Salve, sono una ragazza di 22 anni e ultimamente soffro di attacchi di panico. Faccio una premessa,

20 risposte
Salve, sono una ragazza di 22 anni e ultimamente soffro di attacchi di panico. Faccio una premessa, fin da quando sono piccola ho vissuto episodi di litigi, talvolta anche violenti, tra i miei genitori. Ad oggi, la cosa non è cambiata molto, si alternano momenti di tranquillità a momenti di caos totale. Purtroppo negli anni non ho avuto mai il coraggio di parlarne con nessuno in quanto, so che potrebbe sembrare strano, me ne vergogno e non voglio che i miei genitori passino agli occhi degli altri come delle brutte persone perché nonostante tutto ciò, non mi hanno fatto mai mancare nulla e ad oggi se sono ciò che sono è solo grazie a loro. Comunque, ad oggi io sono una studentessa fuorisede, ma essendo abbastanza vicino casa tendo a tornare spesso e puntualmente un po’ me ne pento perché ultimamente accade che, a seguito di litigi tra di loro o a litigi che riguardano me e uno dei due, ho attacchi di panico e non so bene come comportarmi, non ho un “metodo” (sempre se ne esiste uno) per far sì che io mi calmi e affronti bene la cosa. So che probabilmente dovrei evitare di tornare così spesso a casa ma purtroppo in me accade un meccanismo strano per cui io comunque sento la mancanza di casa, visto anche che è sostanzialmente un’occasione per stare un po’ con i miei fratelli maggiori. Al momento a me preme soprattutto cercare di capire come posso calmarmi di fronte a queste situazioni. Grazie in anticipo a chi mi dedicherà del tempo per rispondermi.
Dott.ssa Marina Bonadeni
Psicoterapeuta, Psicologo clinico, Psicologo
Roma
Salve, purtroppo non c'è un modo rapido e generico che può andare bene per tutti. Sarebbe invece da considerare un percorso, se pur breve per elaborare le cause dei sintomi, oltrechè trovare insieme strategie per non entrare o uscire più velocemente dal circolo del panico. Una psicoterapia cognitivo-comportamentale potrebbe essere utile. Si potrebbero affiancare approcci che lavorano partendo dalle sensazioni e percezioni corporee, come L'EMDR e la Psicoterapia Sensomotoria.
Un cordiale saluto
Dott.ssa Marina Bonadeni

