Buongiorno mio figlio di 17 anni non vuole andare a scuola. Al 1 liceo aveva tutti 8 dallo scorso an
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Buongiorno mio figlio di 17 anni non vuole andare a scuola. Al 1 liceo aveva tutti 8 dallo scorso anno è scemata la voglia di studiare, fatta una prima seduta con psicologo e mi hanno detto potrebbe essere disturbo oppositivo provocatorio lieve. Ma lui nn vuole andare da nessuno. Ci parlo ma non risponde, dice che non gli serve nulla e sta bene così. Usa molto il cellulare. Le ho provate tutte, punizioni, parole, vado anche io da uno psicologo ma non riesco ad aiutarlo a capire che gli serve un aiuto. Con mio marito ci stiamo per separare, quindi in casa non c'è una bella atmosfera. Quindi penso possa dipendere anche da questo e mi chiedo se sarà peggio quando comunicheremo che ci separiamo. Chiedo aiuto, come faccio a convincerlo a seguire un percorso e farsi aiutare. E come comunicare della separazione? Grazie
Buongiorno,
comprendo quanto sia difficile per un genitore assistere al malessere del proprio figlio senza riuscire a trovare un modo efficace per aiutarlo, soprattutto in un momento familiare così delicato.
Il cambiamento che descrive – dalla motivazione scolastica iniziale al rifiuto e al disinteresse attuali – potrebbe effettivamente essere il segnale di un disagio più profondo. La possibilità di un Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP) lieve, come ipotizzato dallo psicologo, è una delle strade da considerare, ma per poterlo comprendere a fondo è importante un percorso clinico strutturato, che non può basarsi solo su una prima seduta.
L'uso eccessivo del cellulare, l’isolamento, il rifiuto del dialogo e dell’aiuto possono essere forme con cui un adolescente cerca di gestire (o evitare) emozioni difficili, soprattutto in un contesto familiare che sta attraversando una separazione. I ragazzi non sempre manifestano esplicitamente la sofferenza, ma la esprimono attraverso comportamenti oppositivi, chiusura, apatia o ribellione.
Come convincerlo a farsi aiutare?
Spesso la chiave non è convincerlo con la forza, ma creare una condizione emotiva e relazionale in cui possa sentirsi ascoltato e capito, senza sentirsi giudicato o forzato. Potrebbe essere utile:
Evitare lo scontro diretto: anziché dirgli cosa "deve" fare, condividere cosa voi come genitori osservate e sentite, mostrandogli preoccupazione e vicinanza.
Coinvolgerlo nelle decisioni: per esempio, chiedere se preferisce parlare con un uomo o una donna, in presenza o online, ecc.
Proporre un colloquio “di prova” senza impegno, anche solo come spazio per parlare liberamente, può abbassare le difese.
Dargli tempo: a volte anche solo sapere che c’è la possibilità di chiedere aiuto può germogliare nel tempo.
Riguardo alla comunicazione della separazione, è fondamentale che il messaggio arrivi in modo coerente da entrambi i genitori, evitando di attribuire colpe o usare toni drammatici. È importante trasmettere che:
la separazione non è colpa dei figli;
entrambi i genitori resteranno presenti e disponibili per lui;
le sue emozioni saranno accolte e comprese, anche se espresse con rabbia o silenzio.
La situazione richiede attenzione, sensibilità e supporto professionale. Sarebbe utile e consigliato per approfondire rivolgersi ad uno specialista, che possa accompagnare voi genitori e, con delicatezza e rispetto dei tempi, anche vostro figlio in un percorso di ascolto e comprensione del disagio.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
comprendo quanto sia difficile per un genitore assistere al malessere del proprio figlio senza riuscire a trovare un modo efficace per aiutarlo, soprattutto in un momento familiare così delicato.
Il cambiamento che descrive – dalla motivazione scolastica iniziale al rifiuto e al disinteresse attuali – potrebbe effettivamente essere il segnale di un disagio più profondo. La possibilità di un Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP) lieve, come ipotizzato dallo psicologo, è una delle strade da considerare, ma per poterlo comprendere a fondo è importante un percorso clinico strutturato, che non può basarsi solo su una prima seduta.
