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Sono uno psicologo, esercito nell'area della neuropsicologia, svolgendo valutazioni delle funzioni cognitive (memoria, attenzione, linguaggio, ecc.) c...

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  • Neuropsicologia

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Risposte ai pazienti

ha risposto a 2 domande da parte di pazienti di MioDottore

Domande su Invalidità civile

Allora...(42 anni M)
• il mio dottore : dice che tutto è apposto
(una guerra per farmi fare le ricette per le visite specialistiche)
• psicologo : dice che tutto è apposto
(ero voluto andarci per alcune fobie di casa e lavoro)
• neurologo : dice che tutto è apposto
• neuropsicologo : dice che tutto è apposto
(ha rifiutato per due volte di fare i test della memoria richiesti su ricetta perché considerati perdita di tempo nel mio caso)
• lo psichiatra : dice che tutto è apposto

Ora, slegato da tutto questo, presento domanda di invalidità civile per alcuni problemi fisici ...
succede che ...

• la commissione medica per l'accertamento (in 10 minuti, senza nessun documento presentato a riguardo e di braccino corto, come sono notoriamente questo genere di commissioni) :
+ esame obiettivo : ... ecc, ecc ... evidente stato d'ansia, tono dell'umore deflesso, atteggiamenti maniacali con spunti ipocondriaci ... ecc, ecc ...
+ diagnosi : ... ecc, ecc ... marcata sindrome ansioso-depressiva con spunti ipocondriaci ... ecc, ecc ...
Tra parentesi, riconosciuta :
Invalidità civile : 60%
Portatore di Handicap (Comma 1 Art.3)

Domande (articolate e arzigogolate):
1) Perché se nella relazione dell'invalidità civile viene utilizzato il termine "marcata" poi nell' handicap viene attribuito solo il comma 1 art.3 ?
2) Lasciando perdere il resto, anche solo ... "marcata" sindrome ansioso-depressiva, non è considerata un handicap "grave"?
3) Perché tutti gli specialisti non hanno trovato mai niente ed una commissione di accertamento .... in 10 minuti ha trovato tutti questi problemi? Sbaglio o qualcosa non torna?
Premetto che ho stima degli specialisti che mi hanno visitato anche se ero stato critico nel loro giudizio,e a posteriori aggiungo, e a ragione. Considero tuttavia corretta l'analisi della commissione, perché riconosco le mie difficoltà. Inoltre con la sindrome ansioso-depressiva si giustificherebbero, tra l'altro, le miei fobie e le mancanze di memoria lamentate precedentemente. La domanda resta sempre però la stessa. Perché gli specialisti ...)
4) Come fai a darmi dell'ipocondriaco e poi a darmi un'invalidità del 60% ?
Capisco che ho portato un centinaio tra esami, referti, visite, ecc ... Ma è colpa mia se ho problemi alle orecchie, occhi, naso, bocca, gola, ipofisi, pelle, ... ecc, ecc ..., schiena, piedi? Se mi dai un invalidità del 60% vuol dire che riconosci che ci sono i problemi. Perché, allora, allo stesso tempo mi dai del ipocondriaco?
E' colpa mia se faccio un esame e questo conferma che c'è un problema? Ne faccio un altro, per altre cose, e salta fuori un altra conferma ed un nuovo problema ... e così via?
Aggiungo inoltre tra parentesi. Che colpa ne ho se sono un programmatore analitico informatico, ed ho la deformazione professionale, data da linguaggi informatici di tanti piccoli strani codici, che richiedono di essere certosini e maniacali nel lavoro per avere la funzionalità di programmi ed applicazioni? Che colpa ne ho se un errore di 1 o 2 lettere, nel codice o nell'ordine dei codici, all'interno di una pagina di diverse migliaia di parole strane può portare al mancato funzionamento di un programma, di un' applicazione, ecc?
Lo so che un ipocondrico, tra le altre cose, non accetta di essere giudicato ipocondriaco, ma per le ragioni sopra elencate, non accetto questo giudizio ...
5) ... Mi piacerebbe, quindi, sapere se questo giudizio è contestabile e se, dalla cosa, ne ricaverei qualche utilità.
6) A prescindere da tutto questo, in riferimento alla sindrome ansioso-depressiva ... cosa devo fare o meglio devo fare qualcosa?
Tenuto presente che fra l'altro il mio medico di base non mi aiuta e non mi prescrive le ricette per le visite.
Grazie

Buongiorno. Sono sorpreso che un neuropsicologo abbia avuto delle riserve su una valutazione neuropsicologica. Ci sono indubbiamente delle problematiche organiche, come lei stesso ha detto, evidenziate da referti medici. Avere un "lato" ipocondriaco non è di per sé invalidante, ma giustamente ciò viene esacerbato quando tante problematiche si sommano. Alterazioni durature dell'umore, come quelle che vive lei, influiscono pesantemente sulle capacità di memoria ed attenzione, perché ci si fissa sul "dolore" fisico.
Come già anticipato da altri colleghi, forse il disagio è dato anche dal fatto che non sia stato riconosciuto dai vari professionisti, o magari che ogni professionista l'ha osservata in relazione alla sua specifica area di competenza, mentre il quadro generale (anche se in modo alquanto rapido) è stato poi valutato dalla Commissione.
Una sindrome ansioso-depressiva, cui ha aggiunto atteggiamenti ipomaniacali, non andrebbe sottovalutata. Mi associo al parere dei colleghi: un percorso psicoterapeutico può trarre giovamento da un supporto farmacologico (supervisionato da uno psichiatra), in quanto il secondo "spiana la strada" al primo.

