Ho bisogno di parlare di me. Oggi ho 27 anni. Temo di soffrire di depressione. Lo so soltanto io.

18 risposte
Ho bisogno di parlare di me.
Oggi ho 27 anni.
Temo di soffrire di depressione. Lo so soltanto io. Non ho chiesto aiuto a nessuno fuorché a qualche psicologo ai quali credo di non aver fatto ben capire la mia situazione. Un po' perché mi dispiaceva dover dare loro una tale responsabilità, un po' perché, mi sto rendendo conto, di avere qualche problema di comunicazione.
Dico le cose una volta e non le ripeto più. Accenno e non rimarco. Approfondisco solo su richiesta e se posso rimango vaga.
Succede spesso che le persone non capiscano ciò che ho detto o fraintendano le mie parole quando esprimo ciò che desidero.
Forse per questo, talvolta, di fronte a chi mi conosce poco, appaio come una persona ambigua.
C'è da dire anche che sono spesso sulla difensiva. Scruto, studio e difficilmente mi apro. Quindi sono timida, riservata ed introversa con chi non conosco, mentre invece sono chiacchierona, decisa ed entrante con chi conosco, con uno spiccato spirito accudente.
L'impulsività non mi appartiene. Piuttosto sono riflessiva.
Sono proprio una di quelle persone che da piccole si isolavano e si rifugiavano nei loro pensieri e che oggi hanno un atteggiamento evitante verso le problematiche.
Proprio questa caratteristica mi ha permesso di procrastinare le reazioni relative ad ogni "trauma" e problematica della mia vita e così le situazioni sono andate peggiorando a poco a poco.
Uno dei problemi chiave è stata l'evoluzione del rapporto con mia madre a seguito di una cambiamento traumatico avvenuto in famiglia.
Inutile dilungarmi sulle varie dinamiche tossiche elencando gli episodi più amari.
Quello che importa è che ho sofferto il peso delle sue aspettative ritrovandomi in uno stato di immobilismo.
Non sono mai riuscita a dirle davvero quali fossero le mie difficoltà temendo la sua esasperata apprensione e le sue reazioni.
La temo. Soltanto ora mi accorgo di temerla così tanto...
Nonostante sappia che non sia giustificabile, la odio. Un odio viscerale. Però le voglio anche bene e so, razionalmente, che su tutto ciò, lei non ha colpe, perciò continuo a prestarmi a lei(anche se inutilmente) per farla star bene e mi dispiaccio quando mi accorgo di trattarla con irascibilità solo perché mi sfugge dal controllo l'odio che mi suscita.

Ho iniziato a stare veramente male a 24 anni.
Soffrivo di stress.
Mi risvegliavo nella notte terrorizzata, udendo le urla di mia madre che in realtà non c'erano.
Soffrivo di forte tachicardia dovuta a degli attacchi di panico. Erano fortissimi, da farmi male. Ho iniziato a desiderare di morire e a pianificare il mio suicidio. Così la notte non dormivo se non per poche ore, né dormivo il giorno. Ancora oggi passo da dei periodi di insonnia a dei periodi di ipersonnia.
Così ho iniziato anche a perdere la memoria, veri vuoti di memoria.
Dolori fisici e forti mal di testa. Attacchi di panico ricorrenti.
Ho fatto i conti con l'istinto di sopravvivenza che più e più volte ha tradito le mie intenzioni.
Al di fuori dell'evidente distrazione e mancanza di memoria, non ho mai fatto trapelare niente. Niente di niente.
Tutto molto molto stancante, non più solo psicologicamente ma anche fisicamente.
Ho deciso dunque, di abbandonare me stessa, tutti i miei desideri e i miei obiettivi e di trasformarmi in un oggetto. Vivere per inerzia. Così ho messo da parte anche quello stato di sofferenza, ma ovviamente è riemersa, con i sensi di colpa per essermi permessa di vivere così: vivere senza essere nessuno.
Ho buttato i migliori anni della mia vita. Ho fatto dei danni a me stessa irreparabili e adesso sogno di scappare di casa e andare a vivere sotto ai ponti, nella speranza di uscire dal mio immobilismo. Magari in condizioni estreme riuscirò a prendere le redini di me stessa. Cosa suggerite?
Buongiorno, grazie per la sua domanda. Da quello che scrive, ha già preso in mano le redini di sé stessa. La sua richiesta di aiuto, dimostra già consapevolezza di quello che sta provando e le lascia intravedere che forse una soluzione esiste. Il dolore che porta nel suo scritto, la confusione riguardo i sensi di colpa, gli attacchi di panico, i conseguenti attacchi d'ansia, la bassa autostima, andrebbero analizzate e affrontate.
Per questo il mio suggerimento è quello di continuare a "parlare di sé" sempre, magari con un professionista che la sappia ascoltare e che possa fornirgli gli strumenti giusti per uscire finalmente dal buco nero nel quale si sente di sprofondare.
Un augurio sincero.