L'uso eccessivo del cellulare, l’isolamento, il rifiuto del dialogo e dell’aiuto possono essere forme con cui un adolescente cerca di gestire (o evitare) emozioni difficili, soprattutto in un contesto familiare che sta attraversando una separazione. I ragazzi non sempre manifestano esplicitamente la sofferenza, ma la esprimono attraverso comportamenti oppositivi, chiusura, apatia o ribellione.
Come convincerlo a farsi aiutare?
Spesso la chiave non è convincerlo con la forza, ma creare una condizione emotiva e relazionale in cui possa sentirsi ascoltato e capito, senza sentirsi giudicato o forzato. Potrebbe essere utile:
Evitare lo scontro diretto: anziché dirgli cosa "deve" fare, condividere cosa voi come genitori osservate e sentite, mostrandogli preoccupazione e vicinanza.
Coinvolgerlo nelle decisioni: per esempio, chiedere se preferisce parlare con un uomo o una donna, in presenza o online, ecc.
Proporre un colloquio “di prova” senza impegno, anche solo come spazio per parlare liberamente, può abbassare le difese.
Dargli tempo: a volte anche solo sapere che c’è la possibilità di chiedere aiuto può germogliare nel tempo.
Riguardo alla comunicazione della separazione, è fondamentale che il messaggio arrivi in modo coerente da entrambi i genitori, evitando di attribuire colpe o usare toni drammatici. È importante trasmettere che:
la separazione non è colpa dei figli;
entrambi i genitori resteranno presenti e disponibili per lui;
le sue emozioni saranno accolte e comprese, anche se espresse con rabbia o silenzio.
La situazione richiede attenzione, sensibilità e supporto professionale. Sarebbe utile e consigliato per approfondire rivolgersi ad uno specialista, che possa accompagnare voi genitori e, con delicatezza e rispetto dei tempi, anche vostro figlio in un percorso di ascolto e comprensione del disagio.
Dottoressa Silvia Parisi
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa
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Chissà che il "non detto" della separazione passi come materiale indigeribile e quindi sintomatico come non voler andare più a scuola. A volte ciò che sembra una tragedia (la separazione) per il proprio figlio, è la via della risoluzione anziché del peggioramento. Il non detto potrebbe essere più confusivo del "detto".
Prima di ipotizzare la difficoltà di suo figlio nella separazione, voi come la state vivendo? come mai non se ne può parlare ad un giovane di 17 anni?. In bocca al lupo
Prima di ipotizzare la difficoltà di suo figlio nella separazione, voi come la state vivendo? come mai non se ne può parlare ad un giovane di 17 anni?. In bocca al lupo
Buongiorno, capisco quanto sia difficile per lei vivere questa situazione, soprattutto vedendo suo figlio chiudersi e sentendosi impotente nel cercare di aiutarlo. È importante non forzarlo, ma allo stesso tempo continuare a trasmettergli che c’è uno spazio sicuro dove potrà essere ascoltato, senza giudizio. Anche la separazione è un momento delicato e, se vuole, possiamo parlarne insieme per trovare il modo migliore di comunicarlo e accompagnare suo figlio in questo cambiamento. Se le fa piacere, possiamo fissare un colloquio: a volte iniziare da un sostegno per il genitore può avere un impatto positivo anche sul figlio. Sono disponibile anche per terapie online, un caro saluto, d.ssa Cristina Sinno
Gentile Utente,
a 17 anni si è grandini e difficilmente si riesce a "imporre" qualcosa. Potrebbe confrontarsi con il/la professionista che La segue per capire se c'è spazio di terapia indiretta e quindi di un aggancio.
Sulla separazione la comunicazione sarebbe utile avvenisse con entrambi i genitori, in un luogo confortevole (es. soggiorno di casa) e con un tempo dedicato. Il ragazzo è grande quindi potreste presentare la scelta e nella pratica cosa comporterà per voi e per lui. Se avrà domande le potrà fare; importante è che non creda-pensi che sia in qualche modo coinvolto nella questione di coppia.
Saluti
a 17 anni si è grandini e difficilmente si riesce a "imporre" qualcosa. Potrebbe confrontarsi con il/la professionista che La segue per capire se c'è spazio di terapia indiretta e quindi di un aggancio.
