Salve, chiedo ai Terapeuti di prestarmi udienza per una questione che si riaffaccia ancora una volt

19 risposte
Salve,
chiedo ai Terapeuti di prestarmi udienza per una questione che si riaffaccia ancora una volta nella mia mente.
Faccio psicoterapia in modo continuato da ormai quasi cinque anni, e diverse volte ho pensato di interrompere per "strani comportamenti" del mio terapeuta, che non descrivo perchè sarei troppo lungo. Tuttavia, vedendo gli enormi progressi fatti e considerando il mio terapeuta una persona comuqnue ragionevole, ho sempre desistito e ho sempre pensato al fatto che fossero mie resistenze alla terapia.
Ma ora mi appare chiaro ormai che non sono io, perché è successa molte volte la stessa cosa: tutte le volte che parlo al mio terapeuta di situazioni che mi causano disagio, che siano situazioni al di fuori della terpia, lui mi risponde in modo tranquillo e pacato, approfondendo le mie sensazioni; al contrario, ed è questo il punto, tutte le volte che gli esprimo disagi verso la terapia stessa o verso di lui, si irrita e mi risponde in modo piccato, polemico e in due casi è stato anche insolente, con frasi del tipo "questi non sono problemi tuoi" e "non ti attiene giudicare su questo, tu pensa a fare ciò che sai fare tu". Eppure, assicuro ai dottori che mai sono stato maleducato, anzi: ho sin da piccolo un problema di gestione dei conflitti, e dovunque io percepisca "aria di battaglia", o fuggo, o spengo la fiamma sul nascere.
Se, in risposta a questo, i terapeuti penseranno: "allora magari il tuo professionista lo fa apposta per spingerti a rispondere e ad affrontare il conflitto", rispondo che non può essere così perché altrimenti non lo farebbe "a caso" (cioè, solo quando appunto discuto qualcosa che riguarda lui o la terapia), ma lo farebbe anche in altre circostanze.
Insomma, ciò che sto cercando di dire è che il mio terapeuta fa sempre discorsi di mettere "confini", con tutto e tutti, per impedire alle persone di prendersi permessi che non dovrebbero prendersi. Tuttavia, nel mio caso, ritengo che abbia alzato questo confine su cose che volevano essere, da parte mia, solo una richiesta di aiuto: e gliene ho parlato. Indovinate cosa mi ha risposto quando gliene ho parlato? "Io sono il terapeuta e tu il paziente: non spetta a te dire cosa io posso o non posso fare". Peccato che non stessi cercando di sostituirmi a lui, stavo solo esprimendo un mio disagio in relazione a lui.
Grazie a tutti in anticipo. Buona sera
Gentilissimo, non è facile esprimersi in merito alla questione che lei pone, dal momento che lei sta effettuando una psicoterapia, e dal momento che i meccanismi che in una terapia si instaurano, come effettivamente lei stesso coglie bene, spesso rappresentano una riedizione di meccanismi che la persona mette in atto nella sua relazione con l’altro da se’. E’ chiaro e percepibile nelle sue parole quanto questo punto di difficoltà nelle relazione col suo terapeuta sia ora significativo. Il problema è che qualsiasi parere un altro terapeuta che non è il suo dovesse esprimere in merito, rischierebbe di interferire con la relazione terapeutica ora in atto. In ogni caso, al di là delle difficoltà che questa fase sta determinando in lei, mi sembra che al tempo stesso anche nel suo messaggio lei porti delle considerazioni utili e ricche di senso che possono essere esse stesse, se condivise col suo terapeuta, fonte di progresso nella sua terapia e dunque potenziamente estremamente feconde. Un saluto, Marta Corradi

