi, con il proprio corpo e i propri pensieri.
Questo diverso modo di vivere il presente, il qui e ora, le sarebbe di grande aiuto nel suo normale percorso terapeutico di gestione del disturbo di personalità. Avrebbe un'opportunità per uscire dal loop di pensieri intrusivi e giudicanti che la costringono a fare continuamente i conti con gli errori del passato (almeno quelli che lei, o altri, reputano errori, ma che potrebbero essere accettati più semplicemente come passaggi utili alla crescita e alla comprensione).
Tentare di essere felici è un diritto, ed è un merito a cui tutti possiamo ambire.
Le auguro il meglio,
Dott. Antonio Cortese
Gentile utente,
non credo sia bene che lei si senta sbagliata per aver provato a seguire un progetto, forse lei sta cercando solo cercando la sua strada nella vita.
Cerchi di trovare cosa la faccia sentire felice, seguendo le sue passioni e i suoi talenti, magari il professionista che la segue la può aiutare in questo.
Spero di esserle stato utile.
Cordiali Saluti
dott. Carlo M. R. Flamini
non credo sia bene che lei si senta sbagliata per aver provato a seguire un progetto, forse lei sta cercando solo cercando la sua strada nella vita.
Cerchi di trovare cosa la faccia sentire felice, seguendo le sue passioni e i suoi talenti, magari il professionista che la segue la può aiutare in questo.
Spero di esserle stato utile.
Cordiali Saluti
dott. Carlo M. R. Flamini
Capisco che ti senti sopraffatta da una serie di emozioni difficili, e la situazione che stai attraversando sembra davvero dolorosa e complessa. Ti ringrazio per aver condiviso così sinceramente la tua esperienza.
Innanzitutto, voglio dirti che non stai "sbagliando" nel cercare di reagire alla situazione, anche se ti sembra di non aver preso la strada giusta. A volte, quando ci troviamo a fronteggiare frustrazioni e delusioni, la nostra reazione più naturale è quella di cercare di andare avanti il più velocemente possibile, di non fermarsi troppo a riflettere sul passato, per evitare il dolore del fallimento. Ma questo non significa che non ci sia spazio per esplorare e affrontare il dolore in modo più profondo e consapevole. Il fatto che tu stia cercando di andare avanti e di metterti alla ricerca di un lavoro è una reazione sana, perché stai cercando di fare qualcosa per te stessa.
Riguardo alla tua domanda sulla reazione "clinica", quello che descrivi non sembra indicare la necessità di un intervento come un TSO, a meno che tu non stia vivendo un’emergenza o un forte pericolo per te stessa. È comprensibile che tu stia attraversando una fase di grande rabbia, frustrazione e senso di colpa, soprattutto perché hai fatto molti sacrifici per avvicinarti a questo obiettivo dell'università, e ora ti trovi a dover fare i conti con un fallimento che ti fa sentire come se stessi deludendo te stessa e chi ti sta intorno. La rabbia che senti potrebbe derivare dal senso di incompletamento e dalla frustrazione per non essere riuscita a mantenere le tue aspettative, e anche per la difficoltà che provi nel confrontarti con l’idea che gli altri ti vedano in un certo modo.
L’aspetto del "disturbo di personalità" che menzioni potrebbe essere legato alla difficoltà che hai nel gestire le aspettative e nel mantenere progetti a lungo termine, ma questo non significa che tu non possa imparare a gestire meglio la situazione. Se non l'hai già fatto, parlane con la tua psicoterapeuta, perché potrebbe esserci un’opportunità di lavorare su come migliorare la gestione dei tuoi obiettivi, in modo da non sentirti più intrappolata in un circolo di aspettative troppo alte, seguite dalla frustrazione per non averle raggiunte.
Per quanto riguarda l'università, è possibile che tu stia vivendo una sensazione di "saturazione" rispetto a questa esperienza, soprattutto dopo averci investito così tanto impegno. Potresti aver idealizzato il percorso, e una volta che hai iniziato, ti sei trovata di fronte a una realtà che non corrispondeva alle tue aspettative. Questo accade spesso, e non significa che tu non abbia le potenzialità o il valore per affrontare un percorso accademico, ma potrebbe essere che non sia il momento giusto per te, o che non sia il tipo di percorso che ti soddisfi davvero in questo momento della tua vita.
