Ho "lasciato" la mia ragazza ma mi sento devastato.. avrei preferito fosse stata lei a farlo. Ho 30

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Ho "lasciato" la mia ragazza ma mi sento devastato.. avrei preferito fosse stata lei a farlo.
Ho 30 anni, e da 7 anni e mezzo sto con una ragazza che ora ne ha 27. Allora, premetto che io e lei ci siamo messi insieme in un periodo critico della nostra vita per entrambi, ovvero avevamo iniziato a soffrire entrambi di attacchi di panico, quindi questo problema ci ha avvicinati ( e già questo è spesso stato collegato dai miei vecchi terapeuti a un incontro più legato a un bisogno che ad un reale sentimento). Abbiamo costruito in questi 7 anni una relazione solidissima, fatta di tanta intimità, dialogo, complicità.. e abbiamo faticato tanto per arrivarci. Tuttavia, ci sono sempre stati (da parte mia) dei periodi di grandi dubbi, ovvero passavo dei periodi in cui sentivo che c'era qualcosa che non mi convinceva. Ma li ho sempre un po' ignorati per quanto poi, alcune volte, fossero dubbi abbastanza ingombranti. Ora, abbiamo parlato dove io le ho manifestato altri dubbi che mi fanno pensare al nostro rapporto. Lei è super innamorata di me, è una ragazza fantastica, che veramente si merita tantissimo. Solo che lei, giustamente, ha detto che dopo l'ennesimo periodo di dubbio non sa se è disposta ad aspettarmi e ad accettare (io al posto suo mi sarei tirato indietro al primo periodo di dubbio del mio partner, questo per farvi capire la forza di questa ragazza). Ora, io non ho mai lasciato in vita mia ed è per questo che mi è sempre mancato il coraggio. Poi, metteteci che il mio contesto familiare non aiuta perché sono sempre stati molto invadenti nelle nostre (parlo di me e i miei fratelli) relazioni private. Anni e anni fa mia sorella lasciò il suo ragazzo perché si era innamorata di un altro e a casa successe il finimondo. Ero piccolo ma lo ricordo bene, e questa cosa indirettamente mi ha traumatizzato, facendomi sviluppare una sorta di terrore nel prendere decisioni del genere autonomamente. Perché loro devono sentirsi i protagonisti in tutto e pensano di essere nel diritto di dire la propria, come se le nostre relazioni riguardassero loro. Il fatto è che per quanto razionalmente io capisca che fin troppe défaillance abbia avuto nel corso di questi anni, e che necessariamente nascondevano qualcosa che si fosse rotto (ne parlavo anche con i miei vecchi terapeuti), quando abbiamo parlato qualche giorno fa mi sono sentito morire: lei piangeva a dirotto, era disperata, ma nonostante ciò, ha avuto la lucidità e la bontà d'animo di non farmi sentire in colpa, di essere accogliente e di dirmi "io ti vorrò sempre bene e sappi che ci sarò sempre, e non ti dovrai mai sentire in colpa", mentre singhiozzava con le lacrime agli occhi. Mi sento tremendamente in colpa, come se le avessi fatto un torto, e sono convinto che lei non si meriti una persona come me, dato che è letteralmente una persona SPECIALE, che se ne trovano una ogni 100 anni. Da lì sorgono ripensamenti, la paura di aver sbagliato, la paura del pentimento. Mi sento piccolo quanto una noce perché quella sua totale accoglienza, nonostante il dolore che le stessi provocando, mi ha devastato, sentivo di non meritarlo... avrei preferito veramente essere trattato a male parole (come poi è sempre successo nelle mie vecchie relazioni). I miei terapeuti, di fronte alla mia paura di affrontare la situazione, e di fronte a questi miei dubbi di ripensamenti, mi dicevano che era normale, che era un meccanismo di difesa naturalissimo ma che i segnali che da tempo (da anni) sentivo, se avessi continuato ad ignorarli si sarebbero ripresentati ancora e ancora. Secondo voi, è normale ciò che sto provando? Sento di aver spezzato il cuore all'ultima persona al mondo che lo meriterebbe, e mi sento, scusate il termine, una totale M... Anche secondo voi questi riaffioramenti dei momenti belli con lei che mi fanno mettere in discussione la mia scelta sono sintomo di un meccanismo di difesa che il mio cervello mi fa attivare per tutelarmi da questo lutto? Mi sembra di svenire continuamente, sento un vuoto lacerante, ancora più forte e profondo di quelli provati quando sono stato lasciato...
Dott.ssa Claudia Carabellò
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Gallarate
Gentile utente,
grazie per la Sua condivisione. Ritengo proprio che le Sue reazioni siano adeguate al valore e all'intensità del rapporto appena concluso, che come ben riconosce, è stato intenso, completo e duraturo. Certo, vi siete incontrati e sintonizzati su passati bisogni e vulnerabilità, ma avete costruito anche un rapporto d'amore solido e reciproco. D'altronde, come ben dice, questa è anche per Lei la prima esperienza di "decisione adulta autonoma", che più che colpa, come attualmente sente, porta con sè invece un posizionamento responsabile sano, e giustamente anche sofferto, nei confronti suoi e della sua fidanzata, la quale infatti, credo abbia potuto cogliere e accogliere proprio questa faticosa ambivalenza. Separarsi significa poter apprezzare e riconoscere anche le parti buone e di valore del rapporto e dell'altra persone, oltre che i dubbi e le parti negative che ovviamente l'hanno portata alla decisione. Rielaborare e tenere insieme queste parti, ora così difficile, Le consentiranno di salvaguardare sè e ciò che è stato per voi. Buon proseguimento