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Salve, non sono gli strani atteggiamenti del suo terapeuta a dover crearle dei dubbi se continuare o no la terapia, ma il fatto che dopo cinque anni di terapia non ha ancora risolto i suoi problemi.
Saluti.
Caro utente, non deve essere facile condividere i suoi vissuti rispetto alla sua terapia. Purtroppo non tocca a noi giudicare o interpretare il comportamento del collega. La invito caldamente a riportare nuovamente questo disagio così come l’ha espresso in questo contesto, condividendo inoltre le sue emozioni in merito. Saranno sicuramente uno spunto di riflessione per una futura scelta rispetto alla possibilità di interrompere o continuare il percorso.
Gentile utente, non si può valutare il suo terapeuta ma da come lei scrive mi pare sia una persona con una buona capacità di ragionamento e di messa in discussione di sé stesso. Per tale motivo dovrebbe riflettere sulla fiducia che lei nutre in questo rapporto e più che sottolineare cosa va o non va nella sua terapia (aspetto che evidentemente non si sviluppa in uno scambio comunicativo) dovrebbe descrivere al suo dottore la sua sensazione di non essere compreso.
Cordiali saluti
Dott.ssa Valeria Randisi
Gentilissimo utente, come può immaginare non posso esprimere un giudizio su colleghi, tantomeno non conoscendo a fondo la situazione.
Posso dirle tuttavia che nel momento in cui lei esprime un dubbio o disagio rispetto alla terapia o al terapeuta stesso, questi andrebbero approfonditi in sede di colloquio.
Rimane dunque in dubbio quale sia la motivazione che spinge il suo terapeuta a rispondere diversamente alle sue richieste, che se ho compreso bene, sono richieste di aiuto e non attacchi provocatori.
Spero di essere stata chiara ed esaustiva nella risposta.
Un caro saluto
Salve,
la questione legata al voler interrompere la terapia per iniziarne un'altra o meno è annosa e senza una risposta sicura. Nella mia esperienza sono possibili nella maggioranza delle situazioni tre configurazioni:
1) siamo in un momento caldo del percorso ed è possibile giocarsi in terapia una nuova modalità (nel suo caso potrebbe essere - potrebbe, ma non è certo - che invece di fuggire o raffreddare il conflitto si possa esprimere la rabbia ricevendo sostegno dal suo terapeuta)
2) siamo giunti a fine corsa della terapia e non si può procedere ulteriormente, abbiamo portato il paziente fino a dove potevamo e stop
3) in alcuni casi ci si è, come terapeuti, ingolfati in una difficoltà col paziente, che è una difficoltà anche per noi come terapeuti ed è auspicabile che si vada in supervisione.
Dall'esterno è sempre difficile capire con certezza in che configurazione siamo. Quando a studio mi viene posta questa questione, invito la persona a ritornare dal suo terapeuta e proseguire per qualche tempo la terapia, provando a riporre ulteriore fiducia nel collega; al contempo mi rendo disponibile dopo qualche mese, se non dovesse cambiare nulla.
Le faccio lo stesso invito: provi ad essere ancora più diretto nei modi con il suo attuale terapeuta, con l'augurio che ci possa essere un passaggio trasformativo e non ci sia bisogno di risentirci. Buona serata
Gentile utente, mi viene da restituirle questo:
se tra i suoi obiettivi di terapia c'era "la gestione dei conflitti e l'evitamento di questi" devo dire che è riuscito seppur in contesto terapeutico ad affrontare la situazione, non fuggire ed esprimere i suoi bisogni e ciò che pensa; per cui ottimo lavoro!
Come nella vita reale di fronte a certi tipi di conflitti è giusto analizzare quali siano i suoi bisogni relazionali in questo momento, se si sente capito, accolto e motivato o meno a proseguire la terapia con il collega, magari condividendo con lui questi bisogni e riflessioni; alla fine tragga una scelta.
Spero di esserle stata d'aiuto.
Dott.ssa Maria Lucia Dimaglie
Gentile Signore prima di chiudere un lavoro che dura da vari anni e che sta dando dei risultati è una buona prassi analizzare le ragioni di questa decisione molto importante sul piano emotivo. Un elemento su cui è utile porre attenzione è quello relativo alla sua modalità di gestire i conflitti ed in particolare. Le difficoltà che incontra in terapia e la domanda che pone in questo sito sono sempre elementi legati a questa sua modalità che sicuramente sono da approfondire e chissà che tutto questo non la porti a leggere diversamente i suoi vissuti su un tema che per lei è fonte di disagio. Un cordiale saluto
Buongiorno, comprendo le sue perplessità e le sue difficoltà. Visti i progressi che ha detto di aver fatto e il lavoro con il suo terapeuta che dura da anni, credo sia importante discutere direttamente con lui di ogni sua sensazione.
Sarebbe superficiale e poco professionale da parte mia darle dei giudizi precisi in merito.
Le auguro il meglio,
Dott.ssa Federica Leonardi
Gentile Utente, come le hanno già suggerito i colleghi, penso sia opportuno che parli di questo disagio riguardo la terapia con il suo terapeuta, è fondamentale che ci sia chiarezza, anche perché lei riferisce di un percorso che le ha permesso di fare tanti cambiamenti. Sono certa che un confronto onesto permetterà ad entrambi di comprendere come proseguire la terapia.
Un cordiale saluto
Gentile utente di mio dottore,

la cosa più opportuna sarebbe quella di confrontarsi direttamente col suo terapeuta in merito al disagio qui espresso. Da quanto ci racconta, vi è una relazione terapeutica consolidata con il collega che la segue, e quest'ultima le ha consentito di fare enormi progressi. In virtù di ciò ritengo che pareri esterni al setting terapeutico potrebbero inquinare il processo psicoterapico stesso. Per il suo bene per tanto mi sento di rimandarla alla psicoterapia che stà gia facendo con tenacia al fine di approfondire la tematica qui esposta.
In bocca al lupo per tutto!!