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Salve, credo che una psicoterapia psicoanalitica la aiuterebbe a fare i conti con sua madre e con il passato in modo da vivere nel presente in modo più sereno. A volte ci portiamo dietro storie familiari difficili che ci sovrastano. Non intendo dire che lei debba chiudere con sua madre ma analizzare la sua immagine materna e elaborare i vissuti ad essa collegati in modo da liberarsi di giudizi, aspettative, strategie disfunzionali che con il tempo ha fatto sue. In un futuro potrà anche costruirsi un'immagine materna migliore e fare pace con ciò che ora la disturba.
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Gentilissima buongiorno, l'analisi che fa di se è profonda, ha capito tanto del suo funzionamento cognitivo, ma non ancora come fare a correggere ciò che più la fa soffrire e la lascia in questo stato di inerzia, sensi di colpa e prostrazione. Ci chiede suggerimenti su come uscirne ma non ho idea di cosa si aspetti veramente: non esiste un trucco per cambiare le carte in tavola, é necessario un accurato lavoro su di se, di conoscenza e trasformazione sotto la guida di un professionista. Ci pensi. Se desidera un confronto per sapere di più in cosa potrebbe consistere un lavoro su di se resto a disposizione. Un saluto cordiale, dott.ssa Manuela Leonessa
Buongiorno, ho letto con attenzione il suo racconto profondo e tormentato. Le problematiche e le criticità di cui parla sarebbero da affrontare in maniera più approfondita con un professionista che sia in grado di ascoltarla e farla sentire accolta. Lei stessa afferma che mettere da parte la sofferenza e il disagio non è utile a farlo sparire, ma solo a farlo sprofondare in un luogo buio da cui agisce in maniera più forte di prima. Il mio unico consiglio è quello di prendere veramente in considerazione il dolore che sente e imparare a parlarci insieme, aiutata dalla figura di un terapeuta ad orientamento psicodinamico che sa lavorare con queste emozioni.
Resto a sua disposizione e le auguro il meglio per il suo futuro.
Dr. Luca Barbieri
Salve, le rispondo partendo dalla fine. Scrive che forse in condizioni estreme riuscirà a prendere le redini, ma spesso accade proprio il contrario: quando si è al punto più estremo di dolore, sofferenza ed esasperazione, è proprio lì che si fa più fatica a “risalire” – non che sia a quel punto impossibile, ma certamente più difficoltoso. Forse ciò che esprime con questa fantasia è la sensazione di avere la necessità di provare un’esperienza tanto dolorosamente forte da permetterle/permettersi di uscire da ciò che sente come stasi e immobilismo.

Sul tema dell’immobilismo: è possibile che la sua vita sia effettivamente immobile dal punto di vista della relazione con il mondo esterno; dal suo scritto però emerge anche una vita interiore tutt’altro che immobile e forse potrebbe partire da questa sua capacità di riflettere su se stessa come prima risorsa per il cambiamento.

