Gentili psicologi, Ho un grosso problema nella mia relazione. La mia compagna, con cui sto assieme
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Gentili psicologi,
Ho un grosso problema nella mia relazione.
La mia compagna, con cui sto assieme da 3 anni e mezzo e con cui abbiamo una bambina di due anni e mezzo, mi scatena addosso l’inferno ogni volta che io ho a che fare con altre donne (io faccio lezioni private), ogni volta che ho alunne femmine, ogni volta che passa qualcuna vestita in maniera succinta per strada accanto a noi.
Premesso che io sono una persona molto fedele, che non cammino per strada fissando le altre e sbavando su di loro, ma che ho occhi solo per lei, lei mi giudica perchè prima di conoscerla mentre ero single le ho confessato, durante una serata di confessioni, che a volte mi è capitato di avere delle fantasie su un paio di alunne un paio di volte e qualche volta per strada mi è caduto l’occhio, ma che comunque non ero quel tipo di persona.
Abbiamo pure fatto un gioco sessuale dove ci siamo detti le nostre fantasie, e in territorio neutro io ho fantasticato insieme a lei (con lei sempre al centro delle mie fantasie) su qualcuna che conoscevo.
Vedendo che a lei dava fastidio ho interrotto questo tipo di pratica e mi sono concentrato esclusivamente su di lei e su raccontarle le mie fantasie dove lei era la protagonista.
Comunque durante quel periodo non eravamo genitori e queste cose morivano lì. La realtà è una cosa per me, la fantasia un’altra.
Lei invece dopo il parto è totalmente cambiata e ha cominciato a mescolare la realtà è la fantasia ed improvvisamente mi sono trovato con lei che mi dice che di me non fida per le cose che le ho raccontato, che io vado a farmi i film sulle altre, che per strada fisso le altre in sua presenza (cosa che io NON faccio) e ci sbavo sopra.
Mi tratta come una pezza da piedi quando perde il controllo e mi fa sentire come non sono, mi descrive come non sono.
Ci tengo a menzionare che lei è una massaggiatrice, e di fantasia ne ha avute, e ancora oggi ne ha. Oltre a cose che sono realmente capitate. Ma io mi fido di lei, e capisco che quando era single era libera di fare quello che riteneva meglio.
Io invece sono intrappolato in questa rete di sue congetture.
Abbiamo una bambina piccola e sono rimasto senza lavoro da poco, e se mi chiamano alunne femmine per fare lezione lei da di matto e comincia a dirne di tutti i colori, aggiungendo che sono malato, che se lei pensa queste cose è colpa mia che le ho detto quelle cose e mi sono confidato.
Io mi sono confidato proprio perchè volevo essere cristallino con lei. Invece ora mi descrive come io non sono.
La nostra relazione si sta distruggendo giorno dopo giorno, stiamo spendendo fior fior di soldi di psicoterapeuta ogni settimana che da consigli che lei in primis non segue.
Non crede a quello che io dico. Non si fida della mia mente. Di cosa io penso.
E mescola la realtà con la fantasia.
Sono una persona molto leale, mi dó da fare per essere sempre il meglio per lei, per dare loro sempre il meglio, mi reputo un buon compagno, che l’amore gliel’ha sempre dimostrato ogni giorno. Invece tutto questo decade, come se non esistesse. Addirittura mi dice che se io faccio lezioni a ragazze devo sopportare lei che è così.
Sinceramente non só come aiutarla, le ho detto che ha un problema, e che quando perde il controllo dice cose che mi fanno veramente male, ma non se ne rende conto.
Ho un grosso problema nella mia relazione.
La mia compagna, con cui sto assieme da 3 anni e mezzo e con cui abbiamo una bambina di due anni e mezzo, mi scatena addosso l’inferno ogni volta che io ho a che fare con altre donne (io faccio lezioni private), ogni volta che ho alunne femmine, ogni volta che passa qualcuna vestita in maniera succinta per strada accanto a noi.
Premesso che io sono una persona molto fedele, che non cammino per strada fissando le altre e sbavando su di loro, ma che ho occhi solo per lei, lei mi giudica perchè prima di conoscerla mentre ero single le ho confessato, durante una serata di confessioni, che a volte mi è capitato di avere delle fantasie su un paio di alunne un paio di volte e qualche volta per strada mi è caduto l’occhio, ma che comunque non ero quel tipo di persona.
Abbiamo pure fatto un gioco sessuale dove ci siamo detti le nostre fantasie, e in territorio neutro io ho fantasticato insieme a lei (con lei sempre al centro delle mie fantasie) su qualcuna che conoscevo.
Vedendo che a lei dava fastidio ho interrotto questo tipo di pratica e mi sono concentrato esclusivamente su di lei e su raccontarle le mie fantasie dove lei era la protagonista.
Comunque durante quel periodo non eravamo genitori e queste cose morivano lì. La realtà è una cosa per me, la fantasia un’altra.
Lei invece dopo il parto è totalmente cambiata e ha cominciato a mescolare la realtà è la fantasia ed improvvisamente mi sono trovato con lei che mi dice che di me non fida per le cose che le ho raccontato, che io vado a farmi i film sulle altre, che per strada fisso le altre in sua presenza (cosa che io NON faccio) e ci sbavo sopra.
Mi tratta come una pezza da piedi quando perde il controllo e mi fa sentire come non sono, mi descrive come non sono.
Ci tengo a menzionare che lei è una massaggiatrice, e di fantasia ne ha avute, e ancora oggi ne ha. Oltre a cose che sono realmente capitate. Ma io mi fido di lei, e capisco che quando era single era libera di fare quello che riteneva meglio.
Io invece sono intrappolato in questa rete di sue congetture.
Abbiamo una bambina piccola e sono rimasto senza lavoro da poco, e se mi chiamano alunne femmine per fare lezione lei da di matto e comincia a dirne di tutti i colori, aggiungendo che sono malato, che se lei pensa queste cose è colpa mia che le ho detto quelle cose e mi sono confidato.
Io mi sono confidato proprio perchè volevo essere cristallino con lei. Invece ora mi descrive come io non sono.
La nostra relazione si sta distruggendo giorno dopo giorno, stiamo spendendo fior fior di soldi di psicoterapeuta ogni settimana che da consigli che lei in primis non segue.
Non crede a quello che io dico. Non si fida della mia mente. Di cosa io penso.
E mescola la realtà con la fantasia.
Sono una persona molto leale, mi dó da fare per essere sempre il meglio per lei, per dare loro sempre il meglio, mi reputo un buon compagno, che l’amore gliel’ha sempre dimostrato ogni giorno. Invece tutto questo decade, come se non esistesse. Addirittura mi dice che se io faccio lezioni a ragazze devo sopportare lei che è così.
Sinceramente non só come aiutarla, le ho detto che ha un problema, e che quando perde il controllo dice cose che mi fanno veramente male, ma non se ne rende conto.
Gentile Utente, mi spiace di sentire la sua condizione di disagio. dopo aver letto il suo resoconto mi viene da fare qualche considerazione. Lei dice che siete seguiti da un terapeuta, però, la sua compagna non segue le indicazioni fornite dal professionista e la accusa di avere un problema. Al contrario lei, afferma che non sa più come dire alla compagna che lei è onesto e trasparente e che il problema è della compagna, la quale dovrebbe calmarsi e fidarsi di lei. Entrambi pensate che il problema sia in capo all'altro. Forse può aiutarvi mettervi nella condizione che il problema appartiene ad entrambi ed è una difficoltà che riguarda la relazione di coppia. Anche io ho un problema. Oppure, anche io contribuisco a questa condizione nella quale ci troviamo, cosa posso fare? Cosa possiamo fare insieme?
