buonasera a tutti. Sono un ragazzo di 29 anni, e da quando ne avevo 12 soffro di emetofobia. Dal 201

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buonasera a tutti. Sono un ragazzo di 29 anni, e da quando ne avevo 12 soffro di emetofobia. Dal 2018, inoltre, ho iniziato a soffrire di disturbi d'ansia, e la fobia, pian piano (che prima si presentava solo nel momento di un mal di stomaco), si è cronicizzata e rafforzata. Dal 2018, comunque, ho iniziato a intraprendere un percorso psicoterapeutico. Tuttavia, ho cambiato vari terapeuti, dato che le terapie si sono rivelate tutte fallimentari. Attualmente, sono in cura da uno psicoterapeuta, col quale, sono sincero, ho instaurato una certa fiducia (sono in cura da lui da un anno e mezzo). Pare che dei piccoli miglioramenti inizino ad esserci, ma ci sono delle volte in cui, veramente, mi sembra di fare 10 passi indietro, dopo averne fatto mezzo in avanti. Il mio dubbio, riguardo la mia fobia, è sempre stato questo: solitamente, è definita fobia una paura ossessiva e ingiustificata verso un oggetto che non rappresenta un reale pericolo. Una volta conobbi una ragazza che aveva la fobia dei pesci, sostenendo che non poteva neanche vedere la foto di un pesciolino su un libro che le veniva un attacco di panico. In questo senso, riesco a capire la fobia "ingiustificata". Però, laddove si tratta di un evento che effettivamente è spiacevole, dove passa il confine tra paura "giusta" e "patologica"? Le risposte dei miei terapeuti sono sempre state "vomitare non piace a nessuno, e a chiunque genera comunque un po' d'ansia". Probabilmente, da fobico, non riesco a centrare il punto, ma messa in questo modo mi arriva come un "è normale avere paura del vomito, quindi non c'è nulla da curare, devi solo accettarlo, viverlo e sopportarlo". Tant'è che mi è sempre stato detto "non guarirai mai da questa fobia, al massimo diminuirai il tuo livello ossessivo su di essa... Del tipo, se ora pensi al vomito 300 giorni l'anno, e hai un attacco d'ansia ogni qualvolta senti una leggera sensazione che non ti convince, potrai ambire ad arrivare al non pensarci più, e ad avere paura solo nel momento in cui avverrà." Un po' la solita canzone che si sente "preoccupiamocene quando accadrà". Se mi sono ben spiegato, capirete che impostata in tal modo la cosa mi demoralizza e non poco, mi mette molta confusione, aumentando drasticamente l'ossessione. Come si fa a definire "fobia patologica" un atteggiamento verso un oggetto che è normale che faccia paura? Cioè, se io temo che avvenga quel momento, lo temo proprio perché è quel momento, quindi dirmi di averne paura solo quando arriva che significa? Ma, soprattutto, a cosa serve? Voi vi chiederete, probabilmente "perché non ne parli con il tuo terapeuta?". E io vi rispondo "ne ho sempre parlato con tutti, ma gira che rigira la risposta sempre questa è stata". Per questo scrivo qui, perché le sto pensando tutte, magari è la "cerchia" degli psicologi della mia zona che risulta essere poco competente o forse poco aggiornata (io vivo in un piccolo contesto di provincia). Magari, guardando al di là del mio naso potrei riuscire a trovare altre possibili risposte. Solo di una cosa tutti i miei terapeuti erano d'accordo: la fobia del vomito metaforizzava in realtà la mia paura di crescere, essere autonomo e adulto. OK... anzitutto mi chiedo, che nesso c'è? Poi, di fronte alle prescrizioni del tipo "iniziati a trovare un lavoro"... ma se io faccio difficoltà pure a fare 40 km da casa mia, se ogni stupidaggine mi crea ansia tale che devo rifugiarmi nei miei rituali isolati, come faccio a trovare un lavoro? Come dire "hai paura dell'acqua? Perfetto, buttati a mare". O sbaglio? Ma anche se lo trovassi, in che modo la fobia sparirebbe? Cioè io temo il vomito proprio nella sua "fisicità", nelle sue caratteristiche, nelle sue manifestazioni, sensazioni, percezioni... per me vomitare equivale a star lì lì per morire soffocato. MI chiedo... essere autonomo fa evaporare magicamente tutto questo? Non so se sono stato chiaro e forse, anche probabilmente, confusionario, e vi chiedo già scusa per questo, ma sono veramente stanco... stanco... e super stanco, oltre che estremamente confuso e rassegnato. Grazie a tutti...
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.

Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso utilizzando parole più costruttive.

Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.

Resto a disposizione, anche online.

Cordialmente, dott FDL

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Buonasera, grazie per aver condiviso la Sua difficile esperienza in questo spazio. Per quanto riguarda le fobie specifiche e, nel Suo caso la paura del vomito, ritengo che la Terapia Breve Strategica sia il trattamento piu’ efficace ed efficiente. Si tratta di un approccio che si focalizza sul problema con strategie specifiche, studiate ad hoc sulla problematica presentata. Sono disponibile per ulteriori approfondimenti anche online… un caro saluto!
Dott.ssa Angela Fortini
Gentilissimo, apprezzo molto che abbia condiviso qui il suo percorso e le sue riflessioni; comprendo quanto possa essere impegnativo affrontare questa problematica e quanto intacchi profondamente la sua vita quotidiana. E' necessario interrompere i circoli viziosi che mantengono il problema, attraverso una strategia specifica che induca il cambiamento nel breve periodo. Nel contesto della sua emetofobia, evoluto in un disturbo d'ansia più generalizzato, la terapia potrebbe mirare a modificare la sua percezione e reazione al vomito, piuttosto che concentrarsi esclusivamente sulla paura del vomito in sé. I suoi sentimenti di demoralizzazione e confusione sono comprensibili, soprattutto alla luce delle risposte che ha ricevuto finora, che possono essere sembrate minimizzanti o fatalistiche. È importante trovare un terapeuta con cui si senta compreso e che adotti un approccio che risuoni maggiormente con lei e con le sue esigenze specifiche. Consiglierei di discutere apertamente con il suo attuale terapeuta di queste perplessità, esprimendo come le risposte ricevute in passato non abbiano contribuito a migliorare la sua condizione e/o comprensione del problema.
Concludo augurandole di trovare il percorso terapeutico più adeguato ed efficace per lei. La sua determinazione e le sue riflessioni sono chiari segnali della sua forza e del suo impegno nel voler superare questo grande ostacolo, coraggio!
Un caro saluto, Dott. Fabio di Guglielmo
Innanzitutto buonasera, provo a risponderle brevemente ma in maniera efficace: non è l'autonomia tout-court che fa "evaporare" tutto ma una conquista della propria autostima aiuta nel difficile percorso verso l'autonomia. Per esperienza in casi come il suo consiglio sempre una psicoterapia di matrice psicoanalitica poichè ho notato nel corso degli anni lavorando con pazienti come lei che le fobie hanno sempre una origine ben precisa (Un accadimento, un evento, un rimprovero) ed hanno molto a che fare con il rapporto con i propri genitori nel corso dell'infanzia. L'ansia stessa, alle volte, rappresenta si un ostacolo al raggiungimento delle proprie autonomie ed alla realizzazione dei propri desideri ma se correttamente interrogata può dirci qualcosa di utile alla guarigione.
Le auguro di stare meglio prima possibile
Alessandra
Gentilissimo,
Grazie per aver condiviso la sua esperienza…a volte fare piccoli passi per ri-acquistare la propria autonomia può far sentire lei meno vulnerabile, al di là della sua fobia. Lei non è la sua fobia, credo che ogni persona abbia tanto altro dentro, spesso però ci definiamo con un’etichetta specifica che ci fa perdere di vista chi siamo oltre quella paura. Le consiglio di guardare oltre ciò che la limita ed esplorare le sue risorse, insomma non guardare troppo il dito che indica la luna, ma la luna nel suo insieme. So, per esperienza personale, quanto una paura/fobia ostacoli le vicissitudini del quotidiano, ma so anche che un buon sostegno psicologico (che spesso non si condensa in un’ora a settimana) può aiutarla nel farle fare passi verso se stessi… a volte la vera cura è nel rapporto che si stabilisce con il clinico.
La saluto cordialmente, rimanendo a disposizione anche online.
Dott.ssa Teresa Colaiacovo
