Io, mamma, attivista per i diritti, psicologa e psicoterapeuta. Fare la psicoterapeuta era un sogno che avevo sin dai 17 anni, quando nei banchi di scuola iniziai ad amare la filosofia e le essenze dell’essere umano.
Credo molto in questa straordinaria esperienza di vita, nella sua bellezza e nella sua efficacia. Ho imparato su di me che fare un percorso di psicoterapia richiede una straordinaria forza di volontà e coraggio; il coraggio di guardare dentro di sé, dentro la propria storia, di voler trasformare la propria sofferenza, le proprie difficoltà in qualcosa di buone per sé.
Penso che farlo, incontrando le persone giuste, faciliti la scelta di traiettorie di maggior benessere.
La funzione sociale della psicoterapia sta nell’essere risposta collettiva, sociale e strutturata: non può essere staccata dal tessuto sociale e famigliare, dalle condizioni/situazioni lavorative, di istruzione, di sanità. In psicoterapia si maneggiano le realtà delle persone, incluse quelle del terapeuta. Chiedere al terapeuta la scelta del metodo adottato, l’efficacia, le conseguenze è fondamentale ed è base di un rapporto contradditorio.
Integro l'approccio sistemico relazionale con altri approcci.
Per me fare psicoterapia è un onore; curare la psicoterapia è un dovere.
Renderla uno strumento aperto, plurale, complesso, valorizzatore dei singoli è indicatore di quanto ogni terapeuta riesca a mettersi in gioco, in empatia, in ascolto attento e curi ogni dettaglio da potenziare in un percorso di benessere.
Ormai tutti gli accadimenti della vita arrivano a noi psicoterapeuti: un lutto, il parto, la gravidanza, l’adolescenza, l’apprendimento scolastico, l’invecchiamento, … è per questo che è fondamentale chiedersi che essenza ha lo psicoterapeuta da cui vado e quindi il percorso psicoterapico che farò?
Per questo sono qui, in dialogo, con chi vorrà intraprendere questa possibilità individualmente, in coppia, in famiglia.