Buonasera, la mia ragazza è al terzo anno di medicina, vive con molta passione il suo percorso di
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Buonasera,
la mia ragazza è al terzo anno di medicina, vive con molta passione il suo percorso di studi ma nonostante sia molto convinta di volere lavorare in clinica un giorno, da qualche tempo è attanagliata dal pensiero di non riuscire a gestire sul piano umano l'interlocuzione coi pazienti, in particolare non sopporta l'idea di dover comunicare notizie sgradite addolorando un paziente o un suo caro. A questo problema purtroppo se ne aggiunge un altro, ovvero che considerando alcune cure a patologie gravi, si intristisce pensando che non sono affatto risolutive ma lasciano terribili disagi a chi ne è soggetto. Ho provato a confortarla cercando di razionalizzare entrambe le questioni ma purtroppo essendone bene capace anche lei temo di non essere stato utile. Le ho anche prospettato l'idea di dedicarsi alla ricerca ma è ferma sulla volontà di lavorare in ospedale. Se qualche medico avesse qualche consiglio gliene sarei grato.
la mia ragazza è al terzo anno di medicina, vive con molta passione il suo percorso di studi ma nonostante sia molto convinta di volere lavorare in clinica un giorno, da qualche tempo è attanagliata dal pensiero di non riuscire a gestire sul piano umano l'interlocuzione coi pazienti, in particolare non sopporta l'idea di dover comunicare notizie sgradite addolorando un paziente o un suo caro. A questo problema purtroppo se ne aggiunge un altro, ovvero che considerando alcune cure a patologie gravi, si intristisce pensando che non sono affatto risolutive ma lasciano terribili disagi a chi ne è soggetto. Ho provato a confortarla cercando di razionalizzare entrambe le questioni ma purtroppo essendone bene capace anche lei temo di non essere stato utile. Le ho anche prospettato l'idea di dedicarsi alla ricerca ma è ferma sulla volontà di lavorare in ospedale. Se qualche medico avesse qualche consiglio gliene sarei grato.
Salve, l'unica cosa che può fare è quella di consigliare alla sua ragazza di intraprendere un percorso di psicoterapia per riuscire a gestire meglio l'ansia.
Buona giornata.
Dott. Fiori
Buona giornata.
Dott. Fiori
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Salve, se vuole consigli da medici le conviene contattare l'area medica e non psicologica. Comunque concordo con il collega che mi ha preceduto che un consulto con un professionista potrebbe aiutare la sua ragazza a chiarire la dinamica.
Saluti
Massimiliano
Saluti
Massimiliano
Buongiorno. Un grande tema che tocca tutte le professioni di cura è quello di riuscire a gestire il proprio stato emotivo con i pazienti e imparare a mettere dei filtri tra sè e l'altro. Durante il percorso di studi in medicina vengono fornite le nozioni di base per una comunicazione empatica ed efficace e le prime esperienze in clinica aiutano a sperimentarsi in questo campo. Se la sua ragazza sviluppasse il desiderio di confrontarsi con qualcuno per analizzare i propri pensieri ed emozioni le consiglio di contattare uno psicologo, Rimango a disposizione.
Dott.ssa Francesca Frigerio
Dott.ssa Francesca Frigerio
Salve, mi spiace molto per la situazione ed il disagio espresso dalla sua ragazza.
Credo che sia importante per lei intraprendere un percorso psicologico per indagare cause, origini e fattori di mantenimento dei suoi sintomi e trovare strategie utili per fronteggiare le situazioni particolarmente problematiche onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Cordialmente, dott FDL
Credo che sia importante per lei intraprendere un percorso psicologico per indagare cause, origini e fattori di mantenimento dei suoi sintomi e trovare strategie utili per fronteggiare le situazioni particolarmente problematiche onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Cordialmente, dott FDL
Gentile,
credo che ogni percorso sia connotato da momenti di dubbi ed incertezze, ancor più nel caso di percorsi di studio che ci mettono di fronte al confronto con altre persone e con la loro sofferenza. In questi casi ritengo sia utile, con l'aiuto di un professionista, capire da dove arrivano queste domande e cercare di dare loro una risposta. Intraprendere un percorso psicologico potrebbe essere un punto di partenza.
