Saluti, Sono un ragazzo di 28 anni che da più di 6 anni soffre di attacchi di panico/ansia anticipa

9 risposte
Saluti,
Sono un ragazzo di 28 anni che da più di 6 anni soffre di attacchi di panico/ansia anticipatoria. La qualità della mia vita è distrutta da anni e purtroppo, sebbene venga seguito da una clinica psichiatrica di alto livello, da 3 anni che la frequento non si è riuscito a risolvere il mio problema, ma solo ad ottenere timidi miglioramenti.
Vengo seguito parallelamente da una psicologa-psicoterapeuta, con risultati quasi nulli.
Alla visita odierna in clinica, mi è stato detto che sto usando "farmaci di terza linea" per combattere l'ansia e che oltre a quelli di terza linea non esistono altri.
Sono arrivato ad assumere farmaci di terza linea poiché dicono che sono molto farmacoresistente e dei farmaci provati sento soprattutto gli effetti collaterali (sonnolenza e disfunzione erettile).
Le benzodiazepine et similia non mi danno aiuto.

Altre patologie che ho sono la Sclerosi Multipla e la Tiroidite di Hashimoto (entrambe in trattamento)

Le medicine che mi hanno fatto provare dal 2020 sono in ordine: Paroxetina, Sertralina, Citalopram, Pregabalin, Duloxetina, Quetiapina, Tractana, Laroxyl, Depakin, Pamiprexolo.

Ad oggi, assumo per l'ansia Pregabalin al giorno, Laroxyl, Pamiprexolo.

Assumo inoltre Alfuzosina e Fingolimod per la Sclerosi Multipla e l'Eutirox per la Tiroidite di Hashimoto.

Vi scrivo perché sono estremamente triste e scoraggiato. Nella mia vita ho un numero enorme di problemi, tra cui soprattutto quelli di salute, che l'ansia non fa che ingigantire e, in ottica futura, mi farà vivere ancora peggio.
È da quando avevo 22 anni che ho smesso di vivere sostanzialmente.
La clinica mi dice che devo avere pazienza con questi farmaci, ma è la stessa clinica che anni fa mi avevo detto "prendendo questa medicina nel giro di 2 anni sarai guarito e potrai smettere di assumerla".

Sono molto scoraggiato. Potete dirmi sinceramente, senza darmi falsi incoraggiamenti, se è veramente possibile uscire fuori dagli attacchi di panico e poter tornare ad avere una vita al 100% NORMALE?

La farmacoresistenza "che cosa significa"? Che sono resistente in generale ad una classe di farmaci oppure soltanto ai farmaci che ho assunto e quindi continuando a sperimentarne di nuovi prima o poi troverò quello giusto?

Mi potete confermare quante medicine il genere umano abbia inventato per combattere l'ansia e se sia vero che sono già arrivato a provare quelle di ultima istanza, quindi conseguentemente me ne rimangano veramente poche ancora da sperimentare?

Sono devastato ed estremamente pessimista sul mio futuro in ragione di questa cosa.
Gli "anni più belli della vita" sono stati invece i peggiori e quelli rimanenti, sperando a questo punto che siano molto pochi, saranno sempre peggiori se non viene risolto questo problema dell'ansia.
Dott. Niccolò Zovetti
Psicologo, Psicologo clinico, Neuropsicologo
Goito
Gentilissimo,
Dal suo racconto emerge una forte sofferenza legata ad una problematica psicologica che lei ascrive ad un disturbo d'ansia/panico.

Per quanto riguarda i suoi dubbi legati all'assunzione dei farmaci, le consiglio di attenersi alle indicazioni del suo psichiatra di fiducia perché è importante mantenere una continuità nell'assunzione. Generalmente, con farmacoresistenza si intende la riduzione dell'efficacia di un farmaco nel trattamento della malattia o nella cura dei sintomi del paziente. Si senta pure libero di esprimere questi dubbi con il suo psichiatra che saprà sicuramente aiutarla.