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Dott.ssa Francesca Coretti
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Milano
Buongiorno,
Sarebbe importante comprendere meglio il significato sottostante questi attacchi di panico e il motivo per cui si siano manifestati proprio in questa fase della sua vita. Le consiglio di consultare un professionista che possa aiutarla a dare maggior senso a questi vissuti e a sviluppare strategie adeguate per il suo benessere emotivo.
Cordialmente,
Dott.ssa Francesca Coretti
Dott. Stefano Scaccia
Psicologo, Psicoterapeuta
Roma
Dalla sua lettera sembrerebbe che i suoi attacchi di panico (poi sarebbe utile capire se si tratti veramente di panico) siano iniziati con i suoi studi universitari, quindi con la sua uscita di casa. Non è chiaro se i suoi attacchi avvengano nel periodo in cui lei si trova fuori sede o in casa dei genitori. In ogni caso lei li attribuisce al clima familiare fatto di improvvise variazioni che porterebbero ad un "caos totale". C'è da presupporre che lei si cresciuta in un clima in cui il panico era sempre dietro l'angolo. Forse lei non si è neanche accorta, da bambina, di crescere coltivando dentro di sé questa costante allerta, questa tensione psichica e fisica. Ma la questione riguarda secondo me l'università. Questa ha prodotto un cambiamento del clima familiare, lei se ne è distaccata. Ma, dice, di tornare spesso a casa e di pentirsene poi dopo. Dice anche di vergognarsi di questi attacchi e di non averne mai parlato con nessuno. Perché? Cosa c'entra la vergogna? Forse lei lega i suoi attacchi a qualcosa di sensibile che ha visto accadere in famiglia. Il sintomo, per quanto strano possa sembrare, non è suo nemico, al contrario, è suo amico. La sta avvertendo che c'è qualcosa che lei deve affrontare. Certamente riguarda il suo rapporto con la famiglia, ma è con sua madre o suo padre il problema? Perché torna a casa e mantiene un legame con un clima litigioso? Perché non costruisce il suo futuro lavorativo e sentimentale fuori di casa? Non dice nulla riguardo il suo presente e il suo futuro, il suo sguardo è tutto rivolto al passato, alla casa. Se vuole comprendere il sintomo e fare luce sul suo dolore non deve fare sconti ai suoi genitori. La strada della sua emancipazione passa per la critica delle figure genitoriali, a quanto ne posso capire. Ci sarebbero moltissime altre cose che sarebbe utile capire per avere un quadro più completo. In generale le posso solo dire di confessarsi, completamente, i suoi sentimenti. Non censuri nulla, non reprima nulla. Vada a fondo del suo dolore, dica quello che sente di dire, manifesti ciò che crede giusto manifestare.
Dott.ssa Anna Bruti
Psicologo clinico, Psicologo, Psicoterapeuta
San Benedetto del Tronto
Gentile ragazza,
La ringrazio per aver condiviso con tanta sincerità la Sua esperienza. È evidente quanto stia portando dentro di sé emozioni profonde e contrastanti: l’amore e il legame verso la Sua famiglia, ma anche il peso dei conflitti vissuti. Gli attacchi di panico non arrivano mai senza motivo, spesso rappresentano un segnale importante che il corpo e la mente inviano per chiedere attenzione e cura.
Un percorso di terapia potrebbe aiutarLa non solo a gestire in modo più efficace l’ansia nel momento presente, ma anche a costruire una base più solida di sicurezza interiore. Se desidera, potremmo lavorare insieme, rispettando i Suoi tempi e il Suo vissuto, per aiutarLa a ritrovare maggiore serenità e forza.
Dott.ssa Naomi Fusco
Psicologo, Psicoterapeuta
Caserta
Gentile Utente, prima di tutto la ringrazio per aver condiviso la sua storia. In questo periodo della sua vita lei sta cercando di costruire una sua indipendenza, andando a studiare fuori. Il compito che ognuno di noi prima o poi affronta nel proprio percorso di vita è quello di riuscire a mantenere un legame reale e intimo con la propria famiglia di origine senza tuttavia venire soffocati da esso. Il panico molto spesso ci parla di un combattimento tra il voler andare e spiccare il volo e il voler restare. Come se fosse un bivio e noi fossimo paralizzati, senza riuscire mai a scegliere una strada. Il primo passo importare potrebbe essere cercare di capire cosa la spaventa della possibilità di spiccare il volo, per poter trovare la sua indipendenza e autonomia senza necessariamente sentire di tradire il legame con la sua famiglia di origine. Sicuramente una terapia con un professionista è la strada migliore per affrontare questi temi. Intanto le auguro il meglio!
Dott. Fabio Romano
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Ferrara
Buongiorno! Le sue parole trasmettono dolore, paura, senso di colpa. Considerato i limiti del contesto e dello strumento, proverò ad offrirle un piccolo contributo di pensiero. Nessuno ha il diritto di giudicare o mettere in discussione l’amore, la dedizione, la reciprocità nella sua famiglia. Lei ama i suoi genitori e i suoi genitori amano lei, questa è la sua base solida e sicura. Credo, invece, che abbia il diritto di condividere esperienze e vissuti che non sono andati nella direzione desiderata, ma che sono stati registrati, depositati in profondità e hanno lasciato tracce che ancora oggi la condizionano. Figli e genitori non sono perfetti. Ho avuto la sensazione che ci sia una certa difficoltà a vivere e regolare la distanza. Come se “tornare a casa” si traduca automaticamente in un eccesso (ora come allora siamo troppo vicini) fatto di litigi, “violenza”, rischio che la relazione possa andare in pezzi; mentre allontanarsi sembra suscitare sensi di colpa e vissuti di abbandono. Trovare e mantenere la giusta distanza, intesa come quella distanza che permette di sentirsi unici, separati, indipendenti e autonomi, ma non soli, è un compito evolutivo tanto importante quanto faticoso. I movimenti separativi possono far sentire minacciati gli equilibri familiari, innescando reazioni forti e sensi di colpa. Mi è sembrato di capire che sia l’unica figlia femmina e che ha solo fratelli maggiori, chissà che anche questo non contribuisca in qualche modo nella dinamica familiare. Capisco di non averle offerto un "metodo" per calmarsi, ma spero di averle dato l'occasione per pensare a quanto le sta accadendo (a quanto le accade da sempre) da un punto di vista più intimo, personale, profondo. Lei è molto giovane e forse un giorno sentirà il bisogno di una seconda mente che la accompagni a ri-pensare e ri-significare la sua storia, affinché possa vivere una vita piena e serena. In bocca al lupo
Dr. Maria Tiziana Maricchiolo
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
San Giovanni la Punta
Buongiorno, potrebbe essere utile un lavoro psico-corporeo e l'approccio psicoterapeutico fornito dall'analisi bioenergetica che la aiuti a rilasciare le memorie corporee collegate ad eventi traumatici che le portano attacchi di panico, al fine di restituirle maggiore lucidità e padronanza di sè. Resto a disposizione per eventuali specifiche anche online. Dr. Maria Tiziana Maricchiolo
Dott.ssa Chiara Campagnano
Psicologo, Psicoterapeuta
Modena
Ciao, grazie per aver condiviso con tanta sincerità una situazione così complessa e delicata. È molto importante che tu abbia iniziato a riconoscere e dare un nome a quello che accade: gli attacchi di panico spesso sono una risposta del corpo e della mente a uno stress emotivo che si accumula nel tempo, specialmente quando si è cresciuti in ambienti familiari instabili. Non c’è nulla di “sbagliato” in te: il tuo sistema nervoso si attiva in modo intenso perché ha imparato, fin da piccola, che certi segnali (litigi, tensioni) possono essere pericolosi.