Altra considerazione. Leggo che questa condizione è nata dopo la nascita della figlia. Forse la compagna teme di aver perso la sua bellezza o la sua attrattiva femminile per cui si sente così insicura della propria identità femminile che è portata a pensare che lei, gentile utente, sarà certamente attratto da altre donne. Sembra mancare un peso al valore della famiglia come una motivazione sufficiente e importante per rimanere nella coppia divenuta famiglia. Perché? Purtroppo non ho elementi per rispondere al momento. Ancora, tutti invecchiamo e siamo meno attraenti. Ma è solo la bellezza fisica la motivazione sufficiente per stare nella relazione affettiva. Esplorate anche altro oltre al sospetto sull'attrazione o al tentativo di rassicurazione. Chiedetevi: perché stiamo insieme? E' un modo di uscire dalla questione, di per sé irrisolvibile, e concentrarvi sulla vera questione della coppia: cosa ci tiene uniti
Spero di essere stato utile per dare qualche spunto di riflessione.
Se vuole scrivermi mi contatti liberamente. Ricevo in studio e online.
Buona vita
Altra considerazione. Leggo che questa condizione è nata dopo la nascita della figlia. Forse la compagna teme di aver perso la sua bellezza o la sua attrattiva femminile per cui si sente così insicura della propria identità femminile che è portata a pensare che lei, gentile utente, sarà certamente attratto da altre donne. Sembra mancare un peso al valore della famiglia come una motivazione sufficiente e importante per rimanere nella coppia divenuta famiglia. Perché? Purtroppo non ho elementi per rispondere al momento. Ancora, tutti invecchiamo e siamo meno attraenti. Ma è solo la bellezza fisica la motivazione sufficiente per stare nella relazione affettiva. Esplorate anche altro oltre al sospetto sull'attrazione o al tentativo di rassicurazione. Chiedetevi: perché stiamo insieme? E' un modo di uscire dalla questione, di per sé irrisolvibile, e concentrarvi sulla vera questione della coppia: cosa ci tiene uniti
Spero di essere stato utile per dare qualche spunto di riflessione.
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Capisco quanto sia frustrante sentirti accusat nonostante la tua trasparenza. Molto probabilmente le reazioni della tua compagna non parlano davvero di te, ma dei suoi vissuti interni. E per quanto riguarda la terapia di coppia, questa è utile solo se entrambi siete disposti a lavorare attivamente, lo siete davvero? Lei lo è davvero? Rifletterei su questo in seduta con il collega e con la partner
Gentile utente,
grazie per aver condiviso con tanta lucidità una situazione tanto delicata e complessa.
Quello che descrivi sembra il frutto di una dinamica relazionale profondamente sbilanciata, in cui la tua compagna fatica a contenere la gelosia e l’insicurezza, trasformandole in accuse e reazioni eccessive, spesso offensive e svalutanti nei tuoi confronti. È importante sottolineare che ciò che tu hai fatto – confidarti, essere trasparente, costruire intimità e fiducia anche attraverso il dialogo sulle fantasie – non dovrebbe mai diventare un’arma contro di te.
Dopo la nascita di una figlia, è normale che una coppia affronti momenti di grande fragilità, ma quello che tu racconti va ben oltre un disagio passeggero. La gelosia, quando prende la forma di continue accuse, controllo, invalidazione e parole denigranti, rischia di minare profondamente non solo la relazione, ma anche l’autostima e il benessere psicologico di chi la subisce.
È evidente che tu stia facendo un grande sforzo per sostenere la relazione e per tenere unita la famiglia, ma è altrettanto evidente che questo sforzo non può essere solo a senso unico. Quando una persona si rifiuta di accogliere il punto di vista dell’altro, lo denigra, lo colpevolizza per il proprio disagio e non si assume la responsabilità del proprio comportamento, allora è necessario fermarsi e chiedersi dove si sta andando.
La terapia può essere un valido aiuto solo se entrambe le persone sono realmente disposte a mettersi in discussione e a fare un lavoro sincero su sé stesse. Se così non è, rischia di diventare uno spazio in cui uno lotta per tenere in piedi ciò che l’altro continua a minare.
Tu meriti di essere ascoltato, creduto e rispettato. Meriti che la tua buona fede venga riconosciuta, e che i tuoi bisogni – emotivi, lavorativi, relazionali – abbiano spazio e valore, tanto quanto quelli della tua compagna.
Non si tratta di scegliere tra “sopportare” o “rompere”, ma di interrogarsi con onestà su quanto ancora puoi sostenere questa dinamica senza perderti, e soprattutto su che tipo di relazione desideri costruire, anche come esempio per vostra figlia.
Resto a disposizione se vorrai approfondire o trovare insieme qualche passo possibile da compiere. Un caro saluto.
grazie per aver condiviso con tanta lucidità una situazione tanto delicata e complessa.
Quello che descrivi sembra il frutto di una dinamica relazionale profondamente sbilanciata, in cui la tua compagna fatica a contenere la gelosia e l’insicurezza, trasformandole in accuse e reazioni eccessive, spesso offensive e svalutanti nei tuoi confronti. È importante sottolineare che ciò che tu hai fatto – confidarti, essere trasparente, costruire intimità e fiducia anche attraverso il dialogo sulle fantasie – non dovrebbe mai diventare un’arma contro di te.
Dopo la nascita di una figlia, è normale che una coppia affronti momenti di grande fragilità, ma quello che tu racconti va ben oltre un disagio passeggero. La gelosia, quando prende la forma di continue accuse, controllo, invalidazione e parole denigranti, rischia di minare profondamente non solo la relazione, ma anche l’autostima e il benessere psicologico di chi la subisce.
È evidente che tu stia facendo un grande sforzo per sostenere la relazione e per tenere unita la famiglia, ma è altrettanto evidente che questo sforzo non può essere solo a senso unico. Quando una persona si rifiuta di accogliere il punto di vista dell’altro, lo denigra, lo colpevolizza per il proprio disagio e non si assume la responsabilità del proprio comportamento, allora è necessario fermarsi e chiedersi dove si sta andando.
La terapia può essere un valido aiuto solo se entrambe le persone sono realmente disposte a mettersi in discussione e a fare un lavoro sincero su sé stesse. Se così non è, rischia di diventare uno spazio in cui uno lotta per tenere in piedi ciò che l’altro continua a minare.
Tu meriti di essere ascoltato, creduto e rispettato. Meriti che la tua buona fede venga riconosciuta, e che i tuoi bisogni – emotivi, lavorativi, relazionali – abbiano spazio e valore, tanto quanto quelli della tua compagna.
Non si tratta di scegliere tra “sopportare” o “rompere”, ma di interrogarsi con onestà su quanto ancora puoi sostenere questa dinamica senza perderti, e soprattutto su che tipo di relazione desideri costruire, anche come esempio per vostra figlia.
Resto a disposizione se vorrai approfondire o trovare insieme qualche passo possibile da compiere. Un caro saluto.
Buongiorno ,credo leggendo cosa scrive caro utente, che lei deve fare un grosso lavoro sul separare le situazioni e vicende perché mi sembra ci sia confusione su alcuni aspetti della sua vita.
Bene continuare a mettere dei confini a lei e alla sua compagna sul fatto che non guarda altre donne ma forse dovrebbe metterne altri su dove può arrivare con lei, mi spiego meglio dovrebbe chiarirsi in primis lei su cosa vuole ora e cosa può fare per averlo e dopo di che comunicare a lei le sue volontà (tra cui il continuare a lavorare con tutte le persone che la cercano perché non ha secondi fini e quindi può permettersi di lavorare con tutti) e che se lei ha delle gelosie infondate forse sarebbe meglio che vada in seduta privata prima di fare terapia di coppia ( magari su questo si confronti oltre che con lei anche con la terapeuta che vi segue per avere un feedback). le faccia capire ma con determinazione che lei vuole continuare giustamente il suo lavoro e che vuole stare con lei ma che se continua cosi rovinerà quello che c'è di bello nel vostro rapporto. Cerchi di mettere dei confini chiari nella vostra relazione perché purtroppo non potrà entrare nella testa della sua compagna per farle cambiare idea se lei non vuole farlo.
Le chiedo ma la sua compagna massaggia anche uomini ? secondo lei è possibile che invece lei ha magari qualche interesse o flirt?
Con la speranza di esserle stata in qualche maniera di aiuto, le auguro buona fortuna.
Se ha bisogno di altre delucidazioni mi contatti pure .