Sulla separazione la comunicazione sarebbe utile avvenisse con entrambi i genitori, in un luogo confortevole (es. soggiorno di casa) e con un tempo dedicato. Il ragazzo è grande quindi potreste presentare la scelta e nella pratica cosa comporterà per voi e per lui. Se avrà domande le potrà fare; importante è che non creda-pensi che sia in qualche modo coinvolto nella questione di coppia.
Saluti
Buonasera gentile utente, le consiglierei di prendere in considerazione un percorso di psicoterapia famigliare, sia per gestire al meglio la separazione tra i coniugi ed anche coppia genitoriale, sia per aiutare e capire meglio suo figlio in questo momento di difficoltà. Eventualmente se suo figlio non fosse propositivo in tal senso potrebbe farlo parlare con il suo medico di base come primo approccio. Cordiali saluti, a disposizione. Dott.ssa Arianna Magnani
Buongiorno, ha ragione, è possibile che le difficoltà che sono emerse da un anno a questa parte siano legate all'atmosfera che suo figlio vive in casa. Prima di provare a convincerlo a intraprendere un percorso di psicoterapia, credo sia necessario comunicargli la vostra separazione. I figli di solito sono molto svegli su questo e probabilmente lui dentro di sè, lo sa già ma sentirlo dire da voi, spiegargli quello che succederà, è importante per il legame di fiducia che è utile continui a avere con i suoi genitori. Se non c'è una conflittualità alta tra voi adulti, sarebbe necessario che la comunicazione della separazione, la faceste insieme. In bocca al lupo, saluti.
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Buongiorno,
La difficoltà a coinvolgere suo figlio in un percorso psicologico non significa necessariamente che non stia soffrendo ma può indicare che non riesce a riconoscere o nominare il suo disagio, oppure che teme di essere “etichettato” o “giudicato”. L’adolescenza, unita a un clima familiare difficile come quello che può precedere una separazione, può alimentare atteggiamenti oppositivi, chiusura e uso eccessivo del cellulare come rifugio o distrazione.
Ciò che potrebbe aiutarla in questo periodo potrebbe essere modificare "l'approccio" alla richiesta di aiuto: più che “convincerlo” ad andare dallo psicologo, può essere utile proporglielo come uno spazio neutro e sicuro dove può parlare, se e quando se la sente, con una figura non giudicante.
Rispetto alla separazione è importante comunicarla con chiarezza e sincerità, rassicurandolo che resterete comunque una base stabile per lui. È importante che senta che non deve scegliere tra i genitori e che non ha responsabilità in questa decisione (potrebbe essere utile farsi aiutare da un professionista, poiché rimane comunque una comunicazione molto delicata).
Un caro saluto,
Dott.ssa Santoni Simona
La difficoltà a coinvolgere suo figlio in un percorso psicologico non significa necessariamente che non stia soffrendo ma può indicare che non riesce a riconoscere o nominare il suo disagio, oppure che teme di essere “etichettato” o “giudicato”. L’adolescenza, unita a un clima familiare difficile come quello che può precedere una separazione, può alimentare atteggiamenti oppositivi, chiusura e uso eccessivo del cellulare come rifugio o distrazione.
Ciò che potrebbe aiutarla in questo periodo potrebbe essere modificare "l'approccio" alla richiesta di aiuto: più che “convincerlo” ad andare dallo psicologo, può essere utile proporglielo come uno spazio neutro e sicuro dove può parlare, se e quando se la sente, con una figura non giudicante.
Rispetto alla separazione è importante comunicarla con chiarezza e sincerità, rassicurandolo che resterete comunque una base stabile per lui. È importante che senta che non deve scegliere tra i genitori e che non ha responsabilità in questa decisione (potrebbe essere utile farsi aiutare da un professionista, poiché rimane comunque una comunicazione molto delicata).
Un caro saluto,
Dott.ssa Santoni Simona
Buongiorno,
intanto grazie per la fiducia con cui racconti una situazione tanto delicata.