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Dott. Valerio Ancis
Psicoterapeuta, Psicologo
Assemini
Gentile utente,
quello che sta vivendo è un dolore reale e profondo, e ciò che descrive – senso di colpa, vuoto, dubbi, ripensamenti – è assolutamente normale quando si prende una decisione difficile, soprattutto se si è legati da affetto sincero a una persona valida.

Il sentimento di colpa non sempre indica che si è sbagliato, ma spesso riflette il fatto che non si è indifferenti: lasciare qualcuno che si ama in parte, ma con cui si avverte un'incongruenza profonda, è una delle scelte più complesse. E lo è ancor di più se si ha una storia familiare in cui l’autonomia emotiva non è stata rispettata.

I dubbi e i momenti belli che riaffiorano fanno parte del processo di lutto. È comune idealizzare ciò che si è perso o lasciare spazio a meccanismi di difesa che cercano di evitare il dolore della separazione. Questo non invalida però la lucidità che ha mostrato nel vedere che qualcosa non funzionava da tempo, e che forse si è trattato più di un legame di bisogno che di un amore pienamente libero.

Continui a dare spazio a questo dolore e, se possibile, prosegua il lavoro terapeutico: sarà fondamentale per elaborare, integrare e trasformare quanto sta vivendo.

Un caro saluto. Dott. Valerio Ancis
Dott. Francesco Damiano Logiudice
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè capisco quanto questa situazione possa impattare sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale innanzitutto che lei faccia chiarezza circa ciò che sente e ciò che prova verso questa persona, ritagliandosi uno spazio d'ascolto per elaborare pensieri e vissuti emotivi legati alla situazione descritta pertanto la invito a richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Dott. Simone Ciuffi
Psicoterapeuta, Psicologo, Terapeuta
Sambuceto
Buon pomeriggio. Per quel che riguarda i suoi pensieri dei momenti belli, sì, potrebbero essere meccanismi che intervengono nell'elaborazione di tale lutto.
Mi chiedo solo se ha un terapeuta con il quale può parlare delle emozioni che la staranno attraversando in questo delicato memento in quanto, mi pare di aver capito, è la prima volta che si prende la responsabilità di chiudere una relazione e questo si associa alla sua difficoltà nel farlo visti i ricordi familiari legati all'autonomia decisionale.
Salve leggendo la tua lunga email intrisa di dubbi e ripensamenti secondo me la cosa piu saggia che potessi fare è proprio lasciarla ma non perchè lei lo meriti ma perche dalla tua storia si evince che è stato il disagio a unirvi e probabilmente il tuo disagio nasce da quei limiti (dovuti alla tua infanzia educazione ,genitoriali ecc) che non hai superato e che ti consentirebbero di scegliere un rapporto fatto di amore e condivisione in iena libertà
credo ma potrei sbagliare( perchè non ti conosco che tutti tuoi dubbi e ripensamenti)siano dovuti più alla i paura di rimanere da solo e essere indipendente che dai sentimenti verso questa ragazza che pur essendo nobili fanno pensare piu a un legame di dipendenza affettiva che di amore disinteressato
coraggio per aver preso la decisione
consiglio di andare fino in fondo con i percorso psicoterapeutico per giungere alla risoluzione dei vari problemi emersi
buon tutto
dott.lorenzini maria santa psicoterapeuta
Dott. Francesco Paolo Coppola
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Napoli
Titolo: Fine di una relazione: quando l’altro diventa specchio, e il dolore una soglia