Buona giornata Dr. Jasmine Scioscia
Bene continuare a mettere dei confini a lei e alla sua compagna sul fatto che non guarda altre donne ma forse dovrebbe metterne altri su dove può arrivare con lei, mi spiego meglio dovrebbe chiarirsi in primis lei su cosa vuole ora e cosa può fare per averlo e dopo di che comunicare a lei le sue volontà (tra cui il continuare a lavorare con tutte le persone che la cercano perché non ha secondi fini e quindi può permettersi di lavorare con tutti) e che se lei ha delle gelosie infondate forse sarebbe meglio che vada in seduta privata prima di fare terapia di coppia ( magari su questo si confronti oltre che con lei anche con la terapeuta che vi segue per avere un feedback). le faccia capire ma con determinazione che lei vuole continuare giustamente il suo lavoro e che vuole stare con lei ma che se continua cosi rovinerà quello che c'è di bello nel vostro rapporto. Cerchi di mettere dei confini chiari nella vostra relazione perché purtroppo non potrà entrare nella testa della sua compagna per farle cambiare idea se lei non vuole farlo.
Le chiedo ma la sua compagna massaggia anche uomini ? secondo lei è possibile che invece lei ha magari qualche interesse o flirt?
Con la speranza di esserle stata in qualche maniera di aiuto, le auguro buona fortuna.
Se ha bisogno di altre delucidazioni mi contatti pure .
Buona giornata Dr. Jasmine Scioscia
Buongiorno, molte donne dopo il parto tra cambiamenti umorali, cambiamenti fisici, ormoni non hanno più il controllo sulle proprie reazioni. Tutto è accentuato dall'insicurezza dovuta al cambiamento del corpo, e anche dalla stanchezza. Un bambino è molto impegnativo sia fisicamente che mentalmente. Ciò detto avete fatto bene ad andare in terapia, le cose vanno affrontate insieme, il fatto che chiedi aiuto fa capire che la ami, per cui più di cercare di rassicurarla, di essere obiettivo nel giudizio dei tuoi comportamenti quando lei ti accusa, e ti continuare una terapia non puoi fare. Ti consiglio in aggiunta di fare anche delle sedute singole, sia lei che te, in modo da poter verificare se magari c'è altro che in terapia di coppia non emerge per paura
Gentile utente,
la situazione che descrive è molto delicata e merita uno spazio protetto e dedicato in cui poter essere approfondita. Se desidera iniziare un percorso psicoterapeutico, sono disponibile per un primo colloquio conoscitivo. Può contattarmi privatamente per maggiori informazioni.
Un cordiale saluto,
Dott.ssa Anna Bruti – Psicologa
la situazione che descrive è molto delicata e merita uno spazio protetto e dedicato in cui poter essere approfondita. Se desidera iniziare un percorso psicoterapeutico, sono disponibile per un primo colloquio conoscitivo. Può contattarmi privatamente per maggiori informazioni.
Un cordiale saluto,
Dott.ssa Anna Bruti – Psicologa
Buongiorno, quel che lei riporta immagino quanto sia spiacevole sia per lei che per la sua compagna. Credo che qualcosa di profondo sia cambiato con l'avvento di vs. figlia. Cambiano i ruoli della coppia che si ritrova ad essere una coppia di genitori e forse la sua compagna sta vivendo delle difficoltà che non sono ben chiare neanche a se stessa. Forse non si sente ora donna nei confronti del suo compagno cioè lei ma solo mamma tanto presa verso vs figlia e questo può alimentare le sue paure. A mio avviso dovreste parlarne ma forse meglio sarebbe farsi aiutare (insieme o individualmente) da un terapeuta che vi possa sostenere in questa fase così delicata. Se vuole sono a disposizione. Dott.ssa Alessandra Domigno
Salve, immagino la difficoltà a gestire questa situazione. Probabilmente il fatto di diventare genitore influisce sulla sua percezione di "donna". Probabilmente deve.lavorare su questo aspetto.
Da come.desceive la situazione mi sembra che.lei sia.molto innamorato e disponibile ad aiutarla, però non deve mai perdere di vista se stesso.
Le.auguro di riuscire a ritrovare la sintonia con la sua compagna.
Un saluto
Claudia m
Da come.desceive la situazione mi sembra che.lei sia.molto innamorato e disponibile ad aiutarla, però non deve mai perdere di vista se stesso.
Le.auguro di riuscire a ritrovare la sintonia con la sua compagna.
Un saluto
Claudia m
Buonasera,
la ringrazio per aver condiviso un'esperienza così delicata e complessa.
Dalle sue parole si coglie chiaramente l’impegno con cui sta cercando di mantenere un equilibrio nella relazione e nella famiglia, pur in un contesto che la sta mettendo profondamente alla prova.
La trasparenza con cui si è aperto nella relazione, il desiderio di essere autentico e il rispetto mostrato verso la sua compagna sono elementi che meritano attenzione. Tuttavia, quando in una relazione la messa in discussione avviene solo da una parte, e l’altro tende a restare rigidamente ancorato alle proprie convinzioni senza interrogarsi, può diventare difficile costruire uno spazio realmente condiviso. Questo vale anche, e forse soprattutto, all’interno di un percorso terapeutico.
A volte, le fragilità o le paure che emergono nel tempo (anche in seguito a eventi significativi, come la nascita di un figlio) possono trasformarsi in vissuti forti, che finiscono per condizionare la relazione in modo sproporzionato. Se non vengono riconosciuti e affrontati, rischiano di prendere il sopravvento e di generare dinamiche dolorose per entrambi.
In questo momento, potrebbe esserle utile, accanto all’ascolto e al sostegno che già sta offrendo, riservarsi uno spazio per interrogarsi su come sta vivendo questa relazione, su quali aspetti lo fanno sentire riconosciuto e accolto, e su quali invece lo mettono in difficoltà.
Non per prendere decisioni immediate, ma per non trascurare anche il suo benessere, la sua fatica e i suoi bisogni.
Resto a disposizione, anche per un confronto più ampio, in presenza o online, qualora sentisse il bisogno di uno spazio dedicato a sé.
Un cordiale saluto,
Dott. Gianluca Pignatelli
la ringrazio per aver condiviso un'esperienza così delicata e complessa.
Dalle sue parole si coglie chiaramente l’impegno con cui sta cercando di mantenere un equilibrio nella relazione e nella famiglia, pur in un contesto che la sta mettendo profondamente alla prova.
La trasparenza con cui si è aperto nella relazione, il desiderio di essere autentico e il rispetto mostrato verso la sua compagna sono elementi che meritano attenzione. Tuttavia, quando in una relazione la messa in discussione avviene solo da una parte, e l’altro tende a restare rigidamente ancorato alle proprie convinzioni senza interrogarsi, può diventare difficile costruire uno spazio realmente condiviso. Questo vale anche, e forse soprattutto, all’interno di un percorso terapeutico.
A volte, le fragilità o le paure che emergono nel tempo (anche in seguito a eventi significativi, come la nascita di un figlio) possono trasformarsi in vissuti forti, che finiscono per condizionare la relazione in modo sproporzionato. Se non vengono riconosciuti e affrontati, rischiano di prendere il sopravvento e di generare dinamiche dolorose per entrambi.
In questo momento, potrebbe esserle utile, accanto all’ascolto e al sostegno che già sta offrendo, riservarsi uno spazio per interrogarsi su come sta vivendo questa relazione, su quali aspetti lo fanno sentire riconosciuto e accolto, e su quali invece lo mettono in difficoltà.
Non per prendere decisioni immediate, ma per non trascurare anche il suo benessere, la sua fatica e i suoi bisogni.
Resto a disposizione, anche per un confronto più ampio, in presenza o online, qualora sentisse il bisogno di uno spazio dedicato a sé.
Un cordiale saluto,
Dott. Gianluca Pignatelli
Buongiorno,
quello che racconta trasmette molta frustrazione e dolore, ma anche un grande impegno da parte sua nel cercare di essere trasparente e costruttivo nella relazione. È comprensibile sentirsi impotenti quando, nonostante la volontà di dialogo e un percorso terapeutico già in atto, sembra che le dinamiche non migliorino.
