Esperienze
Due anni più tardi mi trasferisco a Pavia e conseguo nella sua splendida Università la Laurea Magistrale in Psicologia, prediligendo le materie cliniche e sperimentali. Nel 2021 faccio esperienza di tirocinio prima presso l'Istituto Clinico Mi.Cal a Milano e poi presso la Cooperativa Sociale "Casa del Giovane", nella quale lavoro tutt'ora.
Nel 2022 mi abilito all'esercizio della professione ed attualmente sono regolarmente iscritto all'Albo degli Psicologi della Lombardia.
Sono in formazione come psicoterapeuta presso la Scuola di Formazione in Psicoterapia Cognitiva del Centro di Terapia Cognitiva (CTC) di Como.
Mi occupo di adulti, giovani adulti ed adolescenti.
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3 recensioni
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Emanuel V.
Luca ha la capacità
di ascoltare con empatia e attenzione, al contempo immedesimandosi e osservando dall' esterno. È una persona preparata, aggiornata nel suo campo, e il modo in cui riesce a cogliere le sfumature emotive e il contesto di ogni situazione lo speciale . La sua dedizione verso il benessere è genuina e palpabile, mi sento di consigliarlo a chiunque decida di prendersi cura di sé attraverso un percorso terapeutico.
E.S.
Ho dovuto di recente gestire una lutto. Luca ha mantenuto un equilibrio tra sensibilità e professionalità che non ho riscontrato in altri terapisti.
S.D.
Ho trovato nel dott. La Forgia una persona precisa ed estremamente attenta alle esigenze degli altri. Certamente una persona a cui potersi affidare.
Risposte ai pazienti
ha risposto a 1 domande da parte di pazienti di MioDottore
Buongiorno, ho 25 anni, e a Maggio mi sono trasferita col mio ragazzo in un'altra città, per lavoro. Sono 5 anni che stiamo insieme, ed erano mesi e mesi che volevo andare a convivere perché non riuscivo più a stare lontana da lui (abitavamo lontani e ci vedevamo solo nel fine settimana), ma non potevamo perché studiavamo ancora e non potevamo mantenerci. Arrivata questa opportunità, sono stata felicissima: avremmo avuto la nostra casa, finalmente il lavoro dei nostri sogni, vivere una vita tranquilla facendo quel che più ci piaceva. Il problema è che le cose sono iniziate ad andare male dopo che, iniziato il lavoro, mi sono trovata malissimo lì. Già da prima soffrivo di disturbo di ansia generalizzato, che mi portava a essere eccessivamente preoccupata per il mio ragazzo quando non eravamo insieme, ma speravo sarebbe migliorato conoscendo gente a lavoro e facendo cose nuove, divertendosi, ecc. Invece è peggiorato tutto. Un ambiente di lavoro e colleghi che non mi rendono felice, anzi, in questi mesi hanno aumentato la mia ansia.
Ho fatto soffrire tanto il mio compagno a causa delle mie crisi e i miei attacchi di panico, ma lui mi è stato sempre vicino, pur soffrendo tanto, a volte crollando anche lui, ma ogni volta riprendendosi e dandomi tutta la forza e la motivazione che io non riuscivo ad avere. Avrei dovuto lasciare il lavoro, ma non l'ho ancora fatto per vari motivi, soprattutto economici e perché ogni volta mi dicevo "forse sono io il problema, provo ancora un po' a resistere". Ma i continui attacchi hanno peggiorato la situazione, finché non sono caduta in depressione. Sono in cura da uno psicologo, ma ho iniziato da poco, e prendo da un mese un antidepressivo. Gli attacchi di panico si sono ridotti, ma ho poca voglia di vedere le persone, gli amici, tendo a isolarmi, e soprattutto la cosa che mi fa più paura è che mi sono allontanata dal mio ragazzo.
