Salve dottori. Soffro di insonnia da circa 20 anni. Ne ho 37 anni, quindi per la gran parte della m

9 risposte
Salve dottori.
Soffro di insonnia da circa 20 anni. Ne ho 37 anni, quindi per la gran parte della mia vita. Questa cosa oltre a livello fisico mi ha distrutto anche a livello emotivo, facendo finire storie, relazioni e ora sono solo.
Sono stato alla clinica del sonno a Milano in cui mi è stata diagnostica un' insonnia secondaria , dovuta a un possibile trauma, con disturbo narcisistico della personalità. Poi dopo gli 8 anni di seminario, medie e superiori, dove effettivamente ho smesso di dormire ho cominciato ad usare benzodiazepine e ipnotici per dormire per cui ad abusi importante sono stato a togliere una boccetta di Minias a medicina delle dipendenze di Verona. Ora sono in cura , neurofisiopatologo, di Bergamo ,da poco in pensione, che mi ha dato una terapia sia per il sonno che per l' umore molto importante.. ma ogni volta che vado dal mio dottore di base prende paura dicendomi che avrò delle ripercussioni importanti. Tutto questo mi spaventa tantissimo. E soprattutto vorrei dormire.. cosa a cui voglio mitare.. è uno dei bisogni primaria.. mancando quello va in difficoltà tutto il resto.
Abito in provincia di Bergamo.
So che è una storia complessa ed impegnativa ma devo venirne a capo.
Poco tempo fa inoltre ho chiesto un parere a un secondo neurologo che mi ha confermato la terapia importante di Viscardi.. con la possibilità di introdurre Samyr per umore e aiutare il fegato.
Dott.ssa MARIELLA BELLOTTO
Psicoterapeuta, Neuropsicologo, Psicologo
Vicenza
L'insonnia secondaria, soprattutto se correlata a un possibile trauma e alla presenza di un disturbo narcisistico della personalità, richiede un'attenzione specialistica. L'insonnia, in questi casi, può essere un sintomo di disturbi più ampi, come l'ansia e la depressione, e il disturbo narcisistico può influenzare la percezione del sonno e la difficoltà a gestirlo. La psicoterapia aiuta a comprendere le tue difficoltà e a intervenire efficacemente per ritornare a condurre uno stile di vita sano.

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Dr. Alessio Fogliamanzillo
Psicologo, Psicologo clinico, Neuropsicologo
Casagiove
Salve. Il quadro che descrive richiede un adeguato supporto psicologico, il trattamento farmacologico non può essere risolutivo, direi ne abbia già avuto esperienza da quanto dice; il sonno è un bisogno complesso peraltro e non sarebbe nemmeno possibile darle un suggerimento senza rischiare di darne di controproducenti; prenda un appuntamento con uno psicologo e si metta nelle condizioni di seguirne fino in fondo il percorso
Dott.ssa Carlotta Volpi
Psicoterapeuta, Psicologo, Neuropsicologo
Modena
Buonasera, mi dispiace molto per la sua situazione. Se, come le hanno valutato nella clinica di Milano, l'insonnia nel suo caso è secondaria a qualche evento traumatico, le suggerisco di cercare nella sua zona un terapeuta formato EMDR, una tecnica molto efficace per questo tipo di problematica.
Un caro saluto,
Dott.ssa Carlotta Volpi
Dott.ssa Camilla Persico
Psicologo, Sessuologo, Neuropsicologo
Carrara
Buongiorno, come lei sottolinea, l’insonnia cronica è una condizione invalidante, non solo per gli effetti sul corpo, ma per tutto ciò che comporta a livello relazionale, emotivo e identitario, infatti quando il sonno viene a mancare per così tanto tempo, è normale che tutto sembri più difficile: l’umore si abbassa, le relazioni si fanno più fragili, e anche la speranza in un cambiamento può vacillare.
Il fatto che le sia stata diagnosticata un'insonnia secondaria legata a un possibile trauma suggerisce che, al di là della componente organica o farmacologica, esiste un'origine psicologica profonda che merita ascolto. Vivere un trauma, soprattutto in età evolutiva o in contesti come quello del seminario dove spesso ci si sente privati della libertà e immersi in una disciplina rigida può segnare in modo silenzioso ma persistente. Il corpo si fa portavoce di un malessere che non ha trovato pieno spazio per esprimersi.
Lei ha anche accennato alla diagnosi di disturbo narcisistico di personalità. Questo tipo di struttura, che spesso viene fraintesa, non significa “essere egocentrici” come talvolta si pensa in modo superficiale, ma porta con sé una storia di ferite profonde legate al bisogno di essere visti, riconosciuti e amati, e spesso una grande difficoltà a sentirsi davvero al sicuro con gli altri. La solitudine che prova oggi, forse, ha radici anche in questo: non solo nella mancanza di sonno, ma in una lunga battaglia per sentirsi degno di un amore stabile, che non vacilli di fronte alla fatica.
La sua preoccupazione per le terapie farmacologiche è comprensibile. Quando si ha un passato di uso prolungato di benzodiazepine o ipnotici, è naturale avere paura delle conseguenze e anche dell’eventuale dipendenza, tuttavia, mi sembra che lei stia facendo tutto con grande responsabilità: si è affidato a specialisti, ha cercato più di un parere, è seguito da un professionista esperto. È importante che ci sia anche un coordinamento tra chi le prescrive la terapia e il suo medico di base, in modo che lei non si senta ogni volta destabilizzato o messo in discussione.
Ma oltre ai farmaci, che possono essere uno strumento, la vera sfida e anche la vera possibilità di cambiamento passa anche da un percorso psicologico che possa accompagnarla a rileggere la sua storia, le sue ferite, e a trovare nuove modalità per vivere la notte non come un nemico, ma come qualcosa che può tornare ad accoglierla. Perché il sonno non si conquista con la forza di volontà, ma con una sicurezza interiore che si può (ri)costruire.
La sua storia è complessa, sì. Ma lei è molto più della sua diagnosi o delle sue notti insonni. E ha già fatto il passo più difficile: chiedere aiuto con lucidità e desiderio autentico di stare meglio. Resto a disposizione se vorrà.