Sulla questione delle tue relazioni familiari e con gli amici, è comprensibile che tu ti senta giudicata e fraintesa. La pressione di dover giustificare le tue scelte può essere pesante, ma è importante ricordare che la tua salute mentale e il tuo benessere vengono prima di tutto. Se ti senti di aver bisogno di un supporto maggiore per affrontare la frustrazione e la rabbia che provi, un terapeuta può aiutarti a esplorare questi sentimenti e a trovare modi più sani per gestirli, in modo che tu possa fare pace con te stessa e con gli altri.
In sintesi, non stai sbagliando a reagire cercando di andare avanti, ma potresti considerare l'idea di dare spazio a una riflessione più profonda su cosa vuoi davvero e su come affrontare la frustrazione. Lavorare con la tua psicoterapeuta su questi temi potrebbe davvero aiutarti a trovare la strada giusta, senza giudicarti troppo duramente.
Se ti senti pronta, potresti anche esplorare altre opzioni professionali che ti soddisfino, invece di mettere tutte le tue energie su un progetto che non ti sta più dando ciò che speravi. Va bene cambiare idea, e ogni passo, anche se non corrisponde alle aspettative iniziali, è comunque un passo importante nel tuo percorso.
Spero che queste riflessioni ti siano utili, e ti incoraggio a continuare a prenderti cura di te stessa. Se hai bisogno di parlare ulteriormente, sono qui.
Innanzitutto, voglio dirti che non stai "sbagliando" nel cercare di reagire alla situazione, anche se ti sembra di non aver preso la strada giusta. A volte, quando ci troviamo a fronteggiare frustrazioni e delusioni, la nostra reazione più naturale è quella di cercare di andare avanti il più velocemente possibile, di non fermarsi troppo a riflettere sul passato, per evitare il dolore del fallimento. Ma questo non significa che non ci sia spazio per esplorare e affrontare il dolore in modo più profondo e consapevole. Il fatto che tu stia cercando di andare avanti e di metterti alla ricerca di un lavoro è una reazione sana, perché stai cercando di fare qualcosa per te stessa.
Riguardo alla tua domanda sulla reazione "clinica", quello che descrivi non sembra indicare la necessità di un intervento come un TSO, a meno che tu non stia vivendo un’emergenza o un forte pericolo per te stessa. È comprensibile che tu stia attraversando una fase di grande rabbia, frustrazione e senso di colpa, soprattutto perché hai fatto molti sacrifici per avvicinarti a questo obiettivo dell'università, e ora ti trovi a dover fare i conti con un fallimento che ti fa sentire come se stessi deludendo te stessa e chi ti sta intorno. La rabbia che senti potrebbe derivare dal senso di incompletamento e dalla frustrazione per non essere riuscita a mantenere le tue aspettative, e anche per la difficoltà che provi nel confrontarti con l’idea che gli altri ti vedano in un certo modo.
L’aspetto del "disturbo di personalità" che menzioni potrebbe essere legato alla difficoltà che hai nel gestire le aspettative e nel mantenere progetti a lungo termine, ma questo non significa che tu non possa imparare a gestire meglio la situazione. Se non l'hai già fatto, parlane con la tua psicoterapeuta, perché potrebbe esserci un’opportunità di lavorare su come migliorare la gestione dei tuoi obiettivi, in modo da non sentirti più intrappolata in un circolo di aspettative troppo alte, seguite dalla frustrazione per non averle raggiunte.
Per quanto riguarda l'università, è possibile che tu stia vivendo una sensazione di "saturazione" rispetto a questa esperienza, soprattutto dopo averci investito così tanto impegno. Potresti aver idealizzato il percorso, e una volta che hai iniziato, ti sei trovata di fronte a una realtà che non corrispondeva alle tue aspettative. Questo accade spesso, e non significa che tu non abbia le potenzialità o il valore per affrontare un percorso accademico, ma potrebbe essere che non sia il momento giusto per te, o che non sia il tipo di percorso che ti soddisfi davvero in questo momento della tua vita.
