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Esperienze

Mi dedico con passione al mio lavoro e allo studio dell’animo umano, facendo esperienza tutti i giorni che si può attraversare le nostre oscurità in sicurezza e si può rinascere dalla nostra sofferenza.
Mi sono specializzata in psicologia analitica junghiana e mi occupo seriamente anche degli studi astrologici e orientali portati avanti da Carl Gustav Jung.
L'accoglienza della persona è un requisito fondamentale per poter impostare una terapia di breve o più lungo termine che vada a indicare gli obiettivi e la sintesi del processo di cura.
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B
Presso: Consulenza online colloquio psicologico

Sono in terapia con Anna da quasi due anni. È una psicologa molto professionale, empatica e attenta. Mi trovo davvero bene e la qualità della mia vita è anche migliorata. Molto consigliata per chi vuole iniziare o proseguire un percorso di psicoterapia.

C
Presso: Studio Anna Periz - Verona psicoterapia

La dottoressa Periz è professionale ed empatica.
Nel mio percorso con lei ho sempre notato la capacità di entrare in sintonia che la contraddistingue e come mi ha aiutata in punta di piedi ma con tenacia, facendomi sempre vedere diversi punti di vista. Sa essere una figura di riferimento, un’alleata instancabile e una saggia ascoltatrice.
Personalmente è estremamente consigliata.

M
Presso: Altro Altro

Una terapeuta competente, informatissima e anche molto interessante, capace di aiutare molto anche in momenti difficili, disponibile sia in presenza che online