Un caro saluto,
Dott.ssa Camilla Persico
Dott. Simone Matarese
Psicologo, Psicoterapeuta, Neuropsicologo
Roma
Salve,
capisco quanto l’insonnia le stia pesando, sia fisicamente che emotivamente. È positivo che sia seguito da specialisti e che la terapia sia confermata.

La preoccupazione del medico di base è comprensibile, ma è importante bilanciare benefici e rischi. Il sonno è fondamentale e, oltre ai farmaci, tecniche come la mindfulness possono aiutare.

Se vuole, posso supportarla nel gestire ansia e difficoltà legate al sonno.

Un saluto.
Dott.ssa Laura Manzini
Psicologo, Neuropsicologo, Psicologo clinico
Magenta
Buongiorno, dalle sue parole è evidente quanto questo lungo cammino legato all’insonnia abbia inciso in profondità nella sua vita personale, relazionale ed emotiva. La sofferenza che descrive non è solo fisica ma riguarda anche il senso stesso dell’equilibrio, della sicurezza e del riposo mentale, che per tutti è un bisogno primario come giustamente ha sottolineato. Il fatto che lei sia ancora alla ricerca, nonostante vent’anni di difficoltà e percorsi impegnativi, mostra una determinazione che va riconosciuta e rispettata.

L’insonnia secondaria, soprattutto se associata a un trauma precoce e radicata in un quadro di tipo narcisistico (diagnosi che va sempre accolta con delicatezza e prudenza clinica), non è un disturbo “da sintomo”, ma un campanello che riguarda l’intero equilibrio dell’individuo. Non si tratta soltanto di far dormire il corpo, ma di trovare un modo per permettere alla mente di fidarsi abbastanza da lasciarsi andare. E se la fiducia è stata messa alla prova fin dai primi anni, è comprensibile che il sonno stesso venga vissuto come qualcosa di pericoloso o fragile. Per questo, il solo approccio farmacologico – pur necessario in certi casi come il suo – spesso non basta da solo a ricostruire un rapporto sano e duraturo con il sonno.

È anche comprensibile che il suo medico di base, di fronte a una terapia complessa e con molecole potenti, manifesti preoccupazione: questo accade spesso quando ci sono più figure cliniche coinvolte e una storia di abuso di farmaci alle spalle. Tuttavia, se il trattamento è seguito da uno specialista in neurofisiopatologia del sonno, ed è stato confermato anche da un secondo neurologo, è importante che ci sia una comunicazione tra questi professionisti. Le consiglio, se non l’ha già fatto, di richiedere una relazione scritta aggiornata dal collega specialista (quello che le ha prescritto la terapia attuale), da far avere direttamente al suo medico di base. Questo aiuta a rasserenare i rapporti e soprattutto a renderli coerenti tra loro, evitando che il paziente si trovi – come spesso accade – tra voci cliniche dissonanti che alimentano l’ansia e il senso di solitudine.

Dal punto di vista psicoterapeutico, un lavoro sulla storia personale e sull’identità – in particolare se legato a un contesto formativo rigido o potenzialmente traumatico, come può essere stato il seminario in età adolescenziale – può offrire spunti profondi di guarigione. Spesso, dietro l’insonnia cronica, si celano conflitti interiori mai davvero nominati: tra chi si è dovuti essere e chi si sarebbe voluto essere, tra l’immagine di sé e la realtà emotiva, tra il bisogno di controllo e il desiderio di affidarsi. In tal senso, la psicoterapia adleriana può essere di grande aiuto, poiché mira a comprendere come la persona ha costruito il proprio “stile di vita”, le sue modalità relazionali e il suo senso di appartenenza.

