Ansia sociale e terapia cognitivo comportamentale... Mettiamo caso che una persona soffra di fobia

19 risposte
Ansia sociale e terapia cognitivo comportamentale...
Mettiamo caso che una persona soffra di fobia sociale con somatizzazioni che lo mettono ancora più a disagio, questo lo porta ad abbandonare la scuola, va per la prima volta da uno psicoterapeuta senza conoscere nulla di questo mondo, semplicemente ci va perchè motivato da richieste come "chiedi aiuto", "fatti aiutare", "lui ti darà una mano", nella prima seduta il ragazzo non si sente per niente a suo agio, e alla domanda "Vogliamo provare anche a stare solo le prime 3 ore in classe?" del terapeuta, il ragazzo si sente quasi preso in giro, sente di star spendendo dei soldi per sentirsi dire le stesse cose che amici, parenti e genitori gli chiedono da mesi.
Dunque non è meglio dire ad una persona "Figliolo, mi dispiace tanto per ciò che stai passando, ma se vuoi smettere di stare male devi per forza affrontare la paura, nessuno può farlo al posto tuo, buona fortuna!".
Perchè prendersi in giro? Dov'è questo aiuto di cui tutti parlano? No, signori, a me le chiacchiere non servono, mi servono i fatti, cosa mi da uno psicoterapeuta di "pratico"?
Se ho male al braccio il medico non mi dirà "Dai, resistiamo un altro po che dici?" oppure "Proviamo a pensare positivo e vediamo che succede?" chiunque diventerebbe matto a sentire cose simili.......
Il medico prima ti da il farmaco per darti subito un sollievo e dopo procede con eventuali accertamenti per capirne la causa e risolvere definitivamente il problema.
In sostanza hai dolore al dente? Vai dal dentista farà tutto lui, ti curerà.
Hai una paura/fobia? Niente, lascia stare, sfogati con lo sport, trovati un passatempo, parla con un amico fidato e cerca di risolvere da solo, nessuno ti darà mai quell'aiuto (non specificato) di cui tutti parlano.
Gentile utente,quello che dice è vero.A differenza di altri settori della medicina in cui ad una diagnosi corrisponde una cura la cui efficacia è valutabile per la maggior parte delle volte in tempi brevi, la psicoterapia funziona in un modo diverso.Innanzitutto richiede alla persona una maggiore attività,non esiste un passaggio di nozioni o consigli o prescrizioni che travasati nell'altro diano dei benefici,esiste invece un rapporto di cura e di fiducia che non dispensa soluzioni ma apre nuove possibilità di pensiero e di riflessione e di conseguenza,anche di vita.La psicoterapia è una cura a tutti gli effetti ma comporta una posizione da parte del paziente che non sia passiva,non farà tutto lo psicoterapeuta come il dentista,è fondamentale un'alleanza di lavoro.Il terapeuta possiede una formazione e degli strumenti che possono curare la malattia ma se si aspetta che sia un salvatore che infonda saggezza e benessere,la sua aspettativa non è realistica.Immagino sia rimasto deluso da precedenti esperienze ma quello che dice "se vuoi smettere di stare male devi per forza affrontare la paura,nessuno può farlo al posto tuo" è profondamente vero.L'elemento trasformativo sta però nel costruire un rapporto,terapeutico appunto,che sostiene, accompagna quel fare da solo ed è in grado di fornire nel tempo gli strumenti necessari al paziente per riuscire a vivere la propria vita al massimo delle sue potenzialità.Sicuramente richiede coraggio e volontà,ma se in passato la sua esperienza non è stata positiva questo non significa che non possa darsi un'altra possibilità che le corrisponda di più ed in cui sarà disposto piano piano ad avere fiducia in questa delicata,lenta ma efficace forma di cura che è la psicoterapia.
Un saluto

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E' arrabbiato, è comprensibile, ci siamo passati tutti (terapeuti compresi). Non esiste un farmaco per la fobia sociale, non esiste un rimedio "pratico" per le somatizzazioni. Il terapeuta è una persona preparata per aiutarti a ricercare i motivi che ti hanno spinto a sentirti in quel modo e per dare un significato diverso alle esperienze all'interno di una relazione che cura meglio di qualunque tecnica.