Salve gentile utente, Mi sembra abbia una buona consapevolezza della sua fobia, di quanto impatta sulla sua vita etc. Ma il vero percorso adesso sta proprio nel gratificare anche i piccoli cambiamenti e nel non mollare, lì è la vera fatica, nel costruire qualcosa di nuovo che certamente la spaventa ma per cui può avere il sostegno del suo terapeuta.
Dr.ssa Damiano Maria
Buongiorno,
potrebbe invece portare al suo terapeuta il tema del controllo? del lasciar andare? dell'imprevisto? potrebbero questi temi risuonare in lei attivando dei ricordi passati che potrebbe rielaborare al fine di poter andare avanti nella sua vita in maniera completa e senza timori? Se ha necessità di un confronto non esiti a contattarmi anche in modalità online. Saluti e buon lavoro
dott.ssa Letizia Muzi
Mi dispiace molto che lei stia attraversando questo momento così difficile. La sua testimonianza è profonda e piena di sfumature, dimostrando quanto la sua lotta con la fobia sia complessa e radicata.
La sua frustrazione verso le risposte dei terapeuti è comprensibile. È importante che lei si senta compresa e supportata nel suo percorso di guarigione, e se le risposte che ha ricevuto finora non sono soddisfacenti, è giusto cercare altre prospettive.
La sua domanda sulla differenza tra una paura "giusta" e una "patologica" è molto valida. È vero che il vomito è un evento spiacevole e che può generare ansia in molte persone, ma quando questa ansia diventa così intensa da interferire significativamente con la sua vita quotidiana, allora può essere considerata patologica. La chiave qui è l'impatto che ha sulla sua vita e sul suo benessere.
Capisco anche la sua confusione riguardo alla relazione tra la fobia del vomito e la paura di crescere e diventare adulto. A volte, le fobie possono rappresentare simbolicamente altri conflitti o paure interiori. Tuttavia, questo non significa che la sua fobia non sia reale o che non necessiti di trattamento specifico.
Quando si tratta di superare una fobia così radicata, è importante affrontare non solo i sintomi diretti, ma anche le cause sottostanti e i pensieri distorti che la alimentano.
Anche se può sembrare scoraggiante, è possibile superare la fobia e trovare un senso di controllo e benessere nella sua vita. È un processo graduale e richiede tempo e impegno, ma con il giusto sostegno e le giuste risorse, è possibile fare progressi significativi.
La incoraggio a continuare a cercare un terapeuta con cui si senta veramente ascoltato e compreso. Potrebbe anche considerare di esplorare gruppi di supporto online o locali dove può connettersi con altre persone che affrontano sfide simili.
Ricordi che non è solo in questo e che ci sono risorse e persone disposte ad aiutarla lungo il cammino. Non si arrenda, anche quando sembra difficile. La sua determinazione e la sua ricerca di soluzioni sono già un passo avanti verso il suo benessere.
gentile utente, grazie per aver condiviso la sua esperienza. é una caratteristica delle fobie specifiche che sia legata a particolari oggetti o situazioni, molto diversi tra loro e ciascuno ha un suo legame con la storia della persona che la vive. Un percorso di psicoterapia è consigliabile proprio per avere consapevolezza di ciò, e provare a gestirne le emozioni negative ad essa legate, ma anche tali stesse situazioni di modo che si possa stare meglio. Si evince il lei grande consapevolezza, segno che stia facendo davvero un buon percorso interiore; ma devo dirle una cosa che a volte è difficile da immaginare, ogni percorso di psicoterapia è fatto di fasi, quei momenti che lei ha notato di sali scendi di passi avanti e indietro. certo generano frustrazione, ma sono proprio i punti di svolta di un percorso, le consiglio proprio per questo di parlarne con il suo terapeuta ogni qual volta le sembra di tornare indietro. Se sia o meno patologico, io vorrei riflettere con lei sull'importanza che questa definizione assume per lei. Se per patologico intendiamo ciò che ci ostacola dal vivere serenamente le nostre attività quotidiane, certamente una fobia compromette la nostra vita perchè ci fa allontanare da molte situazioni proprio per la sua forza spaventosa. Mi piace vederla anche in senso filosofico, dove patologico è tutto ciò che è legato alle emozioni, che sono la nostra parte più vera e viva. le auguro di continuare senza arrendersi, senza cercare di controllarle, il viaggio nelle sue emozioni che ha intrapreso. resto a disposizione per qualsiasi informazione, dott.ssa Amelia Capezio