Scrive che, quando si è rivolta in passato a degli psicologi, non ha espresso appieno i suoi vissuti “perché mi dispiaceva dover dare loro una tale responsabilità” e questo mi sembra un aspetto molto importante da approfondire, rispetto ad una dinamica del darsi la possibilità di chiedere e ricevere aiuto (questione che, mi sembra, sia connessa a quanto accenna del rapporto con sua madre). Che succede se chiede aiuto? Da chi e come sente di poterlo ricevere? Se non ha detto a nessuno (“lo so soltanto io”, scrive) dei suoi vissuti depressivi, in che modo sente che questo possa costituire una responsabilità per l’altro? Cosa significa per lei dare una responsabilità all’Altro, sente che il suo dolore sia per l’Altro sostenibile?

D’altronde scrive che dice “le cose una volta e non le ripeto più”: c’è in questo un movimento di speranza di poter essere capita e aiutata, un po' come se lanciasse un piccolo segnale al mondo che spera che l’Altro colga. Accenna ma non rimarca, chiede aiuto in qualche modo, un modo che però non le permette di riceverlo.

Ci sono tanti altri aspetti di quanto scrive che andrebbero approfonditi, per fare qualche esempio: le urla di sua madre che sentiva di notte e che in realtà non c’erano; l’istinto di sopravvivenza vs. la pianificazione del suicidio; il fatto che non accenna a relazioni amicali, a suo padre, a cosa fa o non fa; ma si potrebbe andare avanti a lungo. Lei scrive all’inizio: “Ho bisogno di parlare di me.” Concordo in pieno ed è importante che lei porti con sé la consapevolezza di questo bisogno per agire in tal senso.

Cordialmente,
dott.ssa Onorato
Salve, ho letto con molto interesse e partecipazione quanto ha descritto e penso che la sua scelta di iniziare con "ho bisogno di parlare di me" sia molto indicativa. Dal suo racconto emerge come la situazione sia complessa, che le causi molta sofferenza e che per questo motivo vada approfondita prendendosi del tempo per capire. Comprendo che la sua scelta di "abbandonare me stessa, tutti i miei desideri e i miei obiettivi e di trasformarmi in un oggetto" sia stata l'unico modo che ha trovato per gestire una situazione rispetto alla quale forse sentiva non averne totalmente i mezzi, ad un prezzo molto alto purtroppo. Tuttavia in questo momento questa modalità di gestione sembra che non funzioni più in modo efficace. Una terapia ad orientamento psicoanalitico può sicuramente esserle utile per comprendere gli aspetti di sè che hanno contribuito a generale la situazione nella quale è immersa. Resto a disposizione. Un saluto.
Buongiorno e innanzitutto grazie per la sua condivisione. Dalle sue parole traspare tutto il suo dolore e la sua stanchezza per una situazione di sopravvivenza - come lei stessa la definisce in modo più che corretto - che dura da molto tempo e che nasce all'interno di legami familiari. Lei ha tutto il diritto di vivere pienamente e autenticamente la sua vita. Per farlo, però, dovrebbe intraprendere un percorso psicoterapeutico, preferibilmente di orientamento psicodinamico o simile per poter analizzare, elaborare e trasformare in modo consapevole le sue emozioni, i traumi, i meccanismi difensivi attivati e le credenze più profonde e antiche. Il suo sistema psichico ha messo in atto delle strategie di sopravvivenza che hanno certamente funzionato in passato ma che ora sono divenute disfunzionali e che è necessario superare. Lei vive già da anni situazioni estreme, come se fosse sempre in uno stato di allerta e di emergenza. Una delle reazioni del nostro Sistema Nervoso Autonomo a queste situazioni di pericolo è tra l'altro l'immobilismo, il collasso. Lei ha il diritto di far sentire forte la sua voce e di vivere una vita piena, ricca di esperienze e di desideri, libera dalla paura e che possa regalarle orizzonti più ampi di pace e serenità. Un grande in bocca al lupo per il suo percorso. Rimango a disposizione, cari saluti, d.ssa Paola Pellegrino
Gentile utente, da ciò che leggo credo che sia fondamentale iniziare un percorso di supporto psicologico.
Resto a disposizione attraverso consulenze online.
Dott. Luca Rochdi
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Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo quanto possa essere difficile convivere con questa situazione riportata. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi e disfunzionali che mantengono in atto la sofferenza impedendole il benessere desiderato.
Ritengo altresì utile un approccio EMDR al fine di favorire la rielaborazione del materiale connesso con la genesi della sofferenza in atto.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Innanzitutto, la ringrazio per aver condiviso apertamente la sua esperienza e i suoi sentimenti. È un passo importante verso il benessere psicologico. Mi rendo conto che sta affrontando molte sfide e che la sua situazione è complessa, ammetto inoltre che mi dispiace sentire che si sente così male.