Buona giornata
Dott.ssa Marina Beltrami
credo che ogni percorso sia connotato da momenti di dubbi ed incertezze, ancor più nel caso di percorsi di studio che ci mettono di fronte al confronto con altre persone e con la loro sofferenza. In questi casi ritengo sia utile, con l'aiuto di un professionista, capire da dove arrivano queste domande e cercare di dare loro una risposta. Intraprendere un percorso psicologico potrebbe essere un punto di partenza.
Buona giornata
Dott.ssa Marina Beltrami
Gentile utente, molto probabilmente la sua ragazza è una persona molto empatica e, quindi, tende a vivere sempre in prima persona tutte le situazioni di disagio e di dolore. Quello che mi sento di dirle, è che per imparare a porre quella "distanza giusta" tra lei e il paziente che permetterà alla sua ragazza di essere veramente d'aiuto, dovrebbe andare ad indagare da dove nascono queste paure e queste ansie, attraverso un percorso di terapia. Intanto si concentri su suoi studi, a tempo debito, quando inizierà la specializzazione, potrà pensare di lavorare su di sè per essere il buon clinico, che tanto desidera. In bocca al lupo!
Gentile utente, trovo molto carino che lei si preoccupi per la sua fidanzata, ma forse il consiglio migliore che possa darle è quello di rivolgersi ad uno psicoterapeuta per poter affrontare le sue ansie e capire se le scelte fatte siano ancora giuste per lei.
Resto a disposizione
Claudia m
Resto a disposizione
Claudia m
Gentile Utente,
un percorso di psicoterapia potrebbe aiutare la sua ragazza a capire e approfondire i significati delle sue difficoltà per vivere meglio le complessità della sua professione.
Rimango disponibile in caso di necessità,
buona continuazione,
Dott.ssa Valeria Marino
un percorso di psicoterapia potrebbe aiutare la sua ragazza a capire e approfondire i significati delle sue difficoltà per vivere meglio le complessità della sua professione.
Rimango disponibile in caso di necessità,
buona continuazione,
Dott.ssa Valeria Marino
Salve, ciò che ha riportato denota, da parte della sua ragazza, una grande empatia nei confronti degli altri e una vicinanza al tema del dolore. Chi è impegnato in professioni di cura deve sempre mantenere la giusta distanza tra sé, il paziente e la patologia, senza farsi carico di ciò che non è suo (come il dolore per una malattia). Da futuro medico la sua ragazza può fare tutto ciò che è nelle sue competenze, altro non è possibile e bisogna accettarlo. Sono certa però che, qualora per la sua ragazza questi problemi diventino invalidanti, debba essere lei a ricercare l'aiuto opportuno e un sostegno psicologico che l'aiuti ad elaborare tali vissuti. Il suo sostegno le sarà comunque prezioso.
Salve. Per sostenere il dolore e le angosce degli altri è importante riuscire a sostenere i propri. Può consigliare alla sua ragazza di intraprendere un percorso psicoterapeutico che possa aiutarla a sostenere le sue angosce stimolando la fiducia in sé. Solo così potrà avere un rapporto empatico e sereno con i pazienti. Distinti saluti
Buonasera, comprendo il desiderio di supportare la sua ragazza nel tentativo di sollevarla da quello che mi sembra essere un malessere. Quello che potrebbe fare è invitarla a rivolgersi ad uno psicologo qualora questo vissuto sia per lei un peso. Un saluto
Buona sera,
la professione medica è una professione dove il contatto con l'altro e il dolore è inevitabile.