Nel breve periodo, può aiutarti avere alcune “áncore” pratiche per calmarti: respirare lentamente e profondamente, mettere i piedi a terra e concentrarti su 5 cose che vedi, 4 che puoi toccare, 3 che puoi sentire, 2 che puoi annusare, 1 che puoi gustare (è una tecnica di grounding). Oppure, se puoi, uscire fisicamente dallo spazio in cui si genera il caos. Nel lungo periodo, però, potrebbe essere molto utile un percorso di supporto psicologico: non per accusare o “smascherare” i tuoi genitori, ma per proteggere te, per dare spazio alle tue emozioni, senza vergogna e con rispetto verso la tua storia.

È possibile imparare a gestire questi episodi e a prenderti cura di te stessa anche mentre continui a voler bene alla tua famiglia. Il fatto che tu ne stia parlando è già un primo passo importante.

Saluti
Dott.ssa Simona Durante
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Napoli
Gent.le paziente, comprendo quanto soffrire di una sintomatologia di panico possa risultare impattante sulla vita quotidiana. Accolgo e immagino anche l'angoscia di non sapere cosa fare e come poter contenere la sintomatologia. Esistono diversi modelli e approcci che affrontano la problematica da diversi punti di vista, la invito a rivolgersi ad uno specialista e approfondire le ragioni che sottendono il sintomo, oltre che valutare con il dott. più idoneo a lei cosa poter fare nei momenti di crisi. Le auguro un buon cammino.
Dott.ssa Giulia Virginia La Monica
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Trento
Gentile Utente,
è comprensibile il desiderio di rientrare e stare in compagnia della famiglia. Il mio consiglio, dato il contesto, è una presa in carico professionale per approfondire il termine "ansia" in quanto, spesso utilizzato come un ombrello, racchiude differenti percezioni e malesseri da differenziare per un accurato intervento.