Gentile utente, dalle sue parole traspaiono un senso di frustrazione e rabbia legati al desiderio di stare meglio in breve tempo. Questi sentimenti sono assolutamente comprensibili e probabilmente determinati dalla condizione di sofferenza che lei racconta chiaramente. Sfortunatamente, il paragone da lei utilizzato tra fobia e patologia fisica, anche se apparentemente calzante, non lo è nella sostanza. La fobia, come ogni altra manifestazione mentale, si inserisce all'interno di una personalità e di un funzionamento mentale e per questo non è trattabile in un modo isolato, che prescinda dal soggetto che la sperimenta e che attribuisce ad essa innumerevoli significati. Altro elemento da considerare è il rapporto di fiducia con il clinico, aspetto centrale anche nell'ambito delle patologie fisiche a cui lei fa riferimento. Le auguro di trovare l'aiuto di cui è alla ricerca. Dott.ssa Salustri
Gentile Utente,
mi rendo conto che un'indicazione simile possa suonare quasi derisoria. Certamente aumentare le ore di permanenza in classe rappresenta un obiettivo a cui tendere, ma con i giusti tempi. Sentirselo ipoteticamente proporre ad un primo incontro genera una penosa sensazione di non essere capiti, e la rabbia ci sta tutta. Lo psicoterapeuta in realtà predica davvero l'ovvio, ma è quell'ovvio che nonostante sia tale il paziente spesso non riesce a seguire. Penso all'alcolista, che sa benissimo di dover smettere di bere per star meglio, ma non ci riesce. Ed è lì che terapeuta e paziente si concentrano, a scovare le ragioni che ostacolano scelte che dovrebbero essere ovvie. La incoraggio a non mollare, la psicoterapia produce effetti più stabili e duraturi dei farmaci, ma ha bisogno di pazienza e di passare per qualche fisiologica incomprensione tra paziente e terapeuta. Nulla che non si possa superare. Un caro augurio di buona fortuna
Buonasera. Non è possibile commentare una frase estrapolata dal contesto. Anzi, se la riporta evidentemente è una frase pungente, in mezzo a tante che vi sarete detti all'interno di un primo colloquio, solitamente quello fondamentale e profetico per il proseguimento del rapporto di fiducia. Possibile che questo elemento, la fiducia, non sia 'scattata' è probabilmente non c'è una risposta scientifica. La comunicazione umana si basa solo per il 20-30% sui contenuti verbali. Evidentemente il collega e lei non siete riusciti a sintonizzarvi. Dispiace, ma questo accade in tutte le professioni d'aiuto, mediche e non
cambi terapeuta .)
cari saluti
Da quello che lei esprime penso non sia il momento utile per lei di iniziare un percorso. Aspetti tempi più maturi
Buonasera! Da ciò che scrive si sente la sua rabbia e il suo disappunto. La terapia cognitivo comportamentale si pone degli obiettivi del genere da lei menzionato e andrebbe valutata anche tutta la restante parte del colloquio. Sarà stata una proposta prematura per lei o non si è creato quell'intesa necessaria con il dottore in questione; oppure ancora non è il tipo di approccio che va bene per lei. Ci sono molte persone che riescono a risolvere i loro disagi ma penso che ognuno debba trovare l'approccio tecnico più idoneo alla sua personalità , lo psicoterapeuta con cui creare una relazione di fiducia e il momento adatto in cui scatta quella motivazione a mettersi in gioco.
Dott.ssa Valeria Randisi
Buongiorno. Il fraintendimento deriva da un'aspettativa di un modello medico applicata a un intervento psicoterapeutico. Il paradigma medico La tratta come una cosa, un corpo: se ha un braccio rotto glielo aggiustano, perché questo è ciò che va fatto. E meno male! Il paradigma psicologico La tratta come un Chi: se ha ansia o paura i motivi sono da ritrovare nell'esistenza. E nell'esistenza vanno trovate le soluzioni. Pertanto lo psicoterapeuta non può "fare tutto lui": È Sua l'esistenza ... ed è Lei a dover agire in essa! La psicoterapia serve proprio a fare in modo che Lei prenda carico della Sua vita in un percorso di responsabilizzazione e "abilitazione". Viceversa, per attenersi al paradigma medico, può richiedere un farmaco, che interviene su aspetti esistenziali in modo meccanico, bloccando gli aspetti neurochimici associati alle conseguenze dell'esistenza e delle esperienze. Non risolverà i motivi sottostanti, ma risolverà la sintomatologia se questo è ciò che chiede.
Gentile utente, purtroppo la psicoterapia non da la soluzione immediata ai nostri problemi, lavora per generare un cambiamento e migliorare il benessere e perché questo avvenga ci vuole il giusto tempo. Sicuramente l'invito del collega è stato prematuro, dal momento che lei non si è sentito a suo agio fin da subito. Per intraprendere un percorso terapeutico è importante prima stabilire una buona relazione di fiducia tra terapeuta e paziente, questo aspetto forse è stato trascurato nel primo incontro. Il primo incontro ha anche questa funzione: conoscersi e capire se ci si trova bene con il proprio terapeuta. Lei non si è trovato bene, e questo è legittimo: siamo persone oltre che terapeuti e quindi portiamo qualcosa di noi nello stile di conduzione dei colloqui e di intervento, se non l'ha fatta sentire a suo agio può provare un altro terapeuta. Capisco la sua frustrazione dopo questa esperienza, ma le assicuro che la sua scelta di rivolgersi ad un terapeuta cognitivo comportamentale è la scelta che la può portare ad affrontare il suo disturbo d'ansia e di somatizzazione. Deve trovare il terapeuta con il quale si sente a proprio agio. Un saluto
Carissimo , mi astengo dal giudicare perchè avrei bisogno di maggiori informazioni.
