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Prestazioni e prezzi

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Prestazioni suggerite


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Medico Psicoterapeuta Vittoria Finzi

la consulenza ha una durata di 45 min, i minuti restanti sono utilizzati per annotazioni di carattere clinico



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Esperienze

Su di me

Sono Medico-Chirurgo, Psicoterapeuta, formata come psicanalista di orientamento junghiano, oltre che in medicina psicosomatica di indirizzo ecobiopsi...

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Formazione

  • Università di Bologna: Facoltà di Medicina e Chirurgia
  • GRUPPO AUTONOMO DI PSICOLOGIA ANALITICA, (GAPA)
  • Associazione Nazionale di ecobiopsicologia (ANEB)

Specializzazioni

  • Psicoterapia
  • Psicosomatica

Tirocini

  • Policlinico S.Orsola_ Malpighi in Bologna, Struttura psichiatrica Villa dei Fiori, Usl in Imola (Bo)
  • Ant-Bologna
  • reparto psichiatrico di diagnosi e cura, Villa dei Fiori ,Imola
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Competenze linguistiche

  • Francese,
  • Inglese,
  • Italiano,
  • Tedesco

Pubblicazioni e articoli

Pubblicazioni (30)

Punteggio generale

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O
Presso: PSICOTERAPEUTA MEDICO-CHIRURGO psicoterapia

Ho iniziato il percorso terapeutico con la dottoressa Finzi in un momento di difficoltà. La dottoressa mi ha aiutata non solo con il problema specifico, ma sostenendomi in un percorso di crescita e consapevolezza molto importante. Consiglio vivamente la dottoressa Finzi per l'estrema professionalità, empatia e disponibilità. Ho sperimentato sia le sedute in presenza che quelle on line. Molto attenta e competente, fa sentire a proprio agio e instaura un rapporto umano e costruttivo.

Dott.ssa Vittoria Finzi

Grazie! Lei ha fatyo un percorso che la ha portata a un cambiamento davvero molto importante grazie anche a se stessa e al sui desiderio di miglioramento. AUGURI CARI.

B
Presso: PSICOTERAPEUTA MEDICO-CHIRURGO psicoterapia

La Dott.ssa Finzi è una professionista disponibile ed accogliente, si sente che ha una grande esperienza nel suo lavoro, mi ha aiutata ed ha colto aspetti di me in breve tempo e mi ha guidata nella conoscenza approfondita di me stessa per il superamento dei miei problemi.
Il suo studio è facilmente raggiungibile con qualunque mezzo.

Dott.ssa Vittoria Finzi

Grazie!