In generale l'ansia è intesa come attivazione fisiologica della paura (es. ho paura succeda qualcosa e vivo una reazione fisica, l'ansia). Il corpo può comunicare sempre attivandosi (ovvero reagendo) anche a situazioni differenti, ad es. mi arrabbio perchè credo un comportamento sia ingiusto. Ancora, temo che mi vedano non all'altezza quindi il mio corpo si attiva. Nonostante reazioni fisiche, potenzialmente simili, è necessario comprendere il vissuto retrostante per selezionare strategie e interventi mirati alla gestione.
Spero tale riflessione possa esserLe utile.
Buon pomeriggio
Dott.ssa Annalisa Covri
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Torino
Buongiorno.
Grazie per aver trovato il coraggio di condividere una parte così delicata della sua storia. Riconoscere il legame profondo con la propria famiglia, anche in presenza di dinamiche dolorose, non è affatto “strano”: è umano. La vergogna che prova potrebbe essere il risultato di un conflitto interiore tra l’amore per i propri genitori e il dolore causato da alcune loro modalità relazionali.
Gli attacchi di panico che descrive sembrano emergere in risposta a situazioni percepite come minacciose, come i litigi familiari. In questi casi, è fondamentale iniziare a costruire degli strumenti per riconoscere i segnali precoci di attivazione corporea e intervenire su di essi con strategie di autoregolazione. Per fare ciò sarebbe importante svolgere un percorso con un professionista che possa darle degli strumenti utili sia da un punto di vista emotivo che pratico rispetto alla gestione degli attacchi di panico. Restando a disposizione, la saluto, dott.ssa Covri Annalisa.
Dott.ssa Silvia Parisi
Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo
Torino
Cara ragazza,

grazie per aver condiviso la tua esperienza con così tanta sincerità. Quello che stai vivendo è profondamente complesso e tocca corde emotive molto delicate. La tua storia racconta un equilibrio difficile tra l’amore per la tua famiglia e il disagio che provi nel vivere in un ambiente familiare spesso conflittuale. Il fatto che tu provi vergogna o senso di colpa nel parlarne è molto comune tra chi cresce in contesti familiari problematici, ma è importante ricordare che riconoscere una sofferenza non significa accusare o sminuire le persone che si amano.

Gli attacchi di panico che descrivi sono segnali importanti che il tuo corpo e la tua mente ti stanno mandando. Essi spesso si manifestano quando ci troviamo in situazioni emotivamente sovraccariche, specialmente se non abbiamo avuto modo di elaborare a fondo ciò che abbiamo vissuto. È comprensibile che tu senta il bisogno di tornare a casa per rivedere i tuoi fratelli e sentire quel legame familiare, ma è altrettanto importante che tu possa iniziare a proteggerti emotivamente, imparando a riconoscere i tuoi limiti e a gestire il malessere che queste situazioni ti provocano.

Non esiste una formula unica per calmarsi durante un attacco di panico, ma ci sono alcune strategie che possono aiutare:

Respirazione profonda e consapevole: cercare di concentrarti sul respiro, inspirando lentamente dal naso e espirando dalla bocca, può aiutarti a riportare calma al tuo corpo.

Radicamento nel presente: tecniche come toccare oggetti intorno a te, contare cinque cose che vedi o ascoltare suoni nell’ambiente possono aiutarti a spostare l’attenzione dal panico alla realtà presente.

Parlare con qualcuno di fiducia: anche solo dire ad alta voce ciò che provi può alleggerire la pressione emotiva del momento.

Tuttavia, considerando il legame tra le tue esperienze passate e i sintomi attuali, sarebbe molto utile e consigliato per approfondire queste dinamiche interiori rivolgersi ad uno specialista, che possa aiutarti a comprendere meglio le origini del tuo malessere e a costruire strumenti più solidi per affrontarlo.

Con affetto e professionalità,
Dottoressa Silvia Parisi – Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Dott.ssa Elena Gianotti
Psicologo, Psicoterapeuta
Milano
Buongiorno, grazie per la tua condivisione. Capisco la tua difficoltà e la fatica nel portare questo problema, anche rispetto ad una paura di "tradire" in qualche modo le figure dei tuoi genitori. Il mio suggerimento è molto semplice: ti consiglio se ne hai la possibilità di cominciare un percorso che possa aiutarti a esplorare e capire meglio i tuoi attacchi di panico, a capire quando insorgono, come, se c'è una causa scatenante oltre alle liti dei tuoi oppure sembrano arrivare dal nulla, se vengono solo a casa dei tuoi o anche a casa tua, per poterli connettere con la tua storia relazionale, familiare e di vita. I sintomi sono sempre un messaggio con cui il corpo vuole dirci che qualcosa non funziona, dicendoci che abbiamo bisogno di prenderci cura di qualcosa dentro di noi. Sicuramente la conoscenza di alcune tecniche può aiutare, come la respirazione diaframmatica o la tecnica del posto sicuro, ma io credo che più che darti una serie di strategie pratiche sia utile esplorare e conoscere il tuo sintomo, che dice delle cose di te e della tua storia, non solo per imparare a gestirlo ma per poterlo sciogliere e risolvere alla radice, imparando a conoscerne le cause. Se avessi bisogno di ulteriore supporto mi trovi a disposizione, in presenza e online. Un caro saluto, dott.ssa Elena Gianotti
Dr. Salvatore Garufi
Psicologo, Psicoterapeuta
Brescia
Gli episodi di conflitto parentale hanno condizionato il suo sistema nervoso a reagire con “allarme rosso”. Occorre:
1. Desensibilizzazione ipnotica agli stimoli sonori (urla, toni accesi). Attraverso l’immaginazione guidata riduciamo l’intensità emotiva associata a quelle frequenze vocali.
2. Protocollo di rilassamento progressivo in due minuti: contrazione-rilascio rapida che abbassa la tensione muscolare e previene l’apice del panico.
3. Ristrutturazione cognitiva “responsabilità vs. colpa”: convincersi che non è lei a “danneggiare” i genitori scegliendo di proteggersi.

