non ce l'ha faccio più chissà quante volte avrete sentito questo termine. sono davvero esasperata pi
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non ce l'ha faccio più chissà quante volte avrete sentito questo termine. sono davvero esasperata piena di problemi guai finanziari paura di affrontare un lavoro che ho sempre fatto da anni ansia stress tremori senso di stanchezza paura di perdere il controllo voglia di terminare questa sofferenza in modo drastico e da incosciente mi riferisco ad dovermi levare la vita passo che non riuscirò spero a portare a termine una famiglia dove non si va più daccordo quasi non si ci saluta più, tutto questo nato dopo un intervento chirurgico a livello cervicale che non ha dato esiti sperati creando solo disabilità a livello motorio agli arti superiori, ma forse più di tutto questo problema ad affrontare con determinazione quello che temo di più il non futuro e questo problema con debiti finanziari con banca e prestiti dove il recupero crediti non vuole avere scuse. ho provato percorso psicologico oltre ad altri consulti di neurochirurgia ma risposte poco chiare e rinvii ad altri esami un percorso lungo senza esiti psicologicamente ho provato cipralex, tavor altri antidepressivi anche olanzapina ma niente esiti forse anche perchè sono molto scettico sui farmaci leggo sempre e mi informo sul tipo di medicinale assunto e tutti portano ad avere effetti collaterali che mi addosso come se li avessi tutti ......................non riesco a trovare una via di uscita e speranza Carlo Acutis beato disse sono destinato a morire. Non può essere cosi devo afferrare nuovamente in mano la mia vita cerco soluzioni non ero in queste condizioni prima di affrontare questa operazione sono entrato in sala operazione da leone ora mi ritrovo una pecora senza riuscire più a reagire.............
La paura di perdere il controllo deriva da un’errata valutazione di ciò che sta succedendo al tuo corpo, oltre che dalla presenza di convinzioni disfunzionali rispetto a come dovrebbero andare le cose quando sei in ansia o stai provando qualsiasi altra emozione che giudichi "negativa". Presumibilmente inizierai a mettere in atto dei comportamenti per non rivivere la sensazione angosciante di “non essere più in grado di controllare” le tue emozioni. Un buon metodo per togliere potere alla paura è darle un nome, quindi non temere di parlarne con un terapeuta esperto che, utilizzando tecniche di psicoterapia, ti aiuterà a comprendere il tuo disagio e come si manifesta, le cause psicologiche e le conseguenze.
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È utile pensare a quanto si può ottenere piuttosto che a quanto si ha; può essere in rovina oggi ma con la possibilità di riuscire domani; cosa poi le possa permettere di riuscire non è certo tuttavia la invito a non perdere le speranze, valutando dunque nuovamente per un percorso psicologico che possa supportarla adeguatamente
Sono davvero dispiaciuta nel percepire questa espressione così elevata di sofferenza psicologica. La invito a non perdere la fiducia nella possibilità di lavorare per raggiungere uno stato d'animo sufficientemente sereno per poter affrontare i problemi che lei cita uno alla volta. Senza una base di fiducia nel futuro, è impossibile migliorare i singoli problemi. Provo a darle tre consigli: 1) rivolgersi nuovamente al medico di base, che potrebbe inviarla ad uno specialista oppure prescriverle una terapia volta a sostenere il tono dell'umore: se non è ancora stata trovata la cura giusta, è opportuno cercare altre vie; 2) proseguire con il percorso psicologico: se il problema è il suo costo (lo deduco dal suo riferimento ai debiti) si rivolga agli ambulatori sociali (se presenti nella sua città) chiedendo un supporto gratuito; 3) provi anche a svolgere delle meditazioni di tipo "mindfulness" che trova facilmente su youtube: svolgere gli esercizi con un professionista sarebbe indubbiamente più efficace, ma auspico che il loro ascolto possa giovarle, in attesa di un miglioramento anche economico. Le porgo i miei migliori auguri.