Detto questo, le consiglierei di rivolgersi ad uno psicoterapeuta cognitivo comportamentale in quanto questo approccio terapeutico con solide basi scientifiche si è dimostrato molto efficace nel trattamento dei disturbi d'ansia e panico, con un'efficacia superiore al semplice trattamento farmacologico.

Sperando di averla aiutata,

Cordialmente

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Dott.ssa Alice Abbruzzese
Psicologo, Neuropsicologo
Reggio Emilia
Buongiorno ragazzo di 28 anni, grazie per aver condiviso parte della sua storia clinica, da cui sembra emergere una sensazione di frustrazione per questo senso di staticità che comporta una sensazione di scoraggiamento nel futuro, soprattutto nella possibilità di risoluzione delle sue problematiche psicologiche. Rispetto a quanto riportato si tratta di un quadro sintomatologico complesso, in quanto sono presenti patologie che possono comportare effetti psicologici sul tono dell'umore. Rispetto ai suoi dubbi e alle perplessità sulla terapia farmacologica, penso sia importante condividerli con lo psichiatra che potrà spiegarle più specificatamente le scelte farmacologiche intraprese, rispetto anche alla farmacoresistenza da lei citata. Penso sia importante confrontarsi con lo psicoterapeuta da cui è in cura, perché la fiducia che ripone nel professionista a cui si affida può influenzare l'efficacia psicoterapeutica.
Spero di averla aiutata a chiarire qualche dubbio,
Dott.ssa Alice Abbruzzese
Dott.ssa Asya Cappalli
Psicologo, Psicologo clinico, Neuropsicologo
Parma
Gentile utente, la ringrazio per aver riportato una parte della sua storia, che sento essere molto pesante e che le causa molta sofferenza. Il disturbo d'ansa/attacchi di panico è un disturbo molto sfaccettato, che coinvolge aspetti diversi della persona (fisici, cognitivi, comportamentali, emotivi), che creano un circolo vizioso da cui sembra di non poter più uscire. Le consiglio di parlare delle sue paure e del fatto che non sente progressi con la sua psicoterapeuta, poichè ciò potrebbe aiutare a dare una nuova direzione al suo percorso psicoterapeutico. In ogni caso, mi sento di consigliarle uno psicoterapeuta ad orientamento cognitivo-comportamentale, in particolare uno specializzato in terapia ACT (o comunque di terza generazione): tale approccio infatti ha le maggiori evidenze scientifiche per il trattamento efficace dei disturbi d'ansia.
Relativamente alla questione farmaci, le consiglio di rivolgere tali dubbi al suo psichiatra che saprà rispondere alle sue domande. Con il termine farmacoresistenza si intende una riduzione di efficacia di un certo farmaco nel trattamento di una determinata patologia; è una cosa che può spaventare e, quindi, portare ad un aumento di ansia, pertanto è importante che esponga i suoi dubbi al medico che le ha prescritto i farmaci, in modo che possa aiutarla. Le dico anche che un trattamento psicoterapeutico efficace non ha solo il vantaggio di ridurre la problematica legata all'ansia/panico, ma può portare anche ad una riduzione del dosaggio farmacologico, come ormai dimostrato dalle molte evidenze scientifiche.
Mi rendo conto che è difficile rispondere a tutti i suoi dubbi in queste poche righe, pertanto rimango a disposizione per qualsiasi chiarimento, anche in merito alla terapia cognitivo-comportamentale (e ACT) che io utilizzo. Sono disponibile per colloqui, anche online.
Con i migliori auguri, un caro saluto. Dott.ssa Asya Cappalli
Dott.ssa Francesca Selvaggi
Psicologo, Psicoterapeuta, Neuropsicologo
Sansepolcro
Salve, sono una psicologa che fa parte della Rete Psicologici (ovvero il gruppo di psicologi che a livello nazionale segue persone con SM nell'associazione AISM).
Sono in generale molteplici i fattori scatenanti di un disturbo da attacchi di panico. Con la sua terapeuta è riuscito a definire il "significato" di questi sintomi? Per significato intendo i contesti, le modalità e la sofferenza esistenziale che hanno fatto scattare il primo episodio e lo svilupparsi poi del disturbo stesso. é un passaggio abbastanza fondamentale in terapia. Pertanto il problema non sembra "solo" trovare il farmaco/i giusti ma anche e soprattutto capire come questi sintomi si reggano ancora in piedi a livello esistenziale. Ciò non significa che il farmaco vada eliminato perchè la letteratura scientifica indica in realtà la validità del trattamento combinato per il disturbo da attacchi di panico (trattamento psicologico e farmacologico).
Altra riflessione: immagino che sia in carico ad un neurologo per la SM, che cosa ne pensa di questi sintomi e dei farmaci che sta utilizzando? Sarebbe importante parlargliene ed eventualmente sviluppare un lavoro di equipe con gli altri professionisti a cui si rivolge.
Dr.ssa Francesca Selvaggi
Dott.ssa Giulia Zucchini
Psicologo, Neuropsicologo, Psicoterapeuta
Trieste
Salve, mi dispiace per la situazione che sta attraversando.
Purtroppo l'ansia ed il panico sono disturbi che inficiano la nostra speranza in un futuro migliore ed anche il presente, vissuto con grande pesantezza.
La cura farmacologica io consiglio di non interromperla se non sotto stretto controllo dello psichiatra, che sicuramente se gli espone il problema saprà sostituirgliela.
Infine, per un disturbo di panico ed ansia i farmaci da soli funzionano solo come riduttori del sintomo, ma appena si scalano o smettono essi si ripresentano in quanto non trattano la causa del sintomo m asolo il sintomo stesso.
In questi casi , se vuole avere dei benefici a lungo termine le consiglio una terapia con uno psicoterapeuta, con un orientamento cognitivo o strategico la riduzione dei sintomi si ha dopo pochi mesi, circa 6... le consiglio di non aspettare oltre vista la sofferenza che esprime.
Prima inizia la terapia, prima inizia a stare meglio.