Il mio consiglio è quello di intraprendere un percorso di psicoterapia per comprendere al meglio la natura delle sue paure e i pensieri relative a queste, gestire questi tipi di pensieri ed essere aiutata a continuare ad andare dove realmente desidera, nonistante le difficoltà. Non è semplice ma possibile. Consiglio la visione su youtube "demoni sulla barca" metafora act narrata da Emanuel Mian.
Buona serata,
Dott.ssa Chiara Pavia
la professione medica è una professione dove il contatto con l'altro e il dolore è inevitabile.
Il mio consiglio è quello di intraprendere un percorso di psicoterapia per comprendere al meglio la natura delle sue paure e i pensieri relative a queste, gestire questi tipi di pensieri ed essere aiutata a continuare ad andare dove realmente desidera, nonistante le difficoltà. Non è semplice ma possibile. Consiglio la visione su youtube "demoni sulla barca" metafora act narrata da Emanuel Mian.
Buona serata,
Dott.ssa Chiara Pavia
Salve, dalle sue parole sembrerebbe che la sua ragazza si intristisca e si preoccupi per situazioni che ancora devono avvenire e per le quali non ha ancora fatto esperienza. E' come se si proiettasse in un futuro immaginandosi come persona non in " grado di gestire" le relazioni con i pazienti. Per quanto uno si possa immaginare in una tale situazione, la realtà quando si presenta offre molte sorprese e possibilità. A volte di fronte a determinate situazioni tiriamo fuori risorse e potenzialità che nemmeno immaginavamo di avere. Ma finchè non ci si passa, non ci è dato sapere e preoccuparsene prima serve a ben poco. Può proporre alla sua ragazza di fare dei colloqui con uno psicoterapeuta, per approfondire tali pensieri ed i vissuti ad essi connessi. Un'altra cosa, la "giusta distanza" emotiva che si instaura tra medico e paziente o tra qualsiasi altro professionista della salute è qualcosa che si impara col tempo e con l'esperienza ed è molto soggettiva. Non sono le emozioni come la tristezza, derivanti dal contatto col dolore altrui, che impediscono la gestione dei rapporti con i pazienti, ma è il loro evitamento, a mio avviso, a creare problemi. Mi rendo disponibile, anche per un consulto online.
Cordiali saluti,
Rosella Pettinari
Cordiali saluti,
Rosella Pettinari
I vissuti della sua ragazza, così importanti e delicati, necessiterebbero di essere ascoltati e approfonditi in un contesto terapeutico, certamente un percorso psicologico la aiuterebbe a fare chiarezza. La psicoterapia è prima di tutto un viaggio, un'esplorazione di noi stessi con la compagnia di qualcuno a cui affidarsi e su cui poter contare che può aiutarci a conoscerci meglio, a sondare parti di noi emozioni, pensieri, prospettive ancora sconosciuti che è arrivato il momento di incontrare. Le suggerisco di invitarla a valutare l'inizio di un percorso di terapia con la compagnia di qualcuno che si sintonizzi al meglio con le sue necessità e aspettative, in caso mi trova disponibile ad riceverla (attraverso la video-consulenza online) e, se mi permette, la invito con piacere a ritagliarsi qualche minuto per leggere la mia descrizione presente su questa piattaforma e farsi una prima idea di me del mio approccio; se la lettura le piacerà e se la motiverà a mettersi in gioco (scegliere di affrontare il nostro dolore è una scelta molto coraggiosa e una scommessa su noi stessi!), mi troverà felice di accoglierla. Resto a sua disposizione e, se vuole, la aspetto. Un gentile saluto
Gentile amico,
la preoccupazione della sua compagna è comprensibile. Esiste un'ampia letteratura sulla comunicazione medico paziente, sull'importanza dell'empatia, sia per i malati, sia soprattutto per il medico: i medici empatici e compassionevoli riescono ad evitare il buon-out, cioè l'esaurimento delle risorse e i disagi psicologici che ne derivano.
