Dott.
Giacomo Caiani
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Esperienze
Su di me
Mi chiamo Giacomo Caiani, psicologo e psicoterapeuta
Dopo aver concluso la laurea triennale in Scienze Psicologiche della Personalità e delle R...
Formazione
- Università degli Studi di Padova
- Scuola Lombarda di Psicoterapia ad indirizzo Cognitivo Nuropsicologico
Specializzazioni
- Psicoterapia
- Psicoterapia Cognitiva Neuropsicologica
- Psicologia Clinica
Tirocini
- Azienda Ospedaliera - Università di Padova
- Consultorio Centro della Famiglia Edith Stein
Competenze linguistiche
- Italiano,
- Inglese,
- Spagnolo
Premi e riconoscimenti
- Master's degree in Cognitive Neuroscience and Clinical Neuropsychology
Pubblicazioni e articoli
5 recensioni
Punteggio generale
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A. F.
Per la prima volta mi sento ascoltata. Dal primo incontro si è creata una linea di fiducia che mi permette di parlare liberamente. Professionale e attento.
A.C.
Ho conosciuto il dott. Caiani in ambito professionale e posso riconoscergli competenza e grande professionalità. Svolgendo una professione di aiuto, ricorro alla sua consulenza per inquadrare situazioni complesse ottenendone sempre una prospettiva illuminante ed indicazioni utili.
Risposte ai pazienti
ha risposto a 44 domande da parte di pazienti di MioDottore
Buona sera,
non so bene da dove iniziare, ma diciamo che dall’anno nuovo, la mia vita si è stravolta un poco ed è come se non sapessi più davvero cosa voglio e desidero per essere felice. Prima però di porre il quesito, ho bisogno di spiegare certi avvenimenti accaduti in questi mesi passati.
A febbraio di quest’anno, mio padre viene ricoverato d’urgenza.. Si scopre che ha un tumore ed io e mamma ne rimaniamo addolorate.
In tutta la mia vita non avrei mai pensato potesse succedere proprio a me, ho sempre idealizzato tutto sarebbe andato liscio come l’olio, sarebbe stato rose e fiori.
Realizzo in quel momento che nessuno di noi è invincibile, nemmeno il papà che ho sempre pensato lo può essere e che nella vita purtroppo anche a sè stessi possono toccare certe cose e non solo agli altri.
Inspiegabile è il dolore provato, tanto da averne i conati e il mal di testa, e da voler pensare che piuttosto di star male così per un qualcuno a cui voglio bene, piuttosto avrei preferito averlo io quel tumore.
A Marzo vado a trovare mia zia in un’altra regione, anche essa ha un tumore da quattro anni, stava poco bene ma nessuno di noi si sarebbe aspettato che due settimane dopo essere stata per un po’ di giorni sotto il suo tetto, lei ci avrebbe lasciato.
Il dolore provato era indescrivibile, l’idea che nel ventunesimo secolo una donna giovane, tenace e determinata a lottare con le unghie e con i denti a vivere la vita, se ne sia andata per me è tutt’oggi impensabile.
Non sto qui a raccontare tutti i dettagli dietro a questa storia, ma per me è stato difficile da accettare sapendo che potrebbe essere ancora qui, che due settimane prima l’ho salutata dicendole: “mi raccomando zia, continua ad essere forte, non mollare” senza nemmeno sapere quella sarebbe stata l’ultima volta in cui l’ho potuta abbracciare e vedere.
I mesi successivi sono stati deleterio, nonostante continuassi a vivere la mia vita, dare gli ultimi esami, e fare tutto ciò che sapevo di non poter mollare, dentro di me vivevo buio, sofferenza, rabbia e pensieri costantemente negativi.
Non dico che le cose siano cambiate enormemente, semplicemente attualmente mi sembra di vivere la vita procrastinando e anestetizzando pensieri, sofferenze, salute mentale.
Spesso mi sento come se vivessi la vita, sorridendo, studiando, allenandomi ma mettendo questo aspetto in standby, rendendomi conto che questa cosa esiste dentro di me come una sorta di mostro, ma semplicemente lo ignoro.
Patisco il fatto che le persone non si accorgano che io sia “spenta”, soprattutto mia madre ho l’impressione che mi sopravvaluti, che ai suoi occhi io sia forte e possa affrontare tutto.. ma io sono umana e questa volta faccio fatica a rialzarmi come le altre.
Il quesito arriva a questo punto: questo mostro che nomino, è ricco di pensieri, insicurezze su tanti aspetti e dettagli della vita.
Tra questi spesso mi sento un’inetta, nonostante so perfettamente non sia così.
Sono discalculica, e nella vita io ho affrontato inconsciamente un sacco di sfide e persone che mi hanno sottovalutata.
Dal mio punto di vista, non ho mai mollato perché per me concludere un qualcosa iniziato è un obbligo. Come detto precedentemente sto per laurearmi in lingue, sto scrivendo la tesi.. ma è da un po’ di mesi a questa parte che mi passa per la testa l’idea di studiare infermieristica.