Ed è questo che vorrei sapere: è normale che di colpo sia accaduto questo allontanamento? Mi spiego: lui mi sta sempre accanto, mi incoraggia sempre, la mattina quando ho poca voglia di alzarmi mi aiuta senza forzarmi, mi coinvolge in un po' di stretching mattutino, mi spinge a fare attività fisica e il corso di canto anche quando vorrei solo tornare a casa a piangere. Una persona perfetta, insomma. Tra di noi non c'è nulla che non va, e ripeto, vivere una vita con lui è quello che ho sempre voluto, ma adesso sento di essermi distaccata e vorrei capire se è normale per la malattia. Distaccata nel senso che improvvisamente è come se tutti i sentimenti si fossero spenti, e mi sento in colpa, perché ho paura di non riuscire più ad amarlo, e non voglio, io volevo vivere la mia vita con lui e voglio che sia così, ma in questo momento di estremo sconforto non riesce ad aiutarmi nemmeno la sua presenza. Questo è il punto: ho paura perché vorrei che soltanto la sua presenza mi rendesse più tranquilla e felice, vorrei che tornare a casa e vederlo e stare assieme la sera riuscissero a cancellare la tristezza e lo stress al lavoro, ma non succede. E quindi mi chiedo, è normale che sia così? Fa parte di ciò che sto attraversando? Questa cosa mi logora, perché da brava paranoica quale sono vorrei convincermi che sì, è la malattia, perché non ho interesse nel vedere neanche gli amici, e invece no, mi instillo sempre da sola il dubbio "e se invece non lo amassi più?".
Continuo a crearmi dubbi e allontanarmi, ad avere paura di vederlo per paura di non dargli amore nè provarlo, è un circolo vizioso, più penso che mi sto allontanando più mi allontano. Vorrei guardare nel futuro per sapere se questi dubbi passeranno una volta guarita, se quando tornerò ad essere felice non avrò più dubbi sul mio amore verso di lui. Leggendo fa fuori la risposta sembra ovvia, ma dentro di me è un subbuglio di ansia e preoccupazione, di dubbio, di paura. Non voglio buttare all'aria quello che abbiamo costruito. Nè i nostri sogni, e soprattutto non voglio che stia male. Ma in questo momento non riesce a tirarmi su nemmeno il suo amore. Dentro di me è un casino perché mi aspetto dei riscontri nella realtà (del tipo, lo vedo e mi sento felicissima, quindi sto tranquilla perché vuol dire che è solo un momento), ma non accade. Vorrei sapere se è normale e come dovrei affrontare la cosa al meglio, per non rovinare il rapporto, in attesa di stare meglio con me stessa. Grazie
Cara Paziente,
moltissime persone che si ritrovano ad affrontare una difficoltà similare iniziano a questionarsi su alcune scelte esistenziali, dalla carriera lavorativa alla propria relazione sentimentale. Nonostante ciò non esiste una risposta univoca al suo dilemma, essa si potrà trovare nel tempo, nel suo attuale percorso di terapia e di vita.
Tuttavia mi permetta di fornirle un piccolo cambio di prospettiva sulla questione:
In una relazione di coppia, in particolare nel caso di convivenza, la sofferenza di un partner influenza l'altro e ciò, col tempo, può generare un vero e proprio muro tra i due. Ci si distanzia nella probabile e plausibile ricerca di serenità, da un lato cercando di non incupire l'altro e dall'altro per trovare un luogo lontano dalle sofferenze del partner.
Una possibile via che potrebbe aiutarla e nel medesimo tempo salvaguardare il suo compagno è ricercare e/o creare uno spazio d'esperienza esclusivamente suo. Uno spazio unicamente dedicato a lei in cui impegnarsi in un'attività che possa stimolarla. Uno spazio del "fare" che inoltre si configuri come il luogo in cui dar spazio al valore del partner nella sua "assenza".
Sono consapevole che iniziare una qualsiasi attività possa risultarle uno scoglio insormontabile attualmente, ma tenga conto che il suo percorso verso il benessere passerà diversi scogli che lei sarà in grado di superare col tempo.
Le risposte che cerca emergeranno tornando a Sé stessa in modo sano.
Nella speranza che il suo percorso stia proseguendo e che possa trovare uno stimolo propositivo in queste righe, la saluto.
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