Come si riesce a convincere un figlio a iniziare la terapia?

23 risposte
Come si riesce a convincere un figlio a iniziare la terapia?
Dott. Francesco Damiano Logiudice
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Salve, capisco il disagio della situazione.
Cercando di far riflettere il ragazzo sui possibili vantaggi derivanti dal poter intraprendere una terapia, evidentemente potrebbe sussistere una situazione problematica.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL

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Dott. Gianpaolo Bocci
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Latina
Buongiorno,
quanti anni ha suo figlio?
Cosa ha provato a fare fino ad ora per 'convincerlo'?
Rispetto al rivolgersi ad uno psicologo, in genere questa richiesta nasce da esigenze personali ed è preceduto da una presa di coscienza delle problematiche che generano sofferenza e dal fatto che queste siano percepite come difficli da risolvere se non con un aiuto esterno.

Le auguro una buona giornata,
Gianpaolo Bocci
Dott.ssa Fabiola Ribechini
Psicologo
Castelfiorentino
Buongiorno, non è semplice rispondere a questa domanda perché mancano alcuni elementi fondamentali: quanti anni ha suo figlio? Perché suo figlio non vuole andare dallo psicologo? Perché lei pensa che dovrebbe andarci? Potrebbe essere possibile un primo approccio come famiglia alla consulenza psicologica?
Ho tante domande, ma purtroppo poche risposte per lei. Quello che le posso suggerire è di mettersi di fronte a suo figlio e dirgli perché secondo lei potrebbe essere importante che lui veda uno specialista. Gli comunichi i suoi sentimenti come genitore, la sua sofferenza nel vederlo in questa situazione, senza colpevolizzarlo ma soltanto cercando di fargli capire che lei gli vuole bene e vuole solo chi stia bene. Si proponga come aiuto in questo percorso se può essere il caso, se il vostro rapporto lo permette.
"Io voglio solo che tu stia bene, io ti vedo, so che qualcosa non va e soffro a vederti così. Vorrei che tu ti facessi aiutare da un professionista, magari possiamo farci aiutare entrambi. Ma non voglio forzarti, quando sarai pronto io sarò qui per sostenerti. "