La nascita di una figlia, i cambiamenti personali ed emotivi che ne derivano, insieme a possibili insicurezze o ferite precedenti, possono intensificare vissuti di gelosia o controllo. Anche quando la realtà non giustifica certe accuse, le emozioni che ne derivano sono reali per chi le prova, e richiedono ascolto e contenimento.
Se la terapia attuale non sta portando a un cambiamento concreto, può essere utile parlarne apertamente con il terapeuta per valutare se sia il caso di riorientare il lavoro, o approfondire aspetti personali oltre a quelli di coppia. In certi momenti, anche percorsi individuali paralleli possono aiutare a sbloccare situazioni impantanate.
È importante che anche lei continui a prendersi cura di sé e del proprio benessere, senza annullarsi nel tentativo di “reggere” da solo il peso della relazione.
Un caro saluto.
quello che racconta trasmette molta frustrazione e dolore, ma anche un grande impegno da parte sua nel cercare di essere trasparente e costruttivo nella relazione. È comprensibile sentirsi impotenti quando, nonostante la volontà di dialogo e un percorso terapeutico già in atto, sembra che le dinamiche non migliorino.
La nascita di una figlia, i cambiamenti personali ed emotivi che ne derivano, insieme a possibili insicurezze o ferite precedenti, possono intensificare vissuti di gelosia o controllo. Anche quando la realtà non giustifica certe accuse, le emozioni che ne derivano sono reali per chi le prova, e richiedono ascolto e contenimento.
Se la terapia attuale non sta portando a un cambiamento concreto, può essere utile parlarne apertamente con il terapeuta per valutare se sia il caso di riorientare il lavoro, o approfondire aspetti personali oltre a quelli di coppia. In certi momenti, anche percorsi individuali paralleli possono aiutare a sbloccare situazioni impantanate.
È importante che anche lei continui a prendersi cura di sé e del proprio benessere, senza annullarsi nel tentativo di “reggere” da solo il peso della relazione.
Un caro saluto.
Grazie per aver scritto con tanta chiarezza e sincerità. La situazione che descrive è molto complessa, e ciò che si coglie da subito è la sua sofferenza autentica nel sentirsi costantemente frainteso, accusato e non riconosciuto, nonostante i suoi sforzi sinceri per essere un compagno leale e trasparente.
Ciò che vive la sua compagna sembra legato non tanto a ciò che lei fa nel presente, quanto a rappresentazioni interiori e paure profonde che prendono il sopravvento sulla realtà oggettiva, fino a portarla a confondere fantasia, ricordi e fatti concreti.
È possibile che dopo la nascita della bambina, con i cambiamenti identitari, corporei e relazionali che questo comporta, si siano riattivate in lei insicurezze, paure di non essere più desiderata, o vissuti di abbandono — che purtroppo si stanno riversando su di lei sotto forma di gelosia patologica, controllo e diffidenza.
Il suo dolore, però, è altrettanto importante. Il sentirsi descrivere come “malato”, colpevolizzato per essersi confidato, costantemente invalidato, può portare lentamente a una perdita di sé e della propria dignità relazionale.
È giusto provare a comprendere la fragilità dell’altro, ma non può farlo al prezzo di essere trattato come una “minaccia per definizione”, soprattutto quando i fatti non confermano le accuse.
Lei sta già facendo molto, e il fatto che siate in psicoterapia è un passo importante. Tuttavia, quando una persona non riconosce il proprio problema e proietta sull’altro la responsabilità delle sue emozioni, il lavoro terapeutico rischia di essere bloccato.
Le consiglio vivamente — se non lo ha già fatto — di prendere anche uno spazio terapeutico individuale per sé, in cui possa ritrovare confini chiari, autostima, lucidità emotiva e strumenti per valutare se e come restare in questa relazione, senza perdere sé stesso.
Perché l’amore si nutre di verità, ma anche di fiducia reale, e non può sopravvivere solo al prezzo del sacrificio di uno dei due.
Ciò che vive la sua compagna sembra legato non tanto a ciò che lei fa nel presente, quanto a rappresentazioni interiori e paure profonde che prendono il sopravvento sulla realtà oggettiva, fino a portarla a confondere fantasia, ricordi e fatti concreti.
È possibile che dopo la nascita della bambina, con i cambiamenti identitari, corporei e relazionali che questo comporta, si siano riattivate in lei insicurezze, paure di non essere più desiderata, o vissuti di abbandono — che purtroppo si stanno riversando su di lei sotto forma di gelosia patologica, controllo e diffidenza.
Il suo dolore, però, è altrettanto importante. Il sentirsi descrivere come “malato”, colpevolizzato per essersi confidato, costantemente invalidato, può portare lentamente a una perdita di sé e della propria dignità relazionale.
È giusto provare a comprendere la fragilità dell’altro, ma non può farlo al prezzo di essere trattato come una “minaccia per definizione”, soprattutto quando i fatti non confermano le accuse.
Lei sta già facendo molto, e il fatto che siate in psicoterapia è un passo importante. Tuttavia, quando una persona non riconosce il proprio problema e proietta sull’altro la responsabilità delle sue emozioni, il lavoro terapeutico rischia di essere bloccato.
Le consiglio vivamente — se non lo ha già fatto — di prendere anche uno spazio terapeutico individuale per sé, in cui possa ritrovare confini chiari, autostima, lucidità emotiva e strumenti per valutare se e come restare in questa relazione, senza perdere sé stesso.
Perché l’amore si nutre di verità, ma anche di fiducia reale, e non può sopravvivere solo al prezzo del sacrificio di uno dei due.
Gentile Utente,
il tuo racconto descrive una situazione di profonda sofferenza e di crescente tensione nella coppia, resa ancora più complessa dalla presenza di una figlia piccola e da un momento delicato come la perdita del lavoro. La difficoltà principale che emerge riguarda la gelosia della tua compagna, che sembra aver assunto, soprattutto dopo il parto, tratti molto intensi e invasivi, al punto da sfociare in accuse, sfiducia e controlli costanti.
È importante sottolineare che fantasia e realtà non coincidono: avere pensieri o fantasie, anche erotiche, non significa necessariamente volerli mettere in atto né tradire la relazione. Spesso, invece, la gelosia patologica tende proprio a confondere questi due piani, generando sospetti e malintesi.
Va detto che la nascita di un figlio, i cambiamenti ormonali, psicologici e relazionali legati alla maternità possono essere fattori scatenanti o amplificanti di ansie e insicurezze. Tuttavia, il tuo disagio e la tua sensazione di “essere descritto come non sei” indicano che la situazione sta superando il limite della normale gelosia e sta compromettendo la vostra serenità di coppia.
Inoltre, non è sano o giustificabile accettare continue accuse, svalutazioni e comportamenti aggressivi nella relazione. Nonostante il tuo desiderio di trasparenza e di “essere cristallino”, la tua compagna pare non riuscire a contenere le proprie paure né a distinguere le tue intenzioni reali dalle sue paure immaginate. Questo, purtroppo, può logorare gravemente il rapporto e la tua autostima.
Stai già affrontando un percorso psicoterapeutico, e questo è sicuramente un passo importante. Tuttavia, se la terapia individuale o di coppia non sta portando miglioramenti, potrebbe essere utile rivalutare il percorso stesso:
È la terapia giusta per voi?
La tua compagna è disposta a lavorare davvero su di sé?
È stato valutato se ci siano problematiche psicologiche più strutturate (es. disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo paranoide, o altri quadri clinici)?
È comprensibile il tuo desiderio di “aiutarla”, ma ricordati che non puoi fare terapia alla tua compagna né puoi risolvere tu da solo le sue insicurezze. È fondamentale anche tutelare te stesso, la tua salute emotiva e la serenità familiare.
Ti incoraggio a proseguire il confronto con uno specialista, sia individualmente, per comprendere i tuoi limiti e le tue risorse, sia eventualmente nella terapia di coppia, se la tua compagna è disposta a collaborare davvero. Spesso, in questi casi, è utile anche un consulto con uno psicoterapeuta esperto in dinamiche relazionali e in gelosia patologica.