Sembra che dal 2018 le sono state date tante risposte e spiegazioni sulla fobia e su come gestirla, per non permettere alla paura di condizionare le sue scelte. Il conoscerla il sapere che non le può accadere nulla di grave, non sembra aver influito sulle sue scelte quotidiane e non. L'esserne consapevoli è importante ci aiuta ad affrontarla.
E' importante che continui il suo percorso personale, durante il quale le sembra di fare passi in avanti, altre volte indietro o semplicemente stare fermi, è importante stare su questa altalena per darsi la possibilità di entrare sempre più in contatto con quello che le accade, impariamo ad entrare in contatto in modo sano con le nostre emozioni.
Grazie per aver condiviso con professioniste/i a lei sconosciute/i i suoi vissuti.
Dott.ssa Nicoletta Gentile
Buongiorno. Non penso esistano una fobia "giusta" e una "sbagliata", penso che la gravità di essa, che lei vive sulla sua pelle, potrebbe derivare da possibili esperienze passate, per lei spiacevoli o comunque ad alta intensità emotiva che l'hanno portata a elaborare e gestire in modo disfunzionale ciò che la turbava, portandola a rimuginare molto e anticipando ciò che potrebbe succedere in futuro. Questa parte di sofferenza è spesso lontana dall'evento scatenante e può diventare a mano a mano un problema a sè: è come se la sua mente rimanesse focalizzata su di un evento doloroso (anche implicito, inconsapevole), lo rivivesse, lo prevedesse, aumentando esponenzialmente le emozioni negative.
Esercizi come Mindfulness, Scomposizione dello Spazio Attentivo o di Imagery Rescripting possono essere molto utili nel suo caso perchè è evidente come buona parte del suo dolore derivi da processi di pensiero perseverativo che aumentano, disregolandola (quindi avendo ad esempio attacchi d'ansia), le emozioni negative vissute sul momento; le soluzioni a ciò possono non coincidere con un evitamento emotivo o atti di ruminazione anche perchè alcuni degli obiettivi più importanti di una terapia sono il tentare di diminuire le strategie di coping disfunzionali e di aumentare la regolazione emotiva e uno dei modi più efficaci di relazionarsi agli stati mentali dolorosi e superarli è, paradossalmente, quello di affrontarli. Attraverso alcuni esercizi di TMI (Terapia Metacognitivo Interpersonale) è possibile portare attenzione a ciò che fa male e inglobare le sensazioni spiacevoli (piano piano ovviamente) in una più ampia consapevolezza sensoriale, sia del corpo che dell'ambiente. In questo modo le emozioni e sensazioni da lei considerate spiacevoli appariranno e scompariranno spontaneamente sia dal corpo che dalla coscienza. Ciò permette di non avere più paura di loro e di evitare una cristallizzazione del dolore, emotivo e fisico, che ha effetti deleteri sulla sua salute psico-fisica. Affrontare ed elaborare le emozioni, con il giusto professionista, permette così di saperle gestire, non solidificarle e non "evitarle". L'evitamento emotivo e/o cognitivo è una strategia di coping solo momentaneamente risolutiva ma che, a lungo andare, non porta a risultati soddisfacenti.
Sono una psicologa cognitivo-comportamentale, ho alcuni studi a Torino e svolgo anche sedute online se vuole provare a contattarmi. Le auguro comunque un grande in bocca al lupo per tutto.
Chiara Lo Re
Buonasera, capisco le tue preoccupazioni e i tuoi dubbi. La fobia, come hai detto, è una paura ossessiva e ingiustificata verso un oggetto o un evento che non rappresenta un reale pericolo. Tuttavia, la percezione del pericolo è soggettiva e può variare da individuo a individuo.