Dott.ssa Anna Periz

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Risposte ai pazienti

ha risposto a 4 domande da parte di pazienti di MioDottore

Buonasera a tutti, sono qui per esporvi quello che per me sta diventando un grande problema. Io sono una ragazza di 27 anni e sono fidanzata con quello che è il mio ragazzo da circa 5 anni. Allora, cominciamo dal principio. Io mi porto dietro una situazione familiare non leggerissima, che vuoi o non vuoi mi ha portata ad avere un carattere e mentalità diversi, rispetto magari ad altre ragazze e ragazzi della mia età. Io sono cresciuta con i miei zii, senza genitori, e mia zia in particolare per la me bambina era diventata come un punto di riferimento. Sono una ragazza timida, insicura di se stessa, matura su molte cose, ma meno su altre. Sono una ragazza anche intelligente mi dicono in molti, sensibile, sempre spesso titubante e incerta, ancora in fase di costruzione della vera me (sto infatti seguendo da pochi mesi un percorso di psicoterapia, per aiutarmi). Sono anche una persona empatica e se posso cerco sempre di evitare che gli altri possano stare male a causa mia, e attualmente ho solo due amiche serie, ho difficoltà nello stringere rapporti. Spero di essere riuscita a mostrarvi bene o male un quadro generale di me stessa, così da rendervi più chiaro quello che dirò adesso.
Come ho detto inizialmente sto con questo ragazzo da circa 5 anni, i primi 3 anni e mezzo circa sono andati bene, tutto perfetto più o meno, qualche litigata ogni tanto, qualche considerazione, ma nulla di eccessivo. Da un annetto a questa parte invece, più o meno, la situazione è leggermente cambiata. Forse sbaglio io a renderlo troppo partecipe delle cose che succedono in casa mia e a me in generale, ma ultimamente si è messo a criticare non solo alcune mie scelte e modalità, ma anche quelle del resto della mia famiglia, in particolare mia zia. Quasi ogni volta che mi capita di dire "mia zia oggi ha fatto così per risolvere quello che ti dicevo ieri" e lui puntualmente mi risponde "mi sembra che tua zia faccia solo ca##ate" o frasi del genere, che comunque a prescindere vanno a degradare quello che fa lei. Giusto pochissime volte mi capita di sentirgli dire che mia zia ha fatto la scelta giusta a fare una determinata cosa. Ma questo adesso è il male minore, però una cosa che mi infastidisce, perchè comunque mia zia è una persona adulta che vuoi o no, nella vita ha svolto un lavoro importante, che nonostante i suoi mille problemi ha raggiunto la laurea, si è realizzata professionalmente e si realizza ogni singolo giorno della sua vita. E' una persona intelligente ed estremamente dinamica.
Comunque, a parte ciò, come dicevo è un periodo che le sue critiche nei miei confronti stanno aumentando sempre di più. Ogni scusa è buona per ricordarmi sempre le stesse cose. L'apice, però, lo abbiamo raggiunto circa due settimane fa, verso la fine della prima settimana di ottobre. Per una certa situazione ci siamo ritrovati a confrontarci al telefono per cercare insieme di trovare una escamotage, all'inizio tranquillamente, ma dopo un po' la situazione ha iniziato a degenerare ed io mi sono ritrovata ad alzare di tanto il tono della voce, cosa che cerco sempre di evitare perchè non sopporto quando si urla, fino a quando stremata ed esausta gli ho chiesto se potessimo riprendere a parlarne il giorno dopo, perchè in quel momento volevo solo staccare e riposare la testa. A quel punto lui mi ha detto di sì, e che però forse prima o poi avremmo dovuto iniziare a prendere in considerazione l'idea di staccare per un po' tra di noi, prenderci una pausa. Io gli ho detto di sì, che ero d'accordo e poi abbiamo chiuso. Per qualche giorno poi non ci siamo sentiti, nè messaggi, chiamate o altro, zero assoluto. Finchè circa quattro giorni dopo mi sono decisa io a scrivergli, per cercare un chiarimento e di parlare un attimo di quello che ci eravamo detti...ok tutto, ma quei giorni senza sentirlo li avevo vissuti male, forse più che altro avevo preso male il modo in cui ci eravamo salutati, non so, solo una mia idea. Comunque, lui mi risponde e concordiamo poi quando vederci. Ci vediamo e parliamo. Lui mi ha detto che di me non sopporta il mio essere troppo buona, dice che dovrei essere un pò più stronza, perchè secondo lui il resto del mondo è stronzo e quindi per non farmi fottere e sopraffare dagli altri dovrei diventare stronza anche io, meno sensibile ed empatica verso gli altri. Mi ha detto anche che secondo lui sono troppo dipendente da mia zia, e che secondo lui il giorno che non ci sarà più mia zia io non sarò in grado di camminare con le mie gambe, soprattutto dal momento che all'infuori di lei non ho altri parenti e che tanto anche le amiche un domani non ci saranno più perchè il destino di noi esseri umani in età adulta è quello di essere soli. Poi mi ha detto che non sono in grado di gestire bene i problemi, perchè mi faccio sempre condizionare da mia zia e sempre secondo lui, la maggior parte delle volte mando avanti lei per fare certe pratiche (commercialista, banca, notaio, assemblee, pagamento di bollette...). Io non mando avanti lei, semplicemente la casa è la sua e non è che posso andare e dirle "eh ma tu non capisci un ca##o, queste cose non le sai fare" e prendere io le redini così senza nemmeno curarmi delle sue scelte e desideri. In base a questo mio atteggiamento lui dice che sono debole e passiva, io invece lo chiamo rispetto. Rispetto verso qualcuno che quella casa in cui viviamo, se la sono sudata con il lavoro lei e mio zio. Dice che dovrei iniziare ad intromettermi io in queste cose, perchè lei inizia ad essere anziana e quindi certe cose devo iniziare a farle io, sennò poi non ci saprò nuotare in tutte le pratiche, perchè a quanto pare sono troppo scema per capire come pagare un bollettino o come chiedere un 730 al commercialista. Non serve che mi alleno per queste cose, e secondo me questa sua pretesa che io tolga le redini a lei perchè io devo imparare mi sembra troppo pretenziosa, mentre per lui è un mio atteggiamento di passività. Come allo stesso modo sono passiva quando si tratta di dover prendere delle decisioni, lui ritiene che non ho mai una opinione mia e che devo sempre aspettare che qualcuno si muova per me, che mi faccio trainare. Ma questo non è vero, semplicemente io dico la mia, lui dice la sua (o chiunque altro) e a quel punto si decide insieme cosa fare, dove andare. Ma non vuol dire essere passivi, vuol dire decidere insieme. Poi se sbaglio correggetemi voi, ma io non mi sento di essere proprio quello che ha descritto lui.
Comunque, io più o meno ho finito, diciamo il grosso è questo. Adesso siamo rimasti che ci diamo qualche mese di tempo e poi vediamo...lui ha detto "eh poi bisogna vedere se cambi carattere". E' una cosa che mi ha dato alquanto fastidio, soprattutto perchè anche io ho detto delle cose che non mi vanno bene di lui, invece qui pare che l'unica persona a dover cambiare sono io. Scusate il lunghissimo papiro che ho scritto, ma le cose da dire erano molte. Principalmente vi ho scritto per chiedervi un parere...intanto siccome già immagino, già vi dico che di fare terapia di coppia non se ne parla, non è assolutamente il tempo e nemmeno il tipo. Io vi chiedo un parere su quello che secondo voi dovrei fare. Perchè da una parte la testa mi dice di mandarlo a quel paese, mentre il cuore no, perchè vuoi o non vuoi stiamo insieme da tanto ed io gli voglio bene. Non so proprio quello che devo fare, sono veramente angosciata. Su alcune cose posso anche lavorarci, ma su altre credo sia impossibile.
Grazie a tutti quelli che mi risponderanno, vi prego ma ho davvero bisogno del vostro aiuto