In questi mesi ho sempre procrastinato questa idea, essendo negata in materie scientifiche ma soprattutto suscettibile ad aghi, sangue ecc.., però qualche giorno fa è uscito il discorso con mia mamma e una sua amica infermiera e questa idea ha iniziato ad avere più valore, ho iniziato a valutarla. Il punto è che adesso, mi ritrovo a scegliere cosa fare. Se effettivamente scegliere questa strada oppure no. Ed è assurdo perché non è poi così difficile dire “sì, mi piace questo”, “no, non mi piace quest’altro”… eppure mi ritrovo a non capire davvero cosa voglio, non capisco se io mi stia influenzando a voler scegliere questa strada e magari non mi piace seriamente oppure semplicemente non l’avevo mai valutata prima.
In tutta la mia vita non avrei mai pensato di optare per un lavoro del genere, ma ultimamente dentro di me sento che tutto quel dolore che porto dentro sente l’esigenza di fuori uscire aiutando gli altri, come se questo potesse aiutarmi ad alleviare il mio di dolore.
Quando penso a bambini che muoio di tumore, piango.
Quando penso a mia zia, o persone come lei piango.
Sono spesso all’ospedale per le terapie di papà, e cerco di guardare attorno chi ci lavora.. cerco di immedesimarmi.
Ma non capisco davvero se mi piaccia o no, devo scegliere al più presto prima che esca il bando.. e prepararmi davvero in poco tempo.. ma più ci penso e più mi sento pressata, confusa e come se tutto questo fosse assurdo.
Mi sento come se stessi cambiando, e non riconosca più cosa davvero mi piace e cosa no.
A volte mi sento più convinta, altre volte per niente.
E so che mia mamma ha ragione nel dirmi che se scelgo di intraprendere questo percorso ne devo essere sicura al 100%, non posso tornare indietro.
È un percorso tosto, e sicuramente affronterei avversità, ma se solo capissi davvero se potrebbe piacermi davvero.. mi impegnerei con tutta me stessa.
Come faccio a capirlo? Mi sembra tutto assurdo al momento, mi sento persa e spaesata
Buongiorno,
mi dispiace per le difficoltà che ha dovuto affrontare e per il momento di indecisione che sperimenta ora: purtroppo nessuno di noi ha modo di poter rispondere con certezza alla sua domanda, il consiglio che le posso dare è di non fossilizzarsi sul fatto che lei non possa "tornare indietro" se il percorso infermieristico non le dovesse piacere.
L'unico modo per essere certi al 100% che un percorso di studi o un lavoro ci piaccia è provare, e nel caso cambiare idea se vediamo che la scelta non ci corrisponde. L'attrazione che lei prova per la materia può già essere un segnale positivo, potrebbe anche provare a venire in contatto con questo tipo di percorso di studi in altri modi, per esempio confrontandosi ulteriormente con l'amica di sua madre o con altri che esercitano la stessa professione. Se poi dovesse accorgersi che non le piace, avrà modo di cambiare, ma non ne potrà essere sicura finché non prova
Le facci i miei auguri
Dott. Giacomo Caiani
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Salve,
qualche mese fa ho iniziato un percorso di psicoterapia ripreso a distanza di un anno per il quale ho comunque riscontrato dei benefici (anche se limitati) ma dopo una decina di sedute stavolta mi trovo costretto a interromperlo per motivi economici ho già letto le risposte in tema date ad altri utenti sull’importanza delle sedute e di provare a continuare ma se i soldi non ci sono - almeno al momento - non ci sono mi appare impensabile ridurre all’osso la spesa mensile (già di per sé ridotta all’osso) per poter dare la precedenza alla psicoterapia.
Inoltre ridurre la frequenza delle sedute come ho visto consigliato ad altri mi sembra una strada non percorribile visto che già ci vediamo due volte al mese proprio per una questione economica, diradare ancora di più gli incontri a 1 mensile mi sembra francamente poco utile.
Mi chiedevo dunque comportarmi con il terapeuta se possa essere presa come mancanza di educazione comunicarlo via messaggio e adducendo altre motivazioni visto che si tratta di una motivazione che può mettere a disagio a chiunque e sperare nella sua discrezione e comprensione.
In passato mi pare di ricordare che mi avesse detto che in caso di interruzione avrebbe gradito una comunicazione diretta in seduta per valutare le motivazioni e il percorso svolto ma ora come ora quei quasi 100euro farebbero la differenza nell’andamento della mia settimana e non ci vorrei rinunciare per una sorta di rispetto nei confronti del terapista.
Come mi consigliate di procedere?
Buongiorno, mi spiace che si trovi in questa difficoltà, se è davvero così problematico per lei anche solo affrontare un ultima seduta in presenza con il suo psicoterapeuta, gli comunichi le sue motivazioni e le sue difficoltà con una telefonata.
Ha comunque poco senso utilizzare una seduta per valutare motivazioni e percorso svolto se il motivo per cui vuole interrompere è di carattere esclusivamente economico.
Saluti
Dott. Giacomo Caiani
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