Tutto ciò che c’è da sapere sulla diagnosi e sulla cura del feocromocitoma

Endocrinologia • 15 marzo 2017 • Commenti:

Il feocromocitoma è un tumore raro che colpisce nella maggior parte dei casi le ghiandole surrenali.
I suoi sintomi sono variabili e aspecifici, perciò la diagnosi di feocromocitoma è spesso difficoltosa. Cerchiamo di capire insieme cos’è questa malattia, come è possibile diagnosticarla e di conseguenza curarla.

Cos’è il feocromocitoma?

Il feocromocitoma è una patologia tumorale piuttosto rara, che si stima colpisca due persone su un milione. Il tumore colpisce un tipo particolare di cellule, dette cromaffini, che si trova principalmente nella midollare dei surreni, due ghiandole poste sopra i reni e responsabili della produzione degli ormoni surrenalici (le catecolamine, adrenalina e noradrenalina).

La presenza del tumore può scatenare un rilascio improvviso ed eccessivo di questi ormoni, che a sua volta provoca tipicamente una crisi ipertensiva, con sintomi quali palpitazioni, cefalea, eccessiva sudorazione, ansia.

Per fortuna, la grande maggioranza dei feocromocitomi è di natura benigna, cioè interessa solo le cellule e i tessuti della localizzazione originale, senza diffondersi nel resto dell’organismo.

Come per altri tumori neuroendocrini, non sono stati individuati specifici fattori di rischio del feocromocitoma, ma recenti studi hanno evidenziato che la predisposizione familiare riveste un ruolo più rilevante nell’insorgenza di questa patologia di quanto non fosse ritenuto in passato. Il fattore familiare è stato valutato significativo in una percentuale di casi che si aggira attorno al 25%.

La diagnosi del feocromocitoma

Per diagnosticare il feocromocitoma sono necessari analisi di laboratorio ed esami strumentali: i segni clinici possono solo dar luogo al sospetto di questa patologia, data la loro genericità.

Le secrezioni di catecolamine causate dal feocromocitoma sono tipicamente discontinue e variabili nel tempo: per questo motivo, i dati derivanti dagli esami di laboratorio devono spesso essere incrociati con la registrazione di crisi ipertensive riportate dal paziente, al fine di poter giungere all’effettiva diagnosi.

Gli esami di laboratorio possono includere analisi del sangue o delle urine volte al riscontro di alterazioni della presenza di catecolamine e dei loro metaboliti, cioè le metanefrine e l’acido vanilmandelico.

Le alterazioni nel dosaggio delle metanefrine dovute al feocromocitoma offrono il vantaggio di presentare un andamento continuo e quindi di essere più facilmente riscontrabili con le analisi di laboratorio.

Oltre agli esami di laboratorio, si ricorre spesso anche a ulteriori esami strumentali in grado di evidenziare la presenza delle masse o delle cellule tumorali nell’organismo.

Per la diagnosi di feocromocitoma, si può ricorrere a una TAC, una risonanza magnetica o a un esame con iniezione di liquido di contrasto come la PET.

Terapia del feocromocitoma

L’approccio alla cura del feocromocitoma è nella maggior parte dei casi di natura chirurgica, con esito risolutivo. La maggior parte di feocromocitomi benigni localizzati nelle ghiandole surrenali possono essere rimossi con successo con tecnica laparoscopica.

In un numero minore di casi, tuttavia il tumore può risultare maligno o impossibile da rimuovere chirurgicamente a causa delle condizioni generali del paziente. Il feocromocitoma generalmente non risponde adeguatamente ad altri approcci, come la chemioterapia o la radioterapia.

In questi casi, la terapia farmacologica si basa sull’impiego di farmaci alfa-bloccanti, come la fenossibenzamina e la doxazosina.

I farmaci alfa-bloccanti non agiscono direttamente sul rilascio ormonale, ma piuttosto bloccano gli effetti delle catecolamine prodotte dal feocromocitoma. Lo scopo è quello di contenere i sintomi, riducendo le crisi ipertensive e il relativo rischio di gravi patologie quali infarto o ictus, consentendo di migliorare significativamente l’aspettativa di vita del paziente nei casi più gravi di feocromocitoma.

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