Dott. Francesco Paolo Coppola, (Napoli on line o in presenza), 5 agosto 2025 psicologonapoli org, info su MioDottore sul PROFILO
Fine di una relazione: quando l’altro diventa specchio, e il dolore una soglia
A volte, dopo una rottura importante, ci sentiamo come se avessimo appena messo fine a una guerra. Dentro, restano solo macerie, confusione, un dolore senza appiglio.
La lettera che hai scritto è sincera, autentica, umana. Proprio per questo voglio rispondere in modo altrettanto onesto.
1. Il bisogno profondo che ha tenuto insieme la relazione. Da quello che scrivi, la vostra relazione è nata durante un momento critico, condividendo un vissuto di panico e fragilità. Non è raro che da esperienze traumatiche condivise si crei un legame molto intenso, ma fondato più sul bisogno di contenimento reciproco che sulla libertà dell’amore autentico.
2. Il senso di colpa. Tu ti senti colpevole, devastato, come se avessi tradito qualcuno. Ma ciò che è accaduto, anche se doloroso, è coerente con la storia che racconti. Due più due fa quattro: i dubbi erano presenti da anni, ignorati o messi da parte. Lei ha resistito con forza e amore, tu hai provato ad amare fino in fondo. Avete fatto entrambi la vostra parte. Nessuno è colpevole. Avete semplicemente vissuto fino in fondo una forma relazionale che a un certo punto ha mostrato i suoi limiti.
3. Il rischio di mitizzare l'altro.C'è un passaggio pericoloso che va visto con chiarezza: prima l'altro è visto come il problema ("non mi sento più convinto"), poi, nel momento della rottura, si trasforma in santo, in persona perfetta che tu hai ferito. Questa dinamica di oscillazione tra idealizzazione e colpevolizzazione è tipica nei momenti di crisi: è una forma di ruminazione mentale che impedisce di vedere la realtà. Non ci sono santi né peccatori: siete due persone vere, con la vostra storia, i vostri limiti, i vostri bisogni.
4. La tolleranza come fondamento dell'amoreSpesso, quando una relazione finisce, si dimentica che l'amore vero richiede una grande capacità di tolleranza: tollerare il difetto dell'altro, l'imperfezione, la noia, il dubbio, il conflitto. Se ogni volta che arriva un dubbio si mette in discussione tutto, allora non si costruisce. Ma è anche vero che, se il dubbio è ricorrente, non è più dubbio: è una verità da accettare.
5. Santa e peccatore. Nelle crisi più forti, la mente tende a creare polarità estreme: io sono il santo, tu la strega. Poi, a distanza di giorni, mesi o anni, tutto si inverte: io divento il diavolo, tu l’angelo. In entrambi i casi siamo fuori dalla realtà. Questo meccanismo è una forma di difesa dall'angoscia, ma non aiuta a guarire. Aiuta invece restare nel presente, senza giudizio, con umanità.
6. L'altro come specchioNelle relazioni, amicali, sentimentali o familiari, l'altro non di rado è specchio di noi stessi. Ma spesso restiamo incantati dal contenuto del riflesso e non ci interroghiamo mai sulla cornice: cosa ci dice davvero questo dolore? Cosa mi sta mostrando di me?
7. Un primo passo: tornare a séLa guerra è finita. Tutto sembra distrutto. Ma ogni rottura è anche un terreno di rinascita.Non servono risposte affrettate. Non serve nemmeno sapere dove andare.Basta tornare a sé. Respirare. Fare spazio. E poi, magari con l’aiuto di un buon terapeuta, iniziare a chiedersi:“Chi sono io, ora, senza l’altro?”Se questa domanda non spaventa più, è lì che comincia davvero un nuovo inizio.
Naturalmente una risposta non basta, occorre lavoraci su, se tu vuoi io ci sono.
Dott.ssa Sandra Petralli
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Pontedera
Buonasera, le sue parole raccontano con grande intensità la complessità emotiva che si vive quando si prende una decisione difficile, come quella di concludere una relazione importante. Quello che sta attraversando è profondamente umano e sì, è normale sentire un dolore così acuto, proprio perché non si tratta di una scelta dettata da rabbia o rotture traumatiche, ma da un'esigenza più profonda, difficile da spiegare anche a sé stessi.