La cosa migliore è cercare - e ce ne sono - libri e corsi sulla comunicazione medico paziente, e seguire workshop come quelli dedicati alla terapia basata sulla compassione (compassion focus therapy).
Se però la sua compagna sta vivendo un disagio personale profondo, oltre a quello che le ho appena consigliato, un breve counseling psicologico potrebbe aiutarla a ritrovare le sue risorse personali, e superare questo momento di blocco.
Con i migliori auguri,
dr. Ventura
la preoccupazione della sua compagna è comprensibile. Esiste un'ampia letteratura sulla comunicazione medico paziente, sull'importanza dell'empatia, sia per i malati, sia soprattutto per il medico: i medici empatici e compassionevoli riescono ad evitare il buon-out, cioè l'esaurimento delle risorse e i disagi psicologici che ne derivano.
La cosa migliore è cercare - e ce ne sono - libri e corsi sulla comunicazione medico paziente, e seguire workshop come quelli dedicati alla terapia basata sulla compassione (compassion focus therapy).
Se però la sua compagna sta vivendo un disagio personale profondo, oltre a quello che le ho appena consigliato, un breve counseling psicologico potrebbe aiutarla a ritrovare le sue risorse personali, e superare questo momento di blocco.
Con i migliori auguri,
dr. Ventura
Gentile Signore sul piano della realtà la informa che può facilmente trovare dei corsi di psicologia dell'emergenza o dei master dove vengono affrontati dei temi collegati agli argomenti che indica. In ogni caso le associazioni che si occupano di questo settore a volte organizzano delle attività connesse con i temi che le interessano. Su un piano diverso la situazione che descrive potrebbe essere anche ricollegata ad altri argomenti e pertanto potrebbe essere una buona possibilità un consulto con un esperto ma ovviamente questa è solo un'ipotesi. Un cordiale saluto
Gentile Utente, è apprezzabile il suo intento ma è essenziale che sia la diretta interessata a chiedere un supporto per sé, se lo ritiene necessario. Ogni fonte di disagio può essere trasformata nell'occasione per conoscere meglio sé stessi, trovare strategie più efficaci per gestire lo stress e scegliere dove indirizzare le proprie risorse. Dott.ssa Valentina Cecchi
Gentile utente, la cosa migliore che lei può fare è stare accanto alla sua fidanzata e supportarla nel momento del bisogno. Il problema che riscontra nel percorso di studi e nel pensare al futuro lavorativo è qualche cosa che dovrebbe affrontare la sua fidanzata in un percorso individuale psicologico: provi a consigliarglielo! Un caro saluto
Gentile utente per alcuni versi un medico attento alla "persona" e non solo dedito alla "malattia" potrebbe portare ad un'eccellenza nella professione ed a massimizzare il potere di "cura" del medico.
Esiste comunque il rischio che la grande empatia possa creare un elevato carico emotivo e ridurre in alcuni momenti la lucidità mentale. Ho riscontrato questo disagio non solo nei medici ma anche nel personale infermieristico, soprattutto quando i pazienti sofferenti sono per esempio dei bambini.
La sua fidanzata è ancora in formazione, può essere che nel tempo trovi comunque in se stessa il coraggio di supportare i pazienti in condizioni difficili o addirittura incurabili.
Tenga conto che molto spesso il dolore e le disgrazie dell'altro entrano in risonanza con le nostre zone d'ombra e ci sentiamo molto angosciati.
Io utilizzo un metodo che tramite l'immaginazione attiva in stato di rilassamento indaga il profondo per far emergere gradualmente eventuali ferite e temi non risolti.
E' la stessa ragione per cui gli pscoterapeuti in formazione seguono un percorso di analisi personale per conoscere meglio se stessi ed evitare nell'esercizio della professione nel rischio di immedesimarsi nei problemi del paziente, smettendo di essere realmente terapeutici.