Sarebbe utile e consigliato per approfondire rivolgersi ad uno specialista.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
il tuo racconto descrive una situazione di profonda sofferenza e di crescente tensione nella coppia, resa ancora più complessa dalla presenza di una figlia piccola e da un momento delicato come la perdita del lavoro. La difficoltà principale che emerge riguarda la gelosia della tua compagna, che sembra aver assunto, soprattutto dopo il parto, tratti molto intensi e invasivi, al punto da sfociare in accuse, sfiducia e controlli costanti.
È importante sottolineare che fantasia e realtà non coincidono: avere pensieri o fantasie, anche erotiche, non significa necessariamente volerli mettere in atto né tradire la relazione. Spesso, invece, la gelosia patologica tende proprio a confondere questi due piani, generando sospetti e malintesi.
Va detto che la nascita di un figlio, i cambiamenti ormonali, psicologici e relazionali legati alla maternità possono essere fattori scatenanti o amplificanti di ansie e insicurezze. Tuttavia, il tuo disagio e la tua sensazione di “essere descritto come non sei” indicano che la situazione sta superando il limite della normale gelosia e sta compromettendo la vostra serenità di coppia.
Inoltre, non è sano o giustificabile accettare continue accuse, svalutazioni e comportamenti aggressivi nella relazione. Nonostante il tuo desiderio di trasparenza e di “essere cristallino”, la tua compagna pare non riuscire a contenere le proprie paure né a distinguere le tue intenzioni reali dalle sue paure immaginate. Questo, purtroppo, può logorare gravemente il rapporto e la tua autostima.
Stai già affrontando un percorso psicoterapeutico, e questo è sicuramente un passo importante. Tuttavia, se la terapia individuale o di coppia non sta portando miglioramenti, potrebbe essere utile rivalutare il percorso stesso:
È la terapia giusta per voi?
La tua compagna è disposta a lavorare davvero su di sé?
È stato valutato se ci siano problematiche psicologiche più strutturate (es. disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo paranoide, o altri quadri clinici)?
È comprensibile il tuo desiderio di “aiutarla”, ma ricordati che non puoi fare terapia alla tua compagna né puoi risolvere tu da solo le sue insicurezze. È fondamentale anche tutelare te stesso, la tua salute emotiva e la serenità familiare.
Ti incoraggio a proseguire il confronto con uno specialista, sia individualmente, per comprendere i tuoi limiti e le tue risorse, sia eventualmente nella terapia di coppia, se la tua compagna è disposta a collaborare davvero. Spesso, in questi casi, è utile anche un consulto con uno psicoterapeuta esperto in dinamiche relazionali e in gelosia patologica.
Sarebbe utile e consigliato per approfondire rivolgersi ad uno specialista.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè capisco quanto questa situazione possa impattare sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale innanzitutto che lei faccia chiarezza circa ciò che sente e ciò che prova verso questa persona, ritagliandosi uno spazio d'ascolto per elaborare pensieri e vissuti emotivi legati alla situazione descritta pertanto la invito a richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Nel mio lavoro clinico incontro spesso coppie che arrivano alla terapia con un forte carico emotivo, convinte che il problema sia “nella relazione”, quando in realtà è la relazione a rivelare il punto in cui il lavoro personale si è fermato.
Molto frequentemente, quando la fiducia nella mente dell’altro viene meno, quando le intenzioni vengono filtrate dal sospetto o dalla paura, il dialogo si trasforma in reazione e la terapia di coppia diventa inefficace. In questi casi, il vero lavoro terapeutico deve necessariamente ripartire dall’individuo.
Il cambiamento è parte costante della nostra vita, e la sofferenza nasce spesso dalla resistenza a quel cambiamento.
Tentare di sistemare una relazione agendo solo sul legame, senza affrontare la trasformazione personale che ciascun partner deve attraversare, è come cercare di spegnere un incendio con altra benzina: le parole diventano strumenti di difesa, la sincerità può ferire, le fantasie diventano accuse reciproche.
In questa prospettiva, la passione non è più il centro, perché la sua funzione è ciclica e naturale.
Quello che può restare, e dare valore a una relazione nel tempo, è l’affetto consapevole, la presenza, la stima reciproca.
Ma tutto questo non si costruisce “insieme”, bensì a partire da una nuova centratura individuale.
In alcuni casi, il passo più utile non è “salvare la coppia”, ma fermarsi, prendersi spazio, ritrovare sé stessi.
Solo così è possibile non far ricadere il proprio disagio sull’altro, e — nei casi in cui ci sono figli — proteggere la parte più fragile del sistema: il bambino o la bambina che assiste, assorbe e spesso somatizza ciò che gli adulti non riescono ad ascoltare in sé.
Per questo motivo, integro nel lavoro clinico percorsi di consapevolezza personale, attraverso strumenti come:
rilassamento psicosomatico,
meditazione guidata,
yoga,
esercizi di continuità dell’ascolto interiore.
Sono pratiche che aiutano non a “risolvere” una crisi, ma a stare nel presente con più lucidità e meno reattività, per poter agire — e non solo reagire.
Ritrovare un senso più alto della relazione richiede coraggio, silenzio, e visione.
Chi inizia questo cammino, spesso scopre che non ha salvato solo una relazione, ma una parte più saggia e profonda di sé.
Francesco Coppola a Napoli
(online o in presenza in tutta Italia)
Online: psicologonapoli.org
Informazioni sui miei lavori e i miei indirizzi sul mio "PROFILO" di "MioDottore"
Molto frequentemente, quando la fiducia nella mente dell’altro viene meno, quando le intenzioni vengono filtrate dal sospetto o dalla paura, il dialogo si trasforma in reazione e la terapia di coppia diventa inefficace. In questi casi, il vero lavoro terapeutico deve necessariamente ripartire dall’individuo.
Il cambiamento è parte costante della nostra vita, e la sofferenza nasce spesso dalla resistenza a quel cambiamento.
Tentare di sistemare una relazione agendo solo sul legame, senza affrontare la trasformazione personale che ciascun partner deve attraversare, è come cercare di spegnere un incendio con altra benzina: le parole diventano strumenti di difesa, la sincerità può ferire, le fantasie diventano accuse reciproche.
In questa prospettiva, la passione non è più il centro, perché la sua funzione è ciclica e naturale.
Quello che può restare, e dare valore a una relazione nel tempo, è l’affetto consapevole, la presenza, la stima reciproca.
Ma tutto questo non si costruisce “insieme”, bensì a partire da una nuova centratura individuale.
In alcuni casi, il passo più utile non è “salvare la coppia”, ma fermarsi, prendersi spazio, ritrovare sé stessi.
Solo così è possibile non far ricadere il proprio disagio sull’altro, e — nei casi in cui ci sono figli — proteggere la parte più fragile del sistema: il bambino o la bambina che assiste, assorbe e spesso somatizza ciò che gli adulti non riescono ad ascoltare in sé.
Per questo motivo, integro nel lavoro clinico percorsi di consapevolezza personale, attraverso strumenti come:
rilassamento psicosomatico,
meditazione guidata,
yoga,
esercizi di continuità dell’ascolto interiore.
Sono pratiche che aiutano non a “risolvere” una crisi, ma a stare nel presente con più lucidità e meno reattività, per poter agire — e non solo reagire.
Ritrovare un senso più alto della relazione richiede coraggio, silenzio, e visione.
Chi inizia questo cammino, spesso scopre che non ha salvato solo una relazione, ma una parte più saggia e profonda di sé.
Francesco Coppola a Napoli
(online o in presenza in tutta Italia)
Online: psicologonapoli.org
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Buongiorno. Mi sembra di capire quali potrebbero essere le dinamiche che hanno potuto far scaturire tali attacchi da parte della sua compagna. Mi chiedo se lei abbaia iniziato una terapia personale, perchè qui parla di una terapia di coppia, giusto? A volte bisogna lavorare su noi stessi per poter prendere consapevolezza di come l'essere umano e la mente di quest'ultimo agisce per arrivare a fare una scelta altrettanto consapevole e che elimini ogni conflitto interno che è esso stesso un sintomo.
Spero di averle risposto. Un saluto.