Buonasera, lei descrive un quadro articolato e una relazione che sta attraversando delle prove di coppia importanti. Sembrano esserci molti sentimenti e nuovi conflitti da far evolvere.
Nei conflitti citati emerge una messa in discussione delle prospettive del suo compagno e questo è segno di introspezione, indipendenza di pensiero, autocritica, nonostante le incertezze e le ambivalenze che emotivamente possiamo nutrire. É normale in una coppia che si conosce da alcuni anni iniziare anche a segnalarsi le proprie differenze, oltre che le proprie comunioni. A volte le differenze risultano essere inconciliabili; a volte sono nuova linfa di crescita per entrambi. La psicoterapia è un ottimo spazio per analizzare questi cammini di crescita, sia individuali che di coppia (senza essere necessario affrontare una terapia di coppia).
Bisognerebbe inoltre capire meglio cosa si intenda per “essere troppo buoni” o “essere più strXX”; sono concetti relativi che possono essere compresi solo in un quadro di insieme più ampio e soprattutto chiariti individualmente.
La stessa frase “lui ritiene che non ho mai una opinione mia e che devo sempre aspettare che qualcuno si muova per me, che mi faccio trainare” lascerebbe intendere aver pesato molto in lei, eppure, allo stesso tempo, lei sembra essere disposta a continuare a mettersi in discussione per partorire una propria visione più serena sia di se stessa, che del compagno. Non posso che augurare un ricco cammino psicoterapico per incoraggiare una sua posizione sia nel caso di continuità della coppia, sia del suo percorso individuale di fedeltà a se stessa e fedeltà ai propri sentimenti.

Dott.ssa Anna Periz

Domande su consulenza psicologica

Salve a tutti, vi scrivo per chiedervi un consiglio in merito ad un dubbio circa la psicoterapia in generale e un dubbio circa l'orientamento migliore che fa al caso mio.

Premessa, da pochi mesi si è interrotta una relazione per me importantissima durata 7 anni (interrotta via messaggio e senza alcun tipo di spiegazione).

Di conseguenza, ho iniziato dei percorsi di psicoterapia per risolvere dei problemi, ma senza alcun tipo di risultato (cognitivo-comportamentale e gestalt).