Un caro saluto.
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Dott.ssa Camilla Persico
Psicologo, Sessuologo, Neuropsicologo
Carrara
Saluti,

Posso comprendere il livello di frustrazione e disperazione che sta sperimentando a causa dei suoi attacchi di panico e dell'ansia anticipatoria che stanno influenzando significativamente la sua vita da più di sei anni. È evidente che ha fatto molti sforzi nel cercare soluzioni a questo problema, sia attraverso trattamenti farmacologici che con il supporto di professionisti della salute mentale, ma fino ad ora non ha ottenuto il sollievo desiderato.

La farmacoresistenza, come è stato descritto, indica la difficoltà di rispondere ai trattamenti farmacologici prescritti per il controllo dell'ansia. Questo può essere dovuto a una serie di fattori, tra cui la risposta individuale ai farmaci, la gravità e la complessità del disturbo, e la presenza di altre condizioni mediche come la Sclerosi Multipla e la Tiroidite di Hashimoto che possono influenzare la risposta al trattamento.

È comprensibile che si senta scoraggiato e triste di fronte a questa situazione, soprattutto considerando le promesse non mantenute e le aspettative deludenti che ha avuto dai trattamenti passati. È importante riconoscere che la gestione dell'ansia può essere un processo complesso e spesso richiede tempo e pazienza per trovare la combinazione giusta di trattamenti che funzionino per lei.

È vero che ci sono molte opzioni di trattamento per l'ansia, ma ogni individuo può rispondere in modo diverso a ciascun farmaco. È possibile che ci siano ancora altre opzioni di trattamento da esplorare, ma può richiedere ulteriori discussioni con il suo team medico per determinare la migliore strategia per affrontare la sua situazione unica.

Posso confermare che non è insolito sperimentare sensazioni di pessimismo e disperazione in una situazione simile, soprattutto quando ci si sente intrappolati in un ciclo di ansia e sofferenza, tuttavia, è importante ricordare che il percorso verso il benessere può essere tortuoso, ma ci sono sempre possibilità di miglioramento e di trovare soluzioni che funzionino per lei.