Gentilissima, “non ce la faccio più” può essere una frase che i terapeuti si sentono ripetere spesso ma ogni volta ha un suono diverso. Quello che arriva dalle sue parole è un grido autentico, intenso, carico di solitudine e allo stesso tempo di un enorme bisogno di essere compresa, ascoltata, aiutata a rialzarsi.
Il suo dolore è legittimo e reale, non solo per ciò che ha subito fisicamente, ma per la somma di fratture emotive, familiari, economiche e personali che le si sono accumulate addosso senza lasciarle spazio per respirare.
Credo profondamente che ogni persona, anche nel suo momento più buio, custodisca dentro di sé una scintilla vitale che chiede soltanto le condizioni giuste per tornare ad accendersi. E la sua lettera così lucida nonostante tutto, così capace di nominare il dolore ma anche di dire “cerco soluzioni”, è il segno più evidente che questa scintilla in lei è ancora viva. Non ha smesso di cercare, e questo merita profondo rispetto.
Le ferite fisiche e neurologiche che ha subito possono influenzare direttamente il funzionamento mentale: l’ansia, il senso di smarrimento, i tremori, la difficoltà a concentrarsi e la paura del futuro non sono segni di fragilità personale, ma spesso l’esito naturale di un sistema nervoso messo sotto pressione e di una biografia che è stata invasa da un evento traumatico. Questo significa che quello che sente ha un senso, non è "una colpa", e soprattutto non è senza via d'uscita.
Lei parla della paura di perdere il controllo e della voglia di “terminare questa sofferenza in modo drastico”. Sono pensieri durissimi, ma è fondamentale sapere che il solo fatto di poterli condividere in modo diretto è già un gesto terapeutico, perché spezza l’isolamento e apre alla possibilità di essere accompagnati nel dolore. In questi casi, è assolutamente necessario che lei non resti sola e possa confrontarsi con figure professionali preparate anche a gestire il carico di disperazione che descrive. Non è una questione di “resistenza personale”, è una questione umana.
Le consiglio con forza di contattare un centro specializzato territoriale o una figura psicoterapeutica con formazione specifica nel lavoro con il trauma e la sofferenza acuta. E se questi pensieri così importanti diventassero più pressanti, non esiti a rivolgersi al pronto soccorso o a un servizio di emergenza. Questo non è un fallimento, è un atto di cura e di responsabilità verso se stessa.
La persona che era prima dell’intervento non è andata perduta: è ferita, forse nascosta, ma ancora presente. Ed è possibile, con il giusto sostegno, ricostruire un nuovo modo di stare nel mondo, magari più fragile, magari più lento, ma anche più profondo, più autentico.
Lei ha detto: “sono entrato da leone, sono uscito da pecora”. Forse ora è il tempo in cui la forza non si misura più nel ruggito, ma nella capacità di chiedere aiuto. E questo, mi creda, richiede un coraggio profondo.
La sua vita, anche se adesso sembra spezzata, merita di essere raccontata e ricostruita. Con delicatezza, passo dopo passo. È proprio nei momenti in cui tutto sembra perduto che può iniziare qualcosa di nuovo. Ed è proprio adesso, da questo “non ce la faccio più”, che può nascere un “posso farcela, ma non da sola”.
Le auguro di trovare quel coraggio.
Il suo dolore è legittimo e reale, non solo per ciò che ha subito fisicamente, ma per la somma di fratture emotive, familiari, economiche e personali che le si sono accumulate addosso senza lasciarle spazio per respirare.
Credo profondamente che ogni persona, anche nel suo momento più buio, custodisca dentro di sé una scintilla vitale che chiede soltanto le condizioni giuste per tornare ad accendersi. E la sua lettera così lucida nonostante tutto, così capace di nominare il dolore ma anche di dire “cerco soluzioni”, è il segno più evidente che questa scintilla in lei è ancora viva. Non ha smesso di cercare, e questo merita profondo rispetto.