In seduta ipnotica posso insegnarle ancore sensoriali che spengono un attacco entro 60 secondi. Prenoti su MioDottore per costruire il suo kit di emergenza personalizzato.
Dott. Dimitri Abate
Psicologo, Psicoterapeuta
Bologna
Gent.ma,

la ringrazio per aver condiviso con tanta sincerità e coraggio la sua storia e la sofferenza che sta vivendo. Parlare di queste esperienze familiari non è mai semplice e merita grande rispetto.

È assolutamente umano sentirsi divisi tra il bisogno di mantenere il legame con la propria famiglia e il desiderio di proteggersi dal dolore e dal caos che può derivarne. Gli attacchi di panico che sperimenta sono una reazione comprensibile allo stress accumulato negli anni.

Dal punto di vista psicologico, ciò che descrive può essere il risultato di un’esposizione prolungata a situazioni conflittuali, che ha reso il suo sistema nervoso più sensibile agli stati di allerta e paura.

Nel momento dell’attacco, può aiutarla portare l’attenzione al respiro: inspiri lentamente contando fino a 4, trattenga il fiato per 2 secondi e poi espiri lentamente contando fino a 6. Anche tenere con sé un piccolo oggetto tattile (come una pietra liscia o un elastico) può favorire il radicamento al presente.

Le suggerisco di considerare un percorso psicologico per apprendere strategie efficaci e lavorare sul rafforzamento dei suoi confini emotivi.

Con il giusto supporto, potrà trovare sollievo e maggiore equilibrio.

Cordiali saluti,
Dott. Abate
Dott. Maria Celestino
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Mazara del Vallo
Ciao, e grazie a te per il coraggio e la delicatezza con cui hai raccontato la tua storia. È evidente che sei una persona molto sensibile e riflessiva, e che stai cercando, con le forze che hai, di restare in equilibrio in una situazione affettiva ed emotiva davvero complicata. Quello che vivi è tutt’altro che strano: è profondamente umano.

La tua storia, purtroppo, è comune a molte persone che crescono in ambienti familiari dove il conflitto è costante, imprevedibile, e a tratti anche violento. Nonostante l’amore che si prova per i propri genitori, e la gratitudine per quello che hanno dato, il corpo e la mente registrano quegli episodi come traumi ripetuti, anche se non li chiamiamo così. L’ansia, e in particolare gli attacchi di panico che ora vivi, sono spesso il modo con cui il corpo ti segnala che ha accumulato troppo, che si è spaventato troppe volte, e che ora anche piccoli segnali di tensione lo fanno reagire come se fosse in pericolo.

Quello che descrivi — quel senso di colpa nel parlare male dei tuoi genitori, la vergogna nel raccontare, la nostalgia di casa anche se sai che ti farà male — è il nodo di fondo. Ami i tuoi genitori, ma stai anche male per il modo in cui si relazionano. E questo crea dentro di te una tensione continua: non sai se restare vicina o se allontanarti. Il desiderio di tornare a casa, vedere i tuoi fratelli, sentirti parte del tuo nucleo, è naturale. Ma poi arrivi lì e tutto quello che hai accumulato dentro, anche senza volerlo, si riattiva. E il tuo sistema nervoso va in tilt.

