Un paziente ha diritto di sapere quale sia la sua diagnosi? Se no, perchè?

20 risposte
Un paziente ha diritto di sapere quale sia la sua diagnosi?
Se no, perchè?
Salve, beh credo che se sia presente una diagnosi il paziente dovrebbe saperlo per elaborare insieme un piano di cura. Si riferisce ad una diagnosi medica? psichiatrica? psicologia?
Cordialmente, dott. FDL

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Buonasera, assolutamente: il paziente deve essere a conoscenza delle proprie criticità soprattutto per poter instaurare un buon rapporto di alleanza medico/psichiatra/psicologo - paziente alla base della buona riuscita dell'intervento. Un saluto
Gentile Utente,
il paziente ha diritto di sapere la sua diagnosi, a patto che trovi la disponibilità del medico di illustrarne il significato, e del paziente di accoglierne le sfumature. Nel senso, in psicologia la diagnosi è un'etichetta che aiuta il terapeuta ad inquadrare l'area di funzionamento del paziente, ma che se comunicata con leggerezza rischia di patologizzare e generare inutile allarme. Un soggetto che presenti un'autostima forte e sentimenti di diffidenza verso gli Altri, potrebbe avere tratti narcisistici e paranoici, ma questa dicitura presa così come è, non aggiunge conoscenza, bensì genera più perplessità di quante ne risolva. Per questo il diritto del paziente di conoscere la diagnosi va sempre rispettato, ma a mio giudizio "dosato". Un caro saluto
Gentile utente,
Questa è una domanda che mi è stata posta molte volte negli anni e a cui rispondo sempre molto volentieri.
Il mio parere è che ogni paziente ha l’assoluto diritto di conoscere la sua diagnosi, sia in ambito medico che psicologico. È poi di competenza del professionista scegliere le parole giuste per farla comprendere (e possibilmente accettare)al paziente, ma senza omettere o nascondere. Sono del parere che tutto può essere detto e affrontato se facciamo attenzione ad usare le parole giuste, nel massimo rispetto per la dignità e sensibilità delle persone che chiedono il nostro aiuto e a cui restituiamo le diagnosi.