Mi è chiaro che ti senti deluso, anzi, preso in giro dalla richiesta del collega.
Per affrontare e superare le fobie è necessario esporsi, probabilmente tu hai bisogno di essere motivato e pronto a farlo.
La terapia in ogni caso implica una partecipazione attiva da parte tua, nel senso che è importante che parli delle tue sensazioni al tuo terapeuta e che riesca a fidarti di lui/lei.
La fiducia è un elemento indispensabile sia nelle tue possibilità di riuscita, sia nel fidarti che un professionista ti possa aiutare.
Forza!!
Giovane utente, posso comprendere i tuoi dubbi e le tue domande. Non è facile comprendere cosa avviene all'interno di un percorso psicoterapeutico, proverò a trovare parole semplici. La medicina avendo a che fare con una problematica fisica, agisce immediatamente per curarla, la psicoterapia agisce sulla mente e quindi non può avere la stessa modalità e rapidità di soluzione. La psicoterapia è anche una grande opportunità di crescita, un processo di comprensione di sé e di come si dà significato alla realtà e a sé. Quando si sentirà pronto a questo, provi ad affidarsi ad uno psicoterapeuta. Rimango a disposizione se ha bisogno.
Dott.ssa Federica Leonardi
Gentile utente,
come stai notando, la tua mente è abilissima a trovare i problemi e i difetti del mondo. Ti conosce benissimo, sa dove e come colpirti, sa quando e cosa dire per guidare il tuo comportamento (e quindi la tua vita).
Non dimenticare che la mente è un nostro strumento, non il contrario.
Ascoltala, quando propone qualcosa di UTILE per te, ignorala quando propone qualcosa che ti ALLONTANA da una vita soddisfacente.
Insomma, trattala come un navigatore satellitare: ottimo strumento, praticamente indispensabile, ci azzecca nel 99% dei casi, ma la volta che ci dice di svoltare a destra e a destra c'è un precipizio, beh forse in quel caso dobbiamo avere la capacità di accorgercene e di fare qualcosa di diverso... Le cose cambiano, ma noi dobbiamo permetterglielo....!
Buonasera, come già le hanno accennato alcuni colleghi, l'agire medico considera la persona come una Cosa e "sistema" ciò che non funziona tramite un farmaco o un intervento chirurgico. L'agire psicologico, invece, considera il soggetto come un Chi, un individuo che agisce e patisce nel mondo, insieme alle altre persone. Un Chi è un soggetto che ha dei modi di fare esperienza, dei modi di stare con le altre persone e di emozionarsi che sono peculiari e vanno dunque compresi alla luce di un paradigma differente. In questo caso sarà la storia di vita individuale, unita ai modi di essere del singolo nelle molteplici situazioni di vita, ad essere la bussola che orienterà la terapia. Detto questo, il lavoro non è a carico unicamente del terapeuta: chi inizia una terapia si assume la responsabilità del proprio cambiamento, della fatica che lo stare in terapia comporta e dell'agire che dovrà mettere in atto per un cambiamento. Solo in questo modo potrà comprendere e poi risolvere i problemi di cui ha parlato. Cordiali saluti, Ilaria Sartori
Gentile utente, ha mai sentito parlare di "Pazienti resistenti"? E' la balla che noi terapeuti ci raccontiamo per non interrogarci sui nostri errori metodologici. Personalmente ritengo che "attaccare da subito il sintomo", sia il miglior modo per far saltare una terapia. Le cose stanno così: il sintomo è qualcosa di appreso che svolge SEMPRE una funzione difensiva. Evitare di entrare in classe, per quanto costoso possa essere, ha lo scopo di non esporsi ad una situazione che il nostro inconscio prevede come insuperabile ed inaccettabile. Il perché, il più delle volte, non è accessibile per via della intensità del dolore che la Parte che detiene il ricordo originario teme di dover sopportare. Da qui la strategia dell' evitamento (automatica, quanto necessaria, non se ne faccia una colpa). Per affrontare i traumi del nostro passato occorre un percorso di preparazione in cui Lei, anzichè "affrontare" l'ansia, l'accolga e la tratti come qualsiasi buon genitore tratterebbe un bambino che si svegli terrorizzato da un brutto sogno, con gentilezza e calore. La qualità della presenza e dell'ascolto del terapeuta, fungono da modello. Quella stessa curiosità, pazienza e solidità, prima o poi faranno parte del Terapeuta che c'è in Lei. Allora l'"inenarrabile" diventa un racconto condiviso e compreso. C'è qualche Parte che ha bisogno di raccontare una storia senza sentirsi esclusa, giudicata o, ancor peggio, incompresa. Lei non è solamente la Sua Paura, è anche l'unica persona che può accoglierla con compassione, trasmettendo sicurezza e protezione verso quelle parti che sono ancora perse nel trauma, condannate a rivivere determinate sensazioni in una dimensione avulsa dalla consapevolezza del tempo e del contesto. Cerchi un terapeuta che la faccia sentire a Suo agio sin dalla prima seduta; poi confidi nella Sua voglia di andare avanti nella vita senza lasciare indietro trascurata o inascoltata alcuna parte di Sé. Cordialmente.