Nel tuo caso, la paura del vomito è diventata così intensa e ossessiva da interferire con la tua vita quotidiana. Questo è ciò che la rende una fobia. Non è tanto la paura in sé, ma l’intensità e l’ossessione che la accompagnano.

Quando i tuoi terapeuti dicono “è normale avere paura del vomito, quindi non c’è nulla da curare, devi solo accettarlo, viverlo e sopportarlo”, non stanno minimizzando la tua paura. Stanno cercando di aiutarti a capire che la paura del vomito è una reazione normale, ma che la tua reazione è diventata eccessiva e debilitante.

Per quanto riguarda la tua preoccupazione sul fatto che “non guarirai mai da questa fobia”, è importante capire che la guarigione non significa necessariamente eliminare completamente la paura. Significa ridurre la paura a un livello gestibile, in modo che non interferisca più con la tua vita quotidiana.

Infine, riguardo alla tua paura di crescere e diventare autonomo, è possibile che la tua fobia del vomito sia un modo per esprimere queste paure più profonde. Il vomito può rappresentare la perdita di controllo, che può essere legata alla paura di assumersi la responsabilità della propria vita.

Ti consiglierei di continuare a lavorare con il tuo terapeuta attuale, con cui hai instaurato un rapporto di fiducia. La terapia può essere un processo lungo e difficile, ma con il tempo e la pazienza, è possibile fare progressi significativi.

Ricorda, non sei solo in questo. Ci sono molte persone che stanno affrontando sfide simili e ci sono professionisti disponibili per aiutarti. Non perdere la speranza.
Marco Di Campli
La psichiatria inserisce la fobia nei disturbi d'ansia. Come tu ben sai è una paura irrazionale nel senso che è eccessiva rispetto lo stimolo che la provoca (vomitare è di certo sgradevole ma non ti mette in pericolo di vita).
Proviamo a vederla sotto una nuova prospettiva: ipotizziamo che alla base ci sia un disturbo d'ansia, ipotizziamo che alla base dell'ansia ci sia un contenuto inconscio inespresso. Ipotizziamo che attraverso la fobia il tuo inconscio cerchi di comunicarti (in un linguaggio simbolico a te ancora sconosciuto) ciò da cui realmente rifuggi. L'inconscio parla in modo simbolico. non sempre semplice da decifrare, ma nemmeno impossibile, devi volerlo ascoltare.
Ipotizziamo che il sintomo (fobia) sia venuto per comunicarti qualcosa.
Sotto questa luce ,varrebbe forse la pena cercare di comprendere cosa vuole comunicarti anziché cercare di cacciarlo via (l'esperienza ti insegna che non se ne va).
Il sintomo va ascoltato. Prova a chiederti che cosa ti costringe a fare e cosa invece non ti permette di fare. Chiediti anche se ti stai sforzando di stare in una situazione che "non ti va giù".
Prova a scrivere un piccolo tema intitolato "il vomito", è un tema libero: puoi descriverlo, puoi dire le sensazioni che ti evoca, scrivi tutto ciò che ti passa per la mente, poi rileggilo con calma.
Inoltre cerca di ricordare che cosa accadeva nel periodo della tua vita in cui è comparsa per la prima volta questa sintomatologia.
Spero di esserti stata utile ,se hai bisogno di chiarimenti scrivi ancora.
Saluti,
dott.ssa Barbara Semeraro
Caro utente,
la ringrazio per aver condiviso qua la sua situazione.