Cordialità, Dottoressa Mariagrazia Fanciulli
Gentile Signore/a in poche parole ha aperto una serie di questioni molto importanti. Sul piano legale esistono una serie di dispositivi che danno la possibilità di avere accesso allo documentazione e pertanto anche alla diagnosi. Quest'ultimo termine non è semplice da definire. Pertanto non è detto che il professionista lo usi con le stesso significato del paziente. Diversamente sul piano deontologico bisogna fare molta attenzione in quanto spesso dei termine tecnici posso creare disagio nei pazienti e vanno usati con rispetto per la persona e con molta attenzione. In conclusione lei può rivolgersi ad un professionista per sapere se ha un disturbo mentale e sarà una scelta del professionista accettare questo contratto e una volta accettato tutelarla da possibili effetti negativi. Ovviamente la situazione di una struttura pubblica è diversa ma rimangono invariate le questioni deontologiche. Rammenti che lei ha diritto di chiedere una perizia medico-legale o psicologica dove trova anche gli eventuali risultati testologici. Ovviamente conoscere il motivo di questa sua richiesta consente di modulare la risposta in modo più tecnico. Un cordiale saluto
Buonasera, certo ne ha il diritto, la questione è capire quale valore attribuisce a questo sapere. Una diagnosi non è molto di più di una classificazione, non dice nulla di più. Gli individui sono sistemi complessi e unici, l'indicazione diagnostica non esaurisce la questione clinica, in nessun modo.
Salve, si che ne ha il diritto, ne ha parlato con il diretto interessato?
Buona giornata.
Dott. Fiori
sono una psicologa che da anni si occupa di psiconcologia e di cure palliative. Quindi la sua domanda mi appassiona molto, come del resto questo mio tipo di lavoro. E' stabilito persino da una normativa chiara che al paziente vada comunicata la diagnosi , ovviamente nella modalità, linguaggio, e contenuti adeguati alla sua persona. Ed è a partire da questa comunicazione, fatta in modo appropriato, che inizia un percorso graduale di consapevolezza fondamentale per affrontare le fasi successive.
Ritengo infine che i care giver giochino un ruolo fondamentale nel sostenere ed accompagnare il proprio caro.
Buongiorno, si ne ha il diritto. Non so se la sua è una domanda di carattere generale o se è una domanda personale. Un saluto, Dott. Alessandro D'Agostini
Gentile utente, la risposta è sì: il paziente ha diritto a conoscere la propria diagnosi, a patto che lo psicologo ne abbia formulata una. Alcuni psicologi e psicoterapeuti preferiscono non avvalersi dell'etichetta diagnostica in quanto non la ritengono esplicativa del modo di essere una persona; altri la formulano, ma preferiscono non condividerla se ritengono che il paziente non sia pronto ad accoglierla; altri ancora non la esplicitano in quanto, pur essendo presenti aree di funzionamento patologico, tali aree non soddisfano i criteri per una vera e propria diagnosi nosografica. Ad ogni modo, se per lei è importante conoscere la propria diagnosi è bene esplicitarlo quanto prima al clinico che l'ha presa in carico.
Buongiorno. In genere la diagnosi si condivide con il paziente, anche perchè la condivisione e la discussione di questa è molto utile per programmare insieme il percorso terapeutico. Se la domanda è autobiografica, e quindi fa riferimento a qualcosa che le è successo, può senza timore chiedere al clinico di spiegarle come mai non ritiene utile condividere con lei la diagnosi, e potete discuterne insieme.
Buona fortuna.
Gentile utente il paziente ha diritto di sapere la diagnosi che deve essere comunicata dal professionista con un linguaggio comprensibile per il paziente e con sensibilità per potere poi affrontare insieme un percorso . Un caro saluto
Buongiorno, il paziente ha pieno diritto di sapere la sua diagnosi.
dott Tealdi
Un paziente ha sempre il diritto di sapere la sua diagnosi, ma è bene che il clinico sia sicuro di spiegarne ogni sfaccettatura e ripercussione. Non sempre, tuttavia, è strettamente utile e necessario comunicarla: la diagnosi è una mera etichetta, quello che veramente interessa è la persona alla quale si fa la diagnosi. Saluti
Caro, il paziente ha certamente diritto a conoscere la propria diagnosi, tuttavia talvolta il professionista (psicologo/psicoterapeuta/psichiatra) che segue il caso potrebbe decidere di non esplicitarla con un obiettivo terapeutico ben preciso. Talvolta ad esempio il paziente potrebbe farsi condizionare molto dall'etichetta diagnostica, identificandosi con essa al punto da diventare essa stessa un problema per la terapia. Nonostante ciò però è opportuno discutere e condividere insieme nel setting terapeutico la scelta migliore e i motivi della stessa.
Dott.ssa Chiara Ripa
Buongiorno, certamente ha diritto di conoscere la sua diagnosi. Talvolta alcuni professionisti tendono a non farlo per paura di incorrere nel cosiddetto "etichettamento", inducendo nel paziente una serie di comportamenti volti a confermare quanto contenuto nella diagnosi.
Personalmente, tuttavia, trovo primario nella creazione dell'alleanza terapeutica, la condivisione di quanto osservato e la formulazione di obiettivi condivisi. All'interno di questo lavoro al condivisione della diagnosi diventa uno spunto di riflessione ed uno strumento.
dott. De Rosa Saccone
Salve utente, concordo con i colleghi nel dirle che un paziente ha diritto di sapere la propria diagnosi. Cordiali saluti
Buongiorno,
mi unisco ai colleghi nel dirle che è assoluto diritto del paziente conoscere la propria diagnosi. Nel caso di minorenni o di persone che dispongono di un tutore legale chiaramente occorre passare prima per questi ultimi. A fare la differenza è sempre la modalità con cui viene comunicata la diagnosi. Questo dipende molto dal professionista che se ne occupa, ma non deve essere motivo per non informare il proprio paziente.
Salve, conoscere la propria diagnosi è un diritto di ogni paziente. MMM
Salve. Ricevere una diagnosi dopo una fase di assessment dettagliato, fatto da colloqui clinici e test standardizzati è assolutamente un diritto del paziente che si rivolge ad un professionista. La cosa importante è non lasciare che questa diagnosi diventi un'etichetta, un bollino. Dott.ssa Giovanna Ferrentino Psicologa

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