Le ferite fisiche e neurologiche che ha subito possono influenzare direttamente il funzionamento mentale: l’ansia, il senso di smarrimento, i tremori, la difficoltà a concentrarsi e la paura del futuro non sono segni di fragilità personale, ma spesso l’esito naturale di un sistema nervoso messo sotto pressione e di una biografia che è stata invasa da un evento traumatico. Questo significa che quello che sente ha un senso, non è "una colpa", e soprattutto non è senza via d'uscita.
Lei parla della paura di perdere il controllo e della voglia di “terminare questa sofferenza in modo drastico”. Sono pensieri durissimi, ma è fondamentale sapere che il solo fatto di poterli condividere in modo diretto è già un gesto terapeutico, perché spezza l’isolamento e apre alla possibilità di essere accompagnati nel dolore. In questi casi, è assolutamente necessario che lei non resti sola e possa confrontarsi con figure professionali preparate anche a gestire il carico di disperazione che descrive. Non è una questione di “resistenza personale”, è una questione umana.
Le consiglio con forza di contattare un centro specializzato territoriale o una figura psicoterapeutica con formazione specifica nel lavoro con il trauma e la sofferenza acuta. E se questi pensieri così importanti diventassero più pressanti, non esiti a rivolgersi al pronto soccorso o a un servizio di emergenza. Questo non è un fallimento, è un atto di cura e di responsabilità verso se stessa.
La persona che era prima dell’intervento non è andata perduta: è ferita, forse nascosta, ma ancora presente. Ed è possibile, con il giusto sostegno, ricostruire un nuovo modo di stare nel mondo, magari più fragile, magari più lento, ma anche più profondo, più autentico.
Lei ha detto: “sono entrato da leone, sono uscito da pecora”. Forse ora è il tempo in cui la forza non si misura più nel ruggito, ma nella capacità di chiedere aiuto. E questo, mi creda, richiede un coraggio profondo.
La sua vita, anche se adesso sembra spezzata, merita di essere raccontata e ricostruita. Con delicatezza, passo dopo passo. È proprio nei momenti in cui tutto sembra perduto che può iniziare qualcosa di nuovo. Ed è proprio adesso, da questo “non ce la faccio più”, che può nascere un “posso farcela, ma non da sola”.
Le auguro di trovare quel coraggio.
buona sera
allora non reagisca accetti pasisvamente questo momento urli tuti le cose per terra lei ha tenuto tutto sotto controllo adesso non lo faccia urli pianga tiri le sedie .. ma poi quando sara pronta agira spero che si faccia aiutare con un supporto psicologicoe fianznziario
allora non reagisca accetti pasisvamente questo momento urli tuti le cose per terra lei ha tenuto tutto sotto controllo adesso non lo faccia urli pianga tiri le sedie .. ma poi quando sara pronta agira spero che si faccia aiutare con un supporto psicologicoe fianznziario
Le sue parole esprimono un dolore profondo, ma anche una grande forza: quella di chi, pur tra mille difficoltà, sta ancora cercando una via. Ciò che sta vivendo merita ascolto e accoglienza, non soluzioni facili ma uno spazio sicuro in cui ritrovare senso, fiducia e respiro.
Un percorso terapeutico può aiutarla a rimettere ordine, passo dopo passo. Se lo desidera, possiamo affrontarlo insieme.
Un percorso terapeutico può aiutarla a rimettere ordine, passo dopo passo. Se lo desidera, possiamo affrontarlo insieme.
Gentile utente, mi arriva attraverso le sue parole la sua sofferenza e disperazione in un momento che lei vede come buio e senza possibile via d'uscita. Intanto un passo per cercare di stare meglio l'ha fatto scrivendo qui e cercando un aiuto. Non sempre è facile farlo e per questo è stato coraggioso.
Indubbiamente hai dovuto sopportare molti cambiamenti, e questi ti hanno pesato sulle spalle: questo però non fa di te una pecora, io vedo una persona che ha affrontato difficoltà molto forti che sta cercando di fare la cosa giusta chiedendo aiuto.