Spero di esserle stata di aiuto,
cordialmente
Dott.ssa Fabiola Ribechini
Dott.ssa Laura Francesca Bambara
Psicoterapeuta, Psicologo clinico, Psicologo
Vizzolo Predabissi
Buongiorno,
Non si tratta di convincerlo, ma di farlo riflettere sulla sua reale situazione.
Sicuramente non avrà ancora totale consapevolezza di ciò che sta passando , ma ci sono alcuni campanelli d'allarme che si presentano e sono segnale di disagio.
Lo rinforzi dandogli una speranza: affrontando la problematica in tempo e con collaborazione e fiducia nei confronti del terapeuta , ma anche della famiglia, si possono raggiungere sicuramente prima dei piccoli miglioramenti e infine cambiamenti essenziali.
Cordiali saluti
Dott.ssa Laura Francesca Bambara
Dott.ssa Annalisa Passacantilli
Psicoterapeuta, Psicologo clinico, Psicologo
Tivoli
Buongiorno, le proponga di sottoporsi a Terapia EMI (EYE moviment Integration Terapy) è una terapia breve che l'aiuterebbe a velocizzare i tempi e a ridurre il carico emotivo.
Rimango a disposizione per qualsiasi chiarimento, un saluto.
Dr. Michele Arnaboldi
Psicologo, Psicologo clinico
Bovisio Masciago
Buongiorno
Sarebbe utile avere qualche elemento in più per comprendere meglio la situazione come ad esempio il tipo di problematica per cui si richiede il consulto E che cosa è stato fatto da parte sua per fa riflettere il ragazzo sulla necessità di svolgere un percorso.
In generale il ragazzo mononucleosi va obbligato ma è importante fargli comprendere che è necessario un aiuto per risolvere la problematica e che non c’è nulla di male a rivolgersi a uno specialista per dei colloqui.
Rimango a disposizione per delle consulenze online che possono avvenire sia in video consulenza che telefonicamente.
Cordialità
Dott. Michele Arnaboldi.
Dott.ssa Federica Carbone
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Roma
Buonasera, sarebbe utile che lei potesse spiegare cosa la porta a spingere suo figlio a intraprendere un tale percorso e quali sono le sue resistere nel farlo. Sicuramente la motivazione personale è alla base di un percorso terapeutic, è importante che suo figlio riconosca un disagio e che si dia la possibilità di conoscere il terapeuta, poi la motivazione verrà costruita passo passo con lui.
Dott.ssa Greta Di Marzo
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Prato
Buonasera,
Bisognerebbe capire perchè lei ha l'esigenza di chiedere a suo figlio di iniziare un percorso e provare a spiegare a suo figlio il suo punto di vista, con i relativi vantaggi che ne potrebbe trarre e che noi siamo tenuti al segreto professionale, quindi ciò che verrà detto in seduta rimarrà custodito.
A volte ci frena la paura, il giudizio o semplicemente il credere di non sentirne la necessità . Bisognerebbe entrare in empatia con il ragazzo e fargli comprendere che nella vita ognuno di noi affronta e lavora su se stesso, sui relativi problemi che portiamo dentro ma non tutti sono consci. Spero che in queste poche parole le sia stata utile.
Dott.ssa Carla Ferraro
Psicologo, Psicoterapeuta, Terapeuta
Firenze
Bella domanda, intanto se è minorenne potreste andare insieme da uno Psicoterapeuta per parlarne. Non si scoraggi e lo coinvolga il più possibile, magari una terapia on line potrebbe agevolarlo. Resto a disposizione per un consulto.
Cordiali saluti
Dott.ssa Elisa Fedriga
Psicoterapeuta, Psicologo, Psicologo clinico
Iseo
Buongiorno,
Primariamente potrebbe fare lei un percorso, a volte è più utile una terapia indiretta (con i famigliari, il partner ecc.) piuttosto che con la persona che non ha richiesto una terapia
Dott.ssa Carlotta Cuvello
Psicologo, Psicologo clinico
Argelato
Buonasera, la chiave della sua risposta sta nella parola: motivazione. è il motore che muove tutto, senza di essa non si può intraprendere alcun percorso. Una cosa che potrebbe fare è far riflettere il figlio rispetto alla sua attuale situazione, potrebbe inoltre andare Lei di persona a parlare con un\una specialista in modo da delineare la questione e valutare se la terapia è la strada giusta.
Rimango a disposizione per qualsiasi necessità
Saluti
Dott.ssa Carlotta Cuvello
Dr. Ugo Ungaro
Psicologo, Psicoterapeuta
L'Aquila
Salve lavora attraverso le tecniche legate alla psicoterapia ha anche come presupposto che la persana chieda aiuto per se e che quindi senta come onerosi o disfunzionali alcuni comportamenti. In presenza di una struttura di personalità abbastanza integra questo avviene con una certa facilità diversamente in altre condizioni questo diventa una problema di non semplice soluzione. Un coriale saluto
Dott. Luca Pezzano
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Rosignano Marittimo
Buon giorno! Questa è davvero una missione impossibile… Però mi incuriosisce la domanda… Mi piacerebbe farla riflettere su alcuni impliciti… Cosa crede che otterrebbe con la terapia? Il ragazzo si oppone sono a questa scelta o è un suo atteggiamento consueto? Lei lo con-vincerebbe, intende che sarebbe una vittoria per entrambi?
Dott.ssa Francesca Ape
Psicologo, Psicologo clinico, Psicoterapeuta
Roma
Buongiorno, lei pone una domanda molto interessante ed ostica allo stesso tempo.
