Cancro alla prostata: tutto ciò che c’è da sapere sulla chemioterapia
Il cancro è una patologia che ha ormai una risonanza internazionale data la sua incidenza in costante aumento ed un impatto enorme sulla sensibilità dell’opinione pubblica a causa della sua importante mortalità.
Il tumore alla prostata
Il tumore più frequente nel sesso maschile, per quanto riguarda l’Europa e gli Stati Uniti, è il cancro alla prostata. In Italia, in particolare, il tumore prostatico ha un’incidenza del 15% di tutti i tumori nei maschi. Quasi tutti i tumori della prostata sono adenocarcinomi e, fortunatamente, in genere non sono molto aggressivi: è quindi in voga la frase “si muore con il tumore alla prostata e non a causa di questo”. Addirittura ben il 90% dei pazienti ai quali viene diagnosticato il cancro della prostata sopravvive dopo i 5 anni.
L’aumento dell’incidenza di questo particolare tipo di neoplasia è avvenuta in seguito all’aumento della sensibilità della popolazione nei confronti di questa patologia - e quindi una maggiore attenzione alla prevenzione e all’esordio dei sintomi - e alla scoperta di esami per il cancro alla prostata, un metodo di prevenzione maneggevole e piuttosto sensibile: il dosaggio dell’antigene prostatico specifico o PSA.
La misurazione del PSA
Tuttavia, le ultime linee guida dell’AIOM sul tumore alla prostata non consigliano ai pazienti al di sotto dei 50 anni di effettuare il dosaggio di PSA di routine in assenza di sintomatologia, familiarità, e/o fattori di rischio, per non rischiare il fenomeno dell’overdiagnosi – cioè la diagnosi ed il trattamento di un carcinoma che non avrebbe avuto nessun effetto concreto nell’aspettativa di vita del paziente.
Come trattare il tumore della prostata?
Il trattamento del cancro alla prostata si avvale di molte opzioni terapeutiche diverse che sono scelte dall’oncologo.
Il processo che porta dalla diagnosi all’inizio della terapia è la stadiazione – ovvero quella serie di rilevamenti strumentali, clinici e biochimici che permettono di indentificare l’entità della patologia e quindi “cucire” addosso al paziente il miglior percorso terapeutico.
La opzioni per la terapia del cancro della prostata sono:
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chemioterapia
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radioterapia
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chirurgia
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ormonoterapia
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terapie integrate
La chirurgia viene riservata a quei pazienti con aspettativa di vita superiore ai dieci anni che hanno avuto diagnosi di tumore limitato alla prostata e che decidono di effettuare l’operazione nonostante gli effetti collaterali importanti quali:
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impotenza
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eiaculazione retrograda
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incontinenza
La radioterapia è un’alternativa alla chirurgia in pazienti con meno di dieci anni di aspettativa di vita o che mal tollererebbero la chirurgia od i suoi effetti collaterali e complicanze.
In seguito alla chirurgia o alla radioterapia al paziente viene in genere prescritto un percorso di ormonoterapia che mira ad abbassare, a livelli definiti “di castrazione”, i valori del testosterone – ormone implicato nella promozione e nella progressione della crescita del tumore della prostata.
La chemioterapia nel cancro prostatico
La terapia chemioterapica è riservata a quei pazienti con malattia metastatica – cioè estesa anche ad altri organi oltre alla prostata – grazie alla scoperta effettuata agli inizi degli anni 2000 di un farmaco che ha completamente cambiato l’opinione della comunità scientifica nei confronti dell’efficacia della chemioterapia del tumore della prostata: il docetaxel. Difatti, il cancro alla prostata era storicamente considerato poco responsivo alla chemioterapia.
Questa nuova molecola ha dimostrato un vantaggio in termini di sopravvivenza assoluta nei pazienti ai quali è stati somministrato e ciò ha riportato l’interesse della ricerca nei confronti della scoperta di nuovi chiemioterapici contro il tumore della prostata. Questa ricerca ha portato alla scoperta di una molecola altrettanto efficace: il cabazitaxel.
La chemioterapia del cancro alla prostata non è tuttavia scevra di effetti collaterali nè permette frequentemente l’eradicazione della patologia neoplastica. Nel caso di patologia oncologica metastatica, difatti, si ritiene che l’obiettivo della terapia sia solo di tipo “palliativo” – cioè non risolutivo, ma solo ritardante l’evento della morte.
L’oncologo è l’unica figura medica autorizzata a somministrare i farmaci chemioterapici ed a seguire il paziente nel suo percorso di guarigione e di successivo follow-up.