Sebbene non possa garantire con certezza il successo del trattamento, posso assicurarle che non è solo nel suo percorso e che ci sono professionisti dedicati e risorse disponibili per aiutarla a navigare attraverso questa sfida.

Resto a disposizione per ulteriori chiarimenti o discussioni su questo argomento, anche online

Cordiali saluti,

Dott.ssa Camilla Persico
Dr. Michele Scala
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Padova

Salve,

Mi dispiace molto sentire della sua situazione complessa. Comprendo il suo scoraggiamento. La farmacoresistenza significa che il suo organismo potrebbe non rispondere come previsto ai farmaci che ha provato, ma non necessariamente indica una resistenza totale a tutti i farmaci disponibili. È possibile che altre opzioni terapeutiche possano essere esplorate.

Considerata la persistenza e la gravità della sua ansia, le suggerisco di valutare l'integrazione con una terapia psicologica breve strategica. Questa terapia può fornire strumenti concreti e mirati per affrontare l'ansia e migliorare la qualità della vita, lavorando in sinergia con i trattamenti farmacologici.

Cordiali saluti,
Dott. Michele Scala
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Dott.ssa Laura Manzini
Psicologo, Neuropsicologo, Psicologo clinico
Magenta
Buongiorno,

le sue parole trasmettono una sofferenza profonda, e voglio innanzitutto riconoscere il peso che sta portando con sé da anni. Sentirsi intrappolati in un circolo di ansia e attacchi di panico, nonostante l'impegno nella cura, può portare a un senso di disperazione e di sfiducia nel futuro. È assolutamente comprensibile che, dopo sei anni di battaglia, si chieda se esista davvero una via d'uscita.

La prima cosa che vorrei dirle, con tutta la sincerità possibile, è che sì, è possibile uscire da questo tunnel. Ma la guarigione non sempre segue una linea retta e, soprattutto, il concetto di "vita al 100% normale" potrebbe meritare una riflessione. L'ansia e gli attacchi di panico non definiscono chi è lei: sono esperienze che sta attraversando, ma non sono la sua identità. La normalità non è una condizione rigida e universale, ma piuttosto un equilibrio personale, fatto di momenti di benessere e di difficoltà, come accade a chiunque.

Dal punto di vista adleriano, la sofferenza legata all'ansia spesso è amplificata dalla sensazione di impotenza, dalla paura di non avere il controllo sulla propria mente e sul proprio corpo. La frustrazione nel non vedere risultati concreti dopo anni di cure è assolutamente legittima, e anzi, fa parte di un meccanismo psicologico molto comune: quando un problema persiste nonostante tutti gli sforzi, il cervello inizia a sviluppare una sorta di "rassegnazione appresa", portandoci a credere che nulla potrà mai cambiare. Ma questa non è la realtà, è solo una narrazione costruita dalla sofferenza prolungata.

Dal punto di vista neuroscientifico, la cosiddetta "farmacoresistenza" non significa necessariamente che lei sia immune a qualsiasi farmaco, ma piuttosto che il suo sistema nervoso risponde in modo meno prevedibile o meno efficace a quelli finora provati. Ogni organismo ha una propria biochimica unica, e mentre alcuni rispondono rapidamente a un trattamento, altri possono necessitare di più tempo o di approcci differenti. Non esiste un numero esatto di farmaci "inventati" per l'ansia, perché il trattamento dell'ansia non si basa solo sulle molecole disponibili, ma sulla loro combinazione, sul dosaggio, sul tempo di somministrazione e, soprattutto, su strategie integrate che vanno oltre il farmaco.

Un aspetto fondamentale che emerge dal suo racconto è la sfiducia crescente nel percorso di cura. Questo è comprensibile, ma potrebbe essere utile provare ad affiancare alla farmacoterapia approcci terapeutici diversi, magari focalizzati sul lavoro corporeo (come la terapia somatica o la mindfulness), sulla desensibilizzazione progressiva (come l’EMDR, che lavora sulla rielaborazione dei traumi), o su strategie di esposizione graduale che possano aiutarla a ricostruire la fiducia nel proprio corpo e nella propria mente.