Qualora suo figlio fosse maggiorenne, ciò che può fare è provare a parlarne con lui, ascoltando soprattutto ciò che lui ha da dirle.
Se invece fosse minorenne, può provare a fissare un appuntamento da una psicologa insieme a suo figlio e vedere insieme cosa accade andando all'appuntamento. Magari a pelle suo figlio si sentirà accolto ed ascoltato e avrà il desiderio di proseguire.
Qualora avesse bisogno sono a sua completa disposizione.
Un saluto,
Dott.ssa Francesca Ape
Dott.ssa Marianna Pasello
Psicoterapeuta, Psicologo clinico, Psicologo
Ferrara
Gentilissima,
un”ottima partenza potrebbe essere quella di andare lei a parlare con uno psicologo. In questo modo può chiarirsi le idee sulla situazione di suo figlio, inquadrare la problematica, e capire se davvero necessità di un aiuto psicoterapico. Eventualmente insieme al terapeuta potrete individuare le modalità più adeguate per aiutare suo figlio a prendere coscienza della situazione. Questo tipo di intervento “indiretto’ è ancora più efficace, ove possibile, se sono presenti entrambi i genitori.
Cordiali saluti Marianna Pasello
Dott.ssa Francesca Ghislanzoni
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Conegliano
Buongiorno, sarebbe utile conoscere l'età di suo figlio e quali sono i problemi per cui vorrebbe portarlo da uno psicologo. In ogni caso cerchi di portarlo alla consapevolezza di quelli che sono i problemi e del fatto che un percorso psicologico lo può aiutare. A disposizione Dott.ssa Francesca Ghislanzoni - Psicologa.
Dott. René Galante
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Padova
Buongiorno, nell'ipotesi che suo figlio abbia dai 12,13 anni in su, provi a proporgli di considerare pro e contro dell'andare da uno psicologo.
Prenda una penna e un foglio, lo divida in quattro quadrati e scriva:
1 vantaggi dell'andare
2 vantaggi del non andare
3 svantaggi dell'andare
4 svantaggi del non andare
Ragionateci insieme.
Dott. Diego Emmanuel Cordoba
Psicologo, Psicologo clinico
Bergamo
In ambito psicologico sistemico relazionale, convincere un figlio a iniziare la terapia potrebbe richiedere un approccio delicato e rispettoso delle dinamiche familiari e relazionali in gioco. Ecco alcuni suggerimenti:
1. Creare un clima di apertura e comprensione: Prima di tutto è importante comunicare con il figlio in modo aperto e empatico, mostrandosi disponibili ad ascoltarlo senza giudizio. Potrebbe essere utile stabilire un dialogo sincero e rispettoso per comprendere le resistenze o le preoccupazioni del figlio riguardo alla terapia.
2. Coinvolgere la famiglia: Coinvolgere la famiglia nel processo decisionale e nella terapia stessa potrebbe favorire un maggiore sostegno e comprensione da parte di tutti i membri familiari. La partecipazione attiva dei genitori e degli altri familiari potrebbe aiutare il figlio a sentirsi meno solo e più supportato nel percorso terapeutico.
3. Valorizzare la terapia come un'opportunità di crescita: Piuttosto che presentare la terapia come un obbligo o una punizione, è importante valorizzarla come un'opportunità di crescita personale e di miglioramento delle relazioni familiari. Sottolineare i benefici che la terapia potrebbe apportare al benessere individuale e familiare potrebbe aiutare il figlio a percepire la terapia in modo più positivo.
4. Coinvolgere un professionista: Se il figlio mostra resistenza o rifiuto nei confronti della terapia, potrebbe essere utile coinvolgere un professionista, come uno psicologo sistemico relazionale, per aiutare a gestire la situazione e facilitare il processo di convincimento. Il professionista potrebbe aiutare a individuare le resistenze del figlio e delle dinamiche familiari e trovare strategie personalizzate per favorire l'accettazione della terapia.
In generale, è importante rispettare i tempi e i ritmi del figlio, ascoltare le sue opinioni e sentimenti e cercare di costruire insieme un percorso terapeutico che sia accettato e condiviso da tutti i membri familiari. La terapia può essere un'opportunità preziosa per lavorare sulle difficoltà relazionali e personali, migliorare la comunicazione e promuovere un maggiore benessere emotivo per tutto il nucleo familiare. Rimango a sua disposizione per un eventuale colloquio di conoscenza.
Dott. Cordoba
Dott.ssa Silvia Masi
Psicologo, Psicoterapeuta, Psicologo clinico
Treviglio
Gentile utente, comprendo profondamente quanto possa essere faticoso stare di fianco a un figlio che sta soffrendo e che esprime un disagio interno. Non c'è una bacchetta magica, purtroppo, e spesso nei genitori il vissuto di impotenza e confusione rispetto al cosa fare è pervasivo. Potrebbe provare a dirgli che si è accorto/a che sta vivendo un momento di fatica e che lei è disposta a supportarlo e ad essere presente per lei/lui, ma che la sofferenza ha spesso bisogno di qualcuno che sia esperto nel maneggiarla con noi. Pertanto, nel modo che lei trova più affettivo, potrebbe provare a proporre di contattare uno psicologo per un primo colloquio conoscitivo.
Dott.ssa Sara Rocco
Psicologo, Psicologo clinico
Ossi