Rispetto al gesto di toglierti la vita che hai menzionato, le chiedo di rivolgersi subito anche a una struttura pubblica (il servizio di salute mentale della sua città; l'ospedale) per cercare di contenere ed esaminare questo rischio, in modo da metterla in sicurezza. Nelle sue parole leggo una leggera speranza: è necessario partire da quel piccolo lumino per renderlo una luce più intensa.
Per quanto riguarda la terapia le consiglio di rivolgersi ad uno specialista che possa accogliere e gestire al meglio questa sofferenza, così come rivalutare la terapia farmacologica. Spesso questa, per quanto utile e indubbiamente di supporto, non è sufficiente e bisogna aggiungerci anche un lavoro su di sè. A questo poi ci si può agganciare anche un servizio di fisioterapia se può aiutarla a ridurre anche tutto l'aspetto di difficoltà motoria.
Per cercare di ridurre l'ansia acuta può provare a svolgere degli esercizi di respirazione controllata, non risolve sicuramente tutto e ha validità nel breve termine, ma può aiutare a far scendere l’intensità della crisi in quel momento.
Spero di esserle stata d'aiuto, dott.ssa Ilaria Bresolin.
Indubbiamente hai dovuto sopportare molti cambiamenti, e questi ti hanno pesato sulle spalle: questo però non fa di te una pecora, io vedo una persona che ha affrontato difficoltà molto forti che sta cercando di fare la cosa giusta chiedendo aiuto.
Rispetto al gesto di toglierti la vita che hai menzionato, le chiedo di rivolgersi subito anche a una struttura pubblica (il servizio di salute mentale della sua città; l'ospedale) per cercare di contenere ed esaminare questo rischio, in modo da metterla in sicurezza. Nelle sue parole leggo una leggera speranza: è necessario partire da quel piccolo lumino per renderlo una luce più intensa.
Per quanto riguarda la terapia le consiglio di rivolgersi ad uno specialista che possa accogliere e gestire al meglio questa sofferenza, così come rivalutare la terapia farmacologica. Spesso questa, per quanto utile e indubbiamente di supporto, non è sufficiente e bisogna aggiungerci anche un lavoro su di sè. A questo poi ci si può agganciare anche un servizio di fisioterapia se può aiutarla a ridurre anche tutto l'aspetto di difficoltà motoria.
Per cercare di ridurre l'ansia acuta può provare a svolgere degli esercizi di respirazione controllata, non risolve sicuramente tutto e ha validità nel breve termine, ma può aiutare a far scendere l’intensità della crisi in quel momento.
Spero di esserle stata d'aiuto, dott.ssa Ilaria Bresolin.
Gentile utente,
grazie per aver condiviso con tanta sincerità ciò che sta vivendo. Le sue parole raccontano un momento di sofferenza profonda, di esasperazione e di grande stanchezza emotiva. È comprensibile sentirsi sopraffatti quando, oltre alle difficoltà di salute, si sommano problemi familiari, economici e il senso di impotenza di fronte al futuro.
Quello che sta descrivendo – ansia intensa, paura di perdere il controllo, tremori, pensieri di “voler smettere di soffrire” – non è segno di debolezza, ma di una condizione di profondo stress psicologico che merita attenzione e supporto immediato. Non è da affrontare da solo.
Le suggerisco con urgenza di rivolgersi al 118 o al numero unico di emergenza se dovesse sentirsi in pericolo di compiere gesti autolesivi. Può anche contattare subito il numero di ascolto 988 (ex Telefono Amico/Samaritans), attivo 24 ore su 24, per ricevere supporto immediato. Questi servizi sono gratuiti e anonimi, pensati proprio per chi, come lei, si sente allo stremo.
Parallelamente, può essere molto utile rivolgersi a uno psichiatra per valutare in maniera approfondita la situazione clinica e farmacologica, in quanto i farmaci devono essere personalizzati e monitorati. Anche un percorso psicoterapeutico più strutturato (ad esempio di tipo cognitivo-comportamentale o di sostegno intensivo) può aiutarla a ritrovare un senso di controllo e di speranza.