Dal tuo messaggio emerge una mamma molto attenta e presente, che si sta già facendo carico di più livelli di fatica: il cambiamento di tuo figlio, il momento difficile nella coppia, il desiderio di fare qualcosa che sia davvero utile per lui, anche quando lui sembra rifiutare tutto.
Il ritiro scolastico, l’uso massiccio del cellulare e l’apparente chiusura possono essere letti anche come forme di espressione – non sempre consapevoli – di un disagio più ampio. Ti sei chiesta che cosa può star cercando di dirvi, anche con questo silenzio? Cosa potrebbe rappresentare, per lui, questo “stare bene così”? In che modo pensa, secondo te, che voi due stiate interpretando il suo comportamento?
A volte, quando un ragazzo rifiuta ogni proposta, può essere utile non insistere direttamente su di lui, ma iniziare da chi è disposto a mettersi in gioco. Una possibilità concreta può essere quella di iniziare un percorso con i genitori o parte della famiglia, anche senza la sua presenza. Non perché “il problema sia vostro”, ma perché voi siete una risorsa fondamentale per lui. Se lui vi vedesse impegnati in qualcosa di nuovo, pensi che potrebbe incuriosirsi o sentirsi meno “sotto osservazione”?
A volte, solo il fatto di spostare l’attenzione da “tu hai qualcosa che non va” a “proviamo a trovare insieme un nuovo modo di stare in relazione” può cambiare qualcosa nel modo in cui anche lui si sente coinvolto.
Rispetto alla comunicazione della separazione, sarebbe importante che avvenga in modo chiaro e rispettoso, evitando di metterlo in una posizione di scelta o schieramento. Come pensi che lui immaginerebbe una separazione tra voi? Cosa temi di più nella sua possibile reazione? E c’è qualcosa che invece potrebbe, secondo te, rassicurarlo?
Può essere utile prepararsi insieme a questo passaggio, anche con il supporto di uno/a psicoterapeuta, per proteggere il più possibile il suo senso di sicurezza affettiva.
Se vorrai, possiamo parlarne più approfonditamente in un colloquio: anche uno spazio solo per te, in questo momento, può essere già un modo importante per sostenere tutta la famiglia.
intanto grazie per la fiducia con cui racconti una situazione tanto delicata.
Dal tuo messaggio emerge una mamma molto attenta e presente, che si sta già facendo carico di più livelli di fatica: il cambiamento di tuo figlio, il momento difficile nella coppia, il desiderio di fare qualcosa che sia davvero utile per lui, anche quando lui sembra rifiutare tutto.
Il ritiro scolastico, l’uso massiccio del cellulare e l’apparente chiusura possono essere letti anche come forme di espressione – non sempre consapevoli – di un disagio più ampio. Ti sei chiesta che cosa può star cercando di dirvi, anche con questo silenzio? Cosa potrebbe rappresentare, per lui, questo “stare bene così”? In che modo pensa, secondo te, che voi due stiate interpretando il suo comportamento?
A volte, quando un ragazzo rifiuta ogni proposta, può essere utile non insistere direttamente su di lui, ma iniziare da chi è disposto a mettersi in gioco. Una possibilità concreta può essere quella di iniziare un percorso con i genitori o parte della famiglia, anche senza la sua presenza. Non perché “il problema sia vostro”, ma perché voi siete una risorsa fondamentale per lui. Se lui vi vedesse impegnati in qualcosa di nuovo, pensi che potrebbe incuriosirsi o sentirsi meno “sotto osservazione”?
A volte, solo il fatto di spostare l’attenzione da “tu hai qualcosa che non va” a “proviamo a trovare insieme un nuovo modo di stare in relazione” può cambiare qualcosa nel modo in cui anche lui si sente coinvolto.
Rispetto alla comunicazione della separazione, sarebbe importante che avvenga in modo chiaro e rispettoso, evitando di metterlo in una posizione di scelta o schieramento. Come pensi che lui immaginerebbe una separazione tra voi? Cosa temi di più nella sua possibile reazione? E c’è qualcosa che invece potrebbe, secondo te, rassicurarlo?
Può essere utile prepararsi insieme a questo passaggio, anche con il supporto di uno/a psicoterapeuta, per proteggere il più possibile il suo senso di sicurezza affettiva.
