Salve, la domanda che vorrei farle non è per me ,ma per un mio familiare, che da sempre mostra compo

15 risposte
Salve, la domanda che vorrei farle non è per me ,ma per un mio familiare, che da sempre mostra comportamenti che lo accomunano in tutto e per tutto ad una persona che soffre di disturbo narcisistico di personalità. Non sono un medico per cui non so nemmeno se sia questa la vera diagnosi, ma in ogni caso gli abbiamo sempre suggerito di consultare uno psicologo soprattutto nei suoi momenti "no" ingiustificabili, che si presentano all'improvviso quando nel suo delirio passa da un argomento all'altro per poi giungere alla solita tesi : non sentirsi apprezzato, rifiuto di sentirsi inferiore a qualcun (compreso noi familiari), autocommiserazione, e il tutto in uno stato emotivo eccessivo. Noi familiari siamo in difficoltà perché lui rifiuta un aiuto psicologico, per cui non riusciamo a convincerlo. Quindi cosa suggerisce di fare affinché noi familiari possiamo convincerlo a farsi curare? Come si fa a fare curare una persona così? Di suo spontanea volontà non si farebbe mai curare poiché lui nega di essere malato o comunque di pensare che abbia qualcosa che non va. Grazie
Buongiorno, se il suo familiare non sente di avere un problema sarà difficile che accolga questo invito. La scelta di trovare un aiuto psicologico è strettamente collegata con il sentire che qualcosa non va a livello personale. Se attualmente si sente screditato probabilmente vivrà questo invito come un ulteriore elemento di discredito alla sua persona.
Le diagnosi non si possono fare solo cercando dei tratti in comune con il disturbo letto su internet.
Si può consigliare un percorso come un modo di migliorare la propria condizione di stress o la condizione esistenziale senza cadere nel "dici le cose sbagliate allora hai bisogno di aiuto".
Dott.ssa Camilla Ballerini