Cordiali saluti
dott.ssa Barbara La Bella
Esiste comunque il rischio che la grande empatia possa creare un elevato carico emotivo e ridurre in alcuni momenti la lucidità mentale. Ho riscontrato questo disagio non solo nei medici ma anche nel personale infermieristico, soprattutto quando i pazienti sofferenti sono per esempio dei bambini.
La sua fidanzata è ancora in formazione, può essere che nel tempo trovi comunque in se stessa il coraggio di supportare i pazienti in condizioni difficili o addirittura incurabili.
Tenga conto che molto spesso il dolore e le disgrazie dell'altro entrano in risonanza con le nostre zone d'ombra e ci sentiamo molto angosciati.
Io utilizzo un metodo che tramite l'immaginazione attiva in stato di rilassamento indaga il profondo per far emergere gradualmente eventuali ferite e temi non risolti.
E' la stessa ragione per cui gli pscoterapeuti in formazione seguono un percorso di analisi personale per conoscere meglio se stessi ed evitare nell'esercizio della professione nel rischio di immedesimarsi nei problemi del paziente, smettendo di essere realmente terapeutici.
Cordiali saluti
dott.ssa Barbara La Bella
Buongiorno,
Io le suggerirei di lasciare alla sua ragazza uno spazio contenuto (ad es. 30 minuti) per potersi sfogare, terminato quello spazio però non dovete più parlare dei suoi dubbi.
Buona giornata
Io le suggerirei di lasciare alla sua ragazza uno spazio contenuto (ad es. 30 minuti) per potersi sfogare, terminato quello spazio però non dovete più parlare dei suoi dubbi.
Buona giornata
Buonasera, penso che al momento attuale, rivolgersi ad uno psicologo potrebbe esserle di aiuto per fare chiarezza e avere maggiore comprensione del periodo e della difficoltà che sta vivendo. Un saluto, Dott. Alessandro D'Agostini
Buonasera, comprendo a fondo la preoccupazione che esprime, ed è molto toccante leggere la sensibilità con cui si prende cura del vissuto della sua compagna. È evidente che la vostra relazione si fonda su un legame autentico, fatto di ascolto e vicinanza emotiva. Le sue parole mostrano il desiderio sincero di sostenerla in un momento complesso del suo percorso formativo e personale. Quello che sta attraversando la sua ragazza è qualcosa di comune tra gli studenti di medicina, specialmente quando il contatto con la malattia e con la sofferenza diventa più concreto e meno teorico. L’idea di comunicare cattive notizie o di confrontarsi con la vulnerabilità profonda dell’altro attiva emozioni molto intense, come la paura, l’angoscia, l’impotenza. È normale che questo metta in crisi, soprattutto in persone particolarmente empatiche e consapevoli, come sembra essere lei. Dal punto di vista cognitivo-comportamentale, questo tipo di pensieri intrusivi e disturbanti può essere analizzato osservando come la mente stia anticipando scenari futuri dolorosi e li stia valutando come insormontabili. Spesso in queste situazioni, le emozioni negative intense – come la tristezza o l’ansia – diventano talmente pervasive da essere interpretate come segnali che qualcosa "non va", che si è "sbagliati" per non riuscire a gestirle con distacco. Ma non è così. Il problema non è la sensibilità, che anzi è una risorsa preziosa per chi lavora in ambito sanitario, ma la convinzione che quella sensibilità debba essere eliminata o che il dolore dell’altro debba essere necessariamente evitato. Ciò che può aiutare la sua ragazza è iniziare a lavorare sulla differenza tra ciò che si può controllare e ciò che non si può. Non potrà mai impedire che una diagnosi faccia soffrire una persona o un familiare. Ma può imparare ad esserci in quel momento, a comunicare con empatia e chiarezza, a sostenere, anche solo con la sua presenza e il suo ascolto, chi riceve una notizia difficile. Questo non significa essere insensibili o "freddi", ma al contrario imparare a regolare le proprie emozioni per essere realmente disponibili per l’altro. E questo si può apprendere, attraverso percorsi di