Se vorrai, possiamo parlarne più approfonditamente in un colloquio: anche uno spazio solo per te, in questo momento, può essere già un modo importante per sostenere tutta la famiglia.
Grazie per aver condiviso una situazione così delicata.
È molto comune che in adolescenza, soprattutto in un momento così complesso come quello che sta vivendo vostro figlio, il disagio venga espresso attraverso chiusura, ritiro, uso eccessivo del cellulare, oppositività. Anche se può sembrare che vada tutto bene, spesso è un modo per proteggersi da emozioni troppo intense o confuse.
In questi casi, il primo passo utile può essere proprio quello che sta già facendo: mettersi in gioco come genitori, cercare ascolto e strumenti, senza forzare direttamente il ragazzo. Questo può creare nel tempo un clima diverso, che aiuta anche lui a sentirsi meno solo e più disposto ad aprirsi. A volte non si tratta di convincerlo a venire in terapia, ma di preparare il terreno perché senta che c’è uno spazio possibile anche per lui, quando sarà pronto.
È molto comune che in adolescenza, soprattutto in un momento così complesso come quello che sta vivendo vostro figlio, il disagio venga espresso attraverso chiusura, ritiro, uso eccessivo del cellulare, oppositività. Anche se può sembrare che vada tutto bene, spesso è un modo per proteggersi da emozioni troppo intense o confuse.
In questi casi, il primo passo utile può essere proprio quello che sta già facendo: mettersi in gioco come genitori, cercare ascolto e strumenti, senza forzare direttamente il ragazzo. Questo può creare nel tempo un clima diverso, che aiuta anche lui a sentirsi meno solo e più disposto ad aprirsi. A volte non si tratta di convincerlo a venire in terapia, ma di preparare il terreno perché senta che c’è uno spazio possibile anche per lui, quando sarà pronto.
Buongiorno cara utente, la ringrazio per la sua condivisione. Mi spiace per la difficile situazione che state attraversando come famiglia; suo figlio sembra molto sofferente ma immagino lo siate anche voi genitori nel vederlo così e nell'affrontare la separazione. Potrebbe essere utile effettuare un colloquio di sostegno alla genitorialità per capire il percorso migliore da seguire e per supportare voi genitori nella relazione con il ragazzo, soprattutto se il ragazzo continua a rifiutare un aiuto diretto per sè.
Restando a disposizione vi mando un caro saluto. Cordialmente. Dott.ssa Ciaudano
Restando a disposizione vi mando un caro saluto. Cordialmente. Dott.ssa Ciaudano
Buongiorno,
al di là delle possibili etichette che possono essere date, in un incontro darne una mi sembra quantomeno prematuro (suo figlio in più non ha bisogno di essere etichettato ma di essere aiutato a stare meglio), reputo che sicuramente, anche se non ancora comunicata, la separazione tra voi genitori è nell'aria e vostro figlio può essere che ne risenta.
Magari per permettergli di accettare un percorso psicologico si potrebbe puntare sul fatto che voi genitori siete in pensiero per lui e magari dopo aver comunicato la separazione si può provare un aggancio con il poter parlare della separazione con qualcuno, senza che mamma e papà possano sapere quello che dirà.
In alternativa si può provare a coinvolgerlo insieme a voi genitori per avere un momento dove potersi confrontare insieme a un professionista che possa agevolare le comunicazioni. Magari questo lo può far avvicinare e poi gli può permettere di essere preso in carico.
Cordiali saluti,
Dott.ssa Francesca Torelli
al di là delle possibili etichette che possono essere date, in un incontro darne una mi sembra quantomeno prematuro (suo figlio in più non ha bisogno di essere etichettato ma di essere aiutato a stare meglio), reputo che sicuramente, anche se non ancora comunicata, la separazione tra voi genitori è nell'aria e vostro figlio può essere che ne risenta.
Magari per permettergli di accettare un percorso psicologico si potrebbe puntare sul fatto che voi genitori siete in pensiero per lui e magari dopo aver comunicato la separazione si può provare un aggancio con il poter parlare della separazione con qualcuno, senza che mamma e papà possano sapere quello che dirà.