Cosa puoi fare, nel concreto, quando arriva un attacco di panico?
Non esiste un “metodo magico”, ma ci sono strumenti reali che aiutano a prendere il controllo in quei momenti. Ti lascio alcuni passi semplici, non schematizzati, più come una guida narrativa che puoi provare a fare tua:

Accogli l'attacco, non combatterlo.
Quando senti che arriva, prova a dirti: “Ok, sta succedendo di nuovo. Non mi piace, ma posso farcela. Il panico non mi uccide, passa.” So che può sembrare assurdo, ma smettere di lottare contro la sensazione la rende meno potente. Non sei in pericolo: sei solo sovraccarica.

Respira come se parlassi a una parte spaventata di te.
Non forzare respiri lunghi all’inizio: inizia solo notando il tuo respiro. Poi, lentamente, allunga l’espirazione. Tipo: inspiro 3 secondi, espiro 5. Anche solo questo, per due o tre minuti, può spegnere il segnale d’allarme che il tuo corpo sta lanciando.

Resta nel qui e ora.
Guardati intorno. Nota cinque oggetti che vedi. Tre suoni che senti. Tocca qualcosa con le mani. Riporta la mente fuori dal turbine. Quello che vivi è una tempesta, ma tu sei a terra, non nel cielo.

Scrivilo, se puoi.
A volte mettere su carta quello che senti — “sto tremando”, “ho paura”, “mi sento sola” — è un modo per farti compagnia. Perché l’ansia nasce spesso dal sentirsi senza appigli. Tu puoi essere il tuo primo appiglio.

Parla, quando te la senti.
Non è necessario raccontare tutto. Ma forse puoi cominciare a dare un nome a quello che provi, con qualcuno di fidato. Anche solo dire a una persona: “Quando sono a casa e i miei litigano, mi sento come se mi crollasse qualcosa dentro” può alleggerire il peso.

E sul legame con casa...
La nostalgia che provi è autentica. Non devi rinnegarla. Ma forse puoi iniziare a creare un tuo modo di tornare a casa che non sia "tutto o niente". Magari non rimanere troppo a lungo. Magari organizzare momenti solo con i tuoi fratelli, lontano da dinamiche familiari più pesanti. Oppure prevedere, se puoi, qualche “via di fuga emotiva”: un libro, una passeggiata, una chiamata con qualcuno di lontano, che ti riporti in te.

E un’ultima cosa: non devi proteggere i tuoi genitori a costo del tuo benessere. Capisco il tuo pudore, il tuo senso di riconoscenza. Ma prendersi cura di te stessa non significa tradirli. Significa imparare a occuparti della bambina che per anni ha vissuto nella paura e nel silenzio. Ora quella bambina sei tu, con la voce di una giovane donna che ha il diritto di stare bene.