In base a quanto ha condiviso, sembra che ci siano diversi elementi che influenzano la sua situazione attuale, tra cui la relazione con sua madre (nonchè la percezione emotiva che ha di lei), l'isolamento emotivo e le difficoltà comunicative. È comprensibile che lei abbia paura di chiedere aiuto e di condividere i suoi sentimenti, ma è un passo cruciale per affrontare la depressione e recuperare il controllo della sua vita.

Il primo suggerimento che vorrei darle è quello di cercare un professionista della salute mentale con cui si senta a suo agio. Uno psicologo può aiutarla a esplorare e comprendere meglio i suoi pensieri, sentimenti e comportamenti, fornendo supporto durante il percorso di guarigione.

Inoltre, è importante considerare un supporto più ampio dalla sua rete sociale. Parli con amici fidati o parenti di fiducia riguardo ai suoi sentimenti e alla sua situazione. Comunicare apertamente può favorire una maggiore comprensione reciproca e supporto emotivo.

Riguardo alla sua relazione con sua madre, potrebbe essere utile esplorare gradualmente la possibilità di avere una conversazione aperta e onesta con lei. Una comunicazione chiara può aiutare a rompere il ciclo di incomprensioni e tensioni. Se ritiene che questo sia difficile da fare da sola, potrebbe coinvolgere un terapeuta nella gestione di questa conversazione.

Infine, cerchi di prendersi cura di sé attraverso piccoli passi. Fissi obiettivi raggiungibili e cerchi di mantenere una routine quotidiana che includa attività che le portino gioia e sollievo. La cura di sé è fondamentale per il benessere emotivo.