Illustro i problemi.
1) vorrei elaborare la fine della relazione.
Nonostante ormai mi sia abituato all'assenza di questa persona, non riesco ad andare avanti perché non capisco cosa è successo e perché sono stato trattato così. Mi piacerebbe ricostruire il tutto per capire sostanzialmente chi avevo accanto e perché è successo tutto questo, anche per capire come migliorarmi ed evitare di mettere in atto bisogni/pensieri/dinamiche disfunzionali in una prossima relazione... ciò in virtù del fatto che per me questa persona era troppo importante, e non capire perché c'è stato questo abbandono improvviso, mi distrugge (non mi permette di staccarmi definitivamente, soprattutto perché mi sento in colpa, e non capisco se ho commesso errori che giustificano questo trattamento o meno)
Vi illustro solo un paio di domande che mi assillano.
Es: ero troppo geloso oppure l'altra persona aveva modi esagerati che farebbero star male chiunque? È andata via per colpa dei miei errori fatti oppure lei voleva solo ricevere e nel momento del bisogno è scappata?

2) il secondo motivo che vorrei che la psicoterapia mi aiutasse a risolvere, è capire cosa posso aspettarmi dalle relazioni e dagli altri.
Ho notato come i miei bisogni e le mie idee di relazione (che tendono all'equilibrio) non sono riscontrabili nella realtà, in quanto mi portano ad allontanarmi da tutti, quindi vorrei capire tramite il terapeuta se (oggettivamente parlando) chiedo troppo in una relazione in tema di amore e rispetto.

In poche parole vorrei capire come ci si comporta in relazione (non ho più una visione chiara) e capire quali sono quei comportamenti/pensieri/idee che sono oggettivamente tossiche e da evitare...al fine di capire chi sono quelle persone buone per la mia vita e chi invece allontanare perché è tossico.
Oppure, semplicemente moderare le mie aspettative in amore e rispetto.
Il punto è che con questi 2 tipi di approcci, mi è stato detto che io da solo devo capire cosa per me non va bene (tramite le emozioni e il corpo) senza darmi un aiuto che mi renda consapevole di queste dinamiche.

Mi è stato detto che non c'è niente di giusto e sbagliato, e ciò mi ha reso più confuso..questo perché penso che un minimo di regole sociali esistono, e che ci sono comportamenti/idee/pensieri che in coppia non dovrebbero essere attuati perché (a prescindere dai propri bisogni) possono creare dinamiche disfunzionali come dominante/sottomesso, cioè poco equilibrate.

Questi 2 approcci mi hanno messo il dubbio che tutto è soggettivo, ed ognuno può cercare cosa vuole nelle relazioni, basta soltanto che ci sia un accordo tra le 2 parti..quindi come se non esistessero doveri morali in tema di amore e rispetto.

Secondo questa logica, potrei anche sentire il bisogno di avere una ragazza accanto che non frequenta alcun tipo di amico del sesso maschile, e ciò va bene se l'altra parte è d'accordo.
Per questo penso che questi 2 metodi non facciano al caso mio.. perché penso "la mia emozione può dirmi che sono geloso, e può anche dirmi di chiedere alla mia ragazza di non frequentare nessuno, ma ciò non toglie che questo valore è disfunzionale e per niente sano".
Tutte le emozioni vanno contestualizzate.
Se dovessi seguire solo la mia emozione (come dicono questi 2 psicoterapeuti) finirei per abusare dell'altra persona.
PS: il punto è che se seguo la mia idea (di cercare l'equilibrio) finisco che dimentico me stesso e i miei bisogni e inizio a vivere solo per le relazioni e l'altro.

Mi piacerebbe che la psicoterapia mi aiutasse a rispondere a queste domande, tramite un dialogo costruttivo..invece mi sento dire che devo capirlo da solo...ma allora perché sono in psicoterapia? Se riuscissi da solo non sarei di certo qui a chiedere aiuto xd

Per questo vi pongo 4 domande.
1) Voi credete che tutto è soggettivo o ci sono concetti oggettivi in termini di amore e rispetto, che se non presenti indicano la presenza di una persona tossica?
2) la psicoterapia può aiutarmi ad elaborare il lutto della separazione (permettendomi di capire cosa è successo e chi avevo accanto) & permettermi di capire se pretendo troppo nelle relazioni (romantiche e amichevoli), tramite dialogo e spiegazione dettagliate?
3) l'orientamento analitico transazionale forse fa al caso mio? Ho letto un po' su questo orientamento e sembra possa aiutarmi a risolvere i dubbi detti sopra, voi che ne pensate..Si occupa di ciò che chiedo, se sì nel particolare di cosa e come potrebbe aiutarmi?
Vi ringrazio per la lettura.