Chi lascia spesso viene visto come “chi ha il coltello dalla parte del manico”, ma la realtà è che chi decide di interrompere un legame significativo, specie se con una persona buona, presente, amorevole, porta con sé un peso spesso invisibile: il senso di colpa. In casi come il suo, questo sentimento può farsi ancora più forte se, come accennava, ha vissuto in un contesto familiare dove le scelte relazionali venivano criticate o giudicate, ostacolando la possibilità di sviluppare una fiducia piena nel proprio sentire.
I ripensamenti, il dolore, la paura di pentirsi o di aver “rovinato tutto” sono esperienze comuni dopo la fine di una lunga relazione, soprattutto quando quella persona rappresenta un pezzo fondamentale della propria storia. Ma come le dicevano anche i suoi terapeuti, ascoltare i segnali profondi, quelli che si sono ripetuti nel tempo, è un atto di responsabilità verso sé stessi e, indirettamente, anche verso l’altro.
Il suo vuoto, la tristezza e la paura non indicano necessariamente che ha sbagliato, ma che sta vivendo un vero e proprio lutto affettivo. Anche le separazioni più necessarie sono dolorose, perché quando si chiude un legame sicuro, si perde una parte importante di sé e della propria identità. E spesso il cervello, per proteggerla, tende a idealizzare il passato o a focalizzarsi sui momenti belli, come se stesse cercando di riportarla in un luogo conosciuto, seppur sofferto. Le suggerirei di trattare sé stesso con la stessa gentilezza che ha descritto nella sua ex compagna. Il senso di colpa può essere trasformato in responsabilità affettiva, ma non deve diventare una condanna. Stare accanto al proprio dolore, accettarlo, e darsi tempo per attraversarlo è il primo passo per comprendere davvero il significato di questa scelta.
Si premuri di seguire un percorso consapevolizzante all’interno di una psicoterapia, magari con l’utilizzo della mindfulness, la potrà aiutare molto.
Saluti, dott.ssa Sandra Petralli
Dott.ssa Elena Gianotti
Psicologo, Psicoterapeuta
Milano
Buongiorno, grazie per la sua condivisione. Mi sento di confermare quello che le hanno detto i colleghi: affrontare una separazione è molto difficile, anche per chi sceglie di intraprenderla, come lei in questo caso. Quando c'è una separazione da elaborare i ricordi brutti e i dubbi come per magia svaniscono, ma come le hanno detto i colleghi non è una magia: è un modo per tornare indietro e non affrontare la separazione, una difesa. Sicuramente una separazione dolorosa merita comunque spazio, tempo e cure per essere elaborata, anche per andare a fondo rispetto ai vari periodi di dubbio che ha sempre avuto, per cui se avesse bisogno in questo senso mi trova a disposizione, se non ha una terapia già in corso. Un caro saluto, dott.ssa Elena Gianotti
Dott. Diego Ferrara
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Quarto
Gentile utente di mio dottore,
la fine di una relazione rappresenta sempre qualcosa di molto doloroso. Da quanto scrive credo di capire che ha intrapreso un percorso di psicoterapia per poter affrontare tutto questo. Ne parli in seduta, di tutto ciò che sente, di tutto ciò che prova, la aiuterà con il tempo ad elaborare la fine di questa relazione e il suo senso di colpa.
Cordiali saluti
Dott. Diego Ferrara
Dott.ssa Chiara Campagnano
Psicologo, Psicoterapeuta
Modena
Capisco quanto sia devastante per te trovarsi in questa situazione. Da come ne parli si percepisce tutta la profondità del legame che hai avuto e, allo stesso tempo, la fatica di riconoscere che per anni hai sentito dei dubbi che non riuscivi a mettere da parte del tutto. È comprensibile che ora emergano sensi di colpa, paura di aver fatto un torto e anche nostalgia per i momenti belli: quando una storia finisce, soprattutto se è stata lunga e importante, la mente tende a riportare a galla tutto ciò che si perde, mentre fa più fatica a ricordare i motivi che ti hanno portato a prendere la decisione.