Spero di averle risposto. Un saluto.
Salve,dal suo racconto emergono tematiche comuni ma profonde: gelosia, fiducia, confini tra fantasia e realtà, e i cambiamenti che l’arrivo di un figlio può generare nella coppia.
La fiducia è il fondamento di una relazione sana. Il fatto che Lei abbia scelto di essere trasparente con la sua compagna, anche condividendo pensieri passati e fantasie, mostra un desiderio di autenticità e apertura. Tuttavia, quando la comunicazione non viene accolta con la stessa maturità emotiva, possono nascere incomprensioni e sofferenza.
Molte donne, soprattutto dopo la maternità, attraversano momenti di vulnerabilità che possono accentuare insicurezze preesistenti. In questi casi, anche semplici racconti o pensieri del passato possono essere vissuti come minacce reali. È importante però distinguere tra ciò che è reale e ciò che appartiene alla sfera del pensiero: avere una fantasia non significa mancare di rispetto al partner.
Quando la gelosia diventa eccessiva, accompagnata da accuse infondate e perdita di controllo, si rischia di minare la relazione. Lei descrive un impegno costante e una lealtà reale, ma si sente svalutato, non ascoltato e spesso accusato ingiustamente. Queste dinamiche, se reiterate, possono diventare dolorose e disfunzionali.
La psicoterapia di coppia è uno strumento prezioso, ma richiede la disponibilità di entrambi i partner a mettersi in gioco. Senza collaborazione, anche il percorso terapeutico rischia di arenarsi. Può essere utile lavorare su:
Distinzione tra fantasia e realtà, senza confondere il pensiero con l’azione;
Comunicazione empatica e non violenta;
Eventuali fragilità personali che alimentano la sfiducia;
Un possibile quadro di gelosia patologica o bisogno di controllo emotivo.
Non trascuri il proprio benessere: una relazione si basa su reciprocità e rispetto. Essere presenti come compagni e genitori non significa rinunciare alla propria serenità interiore.
La fiducia è il fondamento di una relazione sana. Il fatto che Lei abbia scelto di essere trasparente con la sua compagna, anche condividendo pensieri passati e fantasie, mostra un desiderio di autenticità e apertura. Tuttavia, quando la comunicazione non viene accolta con la stessa maturità emotiva, possono nascere incomprensioni e sofferenza.
Molte donne, soprattutto dopo la maternità, attraversano momenti di vulnerabilità che possono accentuare insicurezze preesistenti. In questi casi, anche semplici racconti o pensieri del passato possono essere vissuti come minacce reali. È importante però distinguere tra ciò che è reale e ciò che appartiene alla sfera del pensiero: avere una fantasia non significa mancare di rispetto al partner.
Quando la gelosia diventa eccessiva, accompagnata da accuse infondate e perdita di controllo, si rischia di minare la relazione. Lei descrive un impegno costante e una lealtà reale, ma si sente svalutato, non ascoltato e spesso accusato ingiustamente. Queste dinamiche, se reiterate, possono diventare dolorose e disfunzionali.
La psicoterapia di coppia è uno strumento prezioso, ma richiede la disponibilità di entrambi i partner a mettersi in gioco. Senza collaborazione, anche il percorso terapeutico rischia di arenarsi. Può essere utile lavorare su:
Distinzione tra fantasia e realtà, senza confondere il pensiero con l’azione;
Comunicazione empatica e non violenta;
Eventuali fragilità personali che alimentano la sfiducia;
Un possibile quadro di gelosia patologica o bisogno di controllo emotivo.
Non trascuri il proprio benessere: una relazione si basa su reciprocità e rispetto. Essere presenti come compagni e genitori non significa rinunciare alla propria serenità interiore.
Ciao! Sono la dott.ssa Rocchi Antonella. Ti risponderò cercando di accogliere tutto quello che hai condiviso, senza puntare il dito su nessuno, ma offrendo riflessioni che possano aiutarti a comprendere meglio ciò che sta succedendo e trovare spunti per costruire — non distruggere.
Siete in un momento di grande vulnerabilità, entrambi
La vostra relazione è passata, in poco tempo, da essere una coppia libera e intima, a diventare una coppia genitoriale, con una bambina piccola e ora anche con una difficoltà lavorativa che ti riguarda direttamente.
Tutti questi cambiamenti, anche se affrontati con amore, mettono in gioco dinamiche molto profonde:
la trasformazione dell’identità individuale (chi siamo ora, come uomini e donne, non solo come genitori),
i bisogni emotivi che si amplificano quando si è stanchi, fragili, sotto pressione,
la paura (a volte inconsapevole) di non essere più visti, desiderati, scelti.
In tutto questo, la gelosia che sta emergendo da parte della tua compagna potrebbe essere la manifestazione di un senso di insicurezza profondo, legato forse non tanto a ciò che accade nel presente, ma a un bisogno di sentirsi ancora amata, desiderata, centrale nel tuo mondo.
È possibile che, dopo il parto, si sia sentita diversa nel corpo, nelle energie, o nel ruolo, e che abbia difficoltà a “ritrovare sé stessa” come donna, non solo come madre.
Quando la fantasia diventa minacciosa per chi è in difficoltà emotiva?
Tu hai descritto il momento in cui, in un gioco condiviso e consensuale, hai parlato di fantasie del passato.
Da parte tua c’era un’intenzione di trasparenza, intimità e connessione.
Ma è possibile che, per lei, questo abbia toccato corde più profonde, forse inconsce: paure, vulnerabilità, insicurezze.
Quando una persona è già in uno stato emotivamente fragile, la distinzione tra “fantasia” e “realtà” può diventare sfumata, e quei pensieri, anche se innocui per chi li ha vissuti, possono essere percepiti come vere e proprie ferite.
Questo non vuol dire che hai sbagliato, ma che quello che per te era un gesto di fiducia, per lei è stato un terreno difficile da reggere emotivamente.
Tu stai cercando di tenere in piedi la relazione con amore e dedizione
E si sente. Hai fatto e stai facendo molto:
ti sei aperto con sincerità,
hai accolto le sue reazioni senza aggredirla,
hai smesso di parlare di certi argomenti per non ferirla,
ti stai sottoponendo a un percorso terapeutico,
continui a voler costruire un futuro insieme.
Questo dimostra che sei molto coinvolto emotivamente, consapevole e rispettoso.
Ma è importante che anche tu, nel frattempo, non perda il contatto con te stesso, con il tuo bisogno di sentirti visto e riconosciuto per quello che sei davvero.
Quali sono le dinamiche da comprendere più a fondo?
Paura del confronto con il passato
Alcune persone fanno più fatica di altre ad accettare che il partner abbia avuto desideri o pensieri rivolti altrove. Non perché vogliano controllare, ma perché temono di non essere abbastanza. Questa insicurezza può portare a chiusure, sospetti e comportamenti difensivi.
Difficoltà a gestire la perdita di controllo
Dopo la maternità, molte donne sperimentano un senso di “perdita di potere”: sul proprio tempo, sul corpo, sulla relazione. A volte, inconsapevolmente, cercano di ricostruire un senso di controllo focalizzandosi su ciò che fa l’altro — anche nei minimi dettagli.
Bisogno profondo di rassicurazione, non solo verbale ma emotiva
Lei potrebbe aver bisogno non tanto di spiegazioni, ma di sentirsi scelta ancora e ancora, non solo come madre di vostra figlia ma come donna.
Cosa potresti provare a fare, con calma e dolcezza?
Accogliere la sua paura senza sminuirla
Anche se per te certe accuse sono ingiuste, prova a rispondere con qualcosa tipo:
“Capisco che queste cose ti fanno soffrire. Non era mia intenzione ferirti. Ma vorrei aiutarti a vedere che ciò che pensi di me, a volte, non corrisponde a chi sono oggi e a come ti amo oggi.”
Proporre uno spazio di ascolto profondo, con la mediazione della terapia
Se andate in terapia insieme, prova a chiedere di dedicare qualche incontro non a trovare “colpevoli”, ma a esprimere i bisogni reciproci senza giudizio:
“Io ho bisogno di sentirmi creduto”
“Tu di cosa hai bisogno per sentirti più sicura accanto a me?”