Vista la complessità del quadro, le suggerisco caldamente di affiancare al lavoro medico un percorso psicoterapeutico specialistico, con un* psicoterapeuta esperto/a in disturbi del sonno, traumi relazionali e ristrutturazione dell’identità. Anche il trattamento delle vulnerabilità legate all’umore con sostegno nutrizionale e integrativo (come nel caso dell’introduzione del Samyr) va inserito in un contesto psicofisico più ampio.
Mi permetto di chiudere con una riflessione: dopo vent’anni di insonnia, si è ancora qui, a raccontarsi con lucidità, desiderio di verità e volontà di cambiare. Questo non è solo un sintomo cronico. È la prova che una parte di lei ha continuato a cercare, a credere che fosse possibile dormire e vivere. Ed è proprio da lì che può ripartire.
Un caro saluto
Dott. Dario Papa
Psicologo, Psicologo clinico, Neuropsicologo
Ferrara
Gentile utente, si percepisce tutta la sua sofferenza.
Ma c’è un punto che vorrei sottolinearle: nessun farmaco, per quanto potente, può sostituire un percorso psicologico strutturato, soprattutto in una storia come la sua, dove si parla di trauma, di personalità, di radici profonde. Quello che lei ha fatto è un un po’ come cercare di tenere in piedi una casa che ha le fondamenta danneggiate, puntellandola ogni volta che crolla un muro.
I farmaci aiutano, ti tengono in piedi, ed è giusto usarli quando servono, ma se non si lavora proprio lì sotto, dove tutto ha iniziato a cedere, rischia di diventare tutto poco efficace.
Un sostegno da parte di uno psicologo in cui possa sentirsi accolto/a , non è solo “parlare”: è andare a ricostruire pezzo per pezzo un sistema che per troppo tempo ha dovuto arrangiarsi a sopravvivere... e quando trova il coraggio di farlo, succede una cosa che all’inizio sembra incredibile: il sonno, a poco a poco, inizia a tornare.
Ha tutto il diritto di voler dormire. È un bisogno primario, come dice lei, ma non è solo questione di farmaci giusti; è anche e soprattuttoquestione di dare voce e spazio a tutto quello che ha vissuto e trattenuto dentro.
La invito ad aprirsi innanzitutto con qualcuno che possa accogliere il suo bisogno di ascolto che a volte può essere catartico e curativo già di per sè.
Le auguro di stare bene presto.
Dott. Dario Papa.
Dott.ssa Ilaria Bresolin
Psicologo, Neuropsicologo
Breda di Piave
Gentile utente, posso capire che dietro a quello che lei racconta si possa scatenare dolore e frustrazione. L’insonnia cronica infatti, soprattutto se presente fin dalla giovinezza, diventa non solo una questione medica ma anche un peso emotivo ed esistenziale, perché tocca la qualità della vita, le relazioni e la fiducia nel futuro. È comprensibile anche la confusione che lei sente in seguito a pareri medici discordanti.
La paura che la terapia possa danneggiare è naturale, ma è importante ricordare che il non dormire a lungo termine ha conseguenze altrettanto pesanti su corpo e mente. Spesso, accanto ai farmaci, può essere molto utile un lavoro psicoterapeutico che la accompagni nel dare un senso a quello che vive e a ridurre il peso dell’ansia legata al sonno o anche delle preoccupazioni che sente.
Spero di essere stata d'aiuto, dott.ssa Ilaria Bresolin.
Dott.ssa Cecilia Scipioni
Psicologo, Neuropsicologo
Casalgrande
Buongiorno,
capisco profondamente quanto possa essere faticoso e frustrante convivere con un’insonnia cronica da così tanti anni, soprattutto quando ha avuto ripercussioni anche sul piano emotivo e relazionale. Il sonno non è solo un bisogno fisiologico: è fondamentale per la regolazione dell’umore, dell’energia e delle funzioni cognitive, e quando manca per decenni, è normale che ci siano conseguenze emotive importanti.

Dalla sua descrizione, lei sta già seguendo un percorso specialistico con professionisti competenti: il neurofisiopatologo che la segue ha impostato una terapia mirata per il sonno e per l’umore, e un secondo parere ha confermato la validità di questo approccio. Questo è un elemento positivo: indica che la sua terapia è stata valutata attentamente e adattata alla complessità della sua storia.

È comprensibile che il suo medico di base possa provare preoccupazione: la storia di uso di benzodiazepine e ipnotici a lungo termine può effettivamente generare timori per effetti collaterali o dipendenza. Tuttavia, se la terapia è seguita con monitoraggio specialistico e gradualità, i benefici sul sonno e sull’umore sono possibili e concreti. Il fatto che lei stia anche valutando integratori o supporti epatici come Samyr va discusso con i medici che conoscono la sua storia clinica, per assicurarsi che tutto sia sicuro e coerente con la terapia principale.

Oltre al trattamento farmacologico, nelle forme di insonnia cronica e resistente, può essere utile affiancare strategie comportamentali e di igiene del sonno: routine serali regolari, esposizione alla luce naturale al mattino, tecniche di rilassamento, respirazione guidata, mindfulness, attività fisica moderata. Questi interventi, combinati alla terapia farmacologica, spesso permettono di migliorare la qualità del sonno senza aumentare rischi farmacologici.

Saluti, resto a disposizione

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