Anche le emozioni che descrivi – lo strazio nel vederla soffrire, il senso di vuoto, la paura di aver commesso un errore irreparabile – sono parte di un processo di separazione che è, a tutti gli effetti, un lutto. Non è affatto insolito che, davanti al dolore dell’altro, la parte più sensibile di noi desideri annullare la scelta pur di non sentire il peso della sofferenza.

Il fatto che tu ti stia ponendo tutte queste domande dice quanto tu abbia preso sul serio la relazione e quanto non ti sia affatto indifferente il suo dolore. Non significa necessariamente che la decisione sia stata sbagliata: può significare piuttosto che stai attraversando quella fase in cui la mente mette in dubbio tutto, per proteggerti dal senso di perdita.

Un punto che porti e che merita attenzione è la tua difficoltà, da sempre, a prenderti lo spazio per decidere senza sentirti schiacciato dal giudizio della tua famiglia. Questo peso potrebbe rendere più complesso distinguere tra quello che senti tu e quello che temi venga pensato di te. Lavorare su questa differenza potrebbe aiutarti a riconoscere meglio i tuoi bisogni.

Ora sei in piena tempesta emotiva: dare un significato più chiaro a ciò che hai scelto richiede tempo. Può essere importante accogliere sia il dolore che i sensi di colpa, senza scambiarli automaticamente per segnali che ti sei sbagliato.

Un caro saluto
Dott.ssa Emanuela Bazzana
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Albino
Caro trentenne, noto molta cura nei confronti della sua ragazza ma anche una profonda fatica a dare spazio e ragione ai suoi sentimenti. Le separazioni comportano sofferenza ma, talvolta, sono necessarie per dare spazio a quanto si prova e, quindi, per definirci ed essere autentici. Ricordi che una relazione carica di dubbi non potrà mai sbocciare pienamente come potrebbe. Penso che potrebbe esserle utile prendersi del tempo per comprendere meglio le sue ragioni e i suoi sentimenti. Sono disponibile anche online qualora ritenesse opportuno. Buona vita. E. Bazzana
Dott. Marco De Fonte
Psicologo, Psicoterapeuta
Bari
Buongiorno,
quello che sta vivendo è un dolore molto intenso e lo si percepisce chiaramente dalle sue parole. Chiudere una relazione lunga e significativa non è mai semplice, ma è ancora più devastante quando l’altra persona non ha colpe, quando la sua reazione è accogliente e generosa, e quando resta la sensazione di aver fatto del male a chi meno lo meritava.

È normale, quindi, che oggi si senta travolto da sensi di colpa, ripensamenti, immagini dei momenti belli. Il nostro cervello, quando viviamo una perdita affettiva, tende a far riemergere soprattutto ciò che ci manca, mettendo temporaneamente in ombra i motivi per cui la decisione è maturata. Questo è un meccanismo comune di elaborazione del lutto: non è un segno che ha sbagliato, ma parte del processo di separazione.

Il fatto che per anni abbia sentito dubbi e insofferenze non è irrilevante: sono segnali importanti che non vanno annullati solo perché ora, nel pieno del dolore, è più facile ricordare il bello. Come le hanno già detto i suoi terapeuti, ignorare quei segnali avrebbe significato rimandare continuamente lo stesso nodo, che sarebbe tornato a presentarsi.