Valutare con la terapeuta se serve un tempo per rafforzare i singoli percorsi personali
A volte, la terapia di coppia non basta. Un percorso individuale, magari temporaneo, a supporto di quello di coppia, potrebbe aiutarvi a ritrovare più velocemente equilibrio e fiducia.
A disposizione, on line e a Mestre, dott.ssa Rocchi Antonella
In conclusione
Tu non sei “malato”, né sbagliato.
Lei non è “cattiva”, né manipolatrice: probabilmente è molto insicura, spaventata, e confusa nei suoi stati interni.
La vostra relazione è in un momento critico, ma non è senza speranza. Serve cura reciproca, ma anche un po’ di spazio per riconoscere e rispettare i propri limiti.
Hai fatto benissimo a chiedere aiuto, e credo che la tua sensibilità sia una risorsa preziosa per affrontare tutto questo. Se hai bisogno, posso aiutarti a formulare un messaggio per lei, o a individuare strumenti per alleggerire il carico emotivo che stai portando.
Ti mando un pensiero pieno di rispetto. Quando vuoi, sono qui
Siete in un momento di grande vulnerabilità, entrambi
La vostra relazione è passata, in poco tempo, da essere una coppia libera e intima, a diventare una coppia genitoriale, con una bambina piccola e ora anche con una difficoltà lavorativa che ti riguarda direttamente.
Tutti questi cambiamenti, anche se affrontati con amore, mettono in gioco dinamiche molto profonde:
la trasformazione dell’identità individuale (chi siamo ora, come uomini e donne, non solo come genitori),
i bisogni emotivi che si amplificano quando si è stanchi, fragili, sotto pressione,
la paura (a volte inconsapevole) di non essere più visti, desiderati, scelti.
In tutto questo, la gelosia che sta emergendo da parte della tua compagna potrebbe essere la manifestazione di un senso di insicurezza profondo, legato forse non tanto a ciò che accade nel presente, ma a un bisogno di sentirsi ancora amata, desiderata, centrale nel tuo mondo.
È possibile che, dopo il parto, si sia sentita diversa nel corpo, nelle energie, o nel ruolo, e che abbia difficoltà a “ritrovare sé stessa” come donna, non solo come madre.
Quando la fantasia diventa minacciosa per chi è in difficoltà emotiva?
Tu hai descritto il momento in cui, in un gioco condiviso e consensuale, hai parlato di fantasie del passato.
Da parte tua c’era un’intenzione di trasparenza, intimità e connessione.
Ma è possibile che, per lei, questo abbia toccato corde più profonde, forse inconsce: paure, vulnerabilità, insicurezze.
Quando una persona è già in uno stato emotivamente fragile, la distinzione tra “fantasia” e “realtà” può diventare sfumata, e quei pensieri, anche se innocui per chi li ha vissuti, possono essere percepiti come vere e proprie ferite.
Questo non vuol dire che hai sbagliato, ma che quello che per te era un gesto di fiducia, per lei è stato un terreno difficile da reggere emotivamente.
Tu stai cercando di tenere in piedi la relazione con amore e dedizione
E si sente. Hai fatto e stai facendo molto:
ti sei aperto con sincerità,
hai accolto le sue reazioni senza aggredirla,
hai smesso di parlare di certi argomenti per non ferirla,
ti stai sottoponendo a un percorso terapeutico,
continui a voler costruire un futuro insieme.
Questo dimostra che sei molto coinvolto emotivamente, consapevole e rispettoso.
Ma è importante che anche tu, nel frattempo, non perda il contatto con te stesso, con il tuo bisogno di sentirti visto e riconosciuto per quello che sei davvero.
Quali sono le dinamiche da comprendere più a fondo?
Paura del confronto con il passato
Alcune persone fanno più fatica di altre ad accettare che il partner abbia avuto desideri o pensieri rivolti altrove. Non perché vogliano controllare, ma perché temono di non essere abbastanza. Questa insicurezza può portare a chiusure, sospetti e comportamenti difensivi.
Difficoltà a gestire la perdita di controllo
Dopo la maternità, molte donne sperimentano un senso di “perdita di potere”: sul proprio tempo, sul corpo, sulla relazione. A volte, inconsapevolmente, cercano di ricostruire un senso di controllo focalizzandosi su ciò che fa l’altro — anche nei minimi dettagli.
Bisogno profondo di rassicurazione, non solo verbale ma emotiva
Lei potrebbe aver bisogno non tanto di spiegazioni, ma di sentirsi scelta ancora e ancora, non solo come madre di vostra figlia ma come donna.
Cosa potresti provare a fare, con calma e dolcezza?
Accogliere la sua paura senza sminuirla
Anche se per te certe accuse sono ingiuste, prova a rispondere con qualcosa tipo:
“Capisco che queste cose ti fanno soffrire. Non era mia intenzione ferirti. Ma vorrei aiutarti a vedere che ciò che pensi di me, a volte, non corrisponde a chi sono oggi e a come ti amo oggi.”
Proporre uno spazio di ascolto profondo, con la mediazione della terapia
Se andate in terapia insieme, prova a chiedere di dedicare qualche incontro non a trovare “colpevoli”, ma a esprimere i bisogni reciproci senza giudizio:
“Io ho bisogno di sentirmi creduto”
“Tu di cosa hai bisogno per sentirti più sicura accanto a me?”
Valutare con la terapeuta se serve un tempo per rafforzare i singoli percorsi personali
A volte, la terapia di coppia non basta. Un percorso individuale, magari temporaneo, a supporto di quello di coppia, potrebbe aiutarvi a ritrovare più velocemente equilibrio e fiducia.
A disposizione, on line e a Mestre, dott.ssa Rocchi Antonella
In conclusione
Tu non sei “malato”, né sbagliato.
Lei non è “cattiva”, né manipolatrice: probabilmente è molto insicura, spaventata, e confusa nei suoi stati interni.
La vostra relazione è in un momento critico, ma non è senza speranza. Serve cura reciproca, ma anche un po’ di spazio per riconoscere e rispettare i propri limiti.
Hai fatto benissimo a chiedere aiuto, e credo che la tua sensibilità sia una risorsa preziosa per affrontare tutto questo. Se hai bisogno, posso aiutarti a formulare un messaggio per lei, o a individuare strumenti per alleggerire il carico emotivo che stai portando.
Ti mando un pensiero pieno di rispetto. Quando vuoi, sono qui
Grazie per aver condiviso con così tanta sincerità una situazione certamente complessa e dolorosa.
Da quanto scrive, sembra che all'interno della vostra relazione si siano creati dei vissuti molto intensi legati al tema della fiducia, della gelosia e della comunicazione. È comprensibile che, in un momento di vulnerabilità come quello che può seguire una gravidanza o un cambiamento di ruolo (come diventare genitori), emergano insicurezze o dinamiche che possono risultare difficili da gestire, sia per chi le prova sia per chi le riceve.
Il fatto che siate già in un percorso psicoterapeutico è molto importante: significa che avete scelto di prendervi cura della relazione e di voi stessi. Tuttavia, a volte può accadere che i benefici di un lavoro psicologico richiedano tempo per emergere, o che ci siano momenti in cui uno dei due partner fatichi a mettersi in discussione o a integrare alcuni passaggi.
In questi casi, può essere utile riportare queste difficoltà direttamente in seduta, magari esplorando insieme alla terapeuta o al terapeuta come gestire il dolore che ne deriva, e come proteggere lo spazio di coppia da dinamiche che rischiano di minarne la tenuta.
Non esistono soluzioni semplici, ma spesso anche il solo fatto di sentirsi ascoltati e compresi può rappresentare un primo passo importante per rinegoziare fiducia e rispetto reciproco.
Da quanto scrive, sembra che all'interno della vostra relazione si siano creati dei vissuti molto intensi legati al tema della fiducia, della gelosia e della comunicazione. È comprensibile che, in un momento di vulnerabilità come quello che può seguire una gravidanza o un cambiamento di ruolo (come diventare genitori), emergano insicurezze o dinamiche che possono risultare difficili da gestire, sia per chi le prova sia per chi le riceve.