Buongiorno, se ho compreso bene ha avuto un'esperienza che non le è piaciuta e si sentito preso in giro da alcune parole di un/a collega. Non so dirle ovviamente perché il/la collega le abbia detto quelle parole, anche perché non conosco il contesto in cui quelle parole sono inserite. Questo non significa che non ci sia nulla di pratico nella psicoterapia, né che siano 4 chiacchiere con un amico. Allo stesso tempo posso dirle che la psicoterapia è un percorso che necessita di ascolto, di comprensione di un processo oltreché dei sintomi che la persona porta e poi di un piano di azione. Siccome tutto questo richiede una grossa partecipazione attiva della persona può capitare che con il/la terapeuta non ci si trovi bene, che non lo si riconosca come il proprio supporto. Nel lavoro della psicoterapia l'incontro tra persone è fondamentale. Se desidera può avviare un confronto con un/a nuovo/a collega.
Buonasera, probabilmente ha ragione sull’aiuto “non specifico” di cui tutti parlano. Effettivamente la psicoterapia riguarda la persona e tutta la Grande complessità della sua vita, che non è riducibile a un sintomo Né a una prescrizione. È una relazione che richiede impegno e fatica, da parte di entrambi: terapeuta e paziente. Se non si è sentito accolto nel suo bisogno e capito nelle sue difficoltà probabilmente non ha incontrato la persona giusta per lei. Questo, però, non vuol dire che non esista o che non si possa fare almeno un altro tentativo per non trascurare quella parte di lei che ha trovato la forza e il coraggio di andare a un colloquio e mettere al centro le grandi difficoltà che sta attraversando. Non rinunci, sarebbe un vero peccato. Un caro saluto Dott.ssa Elisa Galantini
Gentile utente, superare le proprie paure è possibile, così come (a differenza di quanto il senso comune indurrebbe a credere) è possibile risolvere in tempi brevi i problemi indipendentemente dal livello di gravità, dal grado di pervasività e dal tempo di persistenza del disturbo. Senza nulla togliere agli altri approcci o alla competenza della terapeuta che l’ha seguita, mi domando se le sue scelte siano state quelle più calzanti per lei. Il mio vuole essere solo un invito a conoscere i vari approcci terapeutici in modo da trovare quello che sente più in linea con le sue esigenze. Intuisco che le piacerebbe trovare un approccio pragmatico, orientato al raggiungimento dei risultati in tempi brevi. L’approccio Breve Strategico rientra in questi canoni. Non lavora seguendo una teoria a priori da rispettare, ma identificando come il problema funziona e come si alimenta nel tempo. Attraverso l’uso di tecniche e semplici “compiti” che la persona dovrà mettere in atto tra una seduta e l’altra, si introduce strategicamente lo sblocco del problema entro e non oltre le prime 10 sedute. Le tecniche utilizzate per produrre il cambiamento terapeutico sono state sperimentate sul campo sino ad essere validate e riconosciute a livello internazionale dalla comunità scientifica.
La maggior parte dei miglioramenti avvengono già nel corso delle prime sedute; le sedute successive sono dedicate al consolidamento dei risultati ottenuti e del nuovo equilibrio personale. In sintesi, la persona acquisisce gli strumenti per superare in autonomia i propri blocchi conquistando una maggiore fiducia nelle proprie risorse e l’incremento della propria autostima.
Per ulteriori informazioni o riferimenti bibliografici non esiti a contattarmi, mi farebbe piacere poterla aiutare! La saluto. Dott.ssa Denise Raccis
Salve. Senza dubbio le sue considerazioni sono legittime. È vero che occorre trovare il terapeuta "giusto" per lei nel momento"giusto(sempre per lei).
Non si scoraggi che troverà una soluzione. Le faccio i miei migliori auguri.
Dottor Emanuele Grilli Psicologo e Psicoterapeuta.

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