Anche i sensi di colpa hanno un loro significato: raccontano che lei è una persona empatica, capace di riconoscere la sofferenza dell’altro. Ma provare colpa non equivale a essere colpevoli: significa solo che per lei il legame è stato reale e prezioso, e che sta affrontando il dolore del distacco con una sensibilità che la fa soffrire tanto.

Ciò che sta provando – vuoto, senso di svenimento, pensieri continui – è assolutamente normale in una fase acuta di lutto affettivo. Con il tempo, e continuando a parlarne in terapia, questo dolore potrà trasformarsi in qualcosa di diverso: la gratitudine per una relazione che le ha dato molto, un affetto che potrà restare nella memoria, ma senza più bloccarla nella paura di aver “sbagliato tutto”.

Un passaggio importante può essere distinguere tra:

il dolore di perdere una persona speciale, che è autentico e va vissuto fino in fondo;

e la consapevolezza che, al di là del valore di lei, la relazione non rispondeva più ai suoi bisogni profondi.

Lei non è “una cattiva persona”: è una persona che ha avuto il coraggio, per la prima volta, di affrontare un passaggio che temeva da anni. La sofferenza che prova è la misura dell’importanza che questa storia ha avuto nella sua vita.

Un caro incoraggiamento: ciò che sente è normale e non durerà per sempre. Sta affrontando un lutto, e col tempo troverà nuove risorse per dare senso anche a questa scelta dolorosa.
Gentile utente, leggendo le sue parole, tra gli aspetti che emergono più in figura mi colpisce il senso di colpa di cui spesso parla: vedendo quanto racconta in merito alle relazioni (familiari, intima), immagino quanto sia difficile per lei contattare i suoi bisogni e di conseguenza esprimerli; immagino come se si attivasse quel senso di colpa, a seguito del suo tentativo di espressione dei bisogni, provando a dare una direzione al suo vissuto. Ha esplorato questa dinamica del senso di colpa nelle precedenti terapie effettuate? A oggi questo mi sembra essere il vero blocco per lei. Le rimando anche che ha avuto molto coraggio nel provare a eseguire un nuovo movimento nella sua vita, determinando lei per la prima volta la fine di questa relazione, wow; allo stesso tempo è legittimo questo senso di vuoto e le chiederei: cosa racconta di lei tale vissuto? La invito a esplorarlo in un contesto di terapia personale. Un saluto!
Dott.ssa Francesca Gottofredi
Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Bologna
Buongiorno,
dal suo racconto emerge una grande lucidità: lei sa che i dubbi non sono nati ora, ma hanno accompagnato la relazione per anni. E tuttavia oggi sembra soffrire non tanto per la scelta, quanto per l’immagine che ha di sé dopo averla compiuta. Mi chiedo: la sua sofferenza nasce più dall’aver perso lei, o dall’aver infranto l’idea di essere “quello che non fa mai del male a nessuno”?
E ancora: è più doloroso il vuoto che sente ora, o il peso che ha portato a lungo nel vivere una storia “solida” ma sempre sotto il dubbio?
Può essere che ciò che la devasta non sia la rottura in sé, ma la forza gentile con cui la sua ex compagna ha reagito, specchio di una maturità che le mostra quanto lei stesso faccia fatica a concedersi?
Rimango a disposizione per ulteriori dubbi o chiarimenti.
Dott.ssa Francesca Gottofredi
Dott. Salvatore Augello
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Palermo
Salve. Non posso che essere d'accordo con il parere espresso dai suoi terapeuti. Anche la breve descrizione della sua storia familiare fa pensare che per lei sia molto difficile rifiutare e abbandonare una persona. Se effettivamente ha nutrito cosi come ha scritto grandi dubbi sulla sua relazione e sente di averli esplorati ed elaborati a fondo in terapia, possiamo dire che probabilmente ha fatto la scelta giusta. Le emozioni che sta vivendo sono in linea con la decisione che ha preso. Le auguro di riuscire a superare quanto prima questo difficile momento, accettandolo.
Cordiali saluti
Dott.ssa Giuliana Galise
Psicoterapeuta, Psicologo clinico, Psicologo
Napoli
ciao, purtroppo lasciare oppure essere lasciati porta con sè strascichi per un bel po'. siete stati tutto questo tempo insieme ed è più che normale e fisiologico che adesso attraverserai un periodo di alti e bassi, probabilmente più bassi che alti, sono realista .... ma un po' alla volta questa nube di dubbi che adesso ti assale si dissolverà. Alcuni giorni starai meglio, altri meno, fa parte del processo di accettazione della fine del rapporto. se tutto questo dovesse essere troppo pesante per te da sostenere, ti suggerisco un supporto. ti servirà anche a lavorare su aspetti personali che probabilmente devi ancora analizzare. FORZA!!