Il fatto che siate già in un percorso psicoterapeutico è molto importante: significa che avete scelto di prendervi cura della relazione e di voi stessi. Tuttavia, a volte può accadere che i benefici di un lavoro psicologico richiedano tempo per emergere, o che ci siano momenti in cui uno dei due partner fatichi a mettersi in discussione o a integrare alcuni passaggi.
In questi casi, può essere utile riportare queste difficoltà direttamente in seduta, magari esplorando insieme alla terapeuta o al terapeuta come gestire il dolore che ne deriva, e come proteggere lo spazio di coppia da dinamiche che rischiano di minarne la tenuta.
Non esistono soluzioni semplici, ma spesso anche il solo fatto di sentirsi ascoltati e compresi può rappresentare un primo passo importante per rinegoziare fiducia e rispetto reciproco.
Caro utente,
quello che racconta è un vissuto carico di frustrazione e dolore, ma anche di una profonda volontà di custodire e proteggere la tua relazione. Provo a offrirle alcune riflessioni che possano aiutarvi a rimettere in prospettiva ciò che state attraversando.
Anzitutto, è importante sottolineare che il problema che descrivi non riguarda solo uno dei due partner, ma la coppia nel suo insieme. Le dinamiche relazionali, specie nei momenti di crisi, vanno comprese come qualcosa che si costruisce e si modifica insieme, nel tempo e nelle esperienze condivise.
Le fantasie, in questo contesto, non sono un nemico della coppia, anzi. Sono una parte fondamentale del mondo psichico individuale: appartengono al desiderio, al piacere, alla curiosità, e possono diventare terreno fertile per l’intimità e la scoperta reciproca, se vissute in modo consapevole e condiviso. Non tutte le fantasie hanno un valore predittivo o comportamentale: immaginare non equivale a desiderare nel concreto, e tantomeno ad agire. Chiaramente queste fantasie non devono rappresentare una fonte di disagio per chi le sperimenta, allontanare dalla realtà che lo circonda o essere potenzialmente pericolose per sé o per gli altri.
Allora forse la difficoltà sembra essere proprio in questo punto: quando nella coppia si crea confusione tra ciò che viene fantasticato e ciò che viene realmente vissuto, è possibile che emergano insicurezze, paure, ferite antiche, oppure bisogni di contenimento e rassicurazione che non trovano un canale adeguato di comunicazione. In questi casi, la trasparenza – seppur animata da intenzioni sincere – può non essere sufficiente, e talvolta persino riattivare la diffidenza, quando non è sostenuta da un dialogo emotivamente sicuro per entrambi.
C’è poi un aspetto importante da non trascurare: l’arrivo di una figlia ha segnato una trasformazione profonda nella vostra coppia.
Non siete più solo partner: siete anche genitori. E questo, spesso, ridefinisce in modo significativo le dinamiche affettive, i ruoli, le priorità, e perfino l’identità di ciascuno.
La presenza di una “terza persona” (la bambina) richiede molte energie, attenzioni, tempo. Questo può ridurre – a volte drasticamente – lo spazio per la reciprocità nella coppia, per il "gioco", per la leggerezza e può anche acuire insicurezze, paure o difficoltà preesistenti.
Inoltre, diventare madre o padre può toccare in profondità l’immagine di sé, la percezione del proprio corpo, della propria desiderabilità o del proprio ruolo all’interno della relazione. È possibile che qualcosa di tutto questo stia accadendo anche a voi.
Per tutte queste ragioni, forse potrebbe essere utile valutare un percorso di coppia, non solo per gestire i conflitti, ma per rileggere insieme ciò che sta accadendo, riorganizzare l’intimità, la comunicazione e la quotidianità alla luce dei nuovi ruoli genitoriali.
A volte non si tratta di “tornare come prima”, ma di conoscersi di nuovo, nelle nuove versioni di sé che inevitabilmente nascono quando si diventa genitori.
quello che racconta è un vissuto carico di frustrazione e dolore, ma anche di una profonda volontà di custodire e proteggere la tua relazione. Provo a offrirle alcune riflessioni che possano aiutarvi a rimettere in prospettiva ciò che state attraversando.
Anzitutto, è importante sottolineare che il problema che descrivi non riguarda solo uno dei due partner, ma la coppia nel suo insieme. Le dinamiche relazionali, specie nei momenti di crisi, vanno comprese come qualcosa che si costruisce e si modifica insieme, nel tempo e nelle esperienze condivise.
Le fantasie, in questo contesto, non sono un nemico della coppia, anzi. Sono una parte fondamentale del mondo psichico individuale: appartengono al desiderio, al piacere, alla curiosità, e possono diventare terreno fertile per l’intimità e la scoperta reciproca, se vissute in modo consapevole e condiviso. Non tutte le fantasie hanno un valore predittivo o comportamentale: immaginare non equivale a desiderare nel concreto, e tantomeno ad agire. Chiaramente queste fantasie non devono rappresentare una fonte di disagio per chi le sperimenta, allontanare dalla realtà che lo circonda o essere potenzialmente pericolose per sé o per gli altri.
Allora forse la difficoltà sembra essere proprio in questo punto: quando nella coppia si crea confusione tra ciò che viene fantasticato e ciò che viene realmente vissuto, è possibile che emergano insicurezze, paure, ferite antiche, oppure bisogni di contenimento e rassicurazione che non trovano un canale adeguato di comunicazione. In questi casi, la trasparenza – seppur animata da intenzioni sincere – può non essere sufficiente, e talvolta persino riattivare la diffidenza, quando non è sostenuta da un dialogo emotivamente sicuro per entrambi.
C’è poi un aspetto importante da non trascurare: l’arrivo di una figlia ha segnato una trasformazione profonda nella vostra coppia.
Non siete più solo partner: siete anche genitori. E questo, spesso, ridefinisce in modo significativo le dinamiche affettive, i ruoli, le priorità, e perfino l’identità di ciascuno.
La presenza di una “terza persona” (la bambina) richiede molte energie, attenzioni, tempo. Questo può ridurre – a volte drasticamente – lo spazio per la reciprocità nella coppia, per il "gioco", per la leggerezza e può anche acuire insicurezze, paure o difficoltà preesistenti.
Inoltre, diventare madre o padre può toccare in profondità l’immagine di sé, la percezione del proprio corpo, della propria desiderabilità o del proprio ruolo all’interno della relazione. È possibile che qualcosa di tutto questo stia accadendo anche a voi.
Per tutte queste ragioni, forse potrebbe essere utile valutare un percorso di coppia, non solo per gestire i conflitti, ma per rileggere insieme ciò che sta accadendo, riorganizzare l’intimità, la comunicazione e la quotidianità alla luce dei nuovi ruoli genitoriali.
A volte non si tratta di “tornare come prima”, ma di conoscersi di nuovo, nelle nuove versioni di sé che inevitabilmente nascono quando si diventa genitori.
Il problema va contestualizzato al periodo che la sua compagna vive a partire dalla gravidanza e dall'essere in uno stato psicofisico di fragilità. Detto questo credo fortemente che la gelosia in questo caso sia dovuta alle insicurezze della sua compagna e visto che la terapia di coppia non stà portando risultati forse sarebbe bene che la sua compagna affrontasse i suoi problemi personali in una terapia individuale. Provi ad affrontare l'argomento con il terapeuta di coppia e definisca cosa stà provando lei in questa situazione in modo da non accusare nessuno ma da spingere la consapevolezza della sua compagna su un piano di realtà. La sofferenza personale deve essere affrontata senza giudizio e da lì si puo ritrovare una fiducia che forse è svanita già da un pezzo. Nel suo caso ricordi sempre che lo spazio personale è un confine invalicabile ( entro il quale la persona fantastica e vive dimensioni a tratti non realistiche) ed è bene che nessuno oltrepassi quel confine di contatto proprio perchè è personale. Sarebbe come permettere a chiunque di mettere la propria spazzatura nel nostro giardino. Prenda coraggio e con una comunicazione assertiva porti alla luce il suo disagio;
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