Se ti va, posso accompagnarti in questo percorso, anche solo dandoti supporto nelle fasi più difficili.
Dott.ssa Ilva Salerno
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Caserta
Buongiorno e grazie per aver scritto.Vivere in un ambiente familiare instabile, anche quando non ti senti direttamente coinvolta nei conflitti, può lasciare dentro un senso di allerta costante. Il corpo e la mente restano “in ascolto” di segnali di pericolo, e questo può spiegare anche l’intensità con cui vivi ora gli attacchi di panico. Non sono “strani” o immotivati: sono un segnale che qualcosa dentro di te ha bisogno di essere visto, ascoltato e accolto. È molto comprensibile il tuo senso di ambivalenza verso casa: da una parte la mancanza, l’affetto, i tuoi fratelli; dall’altra il peso dei conflitti e la fatica emotiva che ne deriva. Non sei “sbagliata” per voler tornare, così come non lo sei se poi ti senti in difficoltà nel farlo. Stai cercando un equilibrio dentro un contesto che per sua natura ti scuote, ed è già tanto riuscire a riconoscerlo. Per quanto riguarda gli attacchi di panico, non esiste una formula magica per farli sparire, ma può essere utile provare a concentrarti sul corpo, sentire i piedi ben appoggiati a terra, osservare quello che ti circonda, nominare mentalmente cinque cose che puoi vedere, quattro che puoi sentire, tre che puoi toccare, per ritrovare un ancoraggio nel presente. Anche il respiro può aiutare, se riesci ad ascoltarlo senza forzarlo troppo, puoi appoggiare una mano sul petto e una sulla pancia e prova a rallentare l’espirazione (ad esempio insipirando per 4 secondi ed espirando per 6). Ricordarti, mentre accade, che anche se nel momento sembra insostenibile, passerà: l’attacco ha un picco, poi scende. Appena puoi scrivi, quando ti senti un po’ meglio, prova a mettere giù qualche parola. A volte scrivere quello che hai vissuto aiuta a “rimettere insieme i pezzi” e a conoscerti meglio. Ma soprattutto: non restare da sola. Parlarne, come hai fatto qui, è già un passo importante. La vergogna che provi è comprensibile, ma è proprio quella a poter nascondere la chiave di ciò che potrebbe curarti. Se senti che questi episodi si ripetono e ti condizionano nella quotidianità, forse potrebbe essere utile pensare di iniziare una terapia. Non per aggiustarti, ma per offrirti uno spazio sicuro dove poter esplorare ciò che vivi, costruire strumenti su misura e dare voce, finalmente, anche a ciò che hai sempre tenuto dentro.
Resto a disposizione se vorrai parlarne ancora.
Un abbraccio.
Ilva Salerno
Dr. Jacopo Modoni
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Roma
Buongiorno,
grazie per aver condiviso in modo così aperto la sua esperienza, che denota una grande consapevolezza. È normale che, crescendo in un ambiente familiare conflittuale, si sviluppi una certa sensibilità allo stress e che episodi intensi come i litigi inneschino risposte di ansia acuta come gli attacchi di panico. Questi episodi sono amplificati da pensieri catastrofici e da un senso di perdita di controllo. Per gestirli nell’immediato, le consiglio di allenarsi a riconoscere i segnali iniziali e provare ad applicare tecniche di respirazione lenta e profonda (ad esempio la respirazione diaframmatica), che aiutano a regolare la risposta fisiologica. Inoltre, identificare e mettere per iscritto i pensieri automatici che emergono durante o dopo l'attacco può aiutarla a distanziarsi da essi e, col tempo, ristrutturarli in modo più realistico. Vista la complessità della situazione familiare e il legame emotivo, sarebbe utile considerare un percorso psicologico mirato per lavorare sia sulla gestione degli attacchi di panico sia sull'elaborazione dei vissuti legati alla sua storia familiare.

Un caro saluto,
Dott. Jacopo Modoni
Dott.ssa Benedetta Venturini
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Firenze
Capisco quanto sia faticoso convivere con queste emozioni e grazie per averle condivise. Gli attacchi di panico sono spesso legati a pensieri automatici e interpretazioni catastrofiche che attivano risposte intense di ansia. In terapia cognitivo-comportamentale lavoriamo per riconoscere questi meccanismi, comprendere gradualmente le strategie che ha sviluppato nel tempo, le sue vulnerabilità e le credenze sottostanti, per poi poterle riformulare e adottare prospettive più realistiche e adattive. È un percorso che si costruisce passo dopo passo, senza fretta e rispettando i suoi tempi, così da favorire un cambiamento stabile e autentico. Anche attraverso diverse tecniche di regolazione, come il grounding e la respirazione, è possibile affrontare meglio questi momenti e ritrovare un senso di stabilità. Un cordiale saluto.
Dott.ssa Grazia Schioppo
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Napoli
Buonasera e grazie per aver condiviso i suoi pensieri.
Parto col dirle che mi dispiace per quello che ha vissuto da bambina e per quello che "sporadicamente" rivive quando fa ritorno a casa. Il sintomo che riporta in questa domanda (attacco di panico) è il suo corpo che le sta chiedendo aiuto: tenere a bada certe situazioni a lungo andare può diventare frustrante e la nostra mente non sempre ha modo di reggere gli accumuli non smaltiti; rinarrare la sua storia e, creare uno spazio di ascolto sicuro con un professionista potrebbe aiutarla a stare molto meglio; non esiste un metodo specifico che agisca nell'immediato, esiste il coraggio di chiedere aiuto e prendersi cura di sé stessi.
Un abbraccio, spero si senta meglio! :)

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