formazione, supervisione, o anche con un lavoro psicoterapeutico personale volto ad esplorare i significati profondi che attribuisce alla sofferenza altrui e al suo ruolo di futura medico. Rispetto alla seconda questione, quella dell’efficacia relativa di certe cure, è importante riconoscere che il senso del proprio lavoro non può poggiarsi unicamente sull’idea della guarigione. In medicina, esistono tante forme di cura che non sono risolutive, ma che comunque migliorano la qualità di vita, alleviano i sintomi, accompagnano il paziente e i familiari in un percorso difficile. Curare non significa solo guarire: significa esserci, comprendere, agire nel rispetto della dignità di chi soffre. La sua ragazza sembra nutrire una forte tensione etica verso il proprio ruolo, e questo è un valore, non un ostacolo. Lei ha fatto benissimo a proporle la via della ricerca, ma la sua determinazione a restare in ambito clinico dice qualcosa di importante: ha una vocazione, un desiderio profondo di aiutare in modo diretto e umano. Ciò che può aiutarla ora non è cambiare strada, ma apprendere a gestire le sue emozioni in modo più funzionale, per non restarne sopraffatta. Infine, le suggerisco di incoraggiarla (con delicatezza) a considerare l’idea di confrontarsi con uno psicologo, meglio ancora se con competenze nell’ambito del supporto a studenti di medicina o sanitari. Questo può permetterle di affrontare in modo strutturato le sue paure e trasformarle in una maggiore consapevolezza di sé e delle sue risorse. La sensibilità della sua ragazza, se ben canalizzata, sarà proprio ciò che la renderà una professionista empatica, presente e capace. E lei, con la sua vicinanza affettuosa, rappresenta già una risorsa fondamentale nel suo percorso. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Gentile utente,
la sensibilità che la sua ragazza mostra è una qualità preziosa, anche se ora le appare come un ostacolo. Nella formazione medica, infatti, la difficoltà di confrontarsi con la sofferenza e con la comunicazione di notizie dolorose è molto comune e non indica inadeguatezza, ma umanità.
Spesso, all’inizio del percorso, la parte emotiva è più difficile da gestire perché mancano ancora strumenti e esperienza; con la pratica, la supervisione e il confronto con colleghi o tutor, si impara a trovare un equilibrio tra empatia e distanza professionale. Questo equilibrio non significa “indurirsi”, ma saper restare presenti senza farsi travolgere.
Può essere utile per lei partecipare a gruppi di supporto o laboratori sulle competenze relazionali e comunicative che molte facoltà di medicina oggi offrono, oppure considerare un affiancamento psicologico durante gli anni di tirocinio. In questo modo potrà integrare la dimensione emotiva con quella professionale, trasformando la sua sensibilità in una risorsa per il paziente.
Dott.ssa Sara Petroni
la sensibilità che la sua ragazza mostra è una qualità preziosa, anche se ora le appare come un ostacolo. Nella formazione medica, infatti, la difficoltà di confrontarsi con la sofferenza e con la comunicazione di notizie dolorose è molto comune e non indica inadeguatezza, ma umanità.
Spesso, all’inizio del percorso, la parte emotiva è più difficile da gestire perché mancano ancora strumenti e esperienza; con la pratica, la supervisione e il confronto con colleghi o tutor, si impara a trovare un equilibrio tra empatia e distanza professionale. Questo equilibrio non significa “indurirsi”, ma saper restare presenti senza farsi travolgere.
Può essere utile per lei partecipare a gruppi di supporto o laboratori sulle competenze relazionali e comunicative che molte facoltà di medicina oggi offrono, oppure considerare un affiancamento psicologico durante gli anni di tirocinio. In questo modo potrà integrare la dimensione emotiva con quella professionale, trasformando la sua sensibilità in una risorsa per il paziente.
Dott.ssa Sara Petroni
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