Cordiali Saluti
Dott. Diego Ferrara
Salve, per ciò che penso riguardo alla sua richiesta di aiuto/consiglio credo proprio che la cosa migliore che può fare è quello di riportare in terapia ciò che ha scritto rispetto alle sue sensazioni di fronte alle risposte del terapeuta, proprio perché parlare liberamente della relazione terapeutica durante l’incontro non può che far bene al suo percorso.
Buongiorno, concordo molto con quanto espresso dai colleghi, soprattutto di riportare al suo terapeuta quanto ha espresso, e mi permetto di suggerirle di affrontare il suo essere uscito dal 'confine' terapeutico in modo da approfondire meglio questa tematica in relazione al conflitto. Le auguro un continuo migliorare.
Massimiliano
Ci sono un paio di cose che mi hanno colpito nella sua descrizione. Da una parte lei afferma di aver fatto notevoli progressi (e questo in fondo è la cosa più importante); d'altra parte, a fronte di suoi interventi che mettono in qualche modo in discussione il suo operato, il terapeuta si irrita e assume un'atteggiamento autoritario. Io ritengo che un percorso terapeutico sia una sorta di laboratorio esistenziale ed evolutivo in cui terapeuta e paziente hanno pari importanza sia pure nella ovvia diversità delle funzioni. A questo punto sta a lei, innanzitutto, riproporre al terapeuta il suo disagio in relazione a lui e le sue richieste d'aiuto; sta lei fare un bilancio tra i pro e i contro di questa quinquennale relazione terapeutica e prendere una ponderata decisione.
Buona sera, in situazioni di forte disagio nonchè durature nel tempo sarebbe importante rivolgersi ad uno specialista per poter meglio comprendere ed elaborare questa sua problemtica. Preferibilmente le consiglierei di rivolgersi ad uno psicologo psicoterapeuta così che possa intraprendere un percorso di terapia anche in videochiamata WhatsApp. Cordiali saluti, Dott.ssa Beatrice Planas. Psicologa psicoterapeuta per consulenze online
Buongiorno,

è difficile risponderle perchè la sensazione è che, qualsiasi risposta le si dia, possa interferire con la relazione terapeutica.

Inoltre lei stesso riferisce di aver fatto enormi progressi dall'inizio di questa terapia e mi sembra un dato significativo e non trascurabile.

Alla luce di ciò, mi sento di dirle di provare a condividere la sua sensazione di non essere capito e compreso al suo terapeuta; di partire quindi dal modo in cui si sente, e on da disagi o difficoltà rispetto alla terapia stessa. Condivida le sue emozioni, il modo in cui si sente di fronte a certe risposte, al netto del fatto che riconosce i progressi che sta facendo. Questo aprirà un ulteriore canale con il suo terapeuta, che le darà eventualmente più strumenti nel fare una scelta consapevole sull'interrompere la terapia o meno.

Le auguro caldamente una buona continuazione
Salve,
affronti con il suo terapeuta questo stesso sfogo che ha manifestato qui. Qualunque cosa potessimo dirle noi potrebbe influenzare la sua attuale terapia.
saluti
Buon Pomeriggio, mi sento di aggiungere solo una breve osservazione a quanto hanno già esposto gli altri colleghi: riconosce per caso che quello che le sta succedendo nella relazione con il terapeuta, comprese le risposte piccate e la messa in chiaro di "confini" relazionali, sia una esperienza relazionale che ha già vissuto nella sua vita? Magari diversi anni fa? O anche più volte? Semmai fosse così, potrebbe lei stesso aiutarsi nel percorso fornendo al suo terapeuta una "ipotesi" su cosa stia succedendo nel momento presente con lui e riflettere insieme su eventuali aspetti involontari che si possono determinare ricorsivamente nella sua vita. Le auguro sinceramente che riusciate a sbloccare questo punto poichè è vero che i momenti "difficili" delle terapie sono quelli che producono successivamente maggiori benefici!
Salve sono daccordo con tutto ciò che dicono i colleghi ,è difficile entrare nel merito di una relazione preesistente tra lei e il suo terapeuta. Credo però sia importante per lei potersi esprimere liberamente e quindi manifestare il suo dissenso.Sara' un esercizio per imparare piano piano a tollerare il conflitto che fa' parte della vita.Se poi col passare del tempo ritenesse di dover cambiare terapeuta,lo faccia e' comunque suo diritto.Potrebbe anche invece scoprire che all'interno di una buona relazione può sussistere anche il conflitto. In bocca al lupo!

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