Cause e fattori di rischio dell’ipoglicemia

Endocrinologia • 17 febbraio 2017 • Commenti:

Che cosa si intende per “ipoglicemia”? Questa parola deriva dal greco ed indica un termine medico caratterizzato da un basso livello di zuccheri (nel nostro caso di glucosio) nel sangue. L’ipoglicemia rappresenta una condizione clinica molto variegata, sia dal punto di vista sintomatologico che prognostico.

I sintomi dell’ipoglicemia sono appunto molto vari e dipendono dall’alterazione della funzione di vari sistemi del nostro corpo:

  • cardiorespiratorio

  • digerente

  • nervoso periferico

  • nervoso centrale

tutti questi sistemi sono alterati dalla bassa concentrazione di glucosio nel torrente sanguigno, a dimostrazione della grande importanza che questo zucchero svolge nel nostro organismo.

Quali sintomi possono essere legati all’ipoglicemia?

I sintomi iniziali sono una leggera confusione, irritabilità, stanchezza e sensazione di fame, spesso riferiti in tempo utile a porvi prontamente rimedio, semplicemente mangiando qualcosa. I primi sintomi si avvertono quando la concentrazione di glucosio comincia a scendere al di sotto dei 70 mg/dl. Se l’ipoglicemia dovesse raggiungere dei livelli ancora inferiori, i sintomi potrebbero diventare più seri e comportare un senso di allarme nel paziente. In questo stadio abbiamo:

A questo punto, l’ipoglicemia può raggiungere uno stadio non autonomamente reversibile.
A concentrazioni di glucosio ancora inferiori (15-20 mg/dl) il paziente rischia di entrare in un coma ipoglicemico e quindi non essere più in grado di revertire la propria condizione.

Ma quali sono le cause dei bassi livelli di zuccheri nel sangue e che relazione ha l’ipoglicemia con la dieta e l’insulina?

Le cause ed i fattori di rischio dell’ipoglicemia sono molto vari. Tra i più comuni abbiamo:

  • digiuno prolungato (oltre le 12-18 ore);

  • malattie del sistema nervoso centrale;

  • malattie epatiche;

  • insulinomi;

  • iatrogeno;

  • malattia di Addison;

  • difetti del metabolismo.

Una delle cause principali nel mondo occidentale di ipoglicemia è, paradossalemente, il diabete. Benchè sia risaputo che il problema fondamentale del diabete sia l’aumento della concentrazione di glucosio nel sangue (iperglicemia), lo scorretto utilizzo dei farmaci ipoglicemizzanti da parte dei diabetici comporta un aumentato rischio di ipoglicemia. Questa è definita come ipoglicemia diabetica.

Anche pazienti affetti da diabete da molti anni possono incorrere in errori di valutazione sulla quantità di insulina da iniettarsi o la pillola da prendere prima o dopo i pasti. Inoltre, esistono altri fattori che possono modificare la glicemia, quali:

  • attività fisica

  • diarrea

  • alterazioni metaboliche

fattori di rischio importanti nella gestione del paziente che tende all’ipoglicemia.

L’attività fisica prolungata comporta l’abbassamento dei valori di glicemia, tuttavia l’entità della riduzione del glucosio nel sangue non è facilmente prevedibile e varia di persona in persona. La diarrea, invece, a causa dell’infiammazione della mucosa intestinale e del rapido transito del cibo lungo il tubo digerente, non permette il normale assorbimento degli zuccheri dal lume dell’intestino.

I pazienti diabetici, quindi, devono porre molta attenzione nel corso della giornata alle attività svolte, al tipo di dieta seguita, alla modalità di assunzione ed alla quantità dei farmaci prescritti.

Esistono delle diete per l’ipoglicemia che si basano sulla ripartizione della quantità di carboidrati nella dieta, allo scopo di prevenire l’ipoglicemia. Ad esempio, la percentuale di carboidrati consumati nella dieta dovrebbe raggiungere circa il 60%, il restante 40% viene diviso in lipidi (25-30%) e proteine (10-15%).

Il 60% di carcoidrati deve essere rappresentato principalmente dai carboidrati complessi (che quindi necessitano di un processo di digestione più elaborato per essere assorbiti) e, in proporzione minore (di circa 6 a 1), da zuccheri semplici e quindi immediatamente disponibili.

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