Tumore alla prostata: quali sono le opzioni terapeutiche disponibili?

Urologia • 26 marzo 2017 • Commenti:

Il tumore alla prostata è estremamente comune ed in Italia si stima che ci siano 150 nuovi casi ogni 100 mila abitanti all’anno. Nonostante si tratti di una neoplasia molto comune, nella gran parte dei casi il tumore alla prostatica non determina la morte del paziente.

Un problema di scelte terapeutiche

Un uomo di 50 anni ha il 42% di probabilità di sviluppare una neoplasia della prostata, circa il 10% di probabilità che diventi clinicamente evidente (che dia sintomi) e circa il 3% che sia la causa della sua morte.

Questo indica che, nonostante sia una neoplasia estremamente comune nell’uomo, la gran parte dei tumori alla prostata resterà asintomatica per tutta la vita e non costituirà la causa di decesso.
La grande sfida al giorno d’oggi non è infatti la diagnosi, piuttosto la scelta terapeutica.

La scelta della terapia deve essere tesa a scongiurare operazioni e complicanze inutili a coloro che hanno una neoplasia che resterà silente tutta la vita, evitando nel contempo di sottovalutare i tumori più aggressivi.

Fattori di rischio per sviluppare un tumore alla prostata

  • Stile di vita occidentale, con consumo elevato di carni rosse e di grassi;

  • elevato indice di massa corporea (si calcola dividendo il peso in Kg per l’altezza in metri elevata al quadrato, nella norma è fra 20 e 25);

  • etnia afroamericana;

  • età avanzata;

  • esposizione ad ormoni androgeni.

Quali sono invece i fattori protettivi?

  • Licopene (contenuto nei pomodori);

  • selenio;

  • zinco;

  • prodotti della soia;

  • vitamina E.

Come viene diagnosticato?

Da alcuni anni è disponibile un esame di screening che misura il valore di PSA (prostate specific antigen) nel sangue, spesso indicato dal medico in seguito alla palpazione della prostata per via rettale.
Non va utilizzato indiscriminatamente in tutti gli uomini sopra i 50 anni, ma solo in caso di sospetto, perché anche una prostatite, un’ipertrofia benigna o una lunga gita in bicicletta possono alterarne il valore.

In seguito ad una combinazione di valori di PSA e al sospetto formulato sull’esplorazione rettale, si decide se sia il caso di eseguire una biopsia della prostata, valutata al microscopio da un patologo alla ricerca del tumore.

Quali tipi di tumore alla prostata?

Il 95% sono adenocarcinomi (detti anche “convenzionali”), nel restante 5% rientrano tumori più rari come l’adenocarcinoma mucinoso, il carcinoma duttale o il tumore sarcomatoide.

Come cresce e diffonde?

Il tumore alla prostata tende a crescere localmente per poi diffondersi dal basso addome, nella pelvi, verso i linfonodi retroperitoneali. Solo in stadi avanzati interessa fegato e polmoni, mentre colpisce sin dal principio le ossa con metastasi spesso dolorose.

Qual è la stadiazione del tumore alla prostata?

Stadio 1: non dà sintomi né compare nelle immagini radiologiche, è solo rinvenuto in seguito ad un innalzamento del PSA, un esame associato all’esplorazione rettale in casi selezionati, che non è specifico per tumore alla prostata, ma aiuta a sospettarne la presenza.

Stadio 2: tumore confinato alla prostata.

Stadio 3: tumore esteso oltre la capsula della prostata.

Stadio 4: tumore esteso oltre la capsula, metastatico fino ad organi più distanti delle vescichette seminali.

In base a questa valutazione, che possibilità terapeutiche vi sono?

Per lo stadio più basso (T1) ed una valutazione di grado modesto emessa dal patologo, si può scegliere di rimandare l’inizio della terapia e monitorare l’evoluzione del quadro.

Per uno stadio T1 con una valutazione del patologo di grado più elevato, oppure per uno stadio T2, si può intraprendere la stessa condotta di attesa oppure scegliere fra chirurgia (prostatectomia, spesso effettuata con chirurgia robotica) e radioterapia, sempre associate ad una terapia ormonale che riduce i livelli di testosterone sistemico. Il testosterone, infatti, agisce sui recettori a livello della prostata, e la riduzione dei suoi livelli ematici è spesso indispensabile per impedire la crescita del tumore che è stimolato dagli ormoni androgeni.

Per uno stadio T3 spesso vengono associate la terapia chirurgica e la radioterapia, per ottenere una cura più radicale del tumore locale, oltre ad una terapia ormonale. La chemioterapia può trovare spazio qualora fallisca questa prima strategia terapeutica.

Giunti allo stadio T4, una terapia chirurgica non influisce sulla sopravvivenza e la prima scelta è la sola terapia ormonale, adiuvata dalla chemioterapia qualora non risulti efficace (questo tipo di tumore aggressivo, che non risponde al blocco del testosterone, viene definito “resistente alla castrazione”).

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