Dott.ssa Edith Valerio
Psicologo, Psicoterapeuta
Bari
Caro/a, grazie per la fiducia e la profondità con cui hai scelto di raccontarti. Ogni parola del tuo messaggio è intrisa di verità, e anche se ora ti senti “piccolo come una noce”, dentro ciò che hai scritto si percepisce una sensibilità profonda, una coscienza che non ha smesso di cercare autenticità, nonostante il dolore.
Il punto da cui scrivi è un luogo che molti, nel proprio cammino umano e spirituale, incontrano: il bivio tra fedeltà a sé e fedeltà all’altro. E scegliere di ascoltare ciò che “da tempo si rompe dentro” anche quando tutto fuori sembra funzionare è un atto che richiede un enorme coraggio. Soprattutto quando la persona che hai davanti è amorevole, presente, e ti mostra il volto più nobile dell’amore.
Ma proprio per questo il dolore è così forte: non stai soffrendo “nonostante” lei sia speciale, ma proprio perché lo è. Perché la tua scelta non è nata dalla rabbia, dal rifiuto, dalla rottura netta, ma da qualcosa di più sottile, più difficile da nominare: un’insofferenza interiore, silenziosa e ripetuta, che ti ha chiesto ascolto per anni. Questo rende il distacco non solo difficile, ma sacrificale.
Nel linguaggio transpersonale, ciò che stai vivendo potrebbe essere chiamato una “crisi di coscienza”. È quel punto in cui il Sé profondo ti chiede di abbandonare un'identità che non ti appartiene più, per andare verso un’ulteriore verità di te anche se non sai ancora quale sarà. E il passaggio da uno stadio all’altro dell’anima, come sai, spesso avviene attraverso il lutto, il senso di colpa, il vuoto, e il dubbio.
Quello che provi è assolutamente normale: senso di colpa, paura di aver sbagliato, immagini che riaffiorano con nostalgia, e la voglia quasi di “tornare indietro” per non sentire più quel vuoto. Ma questo non significa che hai sbagliato, significa che stai attraversando un rito di passaggio. E i riti di passaggio fanno male, perché lasciano andare una parte di sé che è stata vera, che ha amato, ma che ora non può più portarti dove devi andare.
Ti invito a non leggere questo dolore come una punizione, ma come una forma di morte simbolica. E ogni morte, nel percorso dell’anima, prepara una rinascita. Non subito, non senza smarrimento, ma con tempo, ascolto, e soprattutto compassione verso te stesso.
Inoltre, ciò che definisci “meccanismo di difesa” potrebbe essere letto anche come la parte della tua psiche che ha paura di espandersi oltre i confini conosciuti dell’amore. Spesso ci leghiamo a persone meravigliose in momenti in cui abbiamo bisogno di protezione, di casa, di cura… ma poi, con la crescita, ci accorgiamo che la verità del nostro cuore chiede forme nuove di amore, più in linea con chi stiamo diventando. E non è una colpa voler essere fedeli a questa verità, anche se fa male.
Il fatto che tu senta il bisogno di proteggere lei, di scusarti, di sentirti “meno” rispetto alla sua accoglienza… ci parla di una parte di te che fatica a ricevere amore senza sentirsi in debito. Questo è un altro punto prezioso da esplorare nel tuo cammino: imparare a ricevere, senza fuggire, senza volerti punire. Forse anche questo è parte della tua trasformazione.
E' normale ciò che provi: ogni scelta autentica comporta una frattura, una disorganizzazione emotiva, e i ripensamenti fanno parte del processo.
No, non sei una m.: sei un essere umano che sta facendo del suo meglio per non tradirsi.
Sì, ci sarà un senso, anche se oggi non riesci a vederlo. Forse non “subito”, ma verrà con il tempo, il silenzio, e il rispetto per il dolore.
Sì, anche lei guarirà. Proprio perché è così speciale, saprà trasformare questo dolore in nuova luce. E anche tu.
Nel tuo messaggio non leggo una fine, ma un passaggio di maturazione dell’anima. E ti invito a custodire questo momento come sacro, anche nel caos, anche nella confusione. Questo dolore, se lo attraversi con onestà e presenza, non sarà inutile. Ti cambierà. E ti condurrà verso un amore più intero, più vero prima di tutto verso te stesso.
Con profondo rispetto, Dott.ssa Edith Valerio
Dott.ssa Federica Di Maggio
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Palermo
Buongiorno,