Dott. Fabio Daniele

Carissimi dottori.
Eccomi di nuovo qui a scrivervi.
Sono Michela.
Ormai la mia storia già la sapete.
“Famiglia” se la si può chiamare così senza amore.
Un padre assente, un dolore insopportabile.
Mi distrugge il cuore questa cosa, non potermi confrontare con lui perché non gli interessa di come sto.
Non poter avere un suo abbraccio perché non c’è mai stato e non ci sarà mai.
Un “ fidanzato ossessivo, un fidanzato che mi fa malissimo tante volte ma nello stesso tempo mi da amore, quell’amore che non ho mai ricevuto.
Sono cresciuta con questa persona è mi sono legata, anche con tutte le sofferenze, i litigi il fatto che non sono indipendente per far star bene lui, per non perderlo, perché non riesco ad accettarlo, ho paura, ho tanta paura.
Non voglio più stare male, sono stata male già abbastanza.
Non voglio nulla di materiale, nulla.
Vorrei affetto, attenzioni, amore, vorrei tanto essere felice senza avere la paura di sbagliare.
Non sto bene a casa, sto sempre chiusa in una stanza senza nemmeno mangiare tante volte perché so che non conto nulla e perché non riesco a vedere che c’è affetto fra mio padre e mio fratello più piccolo, mentre io mi sento di troppo, sola.
Io mi sento un peso.
Mio padre mi odia, non mi vuole bene.
Il mio ragazzo come già sapete mi mette alla scelta fra lui o la mia indipendenza, alla quale lui può fare quello che vuole, e alla quale se io scelgo lui, devo stare a casa 24 ore su 24 a subire mio padre che non mi pensa e se lo fa è solo per criticarmi, per offendermi, e non mi fa bene tutto questo.
Se scelgo la mia indipendenza, un lavoro perché io solo quello vorrei perdo il mio fidanzato, perché lui non l’accetta, ed io questo non riesco ad accettarlo.
È vero mi tratta male tante volte, è ossessivo e non sia mai faccia qualcosa che gli può dare fastidio, ma quando sta bene mi da amore, affetto, sto bene, mi sento a casa con lui.
In entrambi i casi io soffro, ed io non voglio più.
Ho quasi 21 anni e mi sento stupida, inutile, mi sento sbagliata, quante volte desidero morire perché non c’è la faccio più.
La mentalità della mia famiglia e anche un po’ del mio ragazzo.
Non mangio sono una vittima, mi lamento sono una vittima.
Sono una vittima per loro.
A casa sopratutto mio padre, mi dicono che ho stancato che se me ne andassi di casa si salverebbero, tante volte dicono che sono la rovina della famiglia.
Il mio ragazzo mi giudica di continuo.
Io non c’è la faccio più, piango per tutto, per ogni singola cosa, mi fa male tutto, ho il cuore a pezzi, forse sarò una vittima, non lo so.
Ma vorrei tanto che ognuno di voi potesse vivere anche un solo giorno di come la vivo io, forse mi capireste, e vedreste con i vostri occhi che non sono una vittima.
Io non sto bene dottori.
Non sto bene.

Con affetto Michela.

Cara Michela, dal canto nostro facciamo il possibile per arginare le situazioni come quella da te descritta, ma penso che né io né i colleghi qui sopra veniamo dalle famiglie del mulino bianco. Certo dispiace leggere cosa stai passando, è indubbiamente frustrante, forse addirittura umiliante. Il fatto che voglia parlarne è già un segno di forza. I colleghi sopra hanno già accennato alle varie opzioni. I consultori e i centri antiviolenza sono valide alternative cui puoi rivolgerti anche se non hai risorse per uno studio privato. La collega Pugina ha fatto un'ottima metafora. Se stai con una persona deve esserci un motivo: forse sembra dare qualcosa che ti è mancato da parte di tuo padre, una sorta di accudimento, ma al contempo ti svalorizza (proprio come tuo padre). Ebbene, per chi è più importante che tu ti valorizzi? Cosa succederebbe se iniziassi a renderti autonoma? Ovviamente, quale che sia la difficoltà a rispondere, trovare le risposte è un compito tuo. Rivolgerti a un professionista è quell'aiuto in più per capire quali siano effettivamente le domande più importanti cui dare risposta. Il dubbio e la confusione sono comprensibili quando si vive un tale disagio, ma aver capito di dover chiedere aiuto ti rende meno debole di quanto pensi.

Dott. Fabio Daniele

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