PS: ho già parlato col terapeuta di queste esigenze, ma più e più volte la risposta ricevuta è sempre la stessa "lo capirai da solo". Ma come può la mia emozione farmi capire che posso limitare ingiustamente la libertà altrui?
Ciò per me oltre ad essere logicamente impossibile, inoltre non ha avuto alcun risultato, perché dopo 2 percorsi e dopo varie sedute non ho risolto un bel niente

Gentile Utente, la sua ricerca di risposte a conclusione di una lunga relazione sentimentale interrotta - come sembra dalle sue parole - improvvisamente e senza un confronto, un dialogo sui motivi della scelta di separarsi è un bisogno doveroso ed etico. Capita tuttavia nella vita di non poter chiudere in coppia, insieme, la relazione sentimentale, ma di trovarci nella propria interiorità a risolvere enigmi, a unire puntini che sia nella nostra biografia, sia in rapporto con il partner rimangono inizialmente incomprensibili e slegati.
Lo spazio della psicoterapia e lo spazio relazionale con il proprio analista sono un campo di riflessione importantissimo in cui analizzare le dinamiche relazionali in tutti i chiaroscuri e se Lei ritiene di essere ancora insoddisfatto ha tutto il diritto di continuare la propria ricerca fino a che i puntini della Sua storia non si uniranno secondo un proprio filo logico (anche secondo la logica del cuore, non solo della mente).
Nella vita è ovvio che siamo tutti determinati dalla nostra prospettiva individuale, dalla nostra cultura di appartenenza, dalla cultura familiare, dalla nostra passata esperienza, ma questo non esclude che vi siano anche dei codici sociali, delle responsabilità etiche, delle responsabilità nei rapporti interpersonali in cui tutti come comunità sociale siamo inseriti. Non dare spiegazioni sulla decisione di interrompere una relazione di 7 anni e via messaggio (senza quindi lo scambio visivo, la complessità di un confronto in cui tutta la presenza sia coinvolta) è comprensibile che venga vissuto per esempio in maniera frustrante, deludente, umiliante, persecutoria, o molto altro ancora. Sicuramente Lei ha diritto a cercare di trovare le proprie risposte fino a che non sentirà di poter chiudere questo capitolo della propria vita e poter serenamente aprirsi al nuovo che avanza. Questa disposizione è - detta con altre parole - una completa e riuscita elaborazione del lutto di una relazione finita e finita in maniera scioccante, dall’oggi al domani senza discorso. Se qualche passaggio dell’elaborazione manca o è deficitario, non si riesce psicologicamente ad andare oltre e può accadere spesso che in futuro ci si ritrovi in situazioni simili, proprio perché non ben comprese (e per comprensione non mi riferisco naturalmente a un problema logico formale, razionale, ma soprattutto a una comprensione emotiva, dei propri sentimenti e della storia dei propri sentimenti).
Un orientamento analitico che preveda un’indagine delle dimensioni sia coscienti che inconsce, unitamente all’analisi dei sogni e una precisa indagine della sua biografia è quello che mi sentirei di consigliare. Vi sono molti orientamenti clinico-dinamici oltre quello junghiano di mia precisa competenza, penso all’orientamento fenomenologico, lacaniano, freudiano, e molto altro ancora. Ricordiamoci sempre che oltre l’orientamento è necessario che vi sia la chiara percezione individuale di stare bene con il proprio terapeuta: è prima di tutto un incontro tra due persone che devono stimarsi e sentirsi a proprio agio, per poter procedere nella navigazione interiore.
Dalle sue parole sembra che Lei si sia sentito solo nella relazione analitica e questo, effettivamente è un problema che dovrebbe essere preso molto seriamente.

Dott.ssa Anna Periz
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