In alternativa si può provare a coinvolgerlo insieme a voi genitori per avere un momento dove potersi confrontare insieme a un professionista che possa agevolare le comunicazioni. Magari questo lo può far avvicinare e poi gli può permettere di essere preso in carico.
Cordiali saluti,
Dott.ssa Francesca Torelli
Buon pomeriggio, grazie per aver condiviso questo momento di difficoltà qui. Credo che molto del ritiro sociale e del malessere di suo figlio sia riconducibile al momento delicato che sta attraversando la vostra famiglia: l'atmosfera pesante, la separazione e non ultima la fase adolescenziale in cui si trova vostro figlio. Potrebbe essere utile per agganciarlo alla terapia dirgli che lei è in difficoltà in questo momento e che sarebbe buono che tutti vi facciate aiutare, cosi da non far passare l'idea che sia solo lui ad avere un problema. Se le condizioni lo permettono, sarebbe utile che ci fosse anche il papà cosi da decidere insieme qual è la modalità giusta per comunicare apertamente la separazione, di cui probabilmente, come spesso accade, suo figlio avrà già consapevolezza ...
Un caro saluto
Jacqualine Rindone
Un caro saluto
Jacqualine Rindone
Probabilmente suo figlio sa già e cerca di non affrontare, inoltre potrebbe provare a spostare l'attenzione su di sé per tenervi in qualche modo uniti. Mi sentirei di consigliare una consultazione familiare da professionisti ad orientamento sistemico relazionale.
Buongiorno, da quello che racconta deve essere un periodo molto faticoso. Cosa stava succedendo lo scorso anno, quando suo figlio ha ridotto la sua voglia di studiare? Cosa dice e pensa lui di questa sua nuova modalità? I rapporti tra voi sono cambiati rispetto allo scorso anno? Secondo lei, suo figlio come sta? Cosa prova? Sono diverse le domande che mi verrebbero da fare, cercando di attivare la curiosità, uscendo anche un po' dalla rigidità delle etichette diagnostiche, perchè penso che, prima di tutto siamo persone, con sentimenti e pensieri che non sempre è facile esplicitare. E, in questo caso, siamo di fronte ad un ragazzo che, attraverso il suo comportamento, ci sta dicendo che qualcosa non va più come prima; è un linguaggio diverso, fatto di agiti e non di parole, che ha comunque un significato altrettanto importante. Probabilmente anche il discorso della separazione potrebbe aver contribuito al suo cambiamento. Potrebbe essere per lui una fatica che si somma ad altre fatiche, e, non esplicitandole, non sappiamo quali emozioni prova, quali pensieri può avere in merito. Prima di pensare al come comunicare la separazione a suo figlio, cercherei di capire cosa lui ha già captato emotivamente, che idea si è fatto dell'atmosfera che c'è in casa, quali paure può avere e che significato ha, all'interno di tutto questo, il suo comportamento. Valentina
Salve, faccia da "ponte". Se suo figlio non vuole essere aiutato in prima persona inizi a farlo lei. In un modo o in un altro, "contaminerà" e quindi aiuterà anche suo figlio. In bocca al lupo!
Ciao, credo che non ci sia un modo, piuttosto che un altro, per stimolare l'interesse o la volontà di un'altra persona ad iniziare un percorso così personale come quello psicologico: se tuo figlio non vede la possibilità di iniziare o comunque finchè continua a non vederla, sarà sicuramente poco fruttuoso la sua eventuale presenza, anche se costretto. Circa la possibilità di comunicazione della separazione, sarebbe importante comprendere cosa tuo figlio, aldilà di tale comunicazione stessa, vive dei vostri rapporti, cosa ne pensa e soprattutto che visione ha. Chiaro che questo scarso disinteresse per la scuola possa essere correlato a quel che state vivendo in casa. Sarebbe importante anche comprendere se è disinteressato anche su altri ambiti o solo sulla scuola.
Buongiorno, purtroppo non esiste un "metodo" per convincere qualcun altro ad intraprendere un percorso psicologico. Lei sta facendo bene a lavorare su di sè, spesso muovendo pezzetti della propria storia, si modificano stati d'animo e reazioni esperite nella quotidianità che portano inevitabilmente a dei cambiamenti nelle relazioni.