Ricordi che chiedere aiuto è un atto di coraggio, e il supporto professionale può essere un passo importante per iniziare il percorso di guarigione. Non esiti a cercare aiuto e a costruire gradualmente una rete di supporto intorno a lei.
Resto a sua completa disposizione per qualsiasi informazione, dubbio o curiosità e le auguro una buona serata ed un buon proseguimento, un caro saluto dott. Daniele D'Amico.
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Buongiorno.
Concordo sicuramente sulla sua constatazione relativa alla stanchezza che diventa anche fisica, purtroppo inevitabilmente anche fisica.
Lei scrive molto, si apre e mette sul tavolo diversi temi su cui ritengo si possa approfondire. Piuttosto che sotto i ponti, la invito a valutare di iniziare un percorso di cura in cui costruire una vera alleanza con un professionista da cui possa sentirsi realmente ascoltata. Se può esserle utile, le propongo un colloquio conoscitivo online.
Gentilissima, mentre leggevo il suo messaggio ho detto tra me e me: ‘Caspita! Questa persona possiede un’ elevata capacità introspettiva’. Lei restituisce un profilo di sé e dei suoi vissuti molto accurato ed estremamente lucido, con una tale appropriatezza di linguaggio che si stenta a credere che lei abbia difficoltà di comunicazione. Mi verrebbe da chiederle come si è sentita dopo aver messo nero su bianco questi contenuti così significativi della sua vita. L’immobilismo di cui parla rappresenta un circolo vizioso che si autoalimenta, potremmo paragonarlo a delle sabbie mobili: posso solo immaginare quanta fatica faccia nel tentativo di liberarsi da questa morsa. In questo caso il senso di colpa che ad un certo punto si è presentato potrebbe rappresentarlo mentalmente come un ramo al quale aggrapparsi per tirarsi fuori dalle sabbie mobili. Il senso di colpa per non essersi voluta bene in questi ultimi periodi apre uno spiraglio di speranza, ci si aggrappi con tutte le sue forze e coltivi questo piccolo bocciolo di amore di sé. Potrebbe essere un’idea per lei comunicare con un professionista tramite la scrittura, visto che non è riuscita a ‘rivelarsi’ con il classico canale comunicativo. Le faccio i miei più sentiti auguri
Gentile utente, da quel che scrive si percepisce un'ottima capacità introspettiva e di analisi di sé stessa. Riesce a descrivere quello che prova in maniera accurata e la sua sofferenza arriva pienamente a chi legge. Questo denota la presenza di molte risorse in lei che se indirizzate e incanalate in maniera ottimale possono permetterle di prendere le redini della sua vita ed elaborare i suoi vissuti in modo tale da uscire dall'immobilità che attualmente la pervade. Purtroppo nonostante le molte risorse a disposizione, spesso é necessario anche concedersi di chiedere aiuto, esporre i propri vissuti permette di dar loro ordine e facilita la loro elaborazione. L'aiuto di un professionista può aiutare a superare blocchi che da soli si fa fatica a oltrepassare proprio perché attivati da sé stessi per "proteggersi". Non lasci che questo sfogo rimanga tale, faccia sì che sia il primo passo verso il superamento dell'immobilità per riprendere in mano la sua vita. Resto a disposizione. Un caro saluto, Dott.ssa M. Benvenuti
Buonasera, ha già preso le redini in mano!!! Il fatto che Lei scriva qui corrisponde a consapevolezza, richiesta di aiuto, volontà nell'affrontare la situazione e migliorarla.
Le consiglio di continuare su questa linea e di richiedere un supporto psicologico. Le auguro ogni bene.
Sinceramente non mi sento di dare "un consiglio". Quello che lei riporta è molto profondo, molto delicato ma credo che sia anche uno spaccato minimo di quanta sofferenza e di quante difficoltà abbia passato. Sicuramente quello che emerge è che sono diversi i settori di malessere: individuale, sociale, ambientale e relazionale. Credo che quello che possa fare è decidere che è arrivato il momento di cambiare rotta, direzione e anche uscire dalla propria zona di (dis)comofrt. Ecco, l'unico consiglio che potrei darle è trovare insieme ad un professionista degli strumenti sia per riconoscere preventivamente il proprio malessere sia per poterci intervenire.
Buongiorno,
Forse lei fatica ad aprirsi con le parole ma per iscritto è riuscita a trasmettere tutto il dolore e la fatica legati alla sua situazione. Le auguro di trovare un professionista con cui riesca a costruire una relazione che la aiuti ad uscire da questa situazione.
Dott. Marco Cenci
Mi dispiace sentire che stai attraversando un periodo così difficile. È importante che tu trovi il coraggio di chiedere aiuto a una figura professionale, come uno psicologo o uno psicoterapeuta. Possono aiutarti a esplorare le tue emozioni, i tuoi pensieri e le dinamiche familiari tossiche che hai descritto. Insieme, potrete lavorare per comprendere il tuo passato, elaborare il dolore e sviluppare strategie per affrontare la depressione e costruire una vita più soddisfacente. Non sei sola, e ci sono risorse e professionisti pronti ad assisterti lungo il tuo percorso di guarigione.
Cara utente, innanzitutto Grazie. Grazie per aver condiviso così tanto di lei, di averci mostrato così apertamente il suo profondo. Lei è una persona ricca di risorse, prima di tutto l'amore anche se lei lo chiama odio. Sono pur sempre due facce della stessa medaglia. É ammirabile la sua consapevolezza e la capacità comunicativa. E anche il tempo, nel modo in cui scrive lei dentro di sé sa che è arrivato il momento di prendersi cura di se stessa, di guardare se stessa piuttosto che soffermarsi ora su sua madre. É arrivato il momento che si conceda un suo spazio, un suo tempo e una sua dimensione.
Da ciò che racconta, mi permetto di consigliarle una psicoterapia specializzata in terapia della famiglia.
Per qualsiasi informazione, resto a disposizione.
Cordialmente, Dott.ssa Anna Russo

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