Innanzitutto, la fobia specifica è una paura, intensa, persistente e duratura, provata per uno specifico stimolo trigger (oggetto, animale, luogo, situazione, ecc…). Si tratta di una manifestazione emotiva sproporzionata per qualcosa che non rappresenta una reale minaccia.
In particolare, l’emetofobia consiste nella fobia specifica di vomitare o di vedere qualcun altro farlo. Ogni sintomo di malessere viene subito interpretato come un segnale che porterà di lì a poco la persona a vomitare. Spesso capita che la persona controlla ossessivamente tutto ciò che mangia per paura di ingerire cibi che potrebbero provocare il vomito.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale rappresenta il trattamento più efficace per il trattamento delle fobie specifiche (questo può andarlo a verificare tranquillamente su internet). La tecnica maggiormente utilizzata in tale ambito è l’esposizione graduale agli stimoli temuti: il soggetto viene avvicinato in modo progressivo a ciò che è temuto, fino ad arrivare ad avere contatto diretto con lo stimolo, che diviene neutro ai suoi occhi grazie a un processo parallelo di ristrutturazione delle idee irrazionali relative allo stimolo. Ad esempio, se una persona ha una fobia specifica per l’ascensore, il terapeuta concorda con lei una serie di stimoli a intensità crescente. Si passa dal guardare una foto di un ascensore, al vedere un video di persone che lo utilizzano, per poi andare con il terapeuta vicino a un ascensore aperto, entrare insieme a lui nell’ascensore tenendo la porta aperta, infine fare qualche piano insieme a lui e usarlo da soli. Tutti questi passi sono rigorosamente graduali e non si passa a quello successivo se il paziente non giudica di essere a suo completo agio in quello attuale.
In associazione a tutto questo possono essere insegnate delle tecniche di rilassamento.
Qual è la differenza tra normale paura e fobia? Le faccio degli esempi:
Normale paura: sentirsi ansiosi durante un volo turbolento o decollando durante una tempesta, sentirsi le farfalle nello stomaco quando si guarda in giù dalla cima di un grattacielo o dalla sporgenza di una montagna, sentirsi nervosi quando si vede un pit bull o un rotweiler, provare un po’ di nausea dopo un vaccino o un prelievo.

Fobia: non andare al matrimonio di un caro amico perché bisognerebbe prendere un aereo, rifiutare un lavoro perché sarebbe al decimo piano di un edificio, evitare i parchi perché si potrebbe incontrare un cane, evitare di sottoporsi ad esami medici o trattamenti per paura degli aghi.

Spero di esserle riuscita a darle un aiuto,

Dott.ssa Giada Valmonte
Buonasera,
Capisco bene che la Sua paura esagerata verso il vomito è un pensiero che La domina parecchio.
Ma proprio per questo bisogna chiedersi, a cosa Le serve? Quale è l’utilità di questo pensiero? Da cosa Lei vuole allontanarsi?
Una terapia deve inevitabilmente considerare l’aspetto emotivo dell’equilibrio tra la Sua paura e la Sua rabbia, per portarLa ad affrontare la vita in modo più funzionale e riuscire ad affermarsi nel lavoro e nelle relazioni.
Le faccio i miei migliori auguri e rimango a disposizione per qualsiasi chiarimento.
Cordiali saluti
Monika Elisabeth Ronge
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