Può provare a spostare il focus e rivedere suo figlio non solo per il ragazzo oppositivo, ma anche per gli altri aspetti che lo caratterizzano su cui può cercare di trovare un aggancio.
Può provare a spostare il focus e rivedere suo figlio non solo per il ragazzo oppositivo, ma anche per gli altri aspetti che lo caratterizzano su cui può cercare di trovare un aggancio.
Buongiorno,
molto probabilmente i comportamenti sintomatici di suo figlio potrebbero aver a che fare con la vostra separazione. Nelle famiglie capita spesso che il soggetto sintomatico sia portatore della sofferenza di tutta la famiglia. Sarebbe importante iniziare un percorso di psicoterapia familiare allo scopo di affrontare tale cambiamento.
Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
molto probabilmente i comportamenti sintomatici di suo figlio potrebbero aver a che fare con la vostra separazione. Nelle famiglie capita spesso che il soggetto sintomatico sia portatore della sofferenza di tutta la famiglia. Sarebbe importante iniziare un percorso di psicoterapia familiare allo scopo di affrontare tale cambiamento.
Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
Gentile signora,
grazie per aver condiviso con tanta sincerità una situazione così complessa e delicata. È evidente quanto lei stia cercando, con forza e dedizione, di aiutare suo figlio e mantenere un punto di riferimento stabile per lui, nonostante il momento difficile che la vostra famiglia sta attraversando.
La reazione di suo figlio – il rifiuto della scuola, il ritiro, il non voler parlare – può essere vista come un segnale di disagio. Anche se dice di “stare bene così”, spesso dietro a questa chiusura c’è confusione, dolore o rabbia non ancora espressi in modo consapevole. Il possibile disturbo oppositivo-provocatorio che le è stato segnalato da uno psicologo può essere una lettura utile, ma da sola non basta: è solo l’inizio di un percorso di comprensione più ampio.
Tuttavia, come ha già intuito, costringerlo o insistere troppo potrebbe rafforzare la sua opposizione. In questi casi, spesso il lavoro più efficace non è spingerlo direttamente alla terapia, ma agire intorno a lui, creando un contesto relazionale diverso, più aperto, meno centrato sull’urgenza di “correggere” il comportamento.
1. Sia lei il canale di cambiamento
Sta già facendo un lavoro su di sé con uno psicologo, e questo è molto importante. In questo momento, lei può diventare il modello di un adulto che cerca di comprendere il proprio dolore e trasformarlo, senza forzare o giudicare. A volte è proprio questo esempio silenzioso che apre la strada al cambiamento.
2. Provi un approccio diverso
Più che parlare di “psicologo” o “aiuto” (che per un ragazzo oppositivo può essere vissuto come un’accusa), provi a coinvolgerlo con domande sincere e non giudicanti, ad esempio:
“Secondo te, che cosa ti sta facendo perdere voglia di tutto?”
“Se potessi scegliere tu, cosa cambieresti della tua giornata?”
“Non ti voglio convincere, ma solo ascoltare. Se ti va di parlare, io ci sono.”
Piccoli spazi di ascolto senza scopi terapeutici immediati, ma in cui lui senta che può esistere senza essere "corretto", possono avere un grande impatto.
3. La separazione: come comunicarla
È importante essere sinceri, ma anche protettivi. La comunicazione dovrebbe essere:
condivisa, se possibile, da lei e suo marito insieme;
chiara: evitate colpe reciproche, rassicuratelo che entrambi continuerete ad amarlo e a esserci per lui;
centrata sui suoi bisogni: chiedetegli come si sente, come vive la notizia, cosa lo preoccupa.
Il rischio che la situazione peggiori c’è, ma spesso i ragazzi – se trovano adulti che li ascoltano senza pretendere subito risposte – riescono ad attraversare anche momenti molto duri con risorse sorprendenti.
4. Esistono spazi alternativi alla psicoterapia tradizionale
Se rifiuta un colloquio individuale, si può valutare:
un gruppo per adolescenti, con altri ragazzi che vivono momenti di difficoltà;
un centro giovani, dove si fanno attività non solo terapeutiche, ma anche sociali;
un tutor scolastico con sensibilità psicologica, che lo aiuti a recuperare motivazione.