Lei ha già dimostrato una resistenza straordinaria nel portare avanti questa battaglia per sei anni. Questo significa che, nonostante tutto, dentro di lei c’è una forza che ancora la spinge a cercare risposte. E questa è una risorsa preziosa. Non è troppo tardi per trovare una strada che funzioni per lei. Forse la soluzione non è un’unica medicina, ma un cambiamento nell’approccio alla cura, nell’alleanza con i professionisti che la seguono e, soprattutto, nella prospettiva con cui guarda al futuro.

Se ora vede solo oscurità, non significa che la luce non esista. Significa solo che, per il momento, la strada per vederla è nascosta ma non è scomparsa. Le auguro di trovare il coraggio, proseguendo con i suoi percorsi terapeutici, di rivedere quel bagliore.
Dott.ssa Cecilia Scipioni
Psicologo, Neuropsicologo
Casalgrande
Salve,
Capisco quanto dolore e senso di sconfitta ci sia nelle sue parole, e mi colpisce la lucidità con cui descrive il suo percorso. Quando una persona convive da anni con l’ansia e gli attacchi di panico, nonostante cure e impegno costante, il rischio più grande è proprio quello di perdere la fiducia nella possibilità di stare meglio. Ma la sua storia, anche se oggi la sente segnata dalla delusione, non è affatto senza vie d’uscita.

La farmacoresistenza non significa che lei sia “immunizzato” contro tutti i farmaci ansiolitici o antidepressivi, ma che le sue risposte neurochimiche sono particolarmente complesse e meno prevedibili. In pratica, vuol dire che alcuni recettori del suo sistema nervoso non reagiscono in modo efficace a determinati principi attivi, ma questo non esclude che vi siano altre combinazioni o strategie farmacologiche ancora esplorabili, anche integrando approcci diversi, come terapie a basse dosi combinate o tecniche di neuromodulazione, che in alcune cliniche vengono utilizzate proprio nei casi resistenti.

Detto questo, è altrettanto importante ricordare che il trattamento degli attacchi di panico non si gioca solo sul piano farmacologico. Nei casi di ansia cronica resistente, la ricerca ha mostrato che un percorso psicologico centrato sul funzionamento neuropsicologico e sulle strategie di regolazione dell’allerta corporea può fare una differenza significativa. Spesso, il cervello di chi soffre di panico rimane in una condizione di iper-monitoraggio interno: percepisce ogni variazione fisiologica come una minaccia imminente, innescando un circolo vizioso di paura, tensione e sintomi fisici.

Un percorso neuropsicologico integrato si concentra proprio su questo: aiutare la mente e il corpo a “disimparare” la risposta automatica di allarme. Si parte da una valutazione neuropsicologica e psicofisiologica per individuare i meccanismi di iperattivazione e la loro relazione con le funzioni cognitive come attenzione, controllo e percezione corporea. Da lì si costruisce un piano personalizzato con tecniche di desensibilizzazione interocettiva, training di consapevolezza corporea, respirazione regolata e ristrutturazione cognitiva mirata sui pensieri catastrofici.

Anche in situazioni complesse e di lunga durata, è possibile migliorare la qualità della vita in modo sostanziale e in alcuni casi tornare a vivere con piena autonomia e serenità, pur mantenendo una condizione cronica sotto controllo. Il suo non è un destino immutabile, ma una sfida che richiede un approccio più mirato e calibrato sulla sua storia neurobiologica.

Le suggerirei di valutare un percorso neuropsicologico integrativo, orientato alla gestione dell’ansia resistente e alla riabilitazione delle funzioni di regolazione emotiva. Posso spiegare come si articola la fase di valutazione iniziale e quali tecniche vengono utilizzate per ristabilire il controllo sul corpo e ridurre progressivamente gli attacchi di panico.
Resto a disposizione,
Saluti

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