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Risposte ai pazienti

ha risposto a 13 domande da parte di pazienti di MioDottore

Buongiorno chiedo un parere su come affrontare una situazione con una persona a me molto cara: è un ex collega di lavoro di 33 anni , io ne ho32, che non vedo da oltre un anno perché è tornato a lavorare in Svizzera, con cui c’è stima e affetto reciproco. Ci fu un episodio di intimità sul lavoro ma rimase isolato perché fidanzato da molti anni. Nonostante questo mi disse gli piacevo troppo e che ci saremmo dovuti conoscere molto tempo fa. Dopo quell'episodio di intimità pensando si potesse avere per lo meno un rapporto di amicizia, o avere occasione di conoscerlo, sono stata troppo insistente in quanto non riuscivamo ad avere un dialogo a voce pur vedendosi ogni giorno. Nonostante la mia insistenza nello scrivergli ogni giorno cercando un dialogo con lui che non era possibile per chat ha sempre cercato di farmi capire la sua persona. Mi ha detto che non si racconta - credo intendesse per chat- che mi vuole bene ma di smettere di pensare potessimo avere una corrispondenza. Che per lui restare in contatto significava sentirsi 2 volte l’anno e che trovava inquietante gli chiedessi che lavoro facesse ora o dove si trovava. Quando ha capito che non ero più in contatto con altri colleghi mi ha detto comunque " Bene ... e ti ripeto che se tornerò te lo farò sapere e ci faremo un saluto". Si limitava a rispondermi seccato dalla mia insistenza. Solo Ad agosto dopo molti mesi ho capito che per non perderlo del tutto avrei dovuto fare un passo indietro contattandolo con meno insistenza e frequenza e cercando la sua persona. Ho notato un piccolo cambiamento nel cercare di mantenere un contatto con me e una minima apertura, chiedendomi a sua volta qualcosa o una disponibilità a mantenere un dialogo aperto, anche se i suoi messaggi sono sempre di due righe e coincisi. Mi ha detto che è molto preso in questo periodo scusandosi di questo. Dopo un anno di sola chat e un rallentamento da parte mia nel cercarlo, gli ho chiesto se sarà possibile quando sarà più libero farsi un saluto a voce e mi ha risposto “Contaci, tranquilla” ma anche questo inverno non tornerò. Mi dispiace molto non sapere più nulla di questa persona, mi chiedo se e come possa esserci comunque un rapporto di amicizia, gli impedimenti che abbia nel poter rendere effettiva una chiamata e come questa persona voglia restare in contatto manifestando comunque interesse nel potersi rivedere. La mia parte la sto facendo continuando a concentrarmi sulla mia vita e cercando di mostrare una persona rispettosa dei tempi di risposta, non sempre presente, dell’altro. Trovo incomprensibili alcuni suoi silenzi alla richiesta di che serie gli siano piaciute alternati a risposte che mi fanno capire gli faccia piacere non perdersi nel tempo. A volte risponde dopo un giorno ai miei messaggi che cerco di mantenere brevi sapendo non ami chattare ma nonostante questo e la consapevolezza di essere stata pesante con lui, a volte non ho risposte per giorni. Quello che mi rattrista molto è non avere fiducia nel non poter sapere nulla della sua vita attuale o in che città sia in contrasto alla manifestazione di potersi risentire in chiamata con un dialogo o rivedersi nella vita. Qualche mese fa si confidò dicendomi un pezzo della sua vita che è stato in psicanalisi 19 anni trasformando il dolore e la sofferenza in coscienza e che non sente il bisogno né il desiderio di condividere le cose. Cosa significa per voi? È possibile mantenere vivo un contatto con qualcuno che tende ad isolarsi così allo stesso tempo mantendendo affetto e stima esistenti? La distanza e il non poter vedere qualcuno che abbiamo nel cuore frena nel poter riavere un dialogo?

Buonasera.
Gentilissima, dalle sue parole direi emerga una idealizzazione della persona in questione che resiste a ogni elemento di realta' esterna.
Le proiezioni inconsce andrebbero elaborate perche' altrimenti viviamo sulla base di una nostra realta' interna inconscia che ci sfugge di mano, come essere su un cavallo senza briglie che ci porta dove vuole lui, senza che noi lo si possa guidare utilmente.
Se cone pare questa condizione la fa soffrire, e da tempo, si faccia aiutare a comprendere cosa di Lei la porta in questa empasse.
Se volesse un percorso di analisi personale con un professionista dedicato la potra' aiutare
I migliori auguri.
V.Finzi.

Dott.ssa Vittoria Finzi

Gentilissimi,
nonostante la mia tenera età.. di 45 anni soffro maledettamente la teatralità sul lavoro nei rapporti sociali che poi si traduce in totale egoismo.
Mi spiego, non parlo dell'egoismo lavorativo ma di quello sociale, dei rapporti (anche extralavorativi) che si formano ma in cui vige l'unica regola che vede il rapporto esistere fin tanto che uno accetta (si adegua) al modo di fare dell'altro/a anche se questo a volte ti può ferire altre volte disgustare. Nel momento in cui il primo inizia a dire "esisto anche io" e inizia a mettere dei paletti per non rimanerci sempre male, automaticamente le strade si separano.
L'ho vissuto io ma vedo che sussistono tra tutti queste situazioni.