Buonasera, non si può convincere nessuno a iniziare la terapia, è una scelta che deve maturare nel proprio privato, a meno che non si parli di un minore, ma nemmeno in questo caso lo si può costringere ad andare in terapia. Provi a motivarlo ad educarlo a ciò che lo psicologo può dargli in termini di benefici e che all'interno di un colloquio tutto ciò che viene detto rimane all'interno del setting terapeutico.
Cordiali Saluti.
Dott.ssa Sara Rocco
Buonasera, penso che la chiave della risposta sia da trovare nel dialogo con suo figlio, nel provare a sentire le sue emozioni e il suo vissuto partendo dall'esporre quello che lei da madre sta sentendo e vedendo in lui. In questo modo, magari, si riesce a trovare un punto di incontro comune ad entrambi sul provare ad intraprendere un percorso psicologico, senza far prevalere il proprio sentimento di naturale preoccupazione che magari può scaturire in lei in questo momento.
Dott. Andrea Boggero
Psicologo, Psicologo clinico
Genova
Buongiorno, la sua domanda tocca un punto molto delicato, ma anche molto importante: come aiutare un figlio a comprendere l’utilità di un percorso terapeutico, senza forzarlo o fargli sentire di essere “sbagliato”. Come psicologo ad orientamento cognitivo-comportamentale, posso dirle che questo processo richiede grande sensibilità, pazienza e un ascolto autentico. Le emozioni e le resistenze che un figlio può mostrare di fronte all’idea di intraprendere una terapia spesso non nascono da un rifiuto della cura in sé, ma da paure profonde, da vissuti di vergogna o dalla sensazione che andare in terapia significhi essere inadeguati o giudicati. Il primo passo è quello di instaurare un dialogo che sia quanto più possibile libero da aspettative o giudizi. In questo dialogo, sarebbe utile che lei potesse esprimere, in modo chiaro e sincero, che il suo desiderio di vederlo iniziare una terapia nasce dalla preoccupazione e dall’amore, e non dal bisogno di correggere un comportamento o risolvere un problema a tutti i costi. Spesso, un figlio può sentirsi più accolto se percepisce che il genitore si mette al suo fianco, non sopra di lui. In questo senso, può essere molto potente usare frasi come “mi sono accorto che stai vivendo un momento difficile” oppure “mi farebbe stare più tranquillo sapere che hai un supporto per affrontare quello che stai passando”. L’orientamento cognitivo-comportamentale lavora molto sulla consapevolezza che il cambiamento può avvenire solo se la persona è coinvolta attivamente. Non possiamo forzare qualcuno a stare meglio, ma possiamo creare le condizioni perché possa iniziare a desiderarlo. Talvolta, proporre un primo incontro come un momento conoscitivo, senza impegno a proseguire, può ridurre la percezione di pressione. Anche condividere in maniera semplice e accessibile cosa sia la terapia, come funziona, e cosa si fa in un contesto terapeutico può abbattere molte barriere mentali che ruotano attorno all’ignoto. I giovani, in particolare, possono sentirsi rassicurati se capiscono che la terapia non è un interrogatorio né un’etichetta, ma un luogo sicuro dove poter esprimere sé stessi, anche quando le parole mancano. È anche utile esplorare con lui eventuali pregiudizi o paure: teme di essere giudicato? Di perdere controllo? Di essere visto dagli altri in modo diverso? Dare spazio a questi timori, legittimandoli ma anche provando a correggere le distorsioni più rigide che possono alimentare la resistenza, è un passaggio fondamentale. A volte può servire il tempo, altre volte può essere determinante il suggerimento di una persona terza di fiducia, come un insegnante, un parente, un medico. Se suo figlio è molto chiuso rispetto a questo tema, può essere utile anche che lei possa incontrare uno psicologo per ricevere supporto su come comunicare meglio con lui e affrontare questa situazione in modo più strategico. Perché anche il ruolo del genitore, in questi casi, è faticoso e merita attenzione e cura. Resto a disposizione. Dott. Andrea Boggero
Dott.ssa Sara Petroni
Psicologo clinico, Psicologo
Tarquinia
Salve,
parto dal presupposto che si parli di un minore perchè in caso contrario la scelta spetta solo ed unicamente alla persona in oggetto.
Convincere un figlio a iniziare una terapia richiede tempo, rispetto e un approccio graduale. Non si tratta di “convincerlo”, ma di aiutarlo a capire che chiedere aiuto non è una debolezza.

Può iniziare evitando di imporre la decisione: proponga la terapia come un’occasione per stare meglio, non come una punizione o una soluzione ai problemi. Usi frasi come “potrebbe esserti utile parlare con qualcuno che non ti giudica” oppure “non devi farlo per noi, ma per capire cosa ti fa stare meglio”.

È utile anche offrire libertà di scelta, ad esempio nella selezione del professionista o nella modalità (in presenza o online), così da farlo sentire parte attiva del percorso.

Infine, dà l’esempio di apertura, mostrando che prendersi cura della salute mentale è normale come curare quella fisica. Se percepisce serenità e fiducia da parte sua, sarà più facile che accetti di provarci almeno una volta.


Dott.ssa Sara Petroni

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