In conclusione:
Non ha fallito, nonostante la frustrazione che sente. È dentro una fase difficile, ma anche lei sta cercando aiuto nel modo giusto. Il cambiamento inizia spesso da piccoli gesti coerenti e sinceri, non dalle “soluzioni perfette”. Le consiglio di continuare il suo percorso personale, di comunicare con suo figlio con pazienza e di non temere di chiedere supporto anche ai servizi per le famiglie (consultori, centri territoriali, psicologi scolastici).
Un saluto.
Flavia Lanni
grazie per aver condiviso con tanta sincerità una situazione così complessa e delicata. È evidente quanto lei stia cercando, con forza e dedizione, di aiutare suo figlio e mantenere un punto di riferimento stabile per lui, nonostante il momento difficile che la vostra famiglia sta attraversando.
La reazione di suo figlio – il rifiuto della scuola, il ritiro, il non voler parlare – può essere vista come un segnale di disagio. Anche se dice di “stare bene così”, spesso dietro a questa chiusura c’è confusione, dolore o rabbia non ancora espressi in modo consapevole. Il possibile disturbo oppositivo-provocatorio che le è stato segnalato da uno psicologo può essere una lettura utile, ma da sola non basta: è solo l’inizio di un percorso di comprensione più ampio.
Tuttavia, come ha già intuito, costringerlo o insistere troppo potrebbe rafforzare la sua opposizione. In questi casi, spesso il lavoro più efficace non è spingerlo direttamente alla terapia, ma agire intorno a lui, creando un contesto relazionale diverso, più aperto, meno centrato sull’urgenza di “correggere” il comportamento.
1. Sia lei il canale di cambiamento
Sta già facendo un lavoro su di sé con uno psicologo, e questo è molto importante. In questo momento, lei può diventare il modello di un adulto che cerca di comprendere il proprio dolore e trasformarlo, senza forzare o giudicare. A volte è proprio questo esempio silenzioso che apre la strada al cambiamento.
2. Provi un approccio diverso
Più che parlare di “psicologo” o “aiuto” (che per un ragazzo oppositivo può essere vissuto come un’accusa), provi a coinvolgerlo con domande sincere e non giudicanti, ad esempio:
“Secondo te, che cosa ti sta facendo perdere voglia di tutto?”
“Se potessi scegliere tu, cosa cambieresti della tua giornata?”
“Non ti voglio convincere, ma solo ascoltare. Se ti va di parlare, io ci sono.”
Piccoli spazi di ascolto senza scopi terapeutici immediati, ma in cui lui senta che può esistere senza essere "corretto", possono avere un grande impatto.
3. La separazione: come comunicarla
È importante essere sinceri, ma anche protettivi. La comunicazione dovrebbe essere:
condivisa, se possibile, da lei e suo marito insieme;
chiara: evitate colpe reciproche, rassicuratelo che entrambi continuerete ad amarlo e a esserci per lui;
centrata sui suoi bisogni: chiedetegli come si sente, come vive la notizia, cosa lo preoccupa.
Il rischio che la situazione peggiori c’è, ma spesso i ragazzi – se trovano adulti che li ascoltano senza pretendere subito risposte – riescono ad attraversare anche momenti molto duri con risorse sorprendenti.
4. Esistono spazi alternativi alla psicoterapia tradizionale
Se rifiuta un colloquio individuale, si può valutare:
un gruppo per adolescenti, con altri ragazzi che vivono momenti di difficoltà;
un centro giovani, dove si fanno attività non solo terapeutiche, ma anche sociali;
un tutor scolastico con sensibilità psicologica, che lo aiuti a recuperare motivazione.
In conclusione:
Non ha fallito, nonostante la frustrazione che sente. È dentro una fase difficile, ma anche lei sta cercando aiuto nel modo giusto. Il cambiamento inizia spesso da piccoli gesti coerenti e sinceri, non dalle “soluzioni perfette”. Le consiglio di continuare il suo percorso personale, di comunicare con suo figlio con pazienza e di non temere di chiedere supporto anche ai servizi per le famiglie (consultori, centri territoriali, psicologi scolastici).
Un saluto.
Flavia Lanni
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