Leggere le sue parole fa emergere quanto questo momento per lei sia intenso, lacerante e carico di significati profondi.
A volte le decisioni più difficili non sono quelle che derivano da mancanze o conflitti aperti, ma proprio quelle che nascono da relazioni significative, nelle quali però qualcosa, lentamente o silenziosamente, ha iniziato a non risuonare più.
Il senso di colpa, il dubbio, il riaffiorare dei ricordi belli e l’impressione di “non meritare” l’amore dell’altro sono esperienze comuni quando si vive una separazione da una persona importante.
Tutto questo fa parte del processo di elaborazione del lutto relazionale. È normale sentire confusione, dolore, rimpianto. Ma questi vissuti non invalidano la lucidità con cui, col tempo, ha ascoltato le sue emozioni e i segnali che venivano da dentro di lei.
Spesso ci si colpevolizza quando si prende una decisione difficile, soprattutto se si è cresciuti in contesti dove l’autonomia emotiva non è stata pienamente riconosciuta. Anche questo merita ascolto e comprensione, non giudizio.
Se sente il bisogno di un accompagnamento in questo momento delicato, può essere utile affrontare tutto ciò in un percorso terapeutico, dove poter dare un senso a quello che sta vivendo e ritrovare un contatto gentile con sé stesso.

Dott.ssa Di Maggio Federica
Psicoterapeuta sistemico-relazionale
Dott.ssa Marzia Sellini
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Brescia
Buongiorno gentile paziente,
penso che la frase sulla quale è bene tu ponga la tua riflessione ed arrivi a delle tue posizioni sia proprio questa: "Ho 30 anni, e da 7 anni e mezzo sto con una ragazza che ora ne ha 27." In modo particolare è a quel STO che occorre tu dedichi i tuoi pensieri.
Ricordando che i dubbi, come diceva Borges, sono espressione d'intelligenza, ti rammento anche che non si può sempre dubitare, occorre arrivare a delle conclusioni, morali, nuovi convincimenti, posizionamenti ... ma conta anche come arrivi a certe conclusioni, a partire da quali premesse ed in base a quali informazioni ...
Un saluto cordiale
dott.ssa Marzia Sellini
Dott.ssa Alessandra Domigno
Psicoterapeuta, Psicologo clinico, Psicologo
Roma
Gentile utente, le separazioni non sono mai semplici e talvolta, è vero, lasciano affiorare emozioni simili a quelle di un lutto sebbene abbiamo scelto noi in prima persona la nuova condizione (nel suo caso di lasciare questa ragazza). Eravate giovani quando vi siete messi insieme e come ha detto lei in parte vi siete trovati in un momento delicato e fragile delle vs. vite quando cioè erano emersi degli attacchi di panico. Non è stato un errore assolutamente che il vostro rapporto sia iniziato lì in quei momenti e anche con una forte impronta di bisogno ma poi probabilmente si è trasformato in amore. Evidentemente però siete cresciuti, tanti bisogni li avete anche nutriti, e oggi forse emerge un nuovo desiderio di andar oltre, oltre a vivere qualcosa di nuovo e lasciare quel luogo sicuro e che è stato tanto di conforto può spaventare e far sentire enormi sensi di colpa. Non è colpa di nessuno, è la vita che va avanti e voi che state crescendo. Le auguro, anzi vi auguro un buon percorso di vita.

Cordialità

Dott.ssa Alessandra Domigno

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