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Potrebbe dirgli di cercare un confronto (non un aiuto) con un professionista per approfondire il motivo per cui gli altri non lo apprezzano, dato che questo lo fa stare male, insistendo sul fatto che lui ha sicuramente delle ragioni per non sentirsi apprezzato.
Se il suo intuito clinico è corretto, si tratta di una tipologia di paziente che difficilmente arriva alla visita almeno finché non va in depressione e non sempre accade. E' un paziente che "sa tutto lui", meglio di chiunque e anche del terapeuta.
Tuttavia, potrebbe anche trattarsi di un disturbo diverso da quello narcisistico e , in questo caso, la terapia farmacologica aiuterebbe molto.
Saluti
Parlare di malattia mi sembra un po esagerato, perchè manca una diagnosi, non si puo costringere una persona a seguire una terapia deve ssere una scelta libera e consapevole. Non è chiaro che rapporti ha con la famiglia cioè il grado di parentela e l'età. Ci sono poche informazioni e quindi non è possibile intervenire . Se non con la partecipazione diretta dell'interessato
Buongiorno,
Comprendo la sua sofferenza e la sua frustrazione e la volontà di aiutare il suo familiare, ritengo opportuno però dirle che per l’inizio di un percorso di terapia è strettamente necessaria la volontà della persona interessata. Può provare a chiedere al suo familiare come sta, ascoltandolo e senza farlo sentire accusato o sbagliato. Da lì può nascere il terreno fertile per un confronto e per l’eventuale necessità di una terapia. La comunicazione sincera è molto spesso un buon inizio.
Salve, ritengo fondamentale che il suo familiare possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarlo ad identificare quei pensieri rigidi e disfunzionali che mantengono in atto la sofferenza impedendogli il benessere desiderato.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL
Prima di tutto, non affretterei a definire il problema con una diagnosi di disturbo narcisistico di personalità. Dalla sua descrizione si evidenzia più che altro di una bassa autostima. Tuttavia, per esservi di aiuto, sarebbe necessario una consulenza , anche on line , per poter affrontare le difficoltà e con una maggiore descrizione ( età, situazione familiare, ecc) della situazione del vostro familiare che certamente necessità di aumentare il grado di consapevolezza del problema e a farsi aiutare personalmente con la vostra collaborazione. dott.ssa R.L
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Salve, una diagnosi può essere fatta esclusivamente da una persona qualificata quindi non possiamo sapere di cosa realmente soffra il suo parente. Inoltre se l'esigenza di parlare con uno psicologo non parte dalla persona interessata non ci sono strade da intraprendere. Lasci la persona libera di maturare col tempo il bisogno di parlare con un medico quando e se sarà il caso. Cordiali saluti. Professor Antonio Popolizio
Buongiorno, la ringrazio intanto per la sua condivisione. Concordo coi colleghi nel comunicarle che, per quanto possa esser doloroso o difficile assistere esternamente al disagio che si legge esternamente in un familiare, qualunque esso sia (la diagnosi tra l'altro è un percorso complesso), è difficile che se la persona stessa non percepisce di essere in difficoltà possa accogliere l'invito a farsi supportare. Anche nel caso iniziasse un percorso, la motivazione estrinseca potrebbe essere non sufficiente a trarre beneficio dallo stesso. A volte, potrebbe essere interessante fermarsi su di sé e capire se si è disposti (e come esserlo) ad accettare la libertà dell'altro di vivere in un modo per noi non comprensibile e come migliorare invece il proprio benessere. Resto a disposizione per qualsiasi dubbio. Un caro saluto. Chiara Cemmi
Gent.mo/a, come può immaginare, è impossibile aiutare una persona che non intende farsi aiutare. Qualche volta incaponirsi in questa idea logora ulteriormente i rapporti, li complica e genera ulteriore sconforto in chi gli sta vicino: che alla fine ottiene l’effetto contrario di quello sperato. Non rimane che prendere le distanze, dopo aver sottolineato come i diversi sentimenti accennati siano una forma di sofferenza che intralcia, ma con la quale è possibile venire a patti se solo la persona interessata volesse capire qualcosa di sé e della sua esperienza personale. Lasci perdere i tentativi di diagnosi, del tutto inutili sul piano dei rapporti: suonano come accuse, che etichettano e che comprensibilmente intralciano la possibilità che la persona interessata possa cogliere e osservare qualche aspetto della propria sofferenza. SG
Buongiorno, la domanda di cura può partire soltanto dalla persona. Di conseguenza rimane difficile consigliare come convincere a fare intraprendere un percorso a un'altra persona. Quello che potrebbe essere utile comprendere, è come mai sente il bisogno così forte di aiutarlo: per empatia verso la sua sofferenza o perché non tollera più i suoi comportamenti. In entrambi i casi può essere utile, che anche lei possa parlarne con qualcuno e comprendere al meglio la sua sofferenza con questa persona.
Un caro saluto
Buongiorno. Purtroppo cercare di convincere qualcuno ad affidarsi a un supporto psicologico quando questo non ne sente il bisogno non è molto semplice e spesso anche controproducente. Potrei consigliare a voi famigliari di prendere la questione da un punto di vista diverso, che non avete mai utilizzato, magari cercando di empatizzare con la sua difficoltà sostenendo che un supporto può fornire degli strumenti per sentirsi più apprezzato.
Gentile signore, colgo il livello di preoccupazione e di sofferenza che esprime, posso dirle che nella mia pregressa esperienza di dirigente Psicologo in un Cento di salute mentale ho incontrato tantissime volte la domanda che lei pone. Una simile situazione rimanderebbe a questioni complesse. In questa sede, mi limito a ragionare con lei su di una considerazione prioritaria, cioè che emerge un livello di difficoltà che riguarda il vostro contesto familiare e un livello di difficoltà che riguarda la descritta condizione di un componente della vostra famiglia. Ovviamente i due livelli di difficoltà, per così dire, si intrecciano. Occupandomi di terapia sistemico- relazionale, farei un colloquio di valutazione con lei e un progressivo allargamento del setting a tutta la famiglia, in questo modo il paziente designato (così si indica, nel modello teorico citato, la persona per la quale si rivolge una qualche richiesta di aiuto) generalmente trova le ragioni per partecipare ad un percorso di psicoterapia. Cordialità Dott. Pietro Borraccino
la base per una psicoterpia deve essere la motivzione oppure un forte mlessere che costringe l persona a cercre aiuto. In questo caso non si può forzare la persona ma si potrebbe tentare un consiglio di un medico per un farmaco ( un bravo medico "fa meno paura" di uno psicoterapeuta).

L'altra cosa che si potrebbe prendere in condiderazione potrebbe essere una terapia familiare presso un centro pubblico e in questo caso non si sentirebbe "il solo ad esssere sottovalutato". Potrebbe sentire che tutta la famiglia è pront a mettersi uin discussione per aiutarlo.

cordiali saluti
Gianluca Biggio


Buongiorno, i suoi dubbi sono legittimi. Una psicoterapia è consigliata perché, se da una parte "guarisce" gli stati d'animo che non la fanno stare bene, dall'altro "educa" alla consapevolezza e alla conoscenza di sé. La conseguenza di questa "educazione" è che poi lei è in grado di fronteggiare tutto ciò che la vita ci riserva quotidianamente, in modo adeguato. Se non trova riscontro con lo psicoterapeuta che sta frequentando o dovesse frequentare, conviene cambiare. Ognuno ha un suo metodo di lavoro e non è detto che quel metodo vada bene per lei. A disposizione per qualsiasi chiarimento, la saluto cordialmente. dr.ssa Elena Santomartino, psicologa psicoterapeuta
Salve,
sono frequenti richieste di familiari in merito a come aiutare una persona cara che sta male e rifiuta di rivolgersi ad uno specialista.
In linea generale, se la situazione non è delle più gravi, si potrebbe passare dalla domanda "come convincerlo?" alle domande "cosa posso fare per farlo stare meglio?" e "come posso stare meglio io?"
Sono consapevole della frustrazione e del senso di impotenza che si può provare ma è necessario entrare nell'ottica che ci sono cose che dipendono da noi, e altre no. E possiamo agire su di noi: ad esempio chiedere un aiuto professionale per se stessi se si è in difficoltà; e questo potrebbe far riflettere il familiare in questione sulla possibilità di farlo anche lui.
I migliori auguri.
Dott.ssa Annalisa De Filippo
Psicologa Psicoterapeuta

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