Il dolore che sente oggi non definisce il suo valore né il suo futuro. Il fatto stesso che abbia scritto qui, cercando aiuto, è già un segno di forza e di desiderio di ritrovare la propria vita. Non è “destinato” alla sofferenza: ci sono percorsi e persone che possono accompagnarla passo dopo passo, anche nei momenti più bui.
Se vuole, può scrivermi in privato per un orientamento su come attivare questi aiuti nella sua zona. L’importante ora è non restare solo con questo dolore.
Un caro saluto e coraggio,
Dott. Michele Scalese – Psicologo
grazie per aver condiviso con tanta sincerità ciò che sta vivendo. Le sue parole raccontano un momento di sofferenza profonda, di esasperazione e di grande stanchezza emotiva. È comprensibile sentirsi sopraffatti quando, oltre alle difficoltà di salute, si sommano problemi familiari, economici e il senso di impotenza di fronte al futuro.
Quello che sta descrivendo – ansia intensa, paura di perdere il controllo, tremori, pensieri di “voler smettere di soffrire” – non è segno di debolezza, ma di una condizione di profondo stress psicologico che merita attenzione e supporto immediato. Non è da affrontare da solo.
Le suggerisco con urgenza di rivolgersi al 118 o al numero unico di emergenza se dovesse sentirsi in pericolo di compiere gesti autolesivi. Può anche contattare subito il numero di ascolto 988 (ex Telefono Amico/Samaritans), attivo 24 ore su 24, per ricevere supporto immediato. Questi servizi sono gratuiti e anonimi, pensati proprio per chi, come lei, si sente allo stremo.
Parallelamente, può essere molto utile rivolgersi a uno psichiatra per valutare in maniera approfondita la situazione clinica e farmacologica, in quanto i farmaci devono essere personalizzati e monitorati. Anche un percorso psicoterapeutico più strutturato (ad esempio di tipo cognitivo-comportamentale o di sostegno intensivo) può aiutarla a ritrovare un senso di controllo e di speranza.
Il dolore che sente oggi non definisce il suo valore né il suo futuro. Il fatto stesso che abbia scritto qui, cercando aiuto, è già un segno di forza e di desiderio di ritrovare la propria vita. Non è “destinato” alla sofferenza: ci sono percorsi e persone che possono accompagnarla passo dopo passo, anche nei momenti più bui.
Se vuole, può scrivermi in privato per un orientamento su come attivare questi aiuti nella sua zona. L’importante ora è non restare solo con questo dolore.
Un caro saluto e coraggio,
Dott. Michele Scalese – Psicologo
Gentile, Grazie per aver condiviso la sua domanda. Quello che descrive è un livello di sofferenza molto elevato, con pensieri legati al “non farcela più” e all’idea di farla finita. È fondamentale dirle con precisione che quando compaiono pensieri di questo tipo non è sicuro affrontarli da solo: se il rischio è attuale o sente di poter perdere il controllo, la cosa più corretta e professionale da consigliarle è contattare subito il 118 o il pronto soccorso. Non è un fallimento: è una misura di protezione. Dal punto di vista psicologico, tutto ciò che sta vivendo — dolore cronico dopo l’intervento, limitazioni fisiche, stress finanziario, ansia continua, perdita di sicurezza — può generare un quadro depressivo con forte attivazione ansiosa. Questo non significa che non c’è via d’uscita, ma che serve un percorso strutturato per ridurre la paura dei sintomi, stabilizzare l’umore e ricostruire passo per passo il senso di controllo. Se desidera, posso offrirle un consulto per capire insieme da dove ripartire e impostare un percorso di trattamento realmente adeguato alla sua situazione, ma la priorità assoluta è la sua sicurezza immediata. Un cordiale saluto, Dott. Ivan De Lucia
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