Assisto a colleghe che stanno sempre assieme, ridono, si frequentano anche fuori, una cambia ufficio e immediatamente viene dimenticata dall'altra, persino le cene dell'ufficio sono io ad includerla ma non "l'amica" coi cui non ha litigato ma semplicemente cambiato ufficio.
Assisto a quello che cambia ambiente dopo 10 anni di lavoro assieme e sentire il collega di turno con cui non ha mai avuto alcun litigio esclamare ma sai che ce ne frega che se n'è andato?
Assisto alla collega lamentarsi della mancata socializzazione (e pesantezza) ma se un collega pubblica una foto per condividere un proprio piacere personale, sentirla esclamare ma sai cosa ce ne frega di quello che fa quando va in vacanza!
Assisto a diversi colleghi invitarmi a cucinare qualche volta per loro (essendo una mia passione) per stare assieme ma in 7 anni nessuno mai si è sognato di invitarmi a casa loro.
Assisto al collega che dopo tre anni di lavoro assieme, ridere assieme, scherzare, condividere parte della propria vita, aiutarsi nei momenti più complicati, che tutti lo abbracciavano elogiandone la bella persona, dimenticato il giorno dopo il cambio di ufficio dalla stragrande maggioranza dell'ufficio..
ma più sentito poi? No.. ma potrebbe farlo anche lui. (e io che penso, ma scusa eravate voi a incensarlo non il contrario).
Assisto ai compagni di merende che frequentare pure le rispettive case, dementicarsi totalmente dal giorno dopo in cui uno dei due va via.
Assisto alla collega che va matta per me, che mi fa mille complimenti, sei una bellissima persona, sei uno dei pochi che si salva, mi abbraccia affettuosamente e la trovo anche una persona sincera, chiedermi desiderosa (anche in modo "affannoso") di essere contattata quando si organizza una cena ma poi vengo a sapere che con in paio di colleghi/e vengono a cena sotto casa mia, nessuno si degna di dirmi scendi vieni anche tu. Io comunque continuo a chiamarla.

Io personalmente, in altro ambiente lavorativo, ho legato tantissimo con un paio di loro (una dei due mi voleva un bene immenso ed era evidente) più perché erano loro a cercarmi di inserirmi nelle loro vite, conoscevo le famiglie, ci frequentavamo piacevolmente con stima e rispetto, sia al lavoro che fuori dal lavoro, solo perché stava finendo mio padre per un brutto male e chiesi loro di organizzare la solita birrata per farmi distrarre un paio di ore, loro che mi erano stati sempre vicino emotivamente in quel periodo, "non ottenendo" il via libera di una terza collega (me lo raccontò una terza persona presente, dispetti psicopatici..), da quel giorno non solo non ebbi più una risposta al mio invito ma sono spariti nel momento in cui chiesi come mai meritassi quel comportamento controtendente a quanto fatto vedere fino a quel momento, e ovviamente mortificato da tale atteggiamento alzai paletti prendendo la mia via deluso ( affermando il concetto di "esisto anche io"), loro non si sono più fatti sentire per poi tornare dopo quasi due anni di silenzio (eccetto per le condoglianze) senza alcun chiarimento, non dico le scuse, ma con un semplice e timido messaggio che sembrava chiedesse "andiamo oltre?". Ovviamente mi sembrava troppo poco.
Questa mia reazione secondo voi è stata così malsana?? Sono realmente io il problema dell'involuzione di questi rapporti?? Ho chiesto così tanto?? Siate diretti per favore..

Tornando all'oggi e più in generale, sembra come se TUTTI fossero pietosamente con la mano tesa nell "elemosinare" agli altri ma NESSUNO, nemmeno quelli/e che dicono di apprezzarti, disposti a tendere la mano per includere il prossimo.

Io lo soffro dannatamente questo comportamento.. provo disgusto psicofisico dell'assistere come in ambiente lavorativo si creassero rapporti che vivono solo finché si lavora assieme, come se non se ne potesse fare a meno di legare umanamente piuttosto di recarsi al lavoro, salutare, lavorare, distrarsi con una chiacchierata ma senza lanciarsi in rapporti consapevoli che finiscono il giorno dopo in cui le strade lavorative si dividono.

Che problema ho? Su cosa devo maturare? Sapreste darmi qualche spunto per lavorarci, o per capire come approcciarvi a questo egoismo o individualismo che si respira negli ambienti alvorativi o quanto meno saperla digerire con un sorriso?

Un po' come allo stadio sembra che tutto sia concesso, anche ciò che nella società non lo è.. così nei luoghi di lavoro sembra un teatro, forti legami che poi spariscono, amicizie che si sciolgono come neve al sole appena non si è più utili, rimanendo a mala pena il ciao come va quando ci si incontra per strada. Un teatro, una finzione.

Gentile Signora.
Sua descrizione troppo lunga. Buona serata.
VF.

Dott.ssa Vittoria Finzi

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