Sulla questione delle tue relazioni familiari e con gli amici, è comprensibile che tu ti senta giudicata e fraintesa. La pressione di dover giustificare le tue scelte può essere pesante, ma è importante ricordare che la tua salute mentale e il tuo benessere vengono prima di tutto. Se ti senti di aver bisogno di un supporto maggiore per affrontare la frustrazione e la rabbia che provi, un terapeuta può aiutarti a esplorare questi sentimenti e a trovare modi più sani per gestirli, in modo che tu possa fare pace con te stessa e con gli altri.
In sintesi, non stai sbagliando a reagire cercando di andare avanti, ma potresti considerare l'idea di dare spazio a una riflessione più profonda su cosa vuoi davvero e su come affrontare la frustrazione. Lavorare con la tua psicoterapeuta su questi temi potrebbe davvero aiutarti a trovare la strada giusta, senza giudicarti troppo duramente.
Se ti senti pronta, potresti anche esplorare altre opzioni professionali che ti soddisfino, invece di mettere tutte le tue energie su un progetto che non ti sta più dando ciò che speravi. Va bene cambiare idea, e ogni passo, anche se non corrisponde alle aspettative iniziali, è comunque un passo importante nel tuo percorso.
Spero che queste riflessioni ti siano utili, e ti incoraggio a continuare a prenderti cura di te stessa. Se hai bisogno di parlare ulteriormente, sono qui.
Buongiorno, la sua narrazione mette in evidenza un grande intreccio di emozioni e conflitti riguardo alla possibilità di proseguire un percorso che, per vari motivi, si rivelano più difficili di quanto si aspettasse. È comprensibile che, dopo aver investito molto in un progetto come l'università, ci si senta smarriti quando tutto sembra sgretolarsi e si accumulano sensazioni di fallimento e rabbia. La sua reazione di mettere subito pressione sul cercare un lavoro è un modo per evitare di restare ancorata a un senso di ingiustizia, un modo per mantenere un appiglio in un sistema che altrimenti appare imperscrutabile e ostile. Quelle sensazioni di rabbia verso se stessa e i commenti da parte dei familiari indicano che si trova di fronte a un nodo più profondo: il modo in cui si rapporta alle proprie aspettative e al giudizio degli altri. La percezione di essere etichettata come bugiarda o patologica può influenzare la sua autostima e amplificare un senso di isolamento. È importante riconoscere che questa sofferenza non deve assolutamente essere sottovalutata, e che il suo desiderio di andare avanti, nonostante tutto, è già di per sé una forma di resistenza. L’intervento più utile, in questa fase, non è una diagnosi o un'etichetta, ma uno spazio di ascolto in cui possa esplorare le radici di queste emozioni e come esse si infiltrano nel suo modo di vivere e di percepirsi.
Se desidera, possiamo lavorare insieme affinché possa recuperare un senso di sé più libero e autentico, senza giudizio e con attenzione alle sue reali esigenze.
Sono qui per ascoltarla.
Cordialmente, dottoressa Laura Lanocita.
Se desidera, possiamo lavorare insieme affinché possa recuperare un senso di sé più libero e autentico, senza giudizio e con attenzione alle sue reali esigenze.
Sono qui per ascoltarla.
Cordialmente, dottoressa Laura Lanocita.
Gentile utente,
dalle sue parole emerge un grande sforzo di comprensione e lucidità: lei sta cercando di dare un senso a ciò che accade, pur nel dolore e nella confusione. La dinamica che descrive — il partire con entusiasmo per poi sentirsi svuotata e perdere interesse — è tipica di chi vive un’elevata fluttuazione emotiva, spesso legata a un disturbo di personalità (come accenna lei stessa), in cui l’identità e la motivazione possono cambiare rapidamente, in base al contesto e allo stato interno.
Non si tratta di “pigrizia” o “bugie patologiche”, ma di una reale difficoltà nel mantenere coerenza tra desiderio e azione: la mente costruisce progetti che, all’inizio, danno senso e speranza, ma quando si passa alla fase di realtà — fatica, lentezza, obblighi — qualcosa dentro di lei si spegne, come se venisse meno la connessione emotiva con quel progetto. Questo può essere molto frustrante, soprattutto perché da fuori gli altri vedono solo il “mollare tutto” e non comprendono la sofferenza che c’è dietro.
Rispetto alla sua reazione attuale — cercare lavoro e andare avanti — non è affatto sbagliata, anzi: mostra una capacità di reagire, di rialzarsi e di evitare di sprofondare nel senso di fallimento. Non sta negando la delusione, ma sta cercando un modo per non farsi travolgere.
Tuttavia, le suggerirei di non “archiviare” tutto come se il problema fosse solo l’università o i progetti. La questione più profonda sembra essere il modo in cui si rapporta alla progettualità e all’autostima, e su questo vale la pena continuare a lavorare con la sua psicoterapeuta (magari parlando apertamente anche della rabbia che percepisce attorno a sé).
Un TSO o un intervento d’urgenza non sembrano necessari da quanto descrive: lei è lucida, consapevole e capace di analizzare la propria situazione, anche se con fatica.
Ciò che serve è piuttosto un lavoro di continuità terapeutica, dove la finalità non sia “portare a termine un progetto”, ma capire come costruire progetti compatibili con i propri ritmi e i propri limiti emotivi.
Può essere utile anche:
definire obiettivi molto piccoli e realistici, per allenare la fiducia nel poterli mantenere;
imparare a tollerare la noia e la fatica senza viverle come segnale di fallimento;
lavorare sul senso di colpa e sull’immagine di sé, spesso distorti dal giudizio degli altri.
Non è la gravità della situazione a definire il suo valore, ma la volontà di affrontarla — e questo, da quanto scrive, lei lo sta già facendo.
Dott.ssa Sara Petroni
dalle sue parole emerge un grande sforzo di comprensione e lucidità: lei sta cercando di dare un senso a ciò che accade, pur nel dolore e nella confusione. La dinamica che descrive — il partire con entusiasmo per poi sentirsi svuotata e perdere interesse — è tipica di chi vive un’elevata fluttuazione emotiva, spesso legata a un disturbo di personalità (come accenna lei stessa), in cui l’identità e la motivazione possono cambiare rapidamente, in base al contesto e allo stato interno.
Non si tratta di “pigrizia” o “bugie patologiche”, ma di una reale difficoltà nel mantenere coerenza tra desiderio e azione: la mente costruisce progetti che, all’inizio, danno senso e speranza, ma quando si passa alla fase di realtà — fatica, lentezza, obblighi — qualcosa dentro di lei si spegne, come se venisse meno la connessione emotiva con quel progetto. Questo può essere molto frustrante, soprattutto perché da fuori gli altri vedono solo il “mollare tutto” e non comprendono la sofferenza che c’è dietro.
Rispetto alla sua reazione attuale — cercare lavoro e andare avanti — non è affatto sbagliata, anzi: mostra una capacità di reagire, di rialzarsi e di evitare di sprofondare nel senso di fallimento. Non sta negando la delusione, ma sta cercando un modo per non farsi travolgere.
Tuttavia, le suggerirei di non “archiviare” tutto come se il problema fosse solo l’università o i progetti. La questione più profonda sembra essere il modo in cui si rapporta alla progettualità e all’autostima, e su questo vale la pena continuare a lavorare con la sua psicoterapeuta (magari parlando apertamente anche della rabbia che percepisce attorno a sé).
Un TSO o un intervento d’urgenza non sembrano necessari da quanto descrive: lei è lucida, consapevole e capace di analizzare la propria situazione, anche se con fatica.
Ciò che serve è piuttosto un lavoro di continuità terapeutica, dove la finalità non sia “portare a termine un progetto”, ma capire come costruire progetti compatibili con i propri ritmi e i propri limiti emotivi.
Può essere utile anche:
definire obiettivi molto piccoli e realistici, per allenare la fiducia nel poterli mantenere;
imparare a tollerare la noia e la fatica senza viverle come segnale di fallimento;
lavorare sul senso di colpa e sull’immagine di sé, spesso distorti dal giudizio degli altri.
Non è la gravità della situazione a definire il suo valore, ma la volontà di affrontarla — e questo, da quanto scrive, lei lo sta già